Nella Provincia di Viterbo sono
da visitare il Lago di Bolsena e il lago di Vico, il
piccolo lago di Monterosi , il lago di Mezzano, il
laghetto del Pellicone e infine vicini a Viterbo ma della
provincia di Roma il lago di Bracciano, il lago
Martignano, e il lago di Vladimonio.
Il Lago di Bolsena, provincia di Viterbo,circondato dalla catena
dei monti Volsini è il lago vulcanico più grande d’Europa, al centro
vi sono le due piccole isole la Bisentina e la Martana. Il lago si
affaccia sui comuni di Bolsena, di Capodimonte, di Marta, di Gradoli,
e di Montefiascone. Il Lago deve la sua formazioni a 300 mila anni
fa, la caldera del vulcano è nascosta dall’acqua, ed è proprio
l’origine vulcanica che da la colorazione scura delle spiagge. Il
lago, balneabile, è frequentato dagli amanti della vela, del
windsurf e della pesca sportiva. Qui c’è anche un piccolo porto
turistico. L’Isola di Martana non è visitabile in quanto è di
proprietà di un privato. L’isola Bisentina anche questa non
visitabile.
Isola Bisentina sul Lago di Bolsena, provincia di Viterbo,
qui vi sono racce di insediamenti palafitticoli, oggi sommersi che,
testimoniano la presenza dell'uomo sulla Bisentina già in epoche
arcaiche. La presenza di insediamenti in epoca etrusca è
testimoniata invece da ritrovamenti di tombe e vasellame databili
intorno al VI secolo A.C. a. Anche i Romani hanno lasciato tracce
ancora visibili della loro permanenza sull'isola. Durante il
Medioevo l’isola entrò tra i possedimenti dello Stato Pontificio.
L’isola nel 1200 circa, faceva parte dei possedimenti dei signori di
Bisenzio , da qui l’origine del nome,questi, poiché la popolazione
locale non li supportava per il predominio che volevano sul lago,
abbatterono la rocca, diedero alle fiamme l’isola e se ne andarono.
Nel 1261 Papa Urbano IV riconquistò l’isola ricostruì la rocca e la
chiamò Urbana. In fondo alla Rocca c’era uno scavo di fango e
questo venne adibito a carcere detto della Malta qui vennero
imprigionati nel 1295 Angelario, che era l’abate di Montecassino,
nel 1299 Ranieri Ghiberti, Gran Maestro dei Templari e nel 1359 ed
un gruppo di monaci eretici. Nel 1296 il papa Bonifacio VIII
assoggettava l'isola al dominio di Orvieto, seppure con molte
riserve. Nel 1333, essa fu distrutta da Ludovico il Bavaro che era
stato accusato di eresia e scomunicato dal papa. Nel 1400, l'isola
Bisentina diventò proprietà dei Farnese; forse, verso la metà di
quell'anno, vi fu seppellito Ranuccio Farnese e un secolo dopo vi
avrà sepoltura un altro Ranuccio Farnese, nipote di Papa Paolo III.
Nel 1462, il signore di Capodimonte Gabriele Farnese organizzò per
il Papa Pio II, al secolo Enea Silvio Piccolomini, una storica
regata di pescatori di Marta,i quali dopo alterne vicende,
conquistarono l’isola sottraendola ai cittadini di Bolsena.
Nell'ottobre del 1517, il cardinale Alessandro Farnese organizzò un
ricevimento sull'isola in onore di papa Leone X. Durante il 1530 era
qui che il cardinale Farnese trascorreva la sua villeggiatura
circondato da letterati , tra questi Paolo Giovio e Paolo Cortese.
Nel 1534 il cardinale Farnese venne eletto papa con il nome di Papa
Paolo III. Nel 1635, l'isola Bisentina governata dal duca di Castro
Odoardo Farnese divenne di proprietà papale, in quanto il Farnese
avendo contratto un enorme debito con il Monte di Pietà di Roma, e
non potendolo pagare, diede modo a Papa Urbano VIII in urto con i
Farnese,di annettere l’isola e il Ducato di Castro ai possedimenti
dello Stato Pontificio. Nella lotta tra il papa e il duca di Castro
si intromise la Francia e la annessione temporaneamente non ebbe
seguito. Fu poi Papa Innocenzo X a portare a termine il progetto del
suo predecessore, con la totale distruzione di Castro, nel 1649
entrambe le isole, la Martana e la Bisentina, tornarono alla Chiesa.
