piazza della Morte, Viterbo centro storico info e foto Anna Zelli sito ufficiale web www.annazelli.com
Piazza della Morte Viterbo |
piazza della morte viterbo centro storico | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
PIAZZA DELLA MORTE VITERBO CENTRO STORICO |
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Confraternita della Morte
Antica Magistratura
Antica sede Magistratura
Archi Casa Val. Pagnotta
Chiesa del Gonfalone
piazza del Ginnasio
Chiesa Santa Maria Nuova
Archi piazza Plebiscito
Ex
Chiesa
San Leonardo
Archi Via Sant'Antonio
Chiesa S. M. della Cella
Terme
del Bacucco Non sono terme:
Ruzzola D'Orlando
San Pellegrino in Fiore
Archi di Viterbo centro
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Piazza della Morte, ex piazza Nova,Viterbo, piazza della Morte venne edificata nel 1200 inizialmente si chiamava piazza Nuova, poi, piazza Le Carbonare, mentre dal XV secolo per la presenza della chiesa omonima su via del Ginnasio, si chiamò piazza San Tommaso. Il nome di piazza della Carbonara derivava da opere di difesa, come dei fossati simili a quelli usati per fare il carbone situati nel sottostante pendio, poi per la presenza della Compagnia della Morte prese il nome attuale. si chiamò anche piazza San Bernardino perché qui c’era un convento a lui dedicato e perché il Santo senese vi aveva soggiornato in uno dei suoi passaggi a Viterbo.Assunse il nome di piazza della Morte a partire dal XVI secolo, per la presenza della Confraternita della Orazione e Morte. La piazza ha al centro una bella fontana a fuso, duecentesca, questa confraternita aveva il compito di dare cristiana sepoltura ai morti nelle campagne. Probabilmente fu la prima piazza della medioevale Viterbo, quando il Castrum Viterbii ebbe un aumento della popolazione, da qui partivano due grandi vie di comunicazione, quella a sinistra, oggi via San Lorenzo, andava verso il Tevere, l’altra a destra verso la montagna, oggi via Cardinal La Fontaine, portava a Roma. Sul finire del XI secolo, qui venne portata l’acqua, dal Comune e venne edificata la prima fontana a fuso, non è quella che vediamo oggi, ma sicuramente simile. In quanto la prima fontana venne realizzata nel 1206 e fu distrutta durante un assedio nel 1243. Intorno alla piazza della Morte vi sono una serie di edifici di importante valore storico. Tra questi sulla via San Lorenzo un edificio del Duecento con due targhe marmoree che ricordano la Beata Lucia di Narni, e poi un edificio che fu il luogo di nascita del Cardinale Pietro la Fontaine, di fronte alla fontana, che fu patriarca di Venezia dal 1915 al 1935. Da vedere a piazza della Morte Viterbo centro storico Confraternita Orazione Morte Confraternita dell’Orazione e Morte, che diede il nome alla piazza da Nova, a San Tommaso a piazza della Morte, la confraternita dal 1574 si insediò nella Chiesa San Tommaso, su via del Ginnasio, questa confraternita si era data lo scopo di dare sepoltura ai molti cadaveri abbandonati nelle campagne circostanti in quanto le famiglie contadine non avevano la disponibilità economica per organizzare le onoranze funebri. Ex Convento San Bernardino
Convento San Bernardino oggi di Santa Giacina, piazza della Morte, Viterbo la precedente chiesa dedicata a San Bernardino, con annesso monastero, fu rasa al suolo dai bombardamenti della II guerra mondiale, su queste antiche fondamenta dopo la guerra venne edificata la nuova chiesa dedicata a Santa Giacinta Marescotti, nobildonna viterbese canonizzata nel 1790 da Pio VI, le cui spoglie riposano nella cappella sinistra dell’edificio sacro (ingresso su Piazza della Morte).A sinistra dell’ingresso della chiesa di Santa Giacinta Maescotti in Piazza della Morte, vi è l’entrata al monastero di clausura sul quale campeggiano grandi stemmi in peperino di San Bernardino e della Famiglia Ruspoli. Del monastero si ha notizia solo nove anni dopo la costruzione della chiesa che iniziò nel 1460, otto anni dopo l'imposizione alle religiose della comunità di S. Agnese da parte di Niccolò V della regola seguita nel monastero romano di S. Margherita e legata alla predicazioni di S. Bernardino nel territorio di Viterbo, iniziate nel 1426. A partire dal XVI secolo il monastero acquistò maggiore importanza per avere ospitato giovani donne appartenenti a nobili famiglie, come i De Medici, gli Sforza e i Farnese. Furono compresi nel nuovo edificio una serie di costruzioni già presenti in piazza S. Carluccio, la torre Damiata e strutture di proprietà della famiglia Cocco. Alcuni rimaneggiamenti furono compiuti nel corso del XVII secolo: sappiamo che la chiesa, terminante con un timpano decorato dal monogramma di Cristo e da altri stemmi di nobili famiglie, si presentava scandita su due livelli. L'edificio venne quasi totalmente distrutto durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale: in quest'occasione andarono probabilmente distrutti gli affreschi che decoravano l'interno, ricordati dallo Scriattoli e da questo attribuiti a Gabriele di Francesco, figlio del Balletta. L'attuale chiesa, dedicata a Santa Giacinta Marescotti, beatificata nel 1726 e canonizzata da Pio VII nel 1807, fu progettata da Rodolfo Salcini. All’interno del convento vi sono antiche sale, pitture, stemmi, lapidi, una fontana rinascimentale e la cella di S. Giacinta dove campeggia un grande crocifisso voluto dalla Santa. Effige di San Bernardino Effige di San Bernardino, piazza della Morte Viterbo, si trova sul muro del convento, di colore celere, con la Scritta " San Bernardino" posto in una nicchia che si trova al di sopra di un portone. San Bernardino da Siena San Bernardino da Siena, Viterbo Bernardino da Siena, della famiglia degli Albizzeschi di origine senese, nasce l’ 8 settembre 1380 a Massa Marittima, provincia di Grosseto, e muore a L'Aquila, il 20 maggio 1444, è stato un francescano e teologo italiano, appartenente all'Ordine dei Frati Minori. Fu proclamato santo nel 1450 da papa Niccolò V, dopo appena sei anni dalla sua morte. Il padre Tollo era governatore, e lo stesso giorno venne battezzato nella cattedrale. Rimasto orfano a 3 anni della madre Nera e a 6 anni del padre si trasferì a Siena dove frequentò gli studi e visse agiatamente, curato dalle zie. Dopo aver vestito l'abito talare a ventidue anni, intraprese un'intensa attività come predicatore girando e predicando per tutta l'Italia settentrionale. La sua predicazione fu così incisiva da essere fonte di un grande rinnovamento per la Chiesa cattolica italiana e per tutto il movimento francescano. Nelle sue prediche insisteva sulla devozione al Santissimo Nome di Gesù. Si ritiene che grazie a lui il Cristogramma JHS sia entrato nell'uso iconografico comune e sia divenuto familiare alla gente. Infatti, ai fedeli che ascoltavano le sue prediche venivano fatte baciare delle tavolette di legno incise con il monogramma JHS sormontato da un Crocifisso e attorniato da un sole con 12 raggi. Il simbolo disegnato sulle tavolette: era un sole d'oro in campo azzurro, al centro del cerchio del sole le tre lettere JHS. Il sole ha dodici raggi che san Bernardino, in relazione al nome Gesù così descrive: Rifugio dei peccatori, Vessillo dei combattenti, Medicina degli infermi, Sollievo dei sofferenti, Onore dei credenti, Splendore degli evangelizzanti, Mercede degli operanti, Soccorso dei deboli, Sospiro di quelli che meditano, Aiuto dei supplicanti, Debolezza di chi contempla, Gloria