via Cavour, Viterbo, centro, informazioni storiche turistiche e foto a cura di Anna Zelli sito ufficiale web www.annazelli.com
Via Cavour Viterbo |
via Cavour viterbo centro storico | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
VIA
CAVOUR |
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Ex Chiesa San Leonardo
Palazzo Nini
Maidalchini
Archi piazza Plebiscito
Antica sede Magistratura
Archi Casa V. Pagnotta
Terme
del Bacucco Non sono terme:
Ruzzola D'Orlando
San Pellegrino in Fiore
Guida Turistica Viterbo
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Via Cavour, Viterbo, centro, storico: accedendo da piazza del Plebiscito, dando le spalle al palazzo dei Priori o del Comune, la via č un rettifilo che arriva fino a piazza Fontana Grande se si prosegue si incontra la via Garibaldi che porta a piazza San Sisto e a Porta Romana. Da piazza del Plebiscito si ammirano dei grandi stemmi, posti ai rispettivi angoli dei palazzi tra questi lo stemma di Papa Gregorio XIII e lo stemma dei Farnese. Il palazzo sulla destra nel 1537 era adibito a carcere, detto anche Carceri vecchie, l'amministrazione di questo penitenziario era stata concessa alla Confraternita di San Leonardo , che officiava nella Chiesa di San Leonardo, oggi la chiesa č adibita a teatro : il Teatro Caffeina. San Leonardo č raffigurato con le catene, ci sono varie testimonianze poste sui muri di Viterbo, ed anche lungo la via San Lorenzo. Questo palazzo č stato deputato a carcere fino alla metą del XIX secolo. La facciata presenta una serie di stemmi, epigrafi e lapidi incastonate. La via Cavour fu edificata nel periodo rinascimentale tra il 1573 ed il 1580,abbattendo alcuni edifici di epoca medioevale, fu voluta dal Cardinale Alessandro Farnese, inizialmente la via venne chiamata via Farnesina, nel 1814 via Napoleone, e dal 1814 via Cavour, Per molto tempo i viterbesi chiamarono questa la via Strada Nova. A via Cavour 67 c'č il palazzo Brugiotti della fine del XVI secolo che ospita il museo della Ceramica. Il palazzo reca all'angolo con via Annio, lo stemma dei Farnese,dei Brugiotti e dei Cobelluzzi. I Brugiotti erano una famiglia nobile originaria di Vetralla. Il palazzo ha un atrio rinascimentale dominato dalla statua del Mosč, il cortile interno ha una bella fontana a nicchia. Il Museo della Ceramica ospita molti reperti medioevali e rinascimentali la gran parte provenienti dalla Tuscia. Vi sono ceramiche dell'ex ducato di Castro, vasi da farmacia del 1600 con gli stemmi dell'Ospedale e del Comune di Viterbo ed alcune ceramiche ispano-moresche proveniente dal Museo di Barcellona. Via Cavour Viterbo centro storico informazioni turistiche e fotografie Ex Chiesa di San Martino Viterbo Ex Chiesa di San Martino, era tra via Cavour, via Saffi, Viterbo. alcune testimonianze di questa chiesa che fu distrutta per l'apertura della via Nova, o Farnesiana, oggi via Cavour, sono sulla facciata di un edificio di fronte alla casa Poscia che si trova su via Saffi, prendendo la scalinata che porta da via Cavour a via Saffi, questo edificio č sul lato sinistro. Qui un tempo sorgeva la Chiesa di San Martino, le cui prime testimonianze risalgono al 1160. Al complesso di San Martin, appartenevano la Chiesa, un antistante portico, un chiostro, che risaliva al 1218, la casa parrocchiale e un vasto orto. Dal 1326 era tenuta dall'Arte degli ortolani. Oltre ad essere una chiesa era anche una Collegiata, retta da un priore e da alcuni canonici. Si ricorda di questa chiesa un soffitto dipinto nel 1490 da Sebastiano di Valentino Pica. All'interno della chiesa vi era la cappella di San Paolo, di cui si ha menzione dal 1465 ed un'altra cappella era dedicata ai Santissimi Sebastiano e Rocco, nominata nel 1542. Nel 1573 la chiesa era ancora attiva, e si ricorda la Sacra Visita che vi fece il Cardinale Alfonso Binnarino, il 7 gennaio 1573 che qui celebrņ anche una messa. Purtroppo questa chiesa si trovava nel nuovo asse stradale, e pertanto nel 1576, dopo l'autorizzazione del Cardinal Gambara, venne demolita. Nel 1577 quindi, vennero demoliti la chiesa, il chiostro ed una parte della casa parrocchiale, venne acquistato anche l'orto e venduta la campana alla compagnia della Misericordia.. Oggi rimane una parte della casa parrocchiale con ingresso su via Saffi, uno stemma, le finestre , gli architravi con le due scritte del Priore Luca che nel 1487 eseguģ i restauri, al numero civico 93 di via Saffi c'č un altorilievo che rappresenta San Martino a cavallo che dona il suo mantello al povero. Stemmi ex Chiesa S. Martino Stemmi ex Chiesa di San Martino, via Cavour e via Saffi, Viterbo, rimangono di questa antica chiesa, una parte della casa parrocchiale con ingresso su via Saffi, uno stemma, le finestre , gli architravi con le due scritte del Priore Luca che nel 1487 eseguģ i restauri, mentre al numero civico 93 di via Saffi c'č un altorilievo che rappresenta San Martino a cavallo che dona il suo mantello al povero. San Martino vita San Martino vita,opere,storia,Viterbo, nacque a Sabaria, Pannonia, attuale Ungheria, allincirca nel 316 e morģ a Candes l8 novembre 397. Fu vescovo nel IV secolo. Esecitņ il suo ministero in Gallia durante il periodo del tardo impero romano e fu uno dei primi non martiri cristiani ad essere proclamato santo dalla Chiesa Cattolica e fondatore del monachesimo. Il suo culto č venerato anche dalla chiesa Ortodossa e copta, lo si ricorda, l11 novembre, data in cui si svolsero nel 397 i suoi funerali nellodierna Tours. Il padre di San Martino era un tribuno romano militare e diede al figlio il nome di Martino in onore al dio pagano Marte, dio della guerra. Era ancora un bambino quando la famiglia si trasferģ a Pavia dove il padre ormai veterano aveva ricevuto un podere, ed č a Pavia che trascorse la sua infanzia. A dieci anni fuggģ di casa per due giorni per rifugiarsi in una chiesa. Giovanissimo si arruola nella cavalleria imperiale in quanto un editto del 311 ordinava ai figli dei veterani di arruolarsi nellesercito romano e pertanto venne reclutato nelle Scholae imperiali ed inviato successivamente in Gallia, presso la cittą di Amiens; fu qui che passņ la maggior parte della sua vita come soldato della guardia imperiale che garantiva lordine pubblico, la protezione della posta imperiale, il trasferimento dei prigionieri e la sicurezza di personaggi importanti. Martino svolgeva la sua attivitą come soldato della ronda notturna, che si occupava anche dellispezione dei posti di guardia oltre alla sorveglianza notturna delle guarnigioni. Fu proprio durante una di queste ronde che avvenne la sua conversione al Cristianesimo. Era il 335, linverno era particolarmente rigido e Martino vide un mendicante seminudo e sofferente, vedendolo tagliņ in due il suo mantello militare e condivise la metą con il mendicante, il giorno seguente durante il sonno, vide Gesł indossare la metą del suo mantello, e dire Ecco qui Martino,soldato