Nel 1707, regnando Papa Clemente XI, la Camera Apostolica concesse
l'isola Bisentina al vescovo di Montefiascone, per uso di
villeggiatura del Seminario di quella diocesi. Concessione che fu
confermata da Papa Innocenzo XIII e Clemente XII finché, nel 1752,
l'isola fu data in enfiteusi al conte Giraud che la trasformò in un
giardino. Sull’isola vi è la Chiesa rinascimentale dei Santi Giacomo
e Cristoforo, il cui progetto fu affidato dal cardinale Alessandro
Farnese al Vignola. Disseminate lungo l'isola vi sono ben sette
piccole cappelle e la più pregevole delle quali è il Tempietto di
Santa Caterina, a pianta ottagonale, chiamato comunemente la
Rocchina, attribuita ad Antonio da Sangallo il Giovane. La più
antica delle cappelle è l'Oratorio di San Francesco, mentre
l'Oratorio di Monte Oliveta, risalente agli inizi del XVII secolo,
sostituì probabilmente un più antico tempietto del quale parla anche
il Vasari. L’isola di proprietà privata non è visitabile, la si può
ammirare solo dalla barca senza poter scendere a terra.
Il Lago di Vico, provincia di Viterbo, Il Lago di Vico è un lago
di origine vulcanica, è circondato dal complesso montuoso dei monti
Cimini; in particolare, il lago è cinto dal monte Fogliano (965 m) e
dal monte Venere (851 m). ed anche da una fittissima vegetazione che
lo rende un luogo incontaminato, perfetto per una giornata di totale
relax a due passi dalla bella Caprarola e dai Monti Cimini.
I centri abitati prossimi alle rive del lago sono Ronciglione,
Caprarola e San Martino al Cimino. Incerta è l'origine
del nome: potrebbe trarre origine dalla località di Vicus Matrini,
importante centro che sorgeva sulla via Cassia a circa tre
chilometri da esso, toponimo che appare anche sulla Tabula
Peutingeriana, o da un piccolo Vicus sorto in età romana sui margini
meridionali del bacino lacustre, Vicus Elbii che risultava scomparso
già dall'età altomedievale. L'area vicana era attraversata da
un'importantissima arteria stradale, alternativa alla Via Cassia
romana, detta "via Ciminia", il controllo della quale portò
prestigio e ricchezze dapprima alla potente famiglia dei Prefetti di
Vico tra XII e inizio del XV secolo, e poi ai Farnese durante il
secolo XVI. Il tracciato attraversava il borgo omonimo, sovrastato
da un'altura su cui sorgeva la fortificazione della famiglia dei
Prefetti di Vico, che da quella località prese il nome. Il lago di
Vico è il risultato di una serie di lunghe e potenti fasi di
attività vulcanica, succedutesi tra 400.000 e 93.000 anni fa e
scaturite da diversi centri di origine: per questo la sua caldera ha
una forma "policentrica". Il lago ha avuto origine dopo la
cessazione delle fasi vulcaniche, intorno a circa 90.000 anni, fa in
seguito al riempimento della caldera vulcanica mediante le piogge e
le nevi delle fasi glaciali. Il Rio Vicano,emissario del lago, che
scende a valle verso il Fiume Treja ha la particolarità di essere un
corso d'acqua artificiale creato dagli Etruschi attraverso un
sorprendente tunnel scavato nel tufo, che da sotto il livello delle
acque del lago, percorre circa 100 metri per uscire dal lato opposto
del costone della montagna. Il rio Vicano scendeva a valle verso il
fiume Treja fuoriuscendo dal punto in cui la cinta calderica è meno
elevata. In un momento non conosciuto dell'età romana, le acque del
lago furono fatte confluire nel Rio Vicano tramite una conduttura
artificiale, poi riattivata nel XVI secolo con una serie di
interventi fatti realizzare dai Farnese. Alcuni studiosi hanno
supposto che il livello del lago sia stato abbassato sin dall'età
etrusca, ma l'evidenza archeologica al momento è quella presente
nell'emissario farnesiano, recentemente esplorato dal personale
della Riserva assieme a membri della Commissione Nazionale Cavità
Artificiali della Società Speleologica Italiana: un sorprendente
tunnel scavato nel tufo in età romana dall'andamento irregolare (per