dei trionfanti. L'uso di baciare un simbolo religioso durante la celebrazione era diffuso nel Medioevo; il simbolo religioso, solitamente la croce, rappresentava la pace. San Bernardino è ricordato anche perché fu il primo teologo a scrivere una intera opera sull’Economia intitolata “Sui Contratti e l’Usura”. Come Sant’Anonio da Padova condanna l’usura, ed analizza con grande profondità la figura dell’imprenditore e ne difende il lavoro onesto. Fa notare, infatti, che il commercio può venire praticato in modo lecito o illecito come tutte le altre occupazioni e non è necessariamente fonte di dannazione. Se onesto, un mercante fornisce servizi utilissimi a tutta la società: riappiana la scarsità di beni in una zona trasportandone da zone in cui sono abbondanti, custodisce beni limitando i danni di eventuali carestie, trasforma in prodotti lavorati le materie altrimenti grezze e inutili. Per essere onesto, sostiene Bernardino, l'imprenditore dev'essere dotato di quattro grandi virtù: efficienza, responsabilità, laboriosità, assunzione del rischio. I guadagni che derivano ai pochi che hanno saputo attenersi a queste virtù sono la giusta ricompensa per il duro lavoro svolto ed i rischi corsi. Per contro, condanna senza mezzi termini i nuovi ricchi, che invece di investire la ricchezza in nuove attività, preferiscono prestare a usura e strangolano la società anziché farla crescere.Continia a leggere a San Bernardino da Siena Stemmi di San Bernardino
Stemmi di San Bernardino a Viterbo centro storico, passeggiando per la città e guardamdo i portoni ed i muri si noteranno numerosi di questi simboli. Ho cercato di catalogarli. Chiesa S. Giacinta Marescotti Chiesa di Santa Giacinta Marescotti ex chiesa di San Bernardino, piazza della Morte, vicina a via del Cimitero, Viterbo, la Chiesa si trova a fianco del Monastero di San Bernardino, San Bernardino fu presente a Viterbo nel 1426 e a seguito della sua predicazione nacque il convento delle Terziarie Francescane, e fu nel 1460 che si diede inizio alla costruzione di una chiesa, a lui dedicata, e dal 1469 il convento venne occupato da una comunità religiosa femminile. Nel XVI secolo il convento ospitò personalità illustri, tra questi anche la religiosa che diventerà Santa Giacinta Marescotti, il cui corpo si conserva all’interno della chiesa. Nei secoli sia la chiesa che il convento furono sottoposti a restauri e rifacimenti, soprattutto nel XVII secolo. La chiesa nel 1687 venne ricostruita sotto la direzione dell’architetto lombardo Giulio Spinedi. Nel 1944 la chiesa fu distrutta in gran parte dai bombardamenti, il corpo di santa Giacinta venne salvato grazie alle suore che lo portarono nei sotterranei del monastero. Sebbene fosse possibile ricostruire la chiesa, perché recuperabile in più parti, fu inspiegabilmente trasformata rispetto al suo precedente aspetto architettonico..Dopo molti anni nel 1960 la chiesa venne benedetta e intitolata non più a San Bernardino ma a Santa Giacinta. La chiesa è meta ogni anno, prima del trasporto della Macchina di santa Rosa, dei Facchini di santa Rosa. Le suore donano a quest’ultimi una foglia colta dalla pianta di santa Giacinta come auspicio di un buon trasporto. La foglia si presenta con una curiosa spina al centro. Si racconta che un giorno d’Inverno santa Giacinta, camminando sul terreno dell’orto a piedi nudi, chiedesse al Signore una penitenza per ricordare la Passione. Dal suolo ecco spuntare una pianta che aveva una spina su ogni foglia. In realtà la pianta non è nient’altro che del Ruscus hypolossum detto Ruscolo maggiore e la spina è morbida e non punge.Chiesa Santa Giacinta Marescotti vedi: San Bernardino da Siena vedi: Santa Giacinta Marescotti vedi :Chiese di Viterbo centro Esterno ex Chiesa Santa Giacinta Esterno chiesa Santa Giacinta, piazza della Morte, Viterbo, La facciata in riquadri di peperino presenta un portale ornato con stelle a quattro punte sormontato da un finestrone abbellito da una scultura in ferro riproducente in stile moderno lo stemma di S. Bernardino. La chiesa di Santa Giacinta venne riedificata su disegno dell’architetto viterbese Rodolfo Salcini, ha la facciata in peperino e presenta, sopra l’ingresso, una finestra quadrata con un rosone stellare in rame, alla sommità c’è il campanile a vela che sostiene tre campane. Sull’architrave dell’ingresso è scolpito in rilievo: S. Hyacinthae de Mariscottis. La chiesa, per le linee troppo stridenti, risulta un vero affronto architettonico nell’ambiente in cui si trova.Tra gli artefici della ricostruzione è d’obbligo ricordare padre Celestino Gerardo Grassotti dei Frati Minori il quale offrì tutta la sua opera. Per l’occasione è stata scolpita l’epigrafe posta a destra di chi entra:Sopra le stesse fumanti macerie / del vetusto tempio / all’apostolo senese S. Bernardino / dedicato / che conobbe i palpiti del cuore ardente / di S. Giacinta Marescotti / distrutto dalla furia dei bombardamenti / della guerra 1940-44 / l’opera tenace di padre Celestino Grassotti / l’arte mirabile dell’architetto Rodolfo Salcini / la munificenza delle autorità governative / hanno fatto sorgere / questa luminosa chiesa / S.E. l’arciv. Adelchi Albanesi / vescovo di Viterbo / la consacra a Dio in onore di S. Giacinta / oggi 21 Gennaio 1960 / le suore dell’annesso monastero / plaudendo ricordano. La facciata della distrutta Chiesa di san Bernardino aveva sopra l’ingresso una grande finestra rettangolare e sul timpano c’era il simbolo del santo titolare, il sole col monogramma di Cristo IHS, vi era anche lo stemma del vescovo Urbano Sacchetti. Oggi, la nuova facciata è in riquadri di peperino presenta un portale ornato con stelle a quattro punte sormontato da un finestrone abbellito da una scultura in ferro riproducente in stile moderno lo stemma di San Berbardino.. A sinistra dell’ingresso vi è l’entrata al monastero di clausura sul quale campeggiano grandi stemmi in peperino del Santo Bernardino e dei Ruspoli. Interno Chiesa Santa Giacinta Interno Chiesa S. Giacinta Interno della Chiesa di Santa Giacinta, piazza della Morte, Viterbo, è molto semplice, con cupola quadrata, A sinistra dell’ingresso vi è l’entrata al monastero di clausura sul quale campeggiano grandi stemmi in peperino del Santo e dei Ruspoli. vi sono antiche sale, pitture, stemmi, lapidi, una fontana rinascimentale e la cella di Santa Giacinta dove campeggia un grande crocifisso voluto dalla Santa. Nel semplice interno, con cupola quadrata, in una ricca urna sulla quale figurano gli stemmi dei Ruspoli e dei Marescotti, si venerano le spoglie di S. Giacinta (1585-1640) nativa della vicina Vignanello All’Interno è interessante notare la cupola con le costole disposte a raggiera con numerose vetrate istoriate e con l’anello della lanterna luminoso. Le vetrate furono eseguite dalla Ditta Giuliani di Roma e messe in opera nel 1962. L’altare maggiore, in marmo bianco, è curvilineo perché segue la linea dell’abside, la tavola poggia sopra un cubo in peperino con su scolpita una stella a quattro raggi. Sospeso in aria è un moderno Crocifisso bronzeo arricchito dalla vetrata nello sfondo che raffigura santa Giacinta in preghiera. Sul pavimento, in corrispondenza della cupola, vi è una scritta: Mel in ore Jesus in aure melus in corde iubilus. I due altari laterali furono eseguiti dall’artista viterbese Fausto Fiorucci, la Via Crucis è opera dello scultore Giacomo Vincenzo