romano, che benché non battezzato, mi ha rivestito. Al risveglio Martino vide che il suo mantello militare era integro, fu allora che si convertģ al Cristianesimo, e venne battezzato la Pasqua seguente. Martino per altri venti anni continuņ nella sua carriera militare, rimase nellesercito, sempre come non combattente, finchč raggiunse il grado di ufficiale nelle alae scholare, che era un corpo militare scelto. A 50 anni in seguito ad un contrasto con Giuliano che era il Cesare dei Galli, conosciuto come lApostata, Martino lasciņ lesercito ed iniziņ una nuova vita. Si impegnņ molto nella lotta contro leresia ariana, che fu condannata al Primo Concilio di Nicea del 325. A causa di questo suo impegno venne frustato nella sua nativa Pannonia, cacciato dalla Francia, e da Milano, dove erano stati eletti dei vescovi ariani. Nel 357 andņ nellisola Gallinara ad Albenga in provincia di Savona, e per quattro anni condusse una vita da semi eremita, in quanto le cronache narrano che fu in compagnia di un prete. In questisola Martino credendola commestibile, mangiņ le foglie di una pianta chiamata elleboro, che essendo velenosa, lo intossicņ si trovņ in punto di morte, ma pregņ e si salvņ. Tornņ quindi a Poitiers, quando nel frattempo era stato eletto un vescovo cattolico. Divenne monaco e fu seguito da altri compagni, decise quindi di fondare uno dei primi monasteri doccidente a Ligugč, avendo la protezione del vescovo Ilario. Nel 371, per volere dei cittadini di Tours, Martino venne istituito vescovo della cittą. Nonostante limportante carica, continuņ ad abitare in una casa modesta, si fece promotore della divulgazione della fede cristiana, e creņ nuove comunitą di monaci. Continuņ anche la lotta contro leresia ariana ed il paganesimo rurale, fece chiudere i cortei funebri in quanto sospettati di paganesimo. Nel suo peregrinare, predicava la fede, battezzava persone, fece distruggere i templi , gli alberi e gli idoli pagani, dimostrando perņ sempre misericordia e compassione con chiunque. Divenne ben presto noto per le sue qualitą di taumaturgo e di cristiano caritatevole, giusto e sobrio. Martino a differenza di altri vescovi del tempo aveva una buona conoscenza della vita di campagna, ed era un uomo di preghiera e di azione. La sua attenzione era rivolta soprattutto allevangelizzazione delle campagne. Nel 375, fondņ a Tours un monastero, dove non cerano regole particolari e la vita monastica era incentrata sulla condivisione, la preghiera e l evangelizzazione. Martino morģ nel 397, l8 novembre a Candes Saint Martin, dove si era recato per pacificare il clero locale. Gli sono attribuiti molti miracoli, tra questi tre casi di resurrezione, ed č ricordato come colui che resuscitņ tre morti. Il mantello militare di San Martino č conservato nella collezione delle reliquie dei re Merovingi dei Franchi. Il termine medioevale che designava il mantello corto era cappella, e questo termine, di cappella, venne esteso a coloro che erano incaricate della sua conservazione designandoli come cappellani, ed il luogo preposto a tale tutela venne chiamato cappella. Fin dal Medioevo in Europa ed in Italia gli furono dedicate molte chiese, a Viterbo una di queste era nei pressi delle attuali via Cavour e via Saffi, ma venne demolita per lapertura della via Nova o Farnesiana oggi via Cavour. Alcune testimonianze sono sula facciata di una casa posta alla sinistra della scalinata che da via Cavour porta a via Saffi. Scalinata da via Saffi via Cavour Scalinata che da via Cavour porta a via Saffi, Viterbo, in cima, e di fronte, si vede proprio la Casa Poscia, che ha un bellissimo profferlo. La scalinata č di fronte al palazzo Brugiotti. Casa Poscia via Saffi Viterbo Casa Poscia palazzo e proferlo, via Saffi, Viterbo, ci si arriva dalla scalinata a via Cavour, di fronte al palazzo Brugiotti. La casa prende il nome dalla famiglia Poscia,di origine orvietana, che fu una delle ultime famiglie illustri che ne ebbe il possesso nei primi dell'ottocento., oggi č una proprietą privata, e nel 2020 č anche in vendita. Ha un magnifico e ben conservato profferlo, il palazzo risale al XIV secolo ed č un tipico esempio dell'architettura viterbese. Il profferlo di origine medioevale e caratteristico dell'antica edilizia viterbese ha una scala esterna con una unica rampa di gradini, impostata su un semiarco, al di sopra del quale c'č un ballatoio con il parapetto. Lo scopo di questa scala era quello di dare accesso alla casa e nel contempo di ridurre lo spazio sulla via gią abbastanza stretta, oltre a questo, aveva anche uno scopo difensivo, nel caso ci fossero state delle indesiderate intrusioni, un modo per difendere la proprietą, infatti la persona era in alto, ed aveva la situazione sotto controllo, ed aveva, inoltre, a sinistra la protezione del muro e con la mano destra poteva liberamente maneggiare un'arma. La parte sottostante all'arco, era costituita da un ambiente di solito utilizzato o come magazzino o come bottega. Se usato per scopi commerciali poteva esporre esternamente la mercanzia ed essere protetto in caso di pioggia. Il profferlo della casa Poscia č realizzato a sbalzo con una decorazione ad intaglio. Probabilmente l'assetto architettonico derivava dalla vicina cittą di San Martino al Cimino, mentre le decorazioni sono viterbesi. In origine la casa era a due piani, Non si sa chi sia stato il primo proprietario, ad ogni modo nei paraggi c'erano delle proprietą dei Colonna di Roma . Lo stemma č in peperino ma č illeggibile, forse della famiglia dei prefetti di Vico, famiglia odiata dai viterbesi, in quanto si vede un'aquila con otto pani. Secondo lo Scriattoli, la casa appartenne probabilmente a Pietro Paolo Braca, capitano viterbese, molto famoso, guerriero e vicerč del reame di Napoli, onorato nel 1404 dal re Ladislao.Un'altra ipotesi č che la casa sia appartenuta alla famiglia della Bella Galliana moglie di Veraldo dei Brettoni, i futuri Gatti che avevano delle proprietą nella contrada San Lorenzo , nella parrocchia di San Giacomo e nei pressi della attuale via Cavour, consistente in case, mulini ed orti. Secondo la leggenda la bella Galliana si sarebbe affacciata al balcone ed essendo molto belle ricevette i complimenti da quei cavalieri che la riconoscevano come consorte ideale, di lei si invaghi un barone romano che non potendola avere in sposa, la uccise. Nel 1903 vi furono dei restauri commissionati a spese del Comune ed eseguiti dallo scalpellino Giovanni Nottola. Stemma casa Poscia Stemma della casa Poscia, via Saffi, Viterbo, lo stemma č in peperino ma č illeggibile, forse della famiglia dei prefetti di Vico, famiglia odiata dai viterbesi, in quanto si intravede un'aquila con otto pani. Ex Chiesa di San Leonardo Viterbo Ex Chiesa San Leonardo - oggi (2021) sede del Teatro Caffeina Ex Chiesa di San Leonardo scomparsa, via Cavour, Viterbo,oggi cč un teatro al posto del precedente Teatro