diminuire la pressione di uscita). Il condotto, la cui volta è
sostenuta da ricorsi di mattoni, riceve le acque da una chiusa
risalente all'età dei Farnese, percorre circa 400 metri per uscire
dal lato opposto del costone della montagna, nella forra del Rio
Vicano appunto. Le acque dell'emissario, da un paio d'anni sotto la
soglia per le scarsissime precipitazioni, fuoriescono dal lago
tramite una galleria artificiale a sezione circolare costruita negli
anni '90. Sin dall'antichità la costruzione dell'emissario ha
permesso un ingente abbassamento del livello delle acque,
trasformando parte del lago, e soprattutto tutta la zona Nord della
caldera, le cosiddette Pantanacce, in un territorio fertile. La
geografia del lago che possiamo vedere oggi è dunque diversa da
quella originaria: il monte Venere, nato a seguito dell'ultima fase
di attività del vulcano vicano, terminata 90.000 anni fa, che ora
sorge nella parte settentrionale della conca dandole la
caratteristica forma "a ferro di cavallo", era probabilmente una
penisola e la superficie dello specchio d'acqua era quasi doppia di
quella oggi. L'antico tunnel di emissione è stato affiancato alla
fine degli anni '90 del secolo scorso da un tunnel artificiale in
cemento armato a sezione ogivale in cui confluiscono le acque del
bacino, mediante una complessa regolazione elettroidraulica della
portata d'acqua gestita,dalla Regione Lazio. Dagli anni '80 il suo
territorio è stato riconosciuto "Riserva Naturale", denominazione
che è stata successivamente estesa da Caprarola anche alla zona che
ricade sotto l'amministrazione territoriale di Ronciglione. Ad oggi
dunque la Riserva Naturale del Lago di Vico comprende il bacino
lacustre, dalla caratteristica forma a ferro di cavallo, la cinta
montuosa che lo circonda, la zona palustre e quella boschiva, con la
grande varietà di flora che nelle diverse stagioni regala
colorazioni suggestive e sempre nuove. Nelle vicinanze merita una
passeggiata alla faggeta del Monte Venere. Il Lago di Vico ad Ovest
della cittadina di Caprarola, è uno dei laghi più belli e meglio
conservati e integri dell’Italia intera. In epoca etrusca la sua
superficie diminuì a causa della costruzione di un canale
sotterraneo che ha permesso di ricavare una grande quantità di
terreno fertile ad oggi coltivato prevalentemente con noccioli.
Sulle sue sponde non ci sono borghi e città quindi ci appare ancora
oggi in tutta la sua incontaminata bellezza. La zona del Lago di
Vico, così come accaduto per Caprarola e per i Monti Cimini, rimase
inesplorata per millenni, fino all’avvento dei Romani, che
espugnarono agli etruschi la città di Sutri e proseguirono la loro
avanzata fino alla selva dei Cimini che si riteneva essere abitata
da demoni. Nel 1982 l’istituzione della Riserva Naturale del lago di
Vico, ha posto in essere stretti limiti paesaggistici ed ambientali
che hanno sottratto il territorio alla cementificazione selvaggia
come invece accaduto a ridosso degli altri bacini lacustri. Qualità
dell'acqua del lago di Vico : Il lago è balneabile così come risulta
dai dati dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale del
Lazio, che ha diffuso i dati storici della balneazione del periodo
2006-2011[8], 2012-2013[9] e per l'anno 2014[10]. Gli ultimi dati
disponibili (luglio 2018) sono legati ai prelievi e alle successive
analisi effettuate dalla Goletta Verde di Legambiente che non hanno
evidenziato livelli di inquinamento delle acque. L'acqua del lago,
data la composizione vulcanica dei suoli, presenta valori di
arsenico che ne rendono necessaria la depurazione prima che venga
immessa nella rete idrica dei centri vicini. Le cianotossine
prodotte da alcune alghe, in particolare dalla Phlantotrix rubescens,
le cui fioriture algali sono state favorite dalle sostanze usate per
concimare i terreni agricoli, sono uno dei problemi rilevati nelle
acque che ne pregiudica la potabilità.
Il lago di Monterosi, della provincia di Viterbo, è un lago
poco conosciuto, si trova nel territorio di Monterosi, è un piccolo
cratere di forma circolare e un diametro di circa 600 metri e appena
2 km di circonferenza. Nato da un cratere del gruppo dei monti
Sabini, gli stessi che hanno dato origine ai laghi di Bracciano e
Martignano, il lago di Monterosi sorge sul territorio dell'omonimo
centro, nei pressi della Via Cassia, la strada consolare che collega
Viterbo alla capitale.vLa bassa profondità delle sue acque ha
favorito la nascita di piante acquatiche e ninfee e il territorio
circostante, incontaminato e lasciato a pascolo fa di questo
specchio d'acqua una piccola preziosa attrattiva della bassa Tuscia.
Sulle rive del lago, detto anticamente Janula, nel 1155 avvenne
l'incontro fra Adriano IV e Federico Barbarossa, mentre le campagne
che circondano il paese furono nel 1645 teatro dell'assassinio del
vescovo Cristoforo Giarda, messo del Papa Innocenzo X, da parte dei
sicari di Ranuccio II Farnese. Monterosi assieme a molti altri
centri della zona, sono stati di volta in volta nelle mani del
potere pontificio o di alcune tra le famiglie più potenti del Lazio,
tra cui i Di Vico, gli Anguillara e gli Orsini.
Lago di Mezzano, provincia di Viterbo, di origine vulcanica,
formatosi circa 400.000 anni fa, situato a ridosso del confine con
la Toscana, il lago presenta una forma rotondeggiante, tipica per la
sua origine, e possiede un emissario, il fiume Olpeta, a sua volta
affluente del Fiora. Si trova all'interno del territorio comunale di
Valentano , anche se il comune più vicino in linea d'aria è
Latera. Nel 2005 il lago è stato proposto come sito di
interesse comunitario. Benché situato a soli 7 km dal lago di
Bolsena, non ha con esso collegamenti idrografici e si alimenta solo
con le piogge perché non ha immissari. Plinio, Vitruvio e Seneca
hanno descritto il cono lacustre di Mezzano Lacus Statoniensis,
"lago delle costruzioni",per i resti di villaggi di palafitte
sommersi dalle acque, ritrovati grazie alle esplorazioni subacquee
del fondale del 1973.Il Villaggio ha restituito la più grande
quantità di reperti integri di tutta l'Italia centrale, conservati
nel museo della Tuscia e della Rocca Farnese di Valentano e
comprendenti ceramiche, oggetti di legno e bronzi. Per tale ragione,
la campagna della Soprintendenza per i Beni archeologici
dell'Etruria Meridionale ha avuto una vasta eco. Tali ritrovamenti
sono dovuti ad una pura casualità. quando nel 1972 sul fondo del
lago vennero rinvenuti due piccoli orci in ceramica databili all'età
del Bronzo. L'amministratore della tenuta che circonda il lago,
Fortunato Sonno, mentre pescava trovò agganciati all'amo due piccoli
orci di ceramica risalenti all'età del Bronzo. Pertanto l'anno
successivo iniziò una campagna di rilevamento e raccolta di
materiali, sotto gli auspici della soprintendenza archeologica per
l'Etruria meridionale. A venire alla luce fu un abitato già
esistente nell'eneolitico ,III millennio a.C., con resti di
palafitte, vasi e numerosi oggetti in bronzo, in parte oggi esposti
nel museo di Valentano. Tra i materiali trovati spiccano due
spade; una, per forma e tipologia, ha un solo eguale in Italia;
l'altra, per la scarsa durezza dovuta alla lavorazione, ha portato
gli studiosi a ritenerla non realizzata come arma ma piuttosto come
offerta votiva. Dall'aiuto degli studi sul sistema di insediamento e
dal ritrovamento dei reperti si evince la certezza che le rive del
lago siano state popolate a partire dall'Età del rame III millennio
a.C, durante l'età della "Cultura Appenninica" nell'Età del Bronzo,
fino al Bronzo finale XII sec a.C. L'ambiente del lago di Mezzano è
quasi completamente inalterato, privo delle tracce della presenza
umana e abbastanza distante dai centri abitati. È possibile
arrivarci solo a piedi. Il perimetro del lago è circondato da
canneti e campi coltivati dagli agricoltori del luogo. Le sue acque
sono limpide e i colori vanno dal blu profondo al verde cobalto. È
situato in una cavità a forma di tronco di cono rovesciato, molto
probabilmente un cratere d'esplosione dell'apparato eruttivo di
Latera. I versanti sono ricoperti da una fiorente vegetazione
arborea. Particolare attenzione merita il bosco che si trova sul
versante ovest, il Monte Rosso, nel quale alberi di alto fusto con
piante di cerro e roverelle secolari nascondono il Castello di
Mezzano, di origine longobarda, distrutto nella metà del 1300.
La leggenda narra che Pia de' Tolomei, nobildonna senese ricordata
da Dante nel V canto del Purgatorio sia stata rinchiusa e uccisa
qui. Troviamo, inoltre, il colle Monte Becco che domina la Riserva
Naturale del Lamone di Farnese comune limitrofo. Oggi il lago è
quasi del tutto interrato e alimentato da sorgenti sulfuree che vi
riversano acque lattiginose, le quali, unitamente alla vegetazione
palustre e ai depositi minerali formano ammassi di una certa
consistenza che devono aver suggerito l'idea delle "isole
galleggianti" di cui parlano Seneca e Plinio il Vecchio.
Laghetto del Pellicone, provincia di Viterbo,nè un piccolo lago
che si trova al confine tra i comuni di Montalto di Castro
e Canino, lungo il fiume Fiora, in prossimità del sito
archeologico di Vulci, è alimentato dal fiume Flora che ha creato,
nel corso dei secoli, un canyon tra le rocce di basalto e calcare,
infine il fiume si getta nel lago tramite una cascata alta circa sei
metri che rende ancor più suggestivo il panorama. Il lago e'
circondato da due alte scogliere, tanta vegetazione e una spiaggetta
che durante i periodi di piena sparisce. Il Lago del Pellicone sorge
a poca distanza dal Ponte e dal Castello dell’Abbadia che ospita il
Museo Archeologico Nazionale e dal Parco Naturalistico Archeologico
dell’antica città di Vulci, tra il comune di Montalto di Castro
e quello di Canino.Si tratta di uno specchio d’acqua con
annessa una piccola cascata, completamente circondato da pareti di
roccia vulcanica e da vegetazione incontaminata. Rappresenta una
piccola oasi di pace per chi si avventura nel Parco di Vulci, alla
scoperta degli scavi dell’antica città e delle bellissime tombe
etrusche presenti sul territorio. Il laghetto del Pellicone e' stato
teatro di molte scene cinematografiche, sicuramente le più famose
sono quella di non ci resta che piangere, nella quale Troisi e
Benigni incontrano il grande Leonardo, oppure la scena di tre uomini
e una gamba quando si fermano durante il viaggio per fare un bagno.
Lago di Bracciano, fa parte della provincia di Roma, è Il
terzo lago vulcanico della Tuscia è il lago di Bracciano, meta
privilegiata dei romani che ha subito, negli anni, una forte
"urbanizzazione". È situato nella Tuscia Romana e sicuramente
il lago più frequentato a livello turistico rispetto agli altri, vi
si affacciano i borghi di Trevignano Romano ed Anguillara
Sabazia e il bellissimo castello medioevale Orsini
Odescalchi , visitabile e sede di importanti eventi e
manifestazioni pubbliche e private. Originariamente era chiamato
lago Sabatino ed è è circondato dai Monti Sabatini, il suo emissario
è il fiume Arrone, che origina sulla costa sudorientale e sfocia nel
mar Tirreno in località Maccarese. Dal 1999 il lago di Bracciano, il
piccolo lago di Martignano ed i territori circostanti fanno parte di
un'area naturale protetta designata Parco naturale regionale di
Bracciano-Martignano.Il lago si è formato per riempimento di una
depressione tettononico-vulcanica creatasi a causa dello svuotamento
della camera magmatica che alimentava il complesso vulcanico
sabatino. A est della conca lacustre si trovano le caldere degli
antichi vulcani di Martignano, Baccano e Sacrofano.
Attualmente l'attività vulcanica è nella fase terminale, ossia
quella idrotermale. Sulla sponda meridionale del lago, in località
La Marmotta, a poche centinaia di metri a ovest di Anguillara,
complessi scavi subacquei guidati da Maria Antonietta Fugazzola
hanno rinvenuto a 7,5 m di profondità un importante villaggio
sommerso del neolitico, abitato per circa cinquecento anni dal 5700
al 5200 a.C., con grandi case rettangolari, ne sono state scoperte
sette, disposte ordinatamente. Il villaggio, presumibilmente esteso
su un'area di 25.000 m², fu abbandonato improvvisamente forse per
un'inondazione. I resti che permettono di risalire all'economia e
alla dieta del gruppo (semi di grano e orzo, ossa di capra, pecora,
cane) in molti casi infatti si trovano ancora negli strati di
abbandono e nei vasi. Un caso di ossa e cereali ritrovati nello
stesso vaso fa pensare ad un alimento in fase di cottura nel momento
in cui si scatenò l'evento finale. Non mancava la frutta: mele,
prugne, lamponi, fragole e ghiande. Ancora incerta l'ipotesi che già
si producesse vino. La presenza di lino fa inoltre pensare alla
coltivazione a fini tessili, mentre non è ancora spiegato il
rinvenimento di papavero sonnifero, da cui si ricava l'oppio. Lo
strumentario rinvenuto comprende asce di pietra, falcetti di legno
con lama di selce, lame di ossidiana, ceramiche decorate ad
impressioni cardiali (con l'orlo della conchiglia Cardium o cuore),
oppure dipinte con motivi rossi, neri o bianchi. Tra i reperti più
importanti finora rinvenuti: barchette di ceramica; una statuetta di
pietra raffigurante una donna, forse la “dea madre”; e soprattutto
piroghe scavate svuotando tronchi di quercia. In particolare, una
piroga monossile di 9,50 m, originariamente spezzata in due parti e
rinvenuta il 31 luglio 2005 a 12 m di profondità, è oggi conservata
in una teca, contenente sostanze adatte al consolidamento, presso il
Centro Espositivo del Neolitico di Anguillara Sabazia. Sul fondo del
lago numerosi rinvenimenti attestano insediamenti protostorici, come
quello vicino Vicarello (Bronzo Medio), quello di Sposetta (Bronzo
Medio e Bronzo Recente), o quello di Vigna Grande che raggiunge
l'età del ferro. Nonostante una certa aggressione urbanistica la
zona conserva ancora tratti di vegetazione e di aree più estese di
foresta. Ciò favorisce la presenza di numerose specie acquatiche e
non. Le acque del lago sono particolarmente ricche di pesci, grazie
anche al fatto che una legge regionale impedisce la navigazione a
motore, a eccezione di pescatori muniti di licenza e della motonave
Sabazia II, gestita dal Consorzio Lago di Bracciano, che effettua
servizio stagionale fra i tre centri del bacino. La ciita di
Bracciano è posta su di una collina, e al lago si possono praticare
immersioni subacquee, canoa e numerosi sport velici. Il Castello
Orsini-Odescalchi, di epoca medievale, è arredato come all’epoca
del suo massimo splendore, conserva in alcune sale al suo interno un
museo molto curato che ospita importanti raccolte di armi e armature
medievali; il centro storico circostante il Castello,è ricco di
chiese ed edifici storici, e percorrendo le caratteristiche stradine
medievali.
Lago Martignano della provincia di Roma fa parte area protetta del
Lago di Bracciano, è di origine vulcanica, piccolo ma bellissimo
lago alle porte di Roma Nord, Si affacciano sulle coste del lago, i
comuni di Anguillara e Campagnano, il vulcano che ha dato origine al
lago era parte del gruppo dei monti Sabatini che comprendevano i
bacini circostanti di Bracciano e Stracciacappe.
Quest’ultimo, prosciugato a partire dal 1828 da papa Leone XII, e
Baccano, prosciugato nel 1715 per iniziativa del principe
Augusto Chigi. Il Lago di Martignano è un vero e proprio lago
craterico, nato sul cratere di un vulcano, mentre quello di
Bracciano è il risultato dell’azione di alcune faglie e di un
collasso vulcano-tettonico risalente a oltre 300 mila anni fa che
provocò la depressione oggi occupata dalle acqua del lago stesso. Il
lago vulcanico di Martignano è un ambiente di inestimabile valore
ambientale, storico ed importantissimo serbatoio di biodiversità.
Sotto le acque sono stati rinvenuti numerosi reperti di insediamenti
umani di varie epoche che testimoniano l’antico e stretto rapporto
uomo-lago proseguito fino ai giorni nostri. Fratello minore di
quello di Bracciano, veniva chiamato dai romani Lago Alsietino e
veniva utilizzato per convogliare le acque a Roma. Nel II sec A.C.
Augusto fece realizzare un acquedotto che, dopo un percorso di 33
chilometri, raggiungeva la zona di Trastevere a piazza San Cosimato
dove si svolgevano le naumachie, le battaglie navali romane dedicate
a Giulio Cesare.Gli antichi romani lo utilizzavano come luogo di
villeggiatura, così come continuiamo a fare anche noi oggi. Sul
fondo del lago sono state rinvenuti resti di ville signorili e una
villa imperiale di epoca romana. La bellezza del luogo doveva essere
tale che lo stesso imperatore Settimio Severo vi fece edificare una
splendida villa. Dal 1999 è parte del parco naturale regionale del
complesso lacuale di Bracciano-Martignano, pertanto normalmente non
è accessibile con mezzi propri. Anche l’accesso alle rive è
regolamentato , occorre chiedere un permesso.
Lago
di Vladimonio, o lago Vadimone, provincia di Roma, è un piccolo
specchio d'acqua d'origine vulcanica situato nelle pianure
sottostanti di Bassano in Teverina, nei pressi di Orte. La
"fama" del piccolo lago è attribuito alla vittoria dell'esercito
romano, comandato da Publio Cornelio Dolabella, sulla coalizione di
Galli Boi ed Etruschi. Polibio è il primo a dare notizia di
quest'episodio. Tito Livio riferisce di una precedente battaglia
occorsa nel 309 a.C. nella quale gli Etruschi avrebbero subito una
pesantissima disfatta ad opera di Quinto Fabio Rulliano. Nel I
secolo d.C., Seneca e Plinio il Vecchio si occupano degli aspetti
naturalistici del lago, risultando particolarmente colpiti dal
fenomeno delle "isole galleggianti", identificabili con i banchi
superficiali di vegetazione lacustre (canne e giunchi) alla deriva.
Il passo di Seneca: "Ipse ad Cutilias natantem insulam vidi, et alia
in Vadimonis lacu vehitur, lacus in Stationensi est" e quello di
Plinio: "Quaedam insulae, semper fluctuantur, sicut in agro Caecubo
et eodem Reatino, Mutinensi, Stationensi, in Vadimonis lacu, ad
Cutilias aquas" sono le testimonianze che hanno indotto E. A.
Stanco, seguito da Munzi, a localizzare Statonia nell territorio di
Bomarzo. La più circostanziata descrizione del lago si deve a Plinio
il Giovane, che vide personalmente il Vadimone e lo descrisse come
"una ruota messa a giacere, con una circonferenza in tutto regolare
[...] di colore più pallido, più verde e più intenso del marino".
L'autore indica anche l'occasione del sopralluogo ("Exegerat
prosocer maues, ut Amerina praedia sua inspicerem. Haec perambulanti
mihi ostenditur subiacens lacus nomine Vadimonis; simul quaedam
incredibilia narrantur"). Secondo il Fontanini, che scrive agli
inizi del Settecento, i praedia amerini dovevano trovarsi nel
territorio di Bassano in Teverina e non nel lato sinistro della
valle del Tevere rientrante nell'ager di Amelia: "Plinio poteva
trovarsi a Giove o a Bassano ma, poiché dice di giungere allo stesso
lago senza far menzione del Tevere, senza il cui attraversamento non
avrebbe potuto giungere al lago, si può dedurre che quei poderi
amerini di suo suocero non fossero nel territorio di Amelia, ma in
quello di Bassano, dove appunto soggiace il lago. L'ipotesi del
Fontanini fu smentita con forza dal Vitali, canonico ortano vissuto
nell'Ottocento: "Riflettasi in primo luogo che Plinio, nel
discorrere di questo lago, non scrive già un'istoria, né fa una
dissertazione geografica o topografica, ma scrive una lettera, per
cui bastavagli il dire di aver veduto da vicino il lago, senza
avvertire il suo Gallo che per procacciarsi questa soddisfazione
aveva dovuto passare il Tevere o sopra di un ponte o per mezzo di
una barca, che sono sempre state in quel fiume. Sembrerebbe adunque
a me più ragionevole il dire che Plinio andò a diporto nelle colline
delle terre di Giove, o di Penna, dizione veramente amerina, ove
scorgesi sottoposto il lago Vadimone.
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