Mare e spiagge nei dintorni di
Viterbo,Viterbo, la Città dei Papi, i luoghi di mare in
provincia di Viterbo vanno
da Tarquinia Lido, zona delle saline, fino alle spiagge di Pescia
Romana, e Montalto di Castro, il litorale è lungo 30 chilometri. Le
spiagge di Tarquinia Lido e di Montalto di Castro sono di sabbia
fine ed ampie
Il lido di
Tarquinia, provincia di Viterbo,
si trova a 5 km da Tarquinia paese. Ospita prevalentemente case
vacanze ed alberghi, vi sono numerosi ristoranti, pizzerie,
stabilimenti balneari attrezzati con cabine ed ombrelloni. Durante
l’estate vi si tengono numerosi eventi, musicali e teatrali. La
spiaggia di conformazione vulcanica è di colore scuro, ferrosa. si
estende tra la foce del fiume Marta e i resti dell’antico Porto
Clementino. I fondali degradano dolcemente e nei punti meno
profondi, si sviluppano forme di vita vegetale e abbondanti i pesci
Il litorale di Tarquinia si estende dalle scogliose rive di
Sant’Agostino, attraversa l’oasi delle Saline, arriva
fino alle sabbiose spiagge di Marina Velca, di Spinicci
e di Riva dei Tarquini. Nel tratto di costa che va dal Porto
Clementino, luogo in cui era ubicato l’antico porto etrusco-romano
di Gravisca, alla foce del fiume Marta, l’ampiezza dell’arenile ha
permesso di impiantare gli stabilimenti balneari. Lungo tutto il
litorale è presente la vegetazione tipica della macchia
mediterranea, corbezzolo, mirto, rosmarino, ginepro, olivastro,
ginestra, oleandro, querce, lecci e pini marittimi. A Tarquinia a
poca distanza dal centro storico, si trovano sia un sito
archeologico d'interesse mondiale, che il Parco delle Saline
Monumenti e luoghi d'interesse. L'antico centro etrusco e romano
sorgeva sull'altura detta "La Civita", alle spalle del "colle dei
Monterozzi" dove sorge l'abitato odierno e dove si trova la
necropoli antica (necropoli dei Monterozzi).
Tarquinia, Oasi
delle Saline
Le saline, di origini preistoriche, svolsero un ruolo
importante durante i periodi etrusco e romano. Le incursioni
barbariche del medioevo fecero decadere l’attività di produzione che
fu ripresa poi, a partire dal sec. XV. L’interesse da parte
dello Stato Pontificio per l’impianto crebbe nel tempo, raggiungendo
il suo apice agli inizi del sec. XIX quando fu dato avvio al
progetto di ampliamento con la consulenza di G. Lipari. I lavori,
iniziati nel 1803, dopo poco tempo furono sospesi per controversie
giudiziarie e furono ultimati solo nel 1831. Negli anni successivi
le saline raggiunsero un elevato livello di produzione, tanto che
rappresentarono ben presto uno dei capisaldi delle finanze
pontificie. Sino alla metà del sec. XIX, la manodopera,
esclusivamente costituita da galeotti del vicino carcere del Porto
Clementino, venne integrata – per ottimizzare la produzione – da
addetti esterni. Per tale motivo fu necessario costruire
degli edifici di pubblica utilità nella parte a nord degli impianti:
un borgo operaio in cui le costruzioni, con funzioni e caratteri
stilistici diversi – abitazioni, scuola, direzione, centro
ricreativo, magazzino e cantine, botteghe e osteria, infermeria
(1876-95); officina, chiesa e sacrestia, serbatoio per l’acqua,
fabbricato dei sali scelti (1917- e metà del sec. XX) – si
dispongono lungo i viali centrale e laterale, verso l’impianto
manifatturiero. Dopo il secondo conflitto mondiale, con il sorgere
di nuovi processi di lavorazione più redditizi, a Tarquinia
l’estrazione del sale risultò non competitiva sul mercato. Tra
l’altro, a seguito di una alluvione, alcune vasche risultarono
inservibili; pertanto nel 1987 l’attività cessò definitivamente.
A seguito di un ampio dibattito in sede scientifica e in ambito
politico sul riuso dell’impianto, l’area già vincolata come riserva
naturale di popolamento (D.M. 25/1/80) – cui si è aggiunto il
vincolo al borgo operaio (1997; L.1089/39) – con finanziamenti
europei (progetto “Life”), si è trasformata, in parte, in un centro
di ricerca scientifica ambientale, dell’Università della Tuscia di
Viterbo; l’oasi naturalistica è gestita dai Carabinieri forestali.