San Leonardo, la Fondazione Caffeina, via Cavour, Viterbo, venne edificata nel 1636, nello stesso palazzo dove nel 1576 erano state trasferite le pubbliche carceri. La sua erezione si deve ai confratelli di San Leonardo e venne consacrata nel 1641, divenuta fatiscente il Sodalizio di San Leonardo di Viterbo la fece restaurare dallarchitetto Paolo Oddi. Durante il periodo Napoleonico fu incorporata alle carceri. Venne poi, di nuovo benedetta nel 1816,dal Cardinale Severoli che consacrņ laltare maggiore, qui cera un quadro opera di Anton Angelo Bonifazi dove č rappresentato San Leonardo protettore dei carcerati,in una tela si vede il Santo tra i carcerati, in unaltra San Leonardo in gloria. Oggi queste tele si trovano presso il Museo Civico di Viterbo. La chiesa al suo interno presentava 6 altari ricavati nel muro, coperti da un baldacchino, dedicati a San Leonardo, a Santo Stefano, a San Lazzaro a San Giuseppe e ai Santi Bernardino e Domenico. San Leonardo San Leonardo di Noblac, vita opere storia, Viterbo, la etimologia del nome significa forte come un leone, fu abate francese e molto venerato in Europa, durante il periodo medioevale, č noto come San Leonardo abate di Limoges del Limosino o confessore, nacque ad Orléans,nel periodo storico in cui regnava lImperatore Anastasio I Dicoro, presumibilmente nel 496 e morģ a Noblac il 6 novembre del 545 o del 559. Allepoca, Orleans, era parte della Gallia, la famiglia di origini nobili possedeva il Castello di Vandome che era nel villaggio di Corroi, presso Orleans, i genitori erano in amicizia con il Re Clodoveo, il quale fece da padrino, la notte di Natale, al battesimo del piccolo Leonardo. Sia Leonardo che il Re furono battezzati dallArcivescovo Remigio di Reims, questo perché il Re Clodoveo, aveva promesso alla moglie Clotilde prima della battaglia di Tolbiaco, che avrebbe abiurato , insieme alla sua corte i riti pagani e cosģ insieme a Leonardo si fece battezzare anche lui. Da giovane Leonardo rifiutņ di dedicarsi alla carriera cavalleresca per seguire gli insegnamenti dellArcivescovo Remigio. lArcivescovo ebbe il privilegio dal Re di liberare i prigionieri che avesse incontrato e che ritenesse innocenti, diventato Abate, Leonardo ereditņ questo stesso privilegio adoperandosi anche lui a liberare i prigionieri ridotti in povertą. Gli venne offerta la sede vescovile, ma Leonardo la rifiutņ preferendo la vita da eremita. Queste furono le sue parole al Re : Principe, date la mitra pontificale a coloro che la desiderano. Io mi accontento di lodare il Signore conducendo una vita da eremita. Il Santo abbandonņ con il fratello Lifardo la corte, e per un periodo si ritirņ nel monastero di Micy, divenuto diacono , qui, avrebbe compiuto il primo miracolo, trasformando lacqua in vino. Morto san Massimino, probabilmente intorno al 520, si diresse a sud dove decise di fondare il suo eremo nella foresta di Pauvain, nel Limosino. Ebbe molti seguaci e la fama della sua santitą arrivņ fino al re che ne richiese l'intervento quando la regina Clotilde, transitando in quella zona, fu sorpresa dalle doglie del parto. L'intervento di Leonardo lenģ i dolori della regina che poté dare alla luce il suo bambino. Clodoveo per riconoscenza gli concesse la parte di bosco che sarebbe riuscito a descriverne in un giorno a dorso d'asino. Qui Leonardo edificņ un oratorio intitolato a Nostra Signora di sotto gli alberi ed eresse un altare in onore di san Remigio. Secondo la leggenda devozionale, fece, quindi, un buco in terra che si riempģ miracolosamente d'acqua dando origine ad un pozzo che venne nominato nobiliacum, in ricordo della donazione regale. Dal nobiliacum prese il nome anche la cittadina che si andņ formando attorno al monastero e che inizialmente prese il nome di Noblac, quindi Noblat e oggi č chiamata Saint-Léonard-de-Noblat in onore del suo illustre fondatore. La tradizione vuole che il santo sia morto la sera del 6 novembre, ma manca una datazione precisa dell'anno, che dovrebbe attestarsi intorno alla metą del VI secolo e fu inumato nell'Oratorio che aveva fondato. L'Oratorio con le spoglie di Leonardo divenne ben presto una famosa meta di pellegrinaggio di fedeli, tanto che, probabilmente lo stesso Pipino il Breve vi si recņ in pellegrinaggio, dopo la vittoria nell'assedio di Limoges. Con l'aumentare del numero dei pellegrini, si decise di erigere una chiesa pił grande e le reliquie del santo furono perciņ trasportate nell'erigenda chiesa sotto il regno di Luigi il Pio. Nel 1094, nel corso di una epidemia detta "male degli ardenti", le reliquie del santo furono portate in processione e, secondo la leggenda, l'epidemia cessņ. Il culto ebbe una rapida diffusione in tutta Europa a partire dall'XI secolo. Un grande contributo al suo culto lo dette anche il pellegrinaggio nel 1106 di Boemondo I d'Antiochia, imprigionato dagli infedeli e poi liberato tre anni pił tardi, per merito, a suo dire, dell'intervento di san Leonardo da lui invocato. Anche il re d'Inghilterra Riccardo cuor di leone si sarebbe recato a ringraziare il santo nel 1197, a seguito della sua liberazione dalle prigioni dell'imperatore di Germania. Noblac divenne anche una delle tappe del cammino verso Santiago di Compostela, divenendo cosģ a maggior ragione una meta di pellegrinaggio frequentatissima dai fedeli, in particolare da quelli dell'Europa centrorientale. La sua venerazione si diffuse anche in Italia dove la sua popolaritą ebbe un impulso anche grazie ai Normanni che ne introdussero il culto nei loro regni. San Leonardo divenne cosģ uno dei santi pił popolari nell' Europa medioevale. San Leonardo č rappresentato con delle catene, per la sua particolare protezione agli imprigionati o ai carcerati ingiustamente; talvolta č rappresentato in abito diaconale, episcopale, e pił spesso indossa il saio da monaco. Con l'inizio della guerra dei cent'anni, che vedeva la Francia in lotta con l'esercito inglese, la cripta contenente le reliquie del santo fu murata per evitare razzie. Terminata l'occupazione inglese, si decise di recuperare le reliquie del santo. La loro inventio sarebbe avvenuta il 17 febbraio del 1403. Le circostanze di questa straordinaria scoperta sono riportate dall'abate Oroux nel XVIII secolo:Dopo aver perso totalmente le tracce del luogo di inumazione del Santo, si tenne una cerimonia di preghiera, nel corso della quale un contadino s'alzņ per indicare in quale luogo della chiesa scavare. Lģ furono ritrovati tre casse di piombo, all'interno di un sarcofago in pietra. Due di queste presentavano delle iscrizioni in latino inerenti alle ossa e alle ceneri di san Leonardo. ( + ossa beati leonardi +). A seguito di tale ritrovamento, le reliquie furono collocate all'interno di due grossi reliquiari posti sopra l'altare maggiore, protetti da una grata di ferro battuto. Mentre le due casse di piombo, ormai vuote, sono parte del tesoro della Collegiata e sono tuttora