Mussner di Ortisei in Val Gardena e fu offerta da Franco Ricci di Viterbo. Sull’altare a destra è la statua di san Bernardino dello scultore di Ortisei Mussner, in quello di fronte a sinistra è la statua di sant’Antonio da Padova col Bambino realizzata in carta pesta ad opera di Luigi Guacci di Lecce, nato l’8 Gennaio 1871 e morto il 12 Giugno 1934. Nel transetto destro è l’altare con la statua della Madonna in gesso, mentre nel transetto sinistro e la statua del Sacro Cuore, opera del Mussner. Sulla parete a sinistra della navata, per chi entra, si apre la Cappella di santa Giacinta ove è conservato il corpo in una urna barocca di legno dorato. La santa quando morì fu tumulata nella sepoltura centrale, davanti all’altare maggiore ad opera del convertito Francesco Pacini, senza cassa e con legate alle braccia due maniglie, una in piombo posta dalle monache ed una in argento posta invece dai parenti della santa con l’iscrizione Suor Giacinta Mariscotti. Nel 1692 fu riesumato il corpo di Giacinta e, ricomposto, fu collocato in una cassa. In seguito, forse nel 1727, il corpo della Santa Giacinta, fu racchiuso nell’odierna urna di legno con alla sommità lo stemma dei Francescani tra due putti e la scritta in latino: Corpus / S. Hiacinthae / de Mariscottis, Corpo di santa Giacinta Marescotti e in basso gli emblemi delle famiglie Ruspoli e dei Marescotti. Nel 1940 fu ingrandita l’apertura che immette alla cappella collocandovi una grande cancellata di ferro, per renderla meglio visibile ai fedeli. Tra i papi che vennero a pregare dinanzi a santa Giacinta si ricordano Benedetto XIII Orsini nel 1727, Gregorio XVI, Cappellari nel 1841, Pio VII nel 1815, Pio IX, Mastai Ferretti nel 1857 visite ricordate nelle epigrafi conservate nel monastero. La gran parte dei quadri preesistenti nell’antica Chiesa di Santa Giacinta, furono definitivamente distrutti dai bombardamenti. All’interno la distrutta Chiesa di san Bernardino era decorata con stucchi di stile barocco, vi si conservavano numerose importanti opere, come: sopra l’ingresso di una porta un Ecce Homo in affresco con la figura del solo busto del Cristo, con le braccia incrociate, un altro Ecce Homo tra san Francesco e san Girolamo; una Pietà con la Vergine e Maria Maddalena ai piedi di Gesù in lunetta, e molte altre. La porta della chiesa ha a destra un grande trigramma IHS, di Bernardino da Siena e nella parte accanto del palazzo entro una nicchia dell’intonaco c’è una piccola scultura calligrafica in peperino con l’immagine del santo che predica da un pulpito di legno. L’edificio del convento nel lato verso Via Pietra del Pesce, è stato recentemente restaurato, e guardando in alto si possono ammirare delle belle bifore, riportate alla luce, che un tempo furono chiuse e nascoste dall’intonaco. Storia
Chiesa Convento storia chiesa e convento S. Giacinta Storia della Chiesa e del Convento di Santa Giacinta Marescotti, ex chiesa di San Bernardino, : nel 1417, racconta Giuseppe Signorelli, venne concesso un legato alle povere di Cristo che risiedevano nella casa di Tignoso di Palino Tignosini,. Successivamente San Bernardino da Siena, venne a Viterbo e nel 1426, fece venire dal Monastero di sant’Anna di Foligno alcune monache per fondare il Monastero di santa Agnese, il quale dopo la sua morte nel 1444 prese il nome di Monastero di San Bernardino. Al monastero venne dato il palazzo dei Tignosi e la Torre Damiata, La sostenitrice della costruzione e della istituzione di questo monastero fu la Contessa Angela dei Conti di Marsciano. Augusto Egidi ci racconta che stessa Beata Angelina da Foligno, la pia donna che aveva dettato la regola per le terziarie francescane, sia venuta tra noi, con tre compagne, a fondare la casa che, sotto il titolo di S. Agnese, riunì, nei pressi della chiesa di S. Tommaso, il primo nucleo del futuro monastero. Sostiene lo studioso Augusto Egidi che a tradizione vuole che la Prima ministra, delle monache Francescane del Terzo Ordine, e governante fu suor Clara di sant’Agnese da Viterbo. Nel 1439 si menziona una cappella dedicata a sant’Agnese e nel 1452 papa Niccolò V riformò l’istituzione prescrivendo alle monache l’osservanza della Regola già concessa al Monastero di santa Margherita in Roma.Nel 1459 le monache dette, sin dal 1454, le bizoche de San Verardino, vendettero una vigna per la costruzione della chiesa ed un anno dopo fu iniziata l’erezione della Chiesa di san Bernardino. Il monastero venne sottoposto alla direzione dei frati Minori Osservanti, i quali avevano avuto l’autorizzazione dal papa a celebrare, in quella nuova chiesa, le esequie per le monache. Il primo ampliamento del monastero, verso piazza san Carluccio, risale al 1480 per merito di suor Beatrice Farnese, figlia di messer Angelo Meo e cugina di quello che sarà poi papa Paolo III. Fu superiora ministra nel periodo in cui le mura del monastero raggiunsero piazza san Carluccio, già detta piazza san Salvatore, fino a raggiungere la vicina valle. Nella prima metà del XVI secolo numerose ragazze divennero monache o per scelta o perché costrette, e molte di loro provenivano da famiglie nobili, due ragazze dalla famiglia Farnese, due ragazze dalla famiglia Medici, due ragazze dalla famiglia dei Marsciano, una ragazza dalla famiglia degli Sforza, una ragazza dalla famiglia dei Cibo, tre ragazze dalla famiglia dei Baglioni, una ragazza dalla famiglia dai Marescotti. Spesso queste nobili ragazze venivano relegate, contro la loro volontà, nel monastero, per mantenere unito il patrimonio dei loro nobili genitori e parenti. Il monastero si ampliò nel 1508 per volere della ministra Margherita Martellacci, che acquistò una casa di Palino Tignosini. Questa casa nel 1610 fu ridotta in parte a piazza ed in parte fu incorporata al monastero ove un salone fu chiamato di Palino come ricorda Domenico Bianchi. Nel 1529, le monache, avendo ricevuto l’anno avanti un legato di mille ducati d’oro e una casa a Roma, decisero di ampliare il monastero chiedendo al Comune di poter chiudere la strada che era tra il convento e il loro mulino. Il Comune approvò la chiusura, ma chiese di aprire una nuova strada chiamata via Pietra del pesce, tuttora esistente. Il monastero fu ampliato nel 1537, acquistando un casalino confinante, poi, nel 1563, il monastero venne di nuovo ampliato nel periodo in cui suor Lucrezia Farnese ne era la direttrice e le monache erano più di ottanta. Nel 1573 erano presenti nel monastero oltre cento monache, e le rendite cominciarono a non essere più sufficienti per il quotidiano sostentamento ed allora, assistite dal Minore Osservante frate Vincenzo da Roma, chiesero alla Comunità di Viterbo, di poter andare a mendicare in città. Fu accordata loro la licenza, però solo per quattro coppie di suore. Ma, anche dopo tale concessione, i miglioramenti furono assai scarsi. Le monache ebbero la dispensa di clausura rigorosa dal 1461, che fu poi confermata in perpetuo nel 1612 e nel 1939, ed inoltre ebbero la facoltà di professare la Regola di santa Chiara, così si chiamarono Clarisse. Nel 1746 morì in odore di santità madre Chiara Olimpia Rosa Meniconi, nobile viterbese.Il 22 Febbraio 1802 venne a visitare il corpo di santa Giacinta l’arciduchessa Marianna d’Austria sorella di Francesco II. Il 3 Settembre 1857 papa Pio IX fu ospite del monastero. Fontana Chiostro S. Giacinta Fontana del Chiostro del Monastero di Santa Giacinta ex di