Tarquinia, Marina
Velca
Marina Velca Pian di Spille è un magnifico centro
residenziale immerso nel verde a circa 7 km da Tarquinia. Ospita
piscine, campi da tennis ed un campo da golf: inaugurato nel 1968,
fu successivamente ristrutturato ed ampliato. Marina Velca Voltumna
è un centro residenziale che si affaccia sul mare, la darsena, con
stabilimenti balneari, campi da tennis e piscine.
Tarquinia Spinicci
Comprende una vasta area di spiaggia libera ed ospita numerosi
campeggi. Una parte della zona è riservata all’Esercito italiano.
Tarquinia Porto
Clementino,
Tornato in auge nel medioevo come approdo di uomini
illustri e merci pregiate; più volte restaurato, anche da Clemente
XII (1738, da cui il nome. Collegato alla navigabilità del fiume
Marta e alle limitrofe saline, l’approdo venne abbandonato (sec. XX)
superato da quello di Civitavecchia.Nei pressi si ricordano le torri
di Corneto (diruta) e degli appestati. Qui c’è anche un sito
dell’esercito Italiano con un poligono di tiro.
Tarquinia
Sant’Agostino
Località dedicata esclusivamente alla balneazione, è
situata a circa 9 km dal paese in direzione Civitavecchia.
Conosciuta da chi pratica la pesca subacquea, ha un fondale ricco e
variegato, prevalentemente scoglioso.
Tarquinia, Siti
archeologici,
La Città etrusca,
testimonianze più antiche di abitato sul colle de "La Civita"
risalgono a un grande centro proto-urbano del periodo villanoviano (IX-VIII
secolo a.C.) che grazie alle ricerche topografiche si è potuto
calcolare attorno ai 150 ettari di estensione; non sono numerosi i
resti dell'abitato, di cui sono visibili in particolare gli
imponenti avanzi di un tempio, oggi detto Ara della Regina (44 × 25
m), datato intorno al IV - III secolo a.C.; l'edificio, con unica
cella e colonnato, era costruito in tufo con sovrastrutture in legno
e decorazioni fittili. È identificabile il tracciato della cinta
urbana, adattato all'altura per un percorso di 8 km circa (IV - V
secolo a.C. Necropoli, un elemento di eccezionale
interesse archeologico è costituito dalle vaste necropoli, in
particolare la necropoli dei Monterozzi, che racchiudono un
gran numero di tombe a tumulo con camere scavate nella roccia, nelle
quali è conservata una straordinaria serie di dipinti, che
rappresentano il più cospicuo nucleo pittorico a noi giunto di arte
etrusca e al tempo stesso il più ampio documento di tutta la pittura
antica prima dell'età imperiale romana. Le camere funerarie,
modellate sugli interni delle abitazioni, presentano le pareti
decorate a fresco su un leggero strato di intonaco, con scene di
carattere magico-religioso raffiguranti banchetti funebri,
danzatori, suonatori di aulós, giocolieri, paesaggi, in cui è
impresso un movimento animato e armonioso, ritratti con colori
intensi e vivaci. Dopo il V secolo a.C. figure di demoni e divinità
si affiancano agli episodi di commiato, nell'accentuarsi del
mostruoso e del patetico.
Montaldo Marina,
Viterbo,
è tra i maggiori centri attrezzati della zona costiera della
provincia di Viterbo come il Lido di Tarquinia anche quello di
Montalto, sviluppatosi negli anni ‘50, è ben attrezzato e vivibile
tutto l’anno. Le spiagge di Montalto sono di sabbia fine e chiara,
sono pulite e attrezzate e presentano una bella passeggiata
lungomare con locali, negozi, parchi giochi per bambini e numerosi
stabilimenti balneari. Non mancano le zone adibite a spiaggia
libera, alle spalle delle quali si estende una grande pineta. A
Montalto Marina da non perdere la Spiaggia delle Murelle,
situata presso l’omonima località, con soffice sabbia grigia e un
litorale di quasi un chilometro orlato da dune e la Spiaggia delle
Graticciate, anch’essa una spiaggia sabbiosa molto suggestiva,
caratterizzata da un litorale in cui è presente la vegetazione
definita macchia mediterranea.
Montalto di Castro, Pescia Romana,
è un paesino di circa 2600 abitanti posta al confine tra Lazio e
Toscana, dista circa 70 Km da Viterbo e 10 chilometri da Montalto di
Castro di cui è una frazione. La spiaggia di Pescia Romana è'
facilmente raggiungibile tramite la via Aurelia direzione Grosseto e
appena fuori dall'uscita di questa arteria stradale si trova il
centro di Pescia Romana. Pescia Romana propone un ottimo ambiente
naturale e marino . dista 4 chilometri dalle spiagge di sabbia
fine,con un arenile di 8 chilometri,. La spiaggia propone alcuni
stabilimenti balneari di piccole dimensioni con bar-ristorante,
ombrelloni, vi sono anche spiagge libere e dune ricche di
vegetazione. Il borgo di Pescia Romana è di piccole dimensione ma vi
si trova tutto ciò di cui si ha necessità. Qui si possono fare
escursioni naturalistiche e visitare città vicine. Nella zona di
Pescia Romana, frazione a nord di Montalto di Castro, l’ambiente è
ancora più bello, selvaggio e incontaminato: 8 chilometri di
spiaggia libera, tutta allo stato naturale, si susseguono da Marina
di Pescia fino a Costa Selvaggia e alla foce del Chiarone,
dove il fiume dà vita a un ambiente ricco di stagni salmastri e è
presente una spiaggia incontaminata con vista privilegiata
sull’Argentario. A breve distanza da qui, alla foce del fiume Fiora,
al confine con il territorio di Canino, è possibile prendersi una
pausa dal mare e visitare l’interessante sito archeologico di
Vulci, con il Castello dell’Abbadia, il Ponte del Diavolo e il
Lago del Pellicone.
Sito Archeologico di Vulci, Pescia Romana, Montalto di Castro,
Viterbo, è un'antica città etrusca nel territorio di Canino e di
Montalto di Castro, in provincia di Viterbo, nella Maremma laziale.
La antica città di Vulci sorse su un pianoro di circa 120 ettari ed
è lambita dal fiume Fiora, a poco più di dieci chilometri dalla
costa del mar Tirreno, fu una delle più grandi città-stato
dell'Etruria, con un forte sviluppo marinaro e commerciale, molto
probabilmente parte della dodecapoli etrusca meridionale.I
ritrovamenti più antichi, quelli dell'area di Pian di Voce,
risalgono a un periodo compreso tra la tarda età del Bronzo e la
prima età del Ferro, in concomitanza con l'affievolirsi delle
testimonianze delle più antiche presenze umane lungo la valle del
Fiora, più lontane dalla costa, quasi a testimoniare l'affievolirsi
delle esigenze difensive degli insediamenti umani, in questa parte
dll'Etruria. La presenza umana a partire dell'età del Ferro, è
testimoniata dai ritrovamenti delle tombe a pozzo e a fossa, tra le
quali si citano i sepolcri dell'Osteria, del Mandrione di
Cavalupo, di Ponte Rotto e della Poledra, che a
causa della loro rispettiva posizione, vengono riferiti a quattro
diversi nuclei abitati originari, che in seguito si riuniranno
nell'unico abitato di Vulci. La ricchezza di risorse metalliche
presente nelle Colline Metallifere, come anche lungo la valle
del Fiora, favorì a partire dal IX secolo a.C. lo sviluppo di un
artigianato locale, e di conseguenza anche degli scambi commerciali,
come quelli con la Sardegna. La scoperta più importante che
testimonia il contatto tra Etruschi e Sardi in questo periodo, è
rappresentata dalla Tomba dei Bronzi Sardi avvenuta nel 1958
nella necropoli di Cavalupo, datata tra il 850–800 a.C., e
attribuita a una donna di alto rango di origine sarda. Tra i
contenuti del sepolcro si evidenzia una magnifica statua in bronzo
di un guerriero, ora esposta nel Museo nazionale etrusco di Villa
Giulia; numerose fibule villanoviane sono state trovate anche in
Sardegna, a testimonianza degli scambi commerciali. I commerci si
dovettero sviluppare anche verso gli insediamenti greci in Italia,
almeno fino a tutto il V secolo a.C., come dimostrato dai reperti
qui ritrovati di origine cumana. Essa proseguì la sua affermazione
anche nel campo della ceramica e della lavorazione della pietra fino
al IV secolo a.C. Il suo contributo al commercio con i mercanti
greci nell'importazione di ceramiche corinzie, ioniche e attiche fu
molto importante; anche per queste ragioni si trovò più volte a
guidare la Lega delle città etrusche contro Roma. Nel 280 a.C. la
città, e la sua alleata Volsinii, furono sconfitte dal'esercito
romano guidato dal console Tiberio Coruncanio, ricordato per essere
stato il primo plebeo a essere eletto pontefice massimo a Roma, che
per questo ottenne il trionfo. Come conseguenza di questa sconfitta,
la città perse gran parte dei suoi territori che furono assegnati a
Cosa e Forum Aurelii, l'odierna Montalto di Castro. Da questo
momento inizia il declino della città etrusca, che comunque nel I
secolo a.C. ottiene lo status di municipio romano, e nel IV secolo è
citata come sede vescovile; sarà definitivamente abbandonata, a
favore di Montalto di Castro, nell'VIII secolo. Area archeologica
di Vulci, Il sito, oramai abbandonato, era stato già
identificato all'inizio del XVI secolo da Annio da Viterbo,
figura molto controversa, ma fu definitivamente identificato su basi
scientifiche da Turriozzi nel 1778. Successivamente il sito
fu interessato da una serie di scavi, si ricordano quelle del 1783 e
del 1787, che si risolsero nella spoliazione di numerosi reperti. Il
25 settembre 1825 Vincenzo Campanari, noto archeologo di
Tuscania, chiese al Governo Pontificio l’autorizzazione ufficiale
per scavare a Vulci, permesso che ottenne nel 1828, gli scavi e i
ritrovamenti dettero a lui grande notorietà, l’attività di scavo
finì nel 1837, la collezione di oggetti provenienti dagli scavi di
Vulci costituì il nucleo della raccolta del Museo Gregoriano
Etrusco. I reperti furono esposti a Londra con una grande mostra di
tombe etrusche articolata in dodici stanze, famosa come
l'esposizione di Pall Mall, il British Museum acquistò quasi in
blocco i reperti esposti. Vi furono anche altri scavi scavi
ufficiali del 1825, che furono condotti da Feoli e dai
fratelli Candelori. Il sito fu oggetto di intense opere di
scavo, finalizzate al reperimento e alla vendita di quanto
ritrovato; nel 1857 fu scoperta la celebre Tomba François. Da
allora si ebbero diverse campagne di scavo, condotte con criteri
sempre più scientifici; dal 1879 al 1889, nel 1895, dal 1915 al
1920, dal 1928 al 1929, nel 1957, nel 1960, dal 1961, dal 1996 al
2001.Le necropoli che circondano la città sono situate nelle
località di Poggio Maremma, Mandrione del Cavalupo, Ponte Rotto,
Polledrara, Osteria, Campo Maggio, Poggetto Mengarelli e Camposcala.
Vi si trovano migliaia di tombe, con forme e tipologie diverse. Tra
le più note sono il grandioso tumulo della Cuccumella (alto 18 metri
e con un diametro di 70 metri), la Cuccumelletta, la tomba François,
quelle dei Tori, delle Iscrizioni e dei Due Ingressi. Recentemente
nella necropoli dell'Osteria è stata riportata alla luce e resa
fruibile dopo un lungo restauro, l'imponente Tomba della Sfinge. Di
alcuni edifici scoperti nel XIX secolo, come un edificio termale e
un tempio, non rimane più niente. Oltre a queste testimonianze della
grande importanza che ebbe Vulci in epoca etrusca, nell'area
compresa nel Parco Naturalistico ed Archeologico sono presenti altri
monumenti assai suggestivi fra cui il maestoso ponte del Diavolo (III
sec. a.C.) che con i suoi oltre 20 metri di altezza domina il fiume
Fiora di fronte al medievale castello dell'Abbadia (XII sec.).
L'area urbana era cinta da opere murarie, di cui sono visibili
alcuni tratti. Lungo questa cinta di mura, si dovevano aprire almeno
cinque porte, tre delle quali (Porta Ovest, Nord ed Est) sono state
scavate. Davanti alla porta ovest sono stati trovati i resti di un
acquedotto. Lungo il decumano sorgeva il cosiddetto Tempio Grande,
che si pensa si affacciasse sul foro, e la Domus del
Criptoportico, ampiamente indagata e appartenuta a personaggi di
alto rango, che deve il nome al criptoportico sotterraneo,
utilizzato a magazzino. Addossato alla domus del Critoportico, si
trova il Mitreo, un imponente edificio risalente alla fine
del II sec. a.C.; il Mitreo, distrutto verso la fine del IV sec.
d.C. (sono ancora visibili tracce dell'incendio che ne causò la
distruzione) era composto da due ambienti: un'anticamera e un luogo
di culto, ove sono stati rinvenuti oggetti votivi di particolare
interesse. La statua attualmente esposta all'interno del luogo di
culto, costituisce una copia mentre l'originale è conservato nel
Museo del Castello dell'Abbadia. Seguendo il decumano, nell'area
orientale della città, sono stati ritrovati resti di alcune
abitazioni, tra cui la cosiddetta Casa del Pescatore, perché
lì furono ritrovati pesi utilizzati per la pesca] Poco fuori dalla
porta Est, si trovava il sacello di Ercole, che si ritiene
dedicato al semidio per via dei bronzetti qui ritrovati.
Necropoli di Ponte Rotto La necropoli si trova al di fuori della
porta Est, e deve il nome al ponte che in antichità metteva in
comunicazione Vulci con la viabilità etrusca verso la costa
tirrenica, e successivamente, in epoca romana, con la consolare via
Aurelia. La necropoli è nota soprattutto per la Tomba François, uno
dei più importanti sepolcri etruschi ritrovati; altri sepolcri sono
la Tomba dei due ingressi, la Tomba dei Tori e la Tomba dei
Sarcofagi. Necropoli dell'Osteria La necropoli, che si trova
a nord rispetto all'area archeologica, è stata indagata nel XIX
secolo, e dei suoi sepolcri più noti, la Tomba del Sole e della Luna
e la Tomba Campanari, non rimangono che le descrizioni fatte
all'epoca, oltre che la copia degli affreschi della Tomba Campanari,
esposta al Museo archeologico nazionale di Firenze. I sepolcri di
questa necropoli erano per la maggior parte del tipo a camera.
Necropoli di Poggetto Mengarelli, La necropoli, in effetti parte
della Necropoli dell'Osteria, è stata scoperta nel 2010 nel
casaletto Mengarelli. Qui sono state ritrovate sepolture del tipo a
fossa, databili all'VIII secolo a.C., dove, oltre insieme a resti
umani, sono stati recuperati reperti ceramici e di bronzo, con
funzioni votive. Necropoli del Mandrione di Cavalupo
La necropoli, anche nota come Necropoli Cavallupo, oggi si trova
all'interno di un boschetto, è stata oggetto di numerosi scavi nel
XIX secolo che hanno lasciato scoperte molte tombe che si aprono nel
terreno. Qui fu scoperta la Tomba dei bronzetti sardi, che
viene attribuita dagli studiosi a due donne di origine sarda.
Tumulo della Cuccumella Il tumulo si trova poco a sud
est rispetto alla Necropoli del Ponte Rotto, ed è il più grande
tumulo dell'Etruria. Malamente scavato nel XIX secolo, fu
intensamente indagato nel 1928 dal Ferraguti; di questi scavi
restano una settantina di fotografie. Ad oggi si discute ancora
sulla sua funzione. Castello di Vulci Il castello di
Vulci venne edificato a ridosso del ponte del Diavolo ardita
costruzione realizzata dai romani su una analoga struttura risalente
a epoca etrusca. In origine questo ponte rimasto in uso sino agli
inizi degli anni '60 del secolo scorso, oltre a permettere di
superare il fiume Fiora, sorreggeva un acquedotto con il quale
veniva condotta acqua alla città di Vulci. Il castello costruito nel
corso del XII secolo dai monaci cistercensi a difesa del ponte, fu
impostato sui resti di un'antica abbazia realizzata nel IX sec. e
dedicata a san Mamiliano che era stata fortemente danneggiata dalle
incursioni dei saraceni. Il maniero divenne dal XIII sec. un
importante centro di assistenza e accoglienza per i pellegrini e
ospitò anche i templari. Nel XVI sec. passò nelle
proprietà di Alessandro Farnese, il futuro papa Paolo III,
che vi operò alcuni interventi. Successivamente divenne una
dogana dello Stato Pontificio, in quanto situato ai confini con
il Granducato di Toscana. Passò poi ai Bonaparte, nel 1859 ai
Torlonia e infine fu acquistato dallo Stato Italiano.
Museo archeologico nazionale di Vulci, si trova nel Castello
dell'Abbadia. Al suo interno sono esposti oggetti provenienti dagli
scavi delle Necropoli e dalle ricerche che nell'ultimo ventennio
sono state condotte nell'area urbana della Città.
(informazioni tratte dal web e da wikipedia)
Tarquinia
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Tarquinia città
mare e spiagge nei dintorni di Viterbo
Lido di Tarquinia (Viterbo)
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Pescia Romana
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