visibili per i visitatori. Sempre presso la Collegiata all'interno di una coppa dorata del XIX secolo č custodito il cranio di San Leonardo. Ancora oggi, in tale data, presso la Collegiata, si commemora tale ritrovamento. Inoltre, ogni sette anni, la Confrérie de Saint-Léonard-de-Noblat, organizza le Ostensioni, una presentazione solenne delle reliquie alla venerazione dei fedeli, per commemorare il Miracolo degli ardenti avvenuto nell'agosto del 1094. Esse hanno inizio con la ricognizione canonica delle reliquie di san Leonardo abate da parte dei confratelli, il venerdģ di Quaresima e terminano la domenica della Santa Trinitą. Altre reliquie sono custodite in Toscana (a Cerreto Guidi e a Stagno comune di Collesalvetti), a Malta, a Mascali (probabilmente parte di un'ulna), a Panza (Forio) dove č custodita unitamente ad una reliquia secondaria donata nel 2004 dalla Confrérie de Saint-Léonard-de-Noblat, in occasione del Meeting Nazionale Amici di San Leonardo tenutosi ad Ischia. Un'altra reliquia secondaria (o reliquia da contatto) č custodita presso la Parrocchia di San Leonardo abate in Marsala (TP) e portata da un pellegrinaggio a Noblat organizzato dal parroco Don Giuseppe Maniscalco il 27 maggio 1990. Per le vicende che lo videro restituire la libertą a molti prigionieri, č considerato il patrono dei carcerati; gli č stata attribuita la protezione dei fabbricanti di catene, fibbie, fermagli, ecc. Nella zona di Liegi in Belgio č patrono dei minatori. La sua intercessione viene invocata per i parti difficili, i mal di testa, le malattie dei bambini, le malattie del bestiame, la grandine, i banditi e anche contro l'obesitą. Dopo il 1030 venne messa in circolazione unanonima Vita sancti Leonardi con laggiunta della descrizione di nove miracoli a lui attribuiti. I prigionieri dovunque lo invocassero, vedevano le catene spezzarsi, i lucchetti si aprivano, i carcerieri si distraevano, le porte si spalancavano; questi infelici riacquistata la libertą, accorrevano da Leonardo per ringraziarlo e molti rimanevano con lui. a Nobila, il santo liberava i carcerati, che erano essenzialmente prigionieri di guerra,si ricorda che la pena in quei secoli era corporale o pecuniaria per le punizioni, e che la detenzione serviva per riscuotere i riscatti. A Noblac accorrevano anche malati di ogni genere, che solo a vederlo, ritornavano guariti. Parecchi familiari del santo eremita si stabilirono nei dintorni del monastero con le loro famiglie, dando cosģ origine ad un villaggio, che poi prenderą il suo nome. S. Leonardo. San Leonardo u particolarmente venerato allepoca delle crociate e tra i suoi devoti si annovera il principe Boemondo dAntiochia (Boemondo dAltavilla, 1050-1111, figlio di Roberto il Guiscardo) che preso prigioniero dagli infedeli nel 1100 durante la I crociata, venne liberato nel 1103, attribuendo la sua liberazione al santo che aveva invocato; quando tornņ in Europa donņ come voto al santuario di Saint-Léonard-de-Noblat, delle catene dargento, simili a quelle che lo tenevano legato. Il Martirologio Romano lo celebra il 6 novembre; San Leonardo č molto raffigurato nellarte, quasi sempre con le catene, simbolo della sua particolare protezione per i carcerati ingiustamente In Belgio č patrono dei minatori del bacino minerario di Liegi; introdotto dai Normanni, il suo culto si diffuse anche in Sicilia, testimoniato dalle tante opere darte che lo raffigurano, come del resto in tutta Europa. Una chiesa dedicata a San Leonardo era a via Cavour.
Antica Confraternita Antica Confraternita di San Leonardo, via Cavour, Viterbo, centro, storico, in epoca rinascimentale tra il XVI ed il XVII sorsero varie confraternite una tra queste la Confraternita di San Leonardo che si occupava dei carcerati e che venne istituita il 6 Novembre del 1541. La sede della fondazione di questa Congregazione, era inizialmente alla Chiesa di Santo Stefano in Valle, tra il 1541 ed il 1544, poi venne spostata alla Chiesa di Santa Maria della Salute tra il 1595 ed il 1613. poi alla Chiesa di San Giovanni Battista in Valle, ed infine dal 1636 al 1810, alla Chiesa di San Leonardo in via Cavour, dove oggi cč il teatro Fondazione Caffeina. Durante loccupazione Napoleonica fu trasferita alla chiesa di Santa Caterina, poi alla chiesa di Santa Croce dei Mercanti e poi alla Chiesa di San Biagio, per tornare nel 1816 alla chiesa di San Leonardo. La congregazione aveva lo scopo umanitario di assistenza ai carcerati, i quali dovevano pagare al Capitano una somma che serviva alla conduzione del carcere stesso. Il problema sorgeva per quei poveri detenuti che non erano in grado di pagare questo importo e quindi a loro ci pensava la Confraternita che aveva molte rendite. Il Carcere allinizio era sotto i portici dellattuale Palazzo dei Priori, nella sezione a destra rispetto allattuale entrata, poi nel 1563 venne trasferito nel palazzo del Podestą, e poi in un edificio sulla via Farnesina, oggi via Cavour, angolo via San Lorenzo. La Confraternita si occupava affinchč i processi venissero svolti in tempi brevi e che i detenuti non restassero nelle segrete per pił di 3 o 5 giorni e che venissero esaminati da un giudice. Inoltre il venerdģ Santo avevano la possibilitą di far liberare un carcerato anche se destinato alla pena di morte, eccetto quelli che si erano macchiati di furti o di delitti terribili. Gli adepti alla Confraternita erano vestiti con un sacco di tela rosso cupo, un cappuccio e un cordone dello stesso colore, in seguito, per distinguerli dalla Confraternita del Santissimo nome di Gesł nel 1786 venne aggiunta una mozzetta di lana celeste sulle spalle. La mozzetta era un mantellina con un piccolo cappuccio, chiusa al petto da una serie di bottoni, in genere era di colore rosso per i papi e di colore viola per i vescovi. Nel 1761 avvenne una circostanza eccezionale, le carceri erano vuote per mancanza di delinquenti, levento venne ricordato da una lapide posta dal Governatore Emerigo Bolognini sulla facciata del palazzo. Le Carceri rimasero a via Cavour fino al 1842, poi vennero trasferite a via Sallupara una strada nei pressi di piazza della Rocca, oggi sono al Mammagialla. Ex Carceri di San Leonardo Antiche carceri di San Leonardo, tra via Cavour 5 e via San Lorenzo,inizio della via che affaccia su piazza del Plebiscito 6,Viterbo, non in uso, resta l'antico edificio che fa angolo tra via Cavour,piazza del Plebiscito e via San Lorenzo.Il palazzo č oggi proprietą comunale.Vi č una piccola epigrafe su via Cavour ed uno stemma posto al di sotto del Landriano, che recita : Autorizzato dal Cardinale Alessandro Farnese, legato perpetuo, a spese della cittą, fece edificare in questo luogo pił adatto, il pubblico carcere, l'anno 1539. Sul lato dell'antico carcere, a via San Lorenzo, vi sono numerosi stemmi, uno grande con i gigli farnesiani di Papa Paolo III, alcuni con il leone simbolo di Viterbo. L'edificio venne ristrutturato nel 1589 su disegno dell'architetto romano Traiano Scheratti ed č attualmente destinato a uffici del Comune di Viterbo. Nel 1761 fu posta una lapide sulla facciata di via San Lorenzo, a ricordo dell'evento che in quell'anno le carceri erano vuote. L'angolo della facciata ha un pilastro commemorativo dell'apertura di via Cavour, antica via Farnesiana, avvenuta nel 1579. Oggi le nuove carceri di Viterbo, sono fuori del centro cittą e si chiamano Mammagialla. Palazzo Ex Carceri San Leonardo Palazzo delle Carceri Vecchie, tra via San Lorenzo,via Cavour, Viterbo, in questo palazzo, nella metą del XV secolo, forse, anche se poco credibile, c'erano delle scuole e al pian terreno il Monte di Pietą. Con l'apertura della via Nova, Farnesiana, oggi via Cavour, una parte dell'antico edificio venne demolita, ed il Comune decise con un decreto del 1576 che le scuole fossero trasferite nel palazzo comunale e che qui ci fosse la sede delle carceri. Questo palazzo apparteneva alla Camera Apostolica e Papa Clemente VIII nel 1592 donņ questo luogo alla Confraternita di San Leonardo dei Carcerati, e fino al 1842, questa fu la sua destinazione, e la confraternita ebbe il compito di occuparsi dei detenuti. Dopo il 1842 fu il Governo a gestire il mantenimento dei detenuti, pertanto lo scopo della Confraternita si esaurģ e queste carceri vennero spostate e accorpate ad altre che erano in una antica scuderia, vicina alla Rocca, chiamata lo stallone del Papa. Questo stabile, di due piani delle Carceri Vecchie venne ceduto dalla Tesoreria di Stati all'Ospizio degli Esposti, e nel 1843 divenne proprietą del Comune. Sotto lo stemma del Landriano, c'č una epigrafe dove č scritto tradotto dal latino : "Autorizzato dal Cardinale Alessandro Farnese legato Perpetuo, Marsilio Landriano, Prolegato, a spese della cittą fece edificare questo luogo pił adatto, il pubblico Carcere, l'anno 1539". Sia le cantonate di questo palazzo che di quello di fronte, con i relativi stemmi e le decorazioni, furono disegnati, su proposta di Farnese, dall'architetto romano Giovanni Malanca, che era un dipende e pagato dal Comune I conci, le sculture e le cantonate del palazzo furono eseguiti dal Maestro Polidoro, da Bruno e Ludovico, scalpellini viterbesi. L'edificio venne rimaneggiato nel 1589 dall'architetto romano Traiano Schiratti, che fu anche architetto della Famiglia Altemps. Purtroppo non ci sono che tracce molto modeste del vecchio palazzo. Stemmi palazzo Carceri vecchie
Stemmi e Lapide ex Carceri Stemmi Palazzo ex Carceri Vecchie, via Cavour, Viterbo,dove c'č il teatro Caffeina sopra l'ingresso c'č uno stemma, non so a chi appartenesse, qui c'era anche l' ex chiesa San Leonardo, al 2020, il palazzo č sede del Teatro Fondazione Caffeina. Altri stemmi sono all'angolo in alto del palazzo ex Carceri Vecchie che affaccia tra piazza del Plebiscito,via Cavour e via San Lorenzo Epigrafe ex palazzo delle Carceri Epigrafe ex Carceri S. Leonardo Epigrafe ex palazzo delle Carceri, piazza del Plebiscito 6, e via Cavour 5, sotto lo stemma del Landriano, vi č una epigrafe che recita : "Autorizzato dal Cardinale Alessandro Farnese, legato perpetuo, Marsilio Landriano, Prolegato, a spese della cittą, fece edificare in questo luogo pił adatto, il pubblico carcere, l'anno 1539". Oltre a questa lapide, sull'angolo in alto sono presenti altri stemmi, uno grande con i gigli farnesiani di Papa Paolo III, ed altri stemmi con il leone cittadino. Epigrafe Carcere S. Leonardo Epigrafe Lapide carceri San Leonardo Epigrafe Lapide Carcere di San Leonardo, č su via San Lorenzo visibile da piazza del Plebisicito, Viterbo, che ricorda un avvenimento eccezionale: lapertura delle porte del carcere per mancanza di carcerati : lepigrafe recita: in onore di Emerico Bolognini Governatore, solerte integro impareggiabile perché queste carceri costruite per reprimere la sfrenatezza dei malvagi, ha potuto testé, in mezzo al plauso universale, mostrare vuote e aperte, spettacolo raro pei cittadini e pei forestieri, la Confraternita di S. Leonardo, con grato animo, pose questa memoria lanno 1761 ( da : Scriattoli, 1915-20, p. 84). Palazzo Brugiotti Viterbo Palazzo Brugiotti, Viterbo, si snoda tra via Annio e via Cavour 67, antica via Farnesiana, aperta dal Cardinale Alessandro Farnese. Il palazzo, si trova a pochi passi a piedi dal quartiere medioevale di San Pellegrino, da piazza Fontana Grande e da piazza del Plebiscito. Il palazzo venne originariamente acquistato da Alessandro Brugiotti, all'epoca la via si chiamava via Farnesiana, questo era in precedenza appartenuto prima a Rosio Archilegi, poi alla famiglia Pico, e nel 1651 divenne di proprietą di Pietro Brugiotti, figlio di Alessandro, il quale acquistņ anche il palazzo confinante che il padre aveva comperato dai cugini Carlo De Angelis, Felice e Monaldo Messini, che lo avevano ereditato dal nonno Cosimo Musacchi. L'attuale palazzo venne edificato dalla famiglia Brugiotti, o Brusciotti, una ricca famiglia patrizia viterbese, originaria di Vetralla che qui si trasferģ intorno al 600. Il palazzo subģ vari passaggi, dai Brugiotti, venne acquisito dal Marchese Carpegna, poi passņ alla famiglia Polidori, ed infine alla famiglia Pieri di Vetralla. Sul cantonale delledificio sono presenti numerosi stemmi appartenenti alla famiglia dei Farnese, dei Cobelluzzi e dei Brugiotti. Purtroppo le fonti sono abbastanza scarse e non consentono una esatta evoluzione storica del palazzo. Sul portone del palazzo vi sono le grandi iniziali BR, probabilmente riferibili agli anni in cui fu proprietą del Banco di Roma che aveva qui una filiale.Nel 1930 il Banco di Roma alienņ la proprietą e linterno del palazzo venne suddiviso in appartamenti. Nel 1995 una notevole parte del palazzo fu acquistata dalla Cassa di Risparmio della Provincia di Viterbo, al piano nobile oggi si trova la sede della Fondazione Carivit, mentre al piano terra ci sono i locali adibiti al Museo della Ceramica della Tuscia. A disposizione del Museo della Ceramica cč il meraviglioso giardino ornato da vegetazione e fontane. Questo fabbricato venne edificato pochi anni dopo lapertura della via Nova nel poi via Farnesiana ed oggi via Cavour. Il palazzo č imponente, di pregevole fattura, e con balcone e finestre che ne ornano la facciata. Lo stile č molto rigoroso ed elegante. Famiglia Brugiotti Famiglia Brugiotti, un ramo originario di Firenze, uno di Vetralla, ed unaltro di Montefiascone, il ramo di Firenze, si trasferģ a Vetralla nella prima metą del XVI secolo, vennero in questa cittadina Taddeo figlio di Pietro, e Lattanzio suo fratello. Di Taddeo si sa che fu imprigionato, per un ammanco di denaro che sottrasse mentre aveva un incarico pubblico. Poi si ha notizia di un certo Paolo Brugiotti, che era figlio di Lattanzio e di Lorenza Pandolfi, il quale ebbe una causa tra il Comune di Vetralla e Lorenzo Cybo che voleva rientrare in possesso di un suo feudo. Per vincere la causa i Brugiotti sostennero la famiglia dei Farnese, che nel frattempo aveva assunto il protettorato di Vetralla, le pretese dei Cybo vennero archiviate e i Brugiotti ottennero dai Farnese il sostegno allo sviluppo dei loro affari. La famiglia, del ramo di Vetralla gią nel 1647 era iscritta alla nobiltą Viterbese, con il trasferimento di Alessandro, figlio di Pietro Brugiotti e di Porzia Paoloni sposata nel 1615. Nel 1631, Pietro, figlio di Alessandro Brugiotti, divenne uno dei governatori dellOspedale Grande degli Infermi di via e piazza San Lorenzo, il cui ingresso era nella attuale via SantAntonio. Pietro donņ una casa con torre ed un orto affinchč si costruisse la chiesa ed il convento dei Santi Teresa a Giuseppe a piazza Fontana Grande, allinterno della chiesa, fece edificare una cappella intitolata ai Santi Pietro e Paolo, Nel 1647, acquistņ una palazzo a via Cavour, che venne ristrutturato ed ampliato, oggi sede del Museo della Ceramica. In seconde nozze Porzia Paoloni, nel 1615,sposņ Felice Spreca di Viterbo. Alessandro andņ ad abitare nella parrocchia di San Faustino, che era nei pressi del Ponte Tremoli, ebbe per se ed i suoi discendenti il giuspatronato della cappella dei Santissimi Innocenti posta allinterno della chiesa dei Santissimi Faustino e Giovita. Morģ nel 1630. La cugina di Alessandro Brugiotti, Lorenza Brugiotti, sposņ nel 1617, in seconde nozze Giovan Giacomo Cordelli di Viterbo, e dopo 5 anni si separņ, Alessandro, nato il 23 luglio 1632, fu iscritto nel 1647 alla nobiltą viterbese. Fu membro della magistratura viterbese; svolse lincarico di tesoriere, fu governatore dellOspedale Grande degli Infermi e fu doganiere generale della Provincia del Patrimonio. Nel luglio 1660 fece collocare i corpi dei santi Renato e Paolino nella cappella dei santi Pietro e Paolo nella chiesa dei Carmelitani scalzi. Nel 1678 era Conservatore del Comune di Viterbo e svolgeva lincarico di Governatore dellOratorio di San Girolamo dei Sergenti. Nel 1671 Alessandro fondņ con il sergente Girolamo Chivazzo una societą per il commercio del ferro nella ferriera dellAcquarossa e fu affittuario della tenuta della Palanzana di pertinenza della mensa vescovile, secondo quanto riporta un documento dellaprile 1672. Aveva sposato Artemisia Mansanti di Tuscania, la quale nel 1685 donņ una casa a Viterbo, nei pressi di Santa Maria del Poggio, a Rosa Venerini, affinché iniziasse la sua opera educatrice. Morģ il 30 settembre 1693. Cesare Pio, figlio di Alessandro, sposņ Vittoria Laziosi di Viterbo. Fu governatore di Casa Lante a Roma. Nel 1729 fu governatore dellOspedale Grande degli Infermi e nel 1740 ricoprģ la carica di Conservatore del Comune di Viterbo. Nel 1749 fu ambasciatore presso il Vescovo di Viterbo, Adriano Sermattei. Morģ il 19 febbraio 1753. Giuseppe, figlio di Cesare Pio, nacque il 12 maggio 1712 e sposņ il 28 marzo 1745 la contessa Anna Ferretti di Ancona. Morģ il 19 gennaio 1778. Suo fratello Pietro, nato nel 1708, dal 1752 al 1757 fu Conservatore dellOspedale Grande degli Infermi. Morģ nel 1757. Alessandro, figlio di Giuseppe, nacque il 23 marzo 1748. Si laureņ in legge, filosofia e teologia. Fu arciprete della Cattedrale di Viterbo e Cavaliere di Malta. Fu nominato canonico della Cattedrale e poi Vicario capitolare alla morte del vescovo Pastrovich. Egli curņ il discorso solenne pronunciato in Cattedrale dal Vescovo Gallo in occasione del battesimo del moro Mustą di Oithman nellagosto 1785. Era stato membro dellAccademia dellArcadia, dellAccademia degli Ardenti e degli Aborigeni, fu autore delloratorio Gionata (Viterbo, per il Poggiarelli, 1785) che fu eseguito in cattedrale nel marzo 1785 con musica di Enrico Cornet, Maestro della cappella della cattedrale. Morģ il 2 luglio 1795.Alla sua morte i suoi beni furono ereditati dalla sorella Vittoria, la quale il 12 dicembre 1781 aveva sposato il conte Gaspare Carpegna di Roma. Vittoria successivamente si trasferģ a Roma e alienņ progressivamente i beni della famiglia a Viterbo, imitata in questo dai figli e dai discendenti; morģ il 13 dicembre 1822. Con Vittoria Brugiotti si estinse il ramo diretto della famiglia. Con lestinzione della famiglia, nel XIX secolo, il palazzo passņ di proprietą a Francesco Polidori, poi alla famiglia Pieri di Vetralla e infine allimprenditore Alarico Piatti. Nel 1920 divenne la sede del Banco di Roma. Dal 1996 č la sede della Fondazione Carivit. Nel 1642 Pietro si era sposato con Livia Degli Arenghi, figlia di primo letto di Felice Spreca. Era morto nel 1658. Dei suoi figli Felice si sposņ con il capitano Cherubino Frenfanelli di Cascia e in seconde nozze con il conte Girolamo Clementini di Roma. Porzia fu monaca nel Monastero di SantAgostino dove divenne priora nel 1704. Il ramo Brugiotti di Vetralla, La dimora dei Brugiotti di Vetralla, era ancora in fase di completamento nel 1596, pervenne insieme ad altri beni ai conti Falconieri Gabrielli di Carpegna, la cui discendente Maria, andata in sposa il 18 ottobre 1888 a Guglielmo Vinci, la ebbe in dote. Le tombe di questa famiglia a Vetralla erano nella chiesa di SantAndrea e poi in Santa Maria delle Murelle. A Vetralla una delle Vie principali č intitolata a padre Giacinto Brugiotti. Un altro ramo della famiglia Brugiotti proveniva da Montefiascone e si era stabilita in Viterbo con Lorenzo, che era notaio, e suo fratello Giovan Battista. Da Lorenzo, morto nel 1759, e da Ortensia Pia Petti di Caprarola sono discesi Stefano che ha sposato Chiara Banconi, Vincenzo che ha sposato Angela Banconi e Domenico (1738-1822). Da Vincenzo e Angela era nato Lorenzo, perito agrimensore e possidente. Un terzo ramo della famiglia Brugiotti fa capo a Lorenzo di Pietro, nobile fiorentino emigrato a Soriano nel Cimino dove, nel 1635, agiva come agente e procuratore del duca di Altemps. Un notaio Lorenzo Ippolito, figlio di un altro Lorenzo Ippolito anche lui notaio, nel primo trentennio del Settecento si trasferģ da Montefiascone a Viterbo dando luogo ad una discendenza di questa famiglia che dura sino ad oggi. Per approfondire e bibliografia : Gente di Tuscia, Scheda di Marina Bucchi Ibimus; integrazioni di Isabella Lamantia-Cersal; revisione di Luciano Osbat Cersal e Angeli, Famiglie viterbesi. Stemmi Palazzo Brugiotti Stemmi palazzo Brugiotti, tra via Annio e via Cavour, Viterbo, sono visibili sul cantonale del palazzo, e riferibili alla famiglia dei Farnese, dei Cobelluzzi e dei Brugiotti. Lo stemma della famiglia Cobelluzzi č raffigurato da un cane collarinato con fascia capriolata, probabilmente a ricordo di una antica spezieria appartenuta a questa famiglia che si trovava nelle vicinanze, che venne espropriata e demolita per finire la strada, o forse perché i Brugiotti si imparentarono con i Cobelluzzi attraverso il Cardinale Scipione Cobelluzzi titolare di Santa Susanna. Fontana atrio palazzo Brugiotti Fontana atrio palazzo Brugiotti Fontana atrio palazzo Brugiotti. via Annio, Viterbo, una fontana č nell'atrio, inserita in una nicchia, presenta una vasca semicircolare sulla quale poggia una testa di ariete dalla cui bocca sgorgava l'acqua, al di sotto della coppa vi č una sirena che regge la coda con le mani e che sostiene l'intero gruppo. Fontane cortile Brugiotti Fontane Cortile e giardino Palazzo Brugiotti, Viterbo, una fontana č nel cortile esterno del palazzo, qui c'č anche un giardino. Una fontana si vede nel fondo dell'atrio, al di la di un cancello, entrando nel palazzo da via Annio, č decorata da una pittura che raffigura la Madonna con Bambino, all'interno del giardino, che non č aperto al pubblico, vi sono altre fontane, decorazioni e piante. Statua del Mosč palazzo Brugiotti Statua del Mosč, Viterbo, nel cortile interno di palazzo Brugiotti, che si trova via Cavour, via Annio Viterbo, cč la statua del Mosč che presenta al popolo le tavole della legge ricevute sul monte Sinai.Questa scultura č stata recentemente restaurata, ed č stato restituito alla statua il braccio destro che risultava mancante. Cortile palazzo Brugiotti Cortile Palazzo Brugiotti, Viterbo,si trova all'interno del palazzo Brugiotti, un picollo cortile con un giardino, non č visitabile al pubblico, in quanto č una proprietą privata. Qui ci sono delle belle fontane. Famiglia Brugiotti Famiglia Brugiotti, un ramo originario di Firenze, uno di Vetralla, ed unaltro di Montefiascone, il ramo di Firenze, si trasferģ a Vetralla nella prima metą del XVI secolo, vennero in questa cittadina Taddeo figlio di Pietro, e Lattanzio suo fratello. Di Taddeo si sa che fu imprigionato, per un ammanco di denaro che sottrasse mentre aveva un incarico pubblico. Poi si ha notizia di un certo Paolo Brugiotti, che era figlio di Lattanzio e di Lorenza Pandolfi, il quale ebbe una causa tra il Comune di Vetralla e Lorenzo Cybo che voleva rientrare in possesso di un suo feudo. Per vincere la causa i Brugiotti sostennero la famiglia dei Farnese, che nel frattempo aveva assunto il protettorato di Vetralla, le pretese dei Cybo vennero archiviate e i Brugiotti ottennero dai Farnese il sostegno allo sviluppo dei loro affari. La famiglia, del ramo di Vetralla gią nel 1647 era iscritta alla nobiltą Viterbese, con il trasferimento di Alessandro, figlio di Pietro Brugiotti e di Porzia Paoloni sposata nel 1615. Nel 1631, Pietro, figlio di Alessandro Brugiotti, divenne uno dei governatori dellOspedale Grande degli Infermi di via e piazza San Lorenzo, il cui ingresso era nella attuale via SantAntonio. Pietro donņ una casa con torre ed un orto affinchč si costruisse la chiesa ed il convento dei Santi Teresa a Giuseppe a piazza Fontana Grande, allinterno della chiesa, fece edificare una cappella intitolata ai Santi Piet e Paolo, Nel 1647, acquistņ una palazzo a via Cavour, che venne ristrutturato ed ampliato, oggi sede del Museo della Ceramica. In seconde nozze Porzia Paoloni, nel 1615,sposņ Felice Spreca di Viterbo. Alessandro andņ ad abitare nella parrocchia di San Faustino, che era nei pressi del Ponte Tremoli, ebbe per se ed i suoi discendenti il giuspatronato della cappella dei Santissimi Innocenti posta allinterno della chiesa dei Santissimi Faustino e Giovita. Continua a leggere a : Famiglia Brugiotti Museo della Ceramica Museo della Ceramica della Tuscia, tra via Annio e via Cavour 67, all'interno di Palazzo Brugiotti, Viterbo, centro storico. Il palazzo Brugiotti venne edificato dalla omonima famiglia aristocratica nella seconda metą del '500, oggi dopo alterne vicende č sede della Fondazione Carivit. Al piano terreno sono esposti dei vasi provenienti dallo scavo dei "butti", che erano de pozzi scavati nel peperino, posti all'interno o fuori delle abitazioni, presenti nelle antiche case di Viterbo dentro i quali venivano buttati i rifiuti domestici. Questi vasi sono notevoli in quanto mostrano l'evoluzione della ceramica della Tuscia e di Viterbo dal periodo medioevale fino al XVII secolo Sono interessanti la forma, la decorazione, e l'uso del materiale colorante. Queste ceramiche erano per lo pił destinate alle mense delle famiglie sia aristocratiche che umili, borghesi o popolane. Sono molto interessanti i vasi da Farmacia e Spezieria , decorati con stemmi, e con l'indicazione del loro contenuto. Palazzo Spadensi Especo Y Vera Viterbo Palazzo Spadensi Especo Y Vera Palazzo Spadensi Especo Y Vera, Viterbo, tra via Cavour e via Annio, venne edificato dopo lapertura della via Farnesiana, oggi, Cavour, via che fu voluta da Cardinale Alessandro Farnese, Legato Perpetuo del patrimonio di Viterbo. Nel 1578 Leonardo Spadensi o forse Spatari, ottenne gratuitamente dal Comune due terreni di scarso valore, confinanti con la sua abitazione sulla via Nuova, con lobbligo di costruire un edificio con una bella cantonata. Il palazzo che affaccia sia su via Cavour che su via Annio, ebbe come progettista larchitetto Giovanni Malanca di Roma. Morto Leonardo Spadensi, ledificio venne ereditato dal figlio Donato, che fu Cavaliere dellOrdine del Giglio e di Santo Stefano, molto legato alla Curia viterbese, tanto che si adoperņ attivamente alla costruzione del Collegio dei Padri Gesuiti di Viterbo. Il palazzo Spadensi, pił noto come Especo Y Vera, č inglobato con altre strutture e si sviluppa su 3 piani a pianta irregolare. Su via Annio e via Cavour ha un fascione marcapiano in peperino, tra il piano terra ed il piano nobile al primo piano cč una epigrafe posta nellangolo che reca la scritta : Canto della Croce. Forse la posizione del palazzo posto al centro di un crocevia, oppure a ricordo della scomparsa chiesa di San Martino, che venne demolita per aprire la via Nuova. Unaltra fascia marcapiano č tra il piano nobile e lultimo piano. Lentrata su via Cavour ha un bel portale con un arco bugnato.non originale, mentre č dellepoca langolo bugnato sotto lepigrafe. Il lato del palazzo su via Annio č di fronte al palazzo Brugiotti. Al pian terreno vi č un portone originale ad arco bugnato, forse era lantico ingresso principale del palazzo. Sulla sinistra vi č una piccola apertura con una scala a chiocciola, forse una scala di servizio per accedere al loggiato. La loggia del palazzo Spadensi č formata da 3 arcate e divisa da quattro colonne. Lintero palazo ha un impianto architettonico riferibile allo stile rinascimentale del Cinquecento. Allinterno del piano nobile, di proprietą privata e non visitabile, vi sono tre ambienti affrescati, il primo č un ampio salone di rappresentanza che si affaccia sulla loggia, il soffitto č a cassettoni, con una fascia di circa un metro decorata da affreschi con scene di caccia e pesca opera di Antonio Tempesta. Dal salone si accede ad unaltra stanza anche questa affrescata con scene di caccia e pesca ma che a causa di infiltrazioni di acqua versa in pessime condizioni. Questi affreschi vennero commissionati da Donato Spadensi, che appose la sua firma e il suo stemma, tra le finte finestre e le scene di caccia. Quando la linea dei Spadensi si estinse il palazzo passņ ai Fani e poi nel 1708 ai Cherofini di Soriano, linea che si estinse nel 1798. Quindi ledificio venne acquistato dal colonnello Ignazio Especo Y Vera, originario di Cordova, Spagna che si stabilģ a Viterbo alla fine del XVIII secolo. Loggia Palazzo Spadensi Loggia palazzo Spadensi a via Annio Viterbo, si nota una bella loggia avviandosi su via Annio da via Cardinal La Fontaine, sul lato destro, dopo la via degli Scalzi,č formata da 3 arcate e divisa da quattro colonne. Famiglia Palazzo Spadensi
Famiglia Spadensi Famiglia Spadensi, Viterbo, La presenza di questa famiglia a Viterbo risale al 1605, quando la famiglia venne iscritta nellalbo del patriziato viterbese, ma č gią dal 1572, che si data la presenza di questa famiglia a Viterbo, quando Giulio, figlio di Nicola Spadari di Arezzo residente a Viterbo nominņ come suo procuratore il padre per procedere alla divisione dei beni di Arezzo con i suoi fratelli. Nello stesso anno Leonardo, setaiolo, cioč mercante in seteria, che gią possedeva una bottega a piazza Santo Stefano, contrasse matrimonio con la nobile viterbese Adriana De Antiquis. Nel 1577 Leonardo, pese in affitto da Giacomo Sacchi il podere Merlano sulla strada per San Martino al Cimino. Nel 1586 il priore di Santa Maria della Quercia gli concesse lautorizzazione ad adornare di stucchi e pitture la cappella sotto il titolo dellAnnunziata. La cappella sarą poi arricchita nel 1588 da una tela ad olio raffigurante lAnnunciazione della Vergine, nella cui parte inferiore, a destra, si legge lo stemma del committente: oggi č nel convento romano di Santa Sabina.Da Leonardo e Adriana nacquero Girolama, Diamante e Donato. Nel 1609 Leonardo fu tra i quattro Conservatori del Popolo di Viterbo e poi lo fu di nuovo nel 1619. Nel 1627 prese in affitto la tenuta di San Savino nei pressi di Tuscania. Leonardo Apparteneva allOrdine dei Cavalieri del Giglio e questo gli dette lautoritą di nominare notai e giudici: cosa che fece nel 1628 e nel 1638. Nel 1633 fu deputato e ministro del Monastero delle Povere fanciulle orfane della cittą di Viterbo. Donato morģ il 21 settembre 1638 e nel suo testamento lasciava diversi legati alla chiesa di San Salvatore, poi per la costruzione di una cappella a Santa Maria Nuova, poi per la celebrazione di messe in suffragio e di preghiere, ma anche numerosi altri per molte chiese e luoghi pii di Viterbo. Dopo la sua morte la madre Adriana rimase unica erede e quindi con atto del 15 gennaio 1641 trasferģ il resto del patrimonio al nipote Paolo Vittorio nato dal matrimonio di sua figlia Girolama con Gabriele Fani. Paolo Vittorio Fani, entrato in possesso dei beni ereditati dagli Spadensi, associņ per qualche tempo gli stemmi e i nomi delle due casate. Suo nipote Sebastiano Gregorio Fani tra il 1691 e il 1693 fece realizzare una nuova cappella in Santa Maria Nuova secondo le volontą del fu cavaliere Donato Spadensi, cappella che fu arredata con un quadro di Bonaventura Lamberti di Carpi: nelle ristrutturazioni del XX secolo il quadro e lo stemma marmoreo della famiglia sono stati rimossi e il quadro ora si trova nella sede della ex Cassa di risparmio di Viterbo. La loro abitazione era situata a San Giacomo alla Strada Nova passata poi ai Fani e da questi ai Cherofini. E un edificio di loro proprietą era collocato allincrocio della Via Nova con lattuale Via Annio. E la scritta CANTO ALLA CROCE che č incisa nel fascione di peperino che lambisce le basi delle finestre del primo piano č databile al 1578 come si ricava dai documenti coevi. Il palazzo si inseriva nel nuovo assetto urbanistico che il cardinale Alessandro Farnese volle dare al centro di Viterbo per collegare Fontana Grande con la Piazza del Comune. Bibliografia: tratto dal sito web Gente di Tuscia. Famiglia Especo Y Vera
Famiglia Especo Y Vera La famiglia Especo y Vera, Viterbo, aveva origini spagnole venivano da Cordoba. Trasferitasi nel Regno di Napoli nel corso del XVII Secolo, annoverņ tra i suoi membri molti militari: il trisavolo Bartolomeo Generale di fanteria, il bisnonno Luigi (1689-1745), un ramo della famiglia nel XVIII secolo si trasferģ dal Regno di Napoli a Viterbo, con tutta la famiglia nel 1745, qui, a Viterbo ebbe in enfiteusi il palazzo allangolo delle attuali Via Annio con Via Cavour, gią proprietą Cherofini. Unaltra abitazione della famiglia era a Prato Giardino dove un Bartolomeo vi si stabilģ e dove fece battezzare la figlia Caterina nel 1813. Qui avrą sede lAccademia Filodrammatica fino a quando non si potrą riunire presso il Teatro Genio. Bartolomeo era stato maresciallo di campo nel Regno di Napoli nel 1697, governatore di Orbetello nel 1698, governatore dello Stato dei presidi nel 1711. Nel 1724 Bartolomeo presenzia il 6 settembre di quellanno al battesimo di Giovan Battista Casti di Acquapendente . Suo figlio Luigi avrą stabile dimora a Viterbo e sposerą la marchesa Teresa Marescotti di Siena. Una sua figlia, Barbara, sarą monaca corale nel monastero di Santa Rosa. Dei suoi fratelli Paolo sarą pił volte ufficiale della Confraternita del Gonfalone nella seconda metą del XVIII secolo, poi Conservatore del Comune, poi nella Repubblica Romana sarą tra i maggiori magistrati viterbesi e Ispettore di polizia e successivamente nuovamente Conservatore. Negli stessi anni era stato Governatore dellOspedale Grande di Viterbo. Aveva fatto parte della milizia pontificia ed era divenuto esperto nellarte militare al punto da pubblicare un trattato sul maneggio delle armi. Dopo il 1801 era andato in esilio a Firenze ma era rientrato nel 1803. Con il governo napoleonico aveva ottenuto nuovi riconoscimenti e per alcuni anni č il Maire di Viterbo. Alla morte (22 gen. 1829) fu sepolto nella chiesa di S. Giacomo, chiesa alla quale la sua famiglia sarą molto legata. Un suo figlio, Giacinto, fu Arcidiacono della cattedrale di Viterbo e Vicario generale della Diocesi e in cattedrale č sepolto nella cappella di S. Lucia; Alessandro, altro dei suoi figli, insieme a Giulio Zelli-Pazzaglia, avvierą lo scavo nella zona delle Aquae Passeris riportando alla luce diverse statue. Sarą Gofaloniere negli anni 1846-1857 e poi Consigliere provinciale. Bartolomeo invece sposerą Teresa Fani e in seconde nozze Cecilia Nannini di Siena. Continua a leggere a Famiglia Especo Y Vera e Spadensi Palazzo Poggi Viterbo Palazzo Poggi, via Cavour, Viterbo, costruito per volere della famiglia Poggi, nella seconda metą del XVI secolo con il fronte sulla via Farnesiana, i Poggi erano una famiglia di orefici, iscritta al patriziato viterbese dal 1552. Fabio Poggi fu il primo proprietario, come si evince dallo stemma in marmo e dal cartiglio sullo stipite destro con la scritta "Fababius Poggius". Lucrezia Poggi si sposņ nel 1572 con Francesco Chigi, poi nel 1690 la proprietą passņ alla famiglia Piscