Chiese fuori centro storico Viterbo, la Città dei Papi,
subito fuori porta Fiorita si trova la Chiesa di Santa Maria della
Verità, una è a La Quercia, ed è la Chiesa Santuario rinascimentale
della Madonna della Quercia, subito fuori la Porta Romana si trova
la Ex Chiesa di Santa Maria in Gradi.
Chiesa Santa Maria della Verità
Chiesa Santa Maria della Verità
Chiesa di Santa Maria della
Verità,
si trova fuori le
mura di Viterbo, al’altezza di
Porta della Verità,
la sua edificazione si deve ad alcuni monaci
della Francia, poi, verso la metà del Duecento
passò all’ordine
dei Frati francescani dell’ ordine Serviti di
Monte Senario, rimase a loro fino al
1872, anno in cui a seguito dell’Unità d’Italia,
gli ordini monastici passarono di proprietà del
comune, il quale destinò la chiesa a
Museo Civico,
ed il convento
ed il suo chiostro
divennero sede
dell’Istituto Tecnico Paolo Savi. Nel XV
secolo l’edificio venne riedificato cosi come lo
vediamo oggi. La chiesa oggi riaperta a culto,
presenta l’interno a croce latina, l’incrocio
tra la navata centrale e quella trasversale ha
una copertura con volte ed archi a sesto acuto,
il resto della copertura è a tetto. Una
tradizione orale, d'altra parte sconfessata da
ricerche storiche , narra comunque che nel 1446
tre fanciulli, chiamati dal cronista mammilini,
entrano nella chiesa e vedono la Madonna,
descritta dai medesimi come una bellissima
signora che li intrattiene amorevolmente. Essi
tornano nella chiesa alcuni giorni dopo e vedono
la madonna tutta vestita di bianco, presso
l'altare a Lei dedicato; ai suoi piedi un uomo
prostrato che si flaggella e chiede perdono. I
ragazzi corrono in città e narrano l'accaduto,
la gente accorre e pur non vedendo nulla grida
al miracolo. Interviene il vescovo che fa
chiamare i ragazzi e nell'intento di appurare i
fatti li minaccia, alcuni dicono che li abbia
addirittura fatti frustare, ma essi rimangono
fermi sulle loro posizioni continuando a
ripetere: "verità, verità..." e appunto con il
nome della Verità fu chiamata da allora la
chiesa.L'intero complesso subì un pesante
bombardamento durante l'ultima guerra.
Ricostruito fu riaperto come museo, i locali del
convento, nel 1955, e nel 1961 riaprì anche la
chiesa che tornò al culto come parrocchia di
Santa Maria della Verità. Da notare alla destra
della navata centrale la Cappella Mazzatosta,
fatta edificare nel 1460 dal ricco viterbese
Nando Mazzatosta, qui si ammirano un ciclo di
affreschi opera del pittore Lorenzo di Giacomo
Lorenzo da Viterbo, morto giovanissimo, a 25
anni, che raccontano la vita della Madonna,
dalla Annunciazione, alla nascita di Gesù, alla
Presentazione e allo Sposalizio. La chiesa ha un
chiostro in stile
gotico con archi e bifore, risale alla
fine del XIII secolo. Nel
Museo Civico
sono anche conservate due famose tele di
Sebastiano dal Piombo, la Flagellazione e la
Pietà, ed un’opera di Salvatore Rosa
raffigurante “l’incredulità di San Tommaso”.
Come tutte le chiese più antiche di Viterbo,
anche la chiesa della Verità fu teatro di fatti
importanti per la città. Tra essi viene
ricordato un episodio: Nel 1419, all'interno
delle guerre tra signori per il dominio del
territorio, essendo venuta meno l'autorità
pontificia, stava aumentando di importanza
l'autorità di Tartaglia di Lavello, signore di
Toscanella, che, insieme a Braccio di Montone
aveva inferto numerose sconfitte ad Attendolo
Sforza, chiamato dai Viterbesi in aiuto della
città. Nel corso di queste scaramucce Braccio da
Montone aveva fatto numerosi prigionieri che
aveva rinchiusi sull'isola Martana del vicino
lago di Bolsena. Lo Sforza che tra quei
prigionieri aveva alcuni dei suoi capitani più
valorosi decise di liberarli. In segreto,
all'interno del convento della Verità, con
l'aiuto dei frati, allestì una priccola flotta
costituita da zattere e piccole imbarcazioni
servendosi per la loro costruzione di botti.
Trasportate le medesime nei presso del lago vi
fece salire di notte un manipolo di soldati che,
sbarcati sull'isola liberarono i prigionieri e
li ricondussero a Viterbo.
Il convento di Santa Maria della Verità
fu fondato nel XII secolo dai monaci
Premostratensi per passare poi ai frati
francescani dell'ordine dei Serviti. I lavori
maggiori che trasformarono la modesta chiesa
premostratense nell'attuale chiesa si ebbero nel
corso del XV secolo. I frati tennero il
complesso fino al 1872 anno in cui, per effetto
della soppressione degli ordini monastici, passò
di proprietà del comune.
La cappella Mazzatosta
si apre sulla parete destra della navata
principale della chiesa, è chiusa da una
cancellata in ferro originale del 400; pure
originale è parte del pavimento alcune maioliche
del quale si trovano a Londra al Victoria and
Albert Museum . Notevole ènil ciclo di affreschi
della cappella, dovuti al pittore Lorenzo da
Viterbo, splendido quello sulla parete di
sinistra raffigurante il matrimonio della
Vergine, per il loro valore pittorico questi
affreschi,vengono avvicinati a Giotto, e furono
eseguiti dal pittore Lorenzo da Viterbo, artista
morto giovanissimo all'età di 25 anni e del
quale si conosce un'altra opera soltanto. Gli
affreschi furono letteralmente sbriciolati dai
bombardamenti dell'ultima guerra e quello che
oggi si può ammirare è il frutto di un
prodigioso intervento di restauro che ricollocò
al suo posto migliaia di frammenti della
preziosa pittura.
(Bibliografia : Angelo M. Ambrosini)
Ex Chiesa Santa Maria in Gradi
Ex Chiesa S. Maria in Gradi
Ex Chiesa e monastero di Santa
Maria in Gradi,
si trovano al di
fuori della cinta muraria di Viterbo,
subito fuori la porta
Romana, all’inizio della strada per
Ronciglione, il nome “in gradi” le deriva dalla
imponente gradinata di accesso alla chiesa.
Tutto il complesso risale agli inizi del
Duecento, in origine su questa area vi era
un’altra chiesa sorta nel settecento su progetto
di Nicola Salvi andata semidistrutta durante la
Seconda Guerra Mondiale. Dopo l’Unità d’Italia
il monastero ospitò un penitenziario sostituito
poi da un carcere più moderno fino al 1993, oggi
appartiene all’Università della Tuscia, e la
chiesa ricostruita dopo la guerra oggi ospita
l’aula magna. Nel Medioevo il complesso di Santa
Maria in Gradi fu uno dei centri religiosi e
culturali più importanti di Viterbo. Il
complesso fu voluto dal cardinale Capocci nel
1215 ed affidato all’ordine domenicano nel 1244.
Nel 1246 a causa di un violento nubifragio
l’intero convento fu distrutto, ricostruito
venne poi consacrata la chiesa nel 1258 da papa
Alessandro IV. Nel 400 fu edificato un grandioso
portico a sostituzione del precedente. Tra il
1737 ed il 1758 vi fu un importante intervento
di restauro, ad opera dell’architetto Nicola
Salvi, lo stesso che progettò la fontana di
Trevi, il quale fatto salvo l'imponente portico
esterno, trasformò completamente lo spazio
interno della chiesa passando dalla divisione a
tre navate con copertura lignea a quella unica
coperta con una volta a botte. Oltre la navata
si accedeva ad un transetto coperto da una
cupola ottagonale, eleganti stucchi decoravano
le pareti. Allo stesso architetto è attribuito
il grandioso portale che permette di accedere al
complesso dalla via Cimina.
A causa dei bombardamenti della Seconda Guerra
Mondiale, nel 1950 fu necessario abbattere
completamente la volta, i successivi rifacimenti
hanno distrutto la precedente opera di Nicola
Salvi. Il complesso di Santa Maria in
Gradi, rivestì per molto tempo un ruolo
importantissimo nella vita della città, papa
Clemente IV vi soggiornò a lungo e chiese di
essere sepolto in questo luogo.Altri personaggi
illustri trovarono sepoltura all'interno di
questa chiesa, la maggior parte dei monumenti
funerari sono andati perduti, le tombe più
importanti come quella di papa Clemente IV e del
prefetto ghibellino Pietro De Vico si trovano
attualmente nella chiesa
di San Francesco.
Chiostro Chiesa S. Maria in Gradi
Chiostro della Chiesa di Santa Maria
in Gradi, che oggi dell'intero complesso
risalente al due e trecento, è l'unica parte che
ha conservato l'aspetto originario, si tratta di
un primo chiostro detto anche chiostro marmoreo
o ogivale, iniziato nel 1256 ed ultimato insieme
alla chiesa per volere di papa Alessandro IV, si
presenta ad archetti ogivali sorretti da 160
colonnine di marmo bianco abbinate. Al suo
interno si trova un pozzo di epoca posteriore,
realizzato nel 1557,costituito da una vasca
centrale e da due colonne con trabeazione,
poggia su un basamento realizzato con lastre
tombali riutilizzare. Il complesso è dotato di
un secondo chiostro o
chiostro maggiore. Al centro del secondo
chiostro è posta una
fontana circondata da un recinto di
eleganti colonne, la sua costruzione risale alla
seconda metà del XVII secolo. Sempre a Santa
Maria in Gradi vi era un tempo l’Ospedale
Domus Dei, oggi scomparso, era
all’interno del convento dei dominicani, i quali
ebbero per molto tempo in gestione oltre al
convento anche l'ospedale.
Ex Ospedale Domus Dei,
Questo ospedale venne fondato nel 1292 ad opera
di Visconte Gatti e destinato a curare oltre che
i cittadini di Viterbo anche i numerosi
pellegrini che transitavano per la città diretti
a Roma seguendo la via Francigena. L'ospedale
sorgeva dall'altra parte della strada Cimina ed
era collegato al complesso conventuale mediante
un cavalcavia, cavalcavia demolito nei primi
anni del 1800. Di detto ospedale rimane
solamente una porzione di fabbricato situato sul
lato destro della strada in prossimità del
portone d'ingresso del convento.
Chiesa Santuario Madonna della Quercia
Chiesa Santuario Madonna della
Quercia, La Quercia, provincia Viterbo, la leggenda narra della
immagine di una Madonna dipinta su una tegola e posta tra i rami di
un albero di quercia, che abbia compiuto dei miracoli.
Nel '400 questo culto era talmente diffuso che si decise di dedicare
a questa immagine una chiesa santuario. La facciata è
preceduta da un'ampia rampa di scale, presenta tre portali con
decorazioni in bassorilievo sormontati da terrecotte invetriate
realizzate da Andrea della Robbia. Il maestoso campanile è
opera di Ambrogio da Milano, ed è a tre piani, la sua costruzione
iniziò pochi anni dopo l'inizio della costruzione della chiesa nel
1470.L'interno della chiesa è a tre navate, il soffitto fu
pagato da Papa Paolo III, è a cassettoni, realizzato su disegno di
Antonio da Sangallo il Giovane, ed è rivestito in oro zecchino,
sopra le arcate vi sono 12 medaglioni raffiguranti gli apostoli
dipinti nel 1601 da Cesare Nebbia di Orvieto. La grande parete di
ingresso fu in gran parte affrescata da Angelo Pucciani nel 1636,
che qui vi raffigurò il miracolo del prete di Canepina.Il primo
altare della navata a destra è ornato da un quadro raffigurante San
Raimondo, protettore degli schiavi, dipinto nei primi anni del '600,
dal Cavaliere di Malta Papino Bussi che era scampato dalla prigionia
in Turchia. Segue lo sposalizio di Santa Caterina di Bonaventura
Borghese di Città di Castello. La chiesa ha un bellissimo organo
in legno intagliato del secolo XVII. Nel presbiterio vi è una
edicola marmorea opera di Andrea Bregno del 1569, atta a contenere
la parte di quercia sulla quale poggia la tegola miracolosa. Il
coro è in legno intarsiato realizzato nel XVI secolo. nella
volta si ammira un affresco della Madonna con bambino ed i
Santi, opera di Monaldo Trofi detto il Truffetta del 1519.
L'abside presenta una tela raffigurante l'incoronazione della
Vergine, iniziata da Mariotto Albertinelli e che venne terminata da
frà Paolino da Pistoia del 1543. Nella navata di sinistra vi
è un Presepio, in arte lignea toscana, del '500, ed alcune tele tra
queste La Discesa dello Spirito Sante, riferibile al viterbese
Domenico di Veraldo, e un'altra raffigurante San Domenico opera del
pittore Linaidi di Roma. Alle pareti vi sono altri lavori
pittorici di vari autori, ovvero , di Giovan Francesco Romanelli ,
di Bonifazi, di Stringelli, di Lanfranco e di Vanni provenienti da
altre chiese. Il Convento, retto dai padri domenicani, in
passato, ha due chiostri, il primo in stile ogivale
realizzato nel 1487 sotto la direzione del maestro Danese da
Viterbo, nel portico, vi sono delle lunette con affreschi e
scene dei Miracoli della Madonna della Quercia, riferibili ai primi
del Seicento, epoca in cui probabilmente fu edificato il piano
superiore. Il Chiostro Grande, fu fatto costruire nella
seconda metà del Cinquecento, e presenta al centro una fontana
del 1663, sulle pareti vi sono pitture del tardo barocco. Vi è anche
un Museo degli ex voto, con oltre duecento tavolette votive
dipinte tra il 1490 e il 1740, statue di bronco, un affresco su tela
del '400, paramenti sacri ed un busto del Redentore.
Chiesa San Martino al Cimino
Chiesa S.
Martino al Cimino
Chiesa San Martino al Cimino,
Abbazia Cistercense, San Martino al Cimino, provincia Viterbo,
questa piccola cittadina si trova a 6 chilometri da Viterbo, posto
al centro dell'anello vulcanico dei Monti Cimini, l'antico cratere è
oggi occupato dal Lago di Vico. Accanto all'Abbazia si trova il
palazzo Doria Pamphilj. La costruzione di questa chiesa
probabilmente iniziò nell'833 da Benedetto, figlio di Auperto,
all'abate di Farfa Siccardo. All'inizio era una chiesa di modeste
dimensione che forse era più a valle di dove oggi sorge la
nuova Abbazia. Qui si stanziò la prima congregazione dei frati
benedettini, i quali nel 1150 da Papa Eugenio III furono sostituiti
dai frati cistercensi, che provenivivano dal convento savoiardo di
San Sulpizio. All'inizio del XIII secolo segnò per l'abbazia una
grave decadenza e per porvi rimedio Papa Innocenzo III nè arricchì
le rendite con la concessione di alcuni beni , e ne passò la
giurisdizione ai circestensi del monastero francese di
Pontigny. Fu in quegli anni che il Cardinale Raniero Capocci fece
erigere l'imponente abbazia. Probabilmente nel 1225 vi fu la
consacrazione della Chiesa stessa. L'Abbazia ebbe un periodo
di splendore culminato negli anni del pontificato di Papa Gregorio X
al soglio dal 1271 al 1276. , contrassegnato dalla assegnazione di
privilegi e di riconoscimenti da parte di vari sovrani, tra questi
l'Imperatore Ottone IV, i re inglesi Giovanni Senzaterra ed Enrico
III Successivamente vi fu un altro periodo di decadenza. Nel 1317 vi
fu l'uccisione dell'Abate Guglielmo di Fiandra ad opera di un
esponente della Famiglia Gatti, e pertanto i circestensi furono
costretti ad abbandonare l'abazia. Sono dopo 12 anni tornaro alla
loro chiesa quando il capo della famiglia rivale Silvestro venne
ucciso, ma purtroppo lo stato miserrimo apparve inarrestabile. Nel
1379, i religiosi abbandonarono l'Abazia che venne affidata in
commenda a vari cardinali. Quando l'abbazia venne affidata al
Cardinale Francesco Todeschini Piccolomini, il quale prima di essere
eletto Papa con il nome di Papa Pio III, il cui pontificato durò
meno di un mese, fece eseguire lavori di restauro alla Porta San
Pietro e provvide anche a recuperare e restaurare alcune parti della
chiesa e dell'adiacente monastero. Successivamente per la rinuncia
dell'ultimo cammendatario il Cardinale Ranuccio Farnese, nel 1564,
Papa Pio IV assegnò l'abbazia alla mensa capitolare della basilica
vaticana di San Pietro.Era una assegnazione perpetua, ma in realtà
durò poco più di 80 anni. Nel 1645 Papa Innocenzo X autorizzò la
permuta di alcune terre di proprietà della cognata Olimpia
Maidalchini creando per lei il Principato di San Martino al Cimino,
fu una parentesi felice conslusasi nel 1657 alla morte della nobil
donna. Su donna Olimpia, principessa di San Martino, vi sono stati
giudizi contrastanti, i suoi detrattori hanno posto l'accento sulla
sua smisurata ambizione, che dominava la personalità del cognato
pontefice. Ma al di là di ogni giudizio si deve a lei la
trasformazione del borgo in una elegante capitale del suo
principato.alla cui realizzazione contribuirono i più illustri
architetti del suo tempo. Donna Olimpia è ricordata all'interno
dell'Abbazia in una epigrafe posta sul pavimento della chiesa.
La Facciata della Chiesa presenta un ampio rosone che ha preso il
posto della originaria finestra, tra il 1651 ed il 1654, sono stati
eretti i due enormi campanili che avevano la funzione di contrastare
lo slittamento della chiesa che poggia su un terreno franoso.
L'interno è a croce latina, a tre navate, con volte a crociera in
stile gotico cistercense. La navata maggiore è larga il doppio di
ciascuna delle due minori. Si alternano qui meno massicce colonne su
cui poggiano le volte minori intermedie. Probabilmente il coro
ed i transetto fanno parte di una costruzione precedente più antica,
mentre l'abside pentagonale era tipico delle chiese francesi.
Il monastero è unito all'abbazia tramite l'accesso alla sacrestia ,
qui si trova un lungo chiostro , il quale presenta alcuni archi
sorretti da colonnine binate , sormontati da un muro pieno in cui si
apre un piccolo rosone quadrilobato. Qui si trova anche la Sala dei
Monaci di particolare interesse architettonico. Un tempo di
fianco al convento c'era il palatium parvum, una modesta dipendenza
della abbazia, in cui vi erano alcuni servizi logistici. Un primo
intervento di ampliamento e recupero si ebbe nella seconda metà del
'400ad opera del Cardinale Todeschini Piccolomini , il completamento
delle opere si ebbe con Olimpia Maidalchini Pamphilj. , furono
rafforate le strutture interne Di recente il palazzo Doria Pamphilj
è passato nella disposizione dell'Ente Provinciale per il Turismo di
Viterbo che lo ha restaurato
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