San Bernardino,piazza della Morte, Viterbo, nel 1558 presso l’orto c’era una fontana che aveva sostituito una più antica risalente al ‘400, poi nel 1600 venne restaurata. Questa fontana poggia su una base circolare, una vasca, interrata, atta ad accogliere l’acqua, che al suo perimetro ha un piccolo gradino, al di sopra di questa sorretta da una sorta di colonna vi è una ulteriore vasca circolare, con uno stemma gentilizio con un grifone e dei nastri. Nel mezzo di questa vasca c’è un elemento decorato con 4 putti che sostengono una torre con 4 porte e 3 merlature, qui è incisa la scritta Suor Irene Bagliona f.f. (fece fare) La torre è nello stemma dei Baglioni. Al suo arrivo a Viterbo, San Bernardino fece costruire il monastero per le monache terziarie francescane e fece collocare fontana nel chiostro del convento. I putti hanno dei piccoli bocchettoni. La tradizione racconta che san Bernardino, ospite del monastero, abbia fatto sgorgare l’acqua da un pozzo asciutto, lo ricorda a testimonianza di questo miracoloso evento c’è una lapide: “Ospite Bernardino al pozzo rese / l’acqua e nel coro sacrifici offrio’, / memore il chiostro il nome poi ne prese”. Stemmi Convento S. Giacinta Stemmi entrata convento S. Giacinta Stemmi chiesa Santa Giacinta,piazza della morte, Viterbo, all’entrata del convento di clausura vi sono due grandi stemmi in peperino uno di San Bernardino e l’altro della Famiglia Ruspoli. Alla chiesa c'è il grande rosone tondo a raggi simbolo di San Bernardino. lapide chiesa S.Giacinta Marescotti
targa lapide chiesa Lapide chiesa Santa Giacinta :lapide chiesa di Santa Giacinta, a sinistra della cappella della Santa vi è murata una iscrizione : “L’eminentissimo principe di S. Romana Chiesa / cardinale Francesco Bracci / concittadino insigne di S. Giacinta / nello splendore della sacra porpora / coronò il 31 Gennaio 1960 / le solenni celebrazioni della ricostruita chiesa / le monache riconoscenti / ricordano la fausta data.” Campanile Santa Giacinta Marescotti Campanile Chiesa Santa Giacinta ex Bernardino, a vela che sostiene 3 campane. Il campanile in antico era a forma di torre e fu bombardato nella notte fra il 27 ed il 28 Maggio 1944 subendo la sorte di cui fu protagonista la chiesa. Nel 1941 aveva tre campane la maggiore con l’anno illegibile, la mezzana del 1763 e la piccola del 1786. I nomi delle campane sono santa Giacinta, san Bernardino e santa Elisabetta. Santa Giacinta Marescotti Santa Giacinta Marescotti, Viterbo, ovvero Clarice Marescotti nacque nel Castello di Vignanello il 16 marzo 1585, e morì a Viterbo il 30 gennaio 1640. Apparteneva al Terzo Ordine Francescano e fu proclamata Santa da Papa Pio VII nel 1807. Era la figlia del Conte Marcantonio Marescotti e di Ottavia Orsini, Contessa di Vignanello, fu del padre la realizzazione del Parco dei Mostri a Bomarzo. Studiò, assieme alle sue due sorelle Ginevra e Ortensia, al Convento di San Bernardino a Viterbo. Al termine degli studi Ginevra rimase in convento e prese il nome di Suor Immacolata. Clarice e Ortensia invece, furono introdotte nelle migliori case delle famiglie nobili. Clarice era molto attratta dal giovane Paolo Capizucchi ma egli chiese la mano della sorella minore Ortensia. Clarice ne rimase sconvolta . Clarice Marescotti era una ragazza che puntava in alto, voleva un bel matrimonio per sistemarsi, desiderava, una vita degna del suo lignaggio, dopo la delusione d’amore entrò in convento, Lì prese i voti adottando il nome di Suor Giacinta. Fu una conversione soltanto esteriore: in convento suor Giacinta tenne atteggiamenti contrari alla disciplina della devozione. Anziché vivere in una cella, si fece arredare un intero appartamento nello stile delle sue stanze a Vignanello, ed era servita da due giovani novizie. Condusse vita mondana e licenziosa fino al 1615, quando, in seguito ad una malattia, entrò in una crisi spirituale: si ritrovò sola e gridò forte "O Dio ti supplico, dai un senso alla mia vita, dammi la speranza, dammi la salvezza!". Era profondamente sincera e Dio la ascoltò. Il giorno dopo venne a trovarla il Padre confessore, che però le negò l'assoluzione, la notte seguente Suor Giacinta trascorse l'intera notte pregando, e provò una serenità ultraterrena. Si convertì e si diede ad esercizi di penitenza e di perfezione cristiana. Dedicò il resto della sua vita ad aiutare il prossimo. Dall'interno della clausura, moveva le fila di una fitta rete di aiuti ai poveri di Viterbo, e aiutata dal cittadino Francesco Pacini fece nascere una confraternita laicale, detta dei Sacconi, col fine di elemosine e di soccorsi ai poveri. Oggi a lei sono dedicati il Convento e la Chiesa di Santa Giacinta a piazza della Morte Viterbo. Santa Giacinta trovò la sua più grande nobiltà nella povertà assoluta e nell'offerta di sé per gli emarginati e i malati cominciò a vedere in modo diverso la propria vita, abbracciando la povertà e la penitenza, dandosi da fare per gli ultimi. Morì e fu subito venerata come santa dalle consorelle e dai fedeli. Palazzo
dei Tignosi Palazzo dei Tignosi, ex palazzo di San Tommaso, o loggia di San Tommaso, si trova a piazza della Morte angolo via del Ginnasio, dove si trova la chiesa di San Tommaso, Viterbo, probabilmente venne edificato dalla potente famiglia dei Tignosi, i quali iniziarono a costruire abitazioni private fuori dal’antico castrum per avere un maggiore controllo del territorio. Poi il palazzo prese il nome di San Tommaso per via della vicina chiesa citata già nel XII secolo, che cosi si chiamava.e che è accanto al portico della ex chiesa di San Tommaso esistente già dal XII secolo e per secoli sede della Confraternita della Orazione e Morte. Sulla colonna posta all’angolo, c’è lo stemma della famiglia ghibellina, legata agli imperatori, (mentre i guelfi erano dalla parte del Papa), dei Tignosi, che erano i reggenti di questa parte della città. Sotto gli archi vi sono resti di affreschi. vedi: Famiglia Tignosi Famiglia Tignosi
Famiglia
dei Tignosi, Viterbo, Nell’XI secolo in
Italia si assiste alla trasformazione
dell’antico sistema delle corti alla nascita
delle città, una sorta di fusione tra il
preesistente nucleo urbano fortificato con i
borghi nati ai confini delle mura. In questa
nuova condizione urbana anche
Viterbo vede un
aumento della popolazione, dato sia dalla
espansione del primitivo Castrum Viterbii che
dalla immigrazione di persone provenienti dalle
vicine campagne. Tra questi i signori dei vicini
contadi che erano attratti da nuove prospettive
economiche ,oppure i mercanti che vedevano nella
nuova città anche un riparo dai rigidi inverni e
maggiori opportunità di scambi commerciali.
Anche agricoltori ed artigiani si trasferiscono
dai loro villaggi in città, così da creare una
comunità di lavoratori come i fabbri, i
carpentieri, i muratori, i commessi e gli
operai. Ed è proprio agli inizi dell’anno 1000,
in questo processo migratorio, che si colloca
Offredduccio, capostipite della famiglia dei
Tignosi, che fu una delle più influenti famiglie
del medioevo viterbese. Offredduccio era
originario di Valcena, un piccolo villaggio
fortificato a nord ovest di Viterbo. Di Valcena
non ci sono tracce o significative o
testimonianze architettoniche, comunque il
Castello viene nominato in documenti del ‘200 e
lo si colloca come esistente fin dal 1048, e
sembra che qui ci fosse una via valcenensis
identificabile con l’attuale strada Dogana.
Offreduccio de Valcena poi Tignosi, capostipite
della famiglia viene identificato come già
inserito nella città di Viterbo, in un
documento nel 1118, insieme alla moglie Nera,
alla cognata Kiera, vedova di Sifredo di
Giordano, proprietario di beni nel Castello di
Bagnaia, e alla nipote Ropa, futura sposa di
Guitto dei conti di Fara. Nulla si sa della sua
condizione sociale precedente, forse non aveva
nessun titolo aristocratico in quanto non
esistono tracce di suoi eventuali possedimenti
fondiari o immobiliari nei pressi di Valcena, è
probabile che appartenesse al ceto vassallatico
di più basso rango, quello dei milites, ossia
quegli uomini d’arme deputati al controllo di
poderi e rocche in nome di un signorotto laico o
ecclesiastico. Loggia porticato S.Tommaso Loggia San Tommaso o dei Tignosi Loggia porticato Palazzo di San Tommaso o dei Tignosi, al palazzo San Tommaso o dei Tignosi, piazza della Morte, Viterbo, vi era un tempo la loggia (porticato) era aperta e sembra fosse destinata alle riunioni degli abitanti della zona,poi la loggia venne chiusa per ricavare un ambiente per la Sacrestia della Chiesa di San Tommaso su via del Ginnasio. Nel 1936 vi fu la ristrutturazione del palazzo e la riapertura del porticato detto loggia di San Tommaso, venne abbassato il piano della loggia in modo che fossero ben visibili le arcate . Di fronte alla loggia di San Tomaso, o porticato del palazzo San Tommaso o dei Tignosi, c’è il palazzo del Drago che affaccia sul ponte San Lorenzo a via San Lorenzo. La piazza subì gravi danni in seguito ai bombardamenti del 1944. Stemmi Loggia S. Tommaso Loggia San Tommaso o dei Tignosi Stemmi alla Loggia di San Tommaso, o palazzo dei Tignosi, si trovano nell'arco del porticato. Ex Chiesa San Tommaso
Ex Chiesa di San Tommaso Ex Chiesa di San Tommaso, via del Ginnasio, Viterbo, in origine era chiamata chiesa della Morte in quanto qui vi era la sede della Confraternita del’Orazione e Morte che si occupava di dare degna sepoltura a chi non aveva i mezzi economici per un funerale. Questa confraternita in origine era nella chiesa di Sant’Andrea, poi si trasferì nella chiesa di Sant’Antonio in Valle e alla fine si trasferì definitivamente nella chiesa di San Tommaso, che un tempo era territorio della Chiesa di Santa Maria Nuova. La chiesa di San Tommaso aveva annessa la Loggia di San Tommaso, il palazzo con archi al piano terra, che sono sul lato sinistro, questo complesso fu edificato dalla famiglia dei Tignosi intorno all’XI secolo. Si hanno le prime notizie di questa chiesa nel 1099, poi, nel secolo successivo la chiesa passa sotto la giurisdizione dell’Abbazia di San Martino al Cimino ed è menzionata come una delle collegiate della città di Viterbo. Tra il XIII ed il XIV secolo, la chiesa era ancora in buone condizioni, e nel 1507 viene concessa in commenda ad un Cardinale di cui si ignora il nome, mentre nel 1550 grazie agli aiuti del Comune viene restaurata. Nel periodo storico del Concilio di Trento la Chiesa di San Tommaso è unita alla chiesa di San Lorenzo, e nel 1566 le viene tolto il titolo di collegiata. Dopo 10 anni la Confraternita dell’Orazione e Morte ottiene dal Capitolo di San Lorenzo, l’uso della chiesa e del portico annesso. Continua a leggere a Ex Chiesa di San Tommaso San Tommaso San Tommaso D’Aquino,a lui era dedicata la chiesa di San Tommaso a via del Ginnasio, Viterbo, oggi sconsacrata, oltre al pulpito di San Tommaso, di fianco alla chiesa di Santa Maria nuova, ed una via a Viterbo, è intitolata al Santo.Tommaso d'Aquino nacque nel 1225 a Roccasecca, famiglia dei Conti D’Aquino, nella contea di Aquino, territorio dell'odierna Roccasecca, del Regno di Sicilia nel 1225 e morì all’Abbazia di Fossanova, 7 marzo 1274 è stato un religioso, teologo, filosofo e accademico italiano. Frate domenicano esponente della Scolastica, era definito Doctor Angelicus dai suoi contemporanei. È venerato come santo dalla Chiesa cattolica che dal 1567 lo considera anche dottore della Chiesa. San Tommaso rappresenta uno dei principali pilastri teologici e filosofici della Chiesa cattolica: egli è anche il punto di raccordo fra la cristianità e la filosofia classica, che ha i suoi fondamenti e maestri in Socrate, Platone e Aristotele, e poi passati attraverso il periodo ellenistico, specialmente in autori come Plotino. Fu allievo di sant'Alberto Magno. Il castello paterno di Roccasecca rimane ancora oggi il luogo più accreditato della sua nascita, figlio di Landolfo d'Aquino e di Donna Teodora Galluccio, nobildonna teanese appartenente al ramo Rossi della famiglia napoletana dei Caracciolo. Secondo le usanze del tempo Tommaso, essendo il figlio più piccolo, era destinato alla vita ecclesiastica e proprio per questo a soli cinque anni fu inviato come oblato nella vicina Abbazia di Montecassino, di cui suo zio era abate, per ricevere l'educazione religiosa. In quegli anni l'abbazia si trovava in un periodo di decadenza e costituiva una preda contesa dal Papa e dall'imperatore. Ma il trattato di San Germano, concluso tra il Papa Gregorio IX e l'imperatore Federico II il 23 luglio 1230, inaugurava un periodo di relativa pace ed è proprio allora che si può collocare l'ingresso di Tommaso nel monastero. In quel luogo Tommaso ricevette i primi rudimenti delle lettere e fu iniziato alla vita religiosa benedettina. Continua a leggere :San Tommaso D'Aquino Palazzo Grispigni già Teloni Pace
Palazzo o Casa
Grispigni,
palazzo Teloni già Pace
via San Lorenzo 85
di fronte a piazza
della Morte, Viterbo, tra le cui mura
vide la luce l’impareggiabile oratore e
sacerdote Pietro La
fontaine, che divenne poi Cardinale e
Patriarca di Venezia, e sempre questo palazzo
per 3 anni ospitò la
Beata Lucia da Narni. La facciata del
palazzo è stata restaurata nel 1984. All’interno
del palazzo Teloni,
in Via san Lorenzo 85,
di fronte alla fontana
della Morte, c’è una cappella che si
trova nella stanza che fu residenza della Beata
Lucia da Narni con un bell’altare a colonne
tortili con l’immagine della beata che sostiene
il Bambino poggiato sopra un libro aperto. In
questa cappella vi è una epigrafe del 1661:
A.M.D.G. B. Luciae
virginis Narniensis huijus hospitae domus
sacellum hoc ante ejus. cellulam sac. religionis
et grati animi argumentum Dominicus Pacius
canonicus S. Angeli patronae optimae erexit
ornavit et dicavit. Anno Dom. MDCLXI. Fuori a
destra del palazzo è l’altra epigrafe del 1661:
D.O.M. / Siste viator ad contubernium coelitum /
ubi B. Virgo Narniensis
Lucia / sacro D. Dominici gynaeceo satis
extructo / passi numinis meruit stigmata /
espressa virtutum insignia / mox ferrariae iussu
Alex. VI P.O.M. / religionis antistita pietatem
auxit / familia Pacia Viterbien(sis) / tutelari
optimae amoris obsequium pos. / anno Domini
MDCLXI. Sopra è lo stemma della
famiglia Pace
raffigurante una colomba con la palma al becco.
Sopra alla porta d’ingresso del
Palazzo Teloni,
detto anche Grispigni
perché una Emma Teloni, nata a Treia il 18
Novembre 1852, sposò Filippo Grispigni, vi è uno
stemma in ferro:
troncato dalla fascia ondata con al 1° un
uccello (forse una colomba) al 2° un giglio. .
In questo stesso palazzo ebbe nel 1860 i natali
e vi rimase fino ai 14 anni il
Cardinale Pietro La
Fontaine, patriarca di Venezia vi sono
alcune lapidi che ne ricordano la sua presenza,
l’epigrafe: In questa casa / nacque e lungamente
visse / il card. Pietro
La Fontaine / patriarca amatissimo di
Venezia / lustro e vanto / di questa sua sempre
cara / Viterbo / N. 29.11.1860 / M. a Fietta -
Venezia 9.7.1935. Sopra è
lo stemma dei La
Fontaine partito, al 1° all’agnello sul
monte con rivoli d’acqua che disseta due pecore
sulla pianura, al 2° alla cometa in capo e tre
gigli.vedi :
vita del Cardinale La Fontaine
Famiglia Grispigni Famiglia Grispigni presenti a Viterbo nei secoli XVI e XX Viterbo,si ritiene capostipite di questa famiglia Pier Angelo, alias Crispigno, che era barbiere, la maggior parte dei discendenti furono calzolai. Tra di loro Girolamo Grispigni fu canonico della Cattedrale di Viterbo, e il fratello Francesco Grispigni fu ministro dei beni del conte Pietro Giraud, che era allora appaltatore dello spaccio del tabacco nello Stato pontificio, e nel 1741 aveva avuto da Patrizio Patrizi, allora Tenente generale delle Poste dello Stato pontificio, il subappalto delle stesse. Da Francesco discese Domenico che fu canonico nella Collegiata di S. Angelo in Spatha a Viternbo e Bartolomeo che fu pizzicagnolo in piazza delle erbe nel 1786 e poi a Ronciglione, nel 1787, poi nuovamente a Viterbo in Piazza Fontana Grande dove, nel 1795, aveva un negozio di calzoleria. Dal matrimonio di Bartolomeo e Giulia Giovannini nacque Francesco che continuò il commercio paterno e dal suo matrimonio con Ottavia Chiucchiulini e poi con Caterina Martelli derivarono, tra gli altri, Luigi che fu Gesuita e Nicola che fu insegnante nel Seminario di Viterbo, poi Rettore e, nel 1845, Vescovo di Poggio Mirteto e successivamente di Foligno dove morì nel 1879. Loro fratello fu Giovan Domenico che si trasferì a Roma dove sposò Olimpia Guglielmi: un suo figlio, Francesco, fu Consigliere provinciale e facente funzioni di Sindaco di Roma (tra il 1871 e il 1872). Da Giovan Lorenzo era nato Agostino che, come il nipote Giuseppe, era stato orefice e argentiere nella prima metà del Settecento a Viterbo. Da Giacoma Grispigni di Pietrangelo che aveva sposato Giacomo Couzza nel 1569 derivò un ramo che si distinse sia per la professione di calzolaio sia per essere alcuni rappresentanti assurti al rango di notaio come Francesco (1707) e Nicola (1748-1776). Nell’Ottocento troviamo Pietro che fu perito agronomo e deputato nell’Ospedale Grande degli Infermi negli anni 1879-1891; si sposò con Rosa Venturini di Bagnoregio ed ebbe tra i figli Luigi che fu Commissario prefettizio del Comune di Viterbo tra il 1944 e il 1946 e Filippo, giurista, scrittore, docente universitario di diritto penale e autore di numerose pubblicazioni lungo tutto il periodo fascista (ma alcuni suoi testi sono stati riediti anche negli anni successivi). Da Vincenzo di Liborio e da Maria De Alexandris è disceso Luigi che fu insegnante nel Seminario di Viterbo; Gaetano che fu ufficiale nell’esercito regio; Giuseppe che fu generale della Guardia di finanza; Liborio che dal 1886 fu a Castel Sant’Elia come Segretario comunale e dove sposò Augusta Cardarelli di Nepi da cui nacque Augusto che fu combattente nella Prima guerra mondiale e poi per oltre trent’anni fu sindaco e poi podestà del suo paese natale e autore del saggio su Il Castello di Sant’Elia de Pentoma pubblicato postumo nel 1997 (Bassano del Grappa, Grafiche Tassotti; lui era morto nel 1959). Si era sposato nel 1908 con Augusta Manetti di Ronciglione, matrimonio che aveva dato vita al ramo Grispigni-Manetti. Cardinale La Fontaine Cardinale Pietro La Fontaine nacque a Viterbo il 29 novembre 1860, e morì a Paderno del Grappa il 9 Luglio 1935, fu cardinale consacrato da Papa Benedetto XV e patriarca di Venezia dal 1915 fino alla morte. Di lui si ammira il palazzo a via San Lorenzo altezza piazza della Morte, e sempre a lui è dedicata una via. Era secondogenito di 5 figli, di Francesco La Fontaine e di Maria Bianchini, figlia di Giuseppe Bianchini nobile di Albano e amministratore generale delle proprietà dei Principi Doria Pamphili Landi. Nel 1874 entrò in seminario e ordinato presbiterio nel 1883 rimase a Viterbo per oltre 20 anni come docente e direttore spirituale nel locale seminario diocesano divenne canonico capitolare della cattedrale di Viterbo e cappellano del carcere di Santa Maria in Gradi. Il 13 settembre 1906 fu consacrato vescovo di Cassano allo Ionio, in Calabria, dal cardinale Pietro Respighi. Il 28 dicembre 1908 un terribile terremoto che distrusse le città di Reggio Calabria e Messina con oltre 800.000 morti. Monsignor La Fontaine aprì le porte del palazzo vescovile per accogliere 50 piccoli orfani che vi rimasero per due mesi, poi la popolazione fece a gara per soccorrere i bambini.Il 1º aprile 1910 fu nominato vescovo della sede titolare di Caristo, si trasferì a Roma dove fu nominato vicario del cardinale arciprete della basilica lateranense e segretario della congregazione dei Riti, ufficio che lo portò a prendere parte alle riforme volute da Papa Pio X in ambito liturgico, in particolare alla riforma del breviario. Il 5 marzo 1915 Papa Benedetto XV lo promosse patriarca di Venezia e il 4 dicembre 1916 lo nominò cardinale con il titolo di Cardinale presbitero dei Santi Nereo e Achilleo. Visse il periodo drammatico della Prima Guerra Mondiale e subito dopo la fine della guerra si impegnò attivamente presso le autorità pubbliche cittadine e i governi per ottenere interventi per il rilancio dell'occupazione, la regolamentazione dei prezzi degli affitti, la costruzione di case popolari e la riduzione delle tasse. Continua a leggere : Cardinale Pietro La Fontaine Palazzo Palino Tignosini
Palazzo dei
Tignosi di Palino Tignosini,
piazza della Morte,Il monastero si ampliò nel
1508 per volere della ministra Margherita Martellacci, che acquistò
una casa di Tignoso di Palino Tignosini. Questa casa nel 1610
fu ridotta in parte a piazza ed in parte fu
incorporata al monastero ove un salone fu
chiamato di Palino come ricorda Domenico
Bianchi. Nel 1529, le monache, avendo ricevuto
l’anno avanti un legato di mille ducati d’oro e
una casa a Roma, decisero di ampliare il
monastero chiedendo al Comune di poter chiudere
la strada che era tra il convento e il loro
mulino. Il Comune approvò la chiusura, ma chiese
di aprire una nuova strada chiamata
via Pietra del pesce. Famiglia Tignosini Famiglia Tignosini ramo bastardo della Famiglia Tignosi, Viterbo, I Tignosini, si distingueranno nella storia di Viterbo, per la loro violenza e risolutezza nelle liti tra fazioni quattrocentesche e saranno detti anche Maganzesi. In questa particolare denominazione i cronisti e gli studiosi del passato hanno voluto riconoscere l’indizio di un’origine tedesca del ceppo familiare primitivo. In realtà il soprannome maganzesi o maguntini (citato per la prima volta solo nel 1429) fu coniato dai nemici dei Tignosini come sinonimo di rinnegati, secondo l’accezione che il termine assunse nel corso del Medioevo. Nell’epopea della Chansons de geste, infatti, Gano di Magonza era il paladino franco che ordì con i Mori l’aggressione della retroguardia di Carlo Magno nelle gole di Roncisvalle. Nei poemi cavallereschi italiani Il Furioso, L’Innamorato, Astolfeida., Gano e i membri della sua discendenza furono definitivamente rappresentati come proverbiale immagine dei traditori. Bibliografia: di Ser Marcus de Montfort dal sito web Lo Straccifojo. Palazzo Cocci Palazzo Cocci Piazza San Carluccio
Palazzo Cocci,
affaccia su piazza san Carluccio e
via pietra
del Pesce, da piazza della Morte si vede
quello che resta della
Torre Damiata., questi edifici vennero un tempo,
annessi al monastero di Santa Giacinta. Torre Damiata
Torre
Damiata, fu annessa al convento di
clausura. A piazza San
Carluccio si vede un edificio con ampie
arcate a sesto ribassate ed un tratto merlato
di mura racchiude il cortile, questo palazzo
apparteneva alla
Famiglia Cocci che poi nel 1227 subì la
devastazione della sua
torre detta Damiata. Fontana piazza della Morte Fontana piazza della Morte, Viterbo, è una delle più antiche fontane a fuso, in peperino, fu costruita nel 1206, ma venne distrutta poco dopo a causa di una famosa ribellione. Fu poi ricostruita verso la metà del 1200. Nel 1923 fu interamente ricostruita utilizzando una vasca rinascimentale proveniente dal convento di San Domenico ed altri pezzi di epoche differenti. La fontana di piazza della Morte è l’espressione della tipica fontana a fuso di Viterbo. La prima fontana risale al 1093, ed in origine era detta di San Tommaso, originario nome della chiesa, che poi per la presenza della Compagnia dell’Orazione e Morte assunse il nome della Morte. Questa congregazione si occupava di seppellire i morti abbandonati nelle campagne. Infatti vicino a piazza della Morte c’è una via chiamata via del Cimitero. L’acqua di questa fontana oltre che per abbellimento riforniva di acqua potabile la zona del quartiere di San Tommaso. Questa acqua arrivava fino al lavatoio posto alla sinistra del ponte di San Lorenzo, arrivava agli orti dei Templari in via Sant’Antonio, questo percorso viene svolto ancora oggi. La fontana nei secoli subì varie riparazioni alle tubature, alcune nel 1500, e vennero poi riattivate nel 1777. Alla base della fontana ci sono due gradini la vasca circolare presenta delle specchiature rettangolari, al centro si innalza un fuso ornato da quattro teste di leone dalle quali fuoriesce l’acqua la cuspide del fuso è ornata da foglie di acanto, mentre la parte più alt è una pigna ornata da quattro foglie. La fontana è stata usata fino al 1960, e per i danni da usura sono stati messi intorno al bordo dei cerchi in ferro. Nasone piazza della Morte Fontanella, Nasone a piazza della Morte, Viterbo, si trova proprio accanto alla fontana a fuso. Viterbo Sotterranea Viterbo sotterranea, piazza della Morte, Viterbo, una particolarità della città di Viterbo è il suo sottosuolo, ricco di gallerie scavate nel tufo che mettono in comunicazione gran parte degli edifici del centro storico, creando una interessantissima rete di cunicoli e camminamenti, talvolta parzialmente sommersi, ove non è raro trovare reperti storico-archeologici. Oggi sono utilizzate prevalentemente come cantine; queste gallerie furono importanti durante la seconda guerra mondiale come rifugio della popolazione viterbese durante i bombardamenti aerei che colpirono duramente la città nel 1943-44. A piazza della Morte è possibile visitare il sito chiamato "Viterbo sotterranea”. Scalinata a Ponte San Lorenzo Scalinata da ponte San Lorenzo lato sinistro da piazza della Morte immette su via Sant'Antonio, su via San Lorenzo, Viterbo. Lavatoio ponte San Lorenzo Fontana lavatoio Ponte San Lorenzo Fontana Lavatoio sotto il ponte San Lorenzo o del Duomo addossata al Palazzo del Drago, via San Lorenzo, Viterbo si trova al di sotto del ponte appoggiata al palazzo di Battista del Drago,che fu tesoriere del patrimonio. Il palazzo venne costruito verso la fine del XV secolo.Si arriva al lavatoio scendendo una gradinata sui cui muri laterali sono raffigurati un centauro che scocca una freccia contro una figura che si nasconde dietro un cespuglio ed una figura rannicchiata. Il lavatoio ha una forma rettangolare e la stessa vasca ha una forma rettangolare, l'ambiente è chiuso sui tre lati, l'acqua fuoriesce dal bocchettone. Scalinata lavatoio ponte San Lorenzo
Scalinata al Lavatoio sotto il ponte San Lorenzo, a via San Lorenzo,Viterbo, il Lavatoio è addossato al palazzo Battista del Drago,oggi adibito ad uffici dei Servizi Sociali. Profferli piazza della Morte
Profferli a piazza della Morte, Viterbo, un profferlo è dove c’era l’antico convento di Santa Giacinta, e l’altro è di fronte al convento di San Bernadino. Il profferlo, è una costruzione architettonica abitativa tipica della Viterbo medioevale, è una sorta di loggia o porticato ad un unico arco e ambiente, che sporge dal primo piano, il quale era collegato alla strada da una scala, tutto l’edificio abitativo era solitamente in peperino. Il primo piano era sprovvisto in epoca medioevale di parapetto, perché aveva una funzione anche difensiva, in modo tale che l’eventuale aggressore aveva alla sua destra un muro e dall’altra il vuoto, cosi da poterlo spingere di sotto. In più al piano terra di solito vi era uno spazio utilizzabile come negozio o magazzino e la tettoia sotto l’arco, permetteva di avere uno spazio coperto dove esporre i propri prodotti. A Viterbo ci sono molte di queste costruzioni ancora intatte nei secoli, specie nel quartiere di San Pellegrino, e per tutto il centro storico, altri hanno subito dei rimaneggiamenti nel corso dei secoli. Viterbo sotterranea Viterbo sotterranea, Viterbo,piazza della Morte, centro storico, una particolarità della città di Viterbo è il suo sottosuolo, ricco di gallerie scavate nel tufo che mettono in comunicazione gran parte degli edifici del centro storico, creando una interessantissima rete di cunicoli e camminamenti, talvolta parzialmente sommersi, ove non è raro trovare reperti storico-archeologici. Oggi sono utilizzate prevalentemente come cantine; queste gallerie furono importanti durante la seconda guerra mondiale come rifugio della popolazione viterbese durante i bombardamenti aerei che colpirono duramente la città nel 1943-44. A piazza della Morte è possibile visitare il sito chiamato “Viterbo sotterranea” informazioni e prenotazioni per una visita guidata al negozio di Souvenir di Viterbo a piazza della Morte. Stemmi Lapidi a piazza della Morte Viterbo
Stemmi epigrafi
lapidi
a piazza della Morte,Viterbo: alla
Chiesa di Santa Giacinta
ci sono sulla facciata gli
stemmi di San Bernardino e dei Ruspoli, al
civico 1 vi è il monogramma di Cristo nel sole,
al civico 4 in bassorilievo c’è l’immagine di
san Bernardino in bassorilievo nella posa di
predicare da un pulpito sul quale è inciso il
suo simbolo. Nel dicembre del 1999 con lettere
in nero apparve la scritta Bernardino, Al civico
5 è il portale del Monastero di san Bernardino,
a sinistra è lo stemma in peperino del vescovo
di Viterbo cardinale Urbano Sacchetti (1683 -
1699) così descritto in araldica: d’argento a
tre bande di nero. 5, a destra, in peperino,c’è
il sole con la sigla IHS di san Bernardino, il
portale del XVI secolo ha sull’arco a sesto
acuto ancora un IHS nel sole. Nel lungo palazzo
Grispigni, di fronte alla chiesa vi è una epigrafe che
ricorda la beata Lucia di Narni, del 400 che qui
abitava finchè non fu rapita per ordine del Duca
Ercole D’Este, che voleva alla sua corte una
donna famosa per le sue doti. In questo stesso
palazzo ebbe nel 1860 i natali e vi rimase fino
ai 14 anni il Cardinale
Pietro La Fontaine, patriarca di Venezia
vi sono alcune lapidi che ne ricordano la sua
presenza, . Al n° civico 85 di
via San Lorenzo,
vi è il Palazzo Pace,
di fronte a piazza
della Morte, è l’ingresso a bugne del
Palazzo Teloni, già
Pace, affiancato da due lapidi
commemorative. A sinistra, di chi guarda, è
l’epigrafe: In questa casa / nacque e lungamente
visse / il card. Pietro
La Fontaine / patriarca amatissimo di
Venezia / lustro e vanto / di questa sua sempre
cara / Viterbo / N. 29.11.1860 / M. a Fietta -
Venezia 9.7.1935. Sopra è
lo stemma dei La
Fontaine partito, al 1° all’agnello sul
monte con rivoli d’acqua che disseta due pecore
sulla pianura, al 2° alla cometa in capo e tre
gigli 2, 1. A destra del palazzo è l’altra
epigrafe dedicata alla
Beata Lucia da Narni; del 1661: D.O.M. /
Siste viator ad contubernium coelitum / ubi B.
Virgo Narniensis Lucia / sacro D. Dominici
gynaeceo satis extructo / passi numinis meruit
stigmata / espressa virtutum insignia / mox
ferrariae iussu Alex. VI P.O.M. / religionis
antistita pietatem auxit / familia Pacia
Viterbien(sis) / tutelari optimae amoris
obsequium pos. / anno Domini MDCLXI. Sopra è lo
stemma della famiglia
Pace raffigurante una colomba con la
palma al becco. Stemma di San Bernardino
sulla facciata dove c'è Viterbo Sotterranea.
Altro stemma di San Bernardino in alto,
sulla parete del convento. Scalinate a piazza della Morte Viterbo
Scalinate a piazza della Morte, una lunga
scalinata è sul lato sinistro del Ponte San
Lorenzo o del Duomo che immette da
piazza della Morte
alla sottostante via
Sant'Antonio, alcuni gradini danno l'
accesso al locale Magna Magna che
è all'interno del Palazzo Loggia di San
Tommaso poi dei Tignosi, che è al di sotto
del piano stradale, alcuni gradini sono alla
Fontana a Fuso di piazza della Morte in
precedenza chiamata San Tommaso, scale sono ai
profferli di piazza della morte, uno che
faceva parte di uno spazio occupato dal Convento
di Santa Giacinta Marescotti oggi destinato a
casa privata, ed un altro di fronte all'e
Convento di San Bernardino che è una proprietà
privata. Palazzi a piazza della Morte Viterbo
Palazzi a
piazza della Morte,
Viterbo, palazzo loggia San Tommaso,
Palazzo Grispigni ex Teloni già Pace a via San Lorenzo,
palazzo dei Tignosini,
palazzo Cocci, Palazzo
Battista del Drago a
ponte San Lorenzo. Fontane e Fontanelle a piazza della Morte
Fontane e
fontanelle
a piazza della Morte Viterbo,
fontana di San
Tommaso oggi della Morte,
fontanella nasone ,
fontana nel cortile del convento di Santa Giacinta,
al ponte San Lorenzo
Lavatoio del
palazzo Batista del Drago. Archi a Piazza della Morte
Archi a piazza
della Morte,
archi alla
loggia del palazzo San Tommaso, archi
antico
convento di Santa Giacinta Marescotti, archi
profferlo di fronte
al convento di San
Bernardino e del profferlo di fianco alla
chiesa di Santa Giacinta
Marescotti. Archi al
Ponte San Lorenzo. Vie da Piazza della Morte
Vie da piazza
della Morte,
Viterbo, da qui si dipartono la
via San Lorenzo,
il ponte San Lorenzo, la
via dei Pellegrini, la
via del Ginnasio, la
via del Cimitero,
via del Ginnasio, una
scalinata che immette su via Sant’Antonio, la
via Pietra del Pesce,
che immette a piazza San
Carluccio la zona di
San Pellegrino. Piazze nei dintorni di piazza della Morte Piazze dintorni piazza della Morte Piazze
nei dintorni di piazza della Morte,
Viterbo, da vedere
piazza San Lorenzo,
piazza San Carluccio
piazza del Gesù,
piazza Santa Maria Nuova.
piazza Don Mario Gargiuli,
piazza del Plebiscito,piazza
San Pellegrino, piazza Scacciaricci, piazza del
Fosso, piazza Cappella,
Come arrivare a piazza della Morte Viterbo
Mappa S. Pellegrino - Mappa via S. Lorenzo - Via Cardinal La Fontaine
Fotografie Piazza della Morte Viterbo centro storico piazza della Morte - Piazze di Viterbo centro storico piazza della Morte - Piazze di Viterbo centro storico piazza della Morte - Piazze di Viterbo centro storico piazza della Morte - Piazze di Viterbo centro storico piazza della Morte - Piazze di Viterbo centro storico piazza della Morte - Piazze di Viterbo centro storico Confraternita della Morte piazza della Morte Confraternita della Morte piazza della Morte - Confraternite Ordini religiosi di ViterboEx Chiesa San Bernardino piazza della Morte Viterbo Ex Chiesa S.Bernardino piazza della Morte - Chiese di Viterbo centroEx Convento di San Bernardino piazza della Morte Viterbo Ex Convento San Bernardino piazza della Morte - Chiese di Viterbo centroStoria Chiesa e Convento Santa Giacinta Marescotti piazza della mMorte Viter storia chiesa e convento S. Giacinta Marescotti piazza della Morte - Chiese di Viterbo centro
Immagine di San Bernardino alla parete
attuale convento Effige S.Bernardino ,piazza della Morte - Edicole sacre a Viterbo Simbolo di San Bernardino che è in varie facciate dei palazzi di Viterbo centro storico Stemmi di San Bernardino a Viterbo, piazza della Morte Stemmi di San Bernardino a Viterbo, piazza della Morte Chiesa Santa Giacinta Marescotti piazza della Morte Viterbo Chiesa S.Giacinta ex Bernardino piazza della Morte - Chiese di Viterbo centroCampanile Chiesa Santa Giacinta Marescotti piazza della Morte Viterbo Campanile Chiesa S.Giacinta piazza della Morte - Campanili di Viterbo Convento Santa Giacinta Marescotti piazza della Morte Viterbo
Convento.Giacinta Marescotti piazza della Morte - Chiese di Viterbo centro Stemmi Chiesa Santa Giacinta Marescotti piazza della Morte Viterbo Stemmi Chiesa S. Giacinta piazza della Morte - Stemmi a ViterboFontana al chiostro Chiesa Santa Giacinta Marescotti piazza della Morte Viterbo Fontana Chiostro S.Giacinta piazza della Morte - Fontane lavatoi di ViterboFontana piazza della Morte Viterbo centro Fontana piazza della Morte Viterbo - Fontane lavatoi di Viterbo Nasone a piazza della Morte Viterbo centro Fontanella Nasone piazza della Morte Viterbo - Fontane lavatoi di ViterboPalazzo Grispigni piazza della Morte Viterbo Palazzo Grispigni piazza della Morte - Palazzi di Viterbo centroPalazzo Loggia di San Tommaso Viterbo Palazzo Loggia San Tommaso piazza della Morte - Palazzi di Viterbo centroPalazzo Tignosini piazza della Morte Viterbo Palazzo dei Tignosini - via Pietra del Pesce - Palazzi di Viterbo centroPalazzo Cocci piazza San Carluccio Viterbo Palazzo Cocci Piazza San Carluccio - Palazzi di Viterbo centroTorre Damiata via Pietra del Pesce Viterbo Torre Damiata Via Pietra del Pesce - Torri di Viterbo centroPonte San Lorenzo via San Lorenzo Viterbo Ponte San Lorenzo - Via San Lorenzo - Ponti di Viterbo centroScalinata da via San Lorenzo piazza della Morte a via S. Antonio Viterbo Scalinata a ponte Lorenzo Via San Lorenzo - Scalinate Viterbo centroScalinata Lavatoio ponte San Lorenzo piazza della morte Viterbo Scalinata ponte san Lorenzo - Fontana lavatoio Ponte San Lorenzo Lavatoio Ponte San Lorenzo piazza della Morte e via San Lorenzo Viterbo Fontana Lavatoio Ponte San Lorenzo via San Lorenzo - Fontane Lavatoi Profferli a piazza della Morte Viterbo Profferli piazza della Morte, Viterbo - Profferli di Viterbo centro Scalinate a piazza della Morte Viterbo centro Viterbo sotterranea piazza della Morte Viterbo Viterbo sotterranea - Musei di Viterbo centroDa vedere a piazza della Morte Viterbo
piazza della Morte, informazioni turistiche e fotografie a cura di Anna Zelli Piazza della Morte Viterbo piazza della Morte,Viterbo centro storico foto Anna Zelli Piazza della Morte Viterbo centro storico - le vite dei Santi a Viterbo
Piazza della Morte Viterbo - Santi vita opere storia a Viterbo Da vedere nella zona di Piazza della Morte e dintorni
Via San Lorenzo - Piazza della Morte via San Lorenzo, - piazza della Morte, Viterbo, Piazza San Lorenzo - Piazza del Plebiscito piazza San Lorenzo - piazza del Plebiscito Viterbo piazza Santa Maria Nuova - San Pellegrino quartiere medioevale San PellegrinoMappa piazza S. Lorenzo - Mappa via S. Lorenzo - Via Cardinal La Fontaine
Mappe di Viterbo centro Mappe colli vie piazze zone Viterbo Vie di Viterbo centro - Piazze Viterbo centro - Quartieri Viterbo centro storico
Piazze di Viterbo centro - Vie di Viterbo centro - Quartieri Viterbo centro San Pellegrino Quartiere - Colle San Pellegrino - Mappa San Pellegrino Pianoscarano quartiere - Colle Pianoscarano - Mappa Pianoscarano
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Aggiornato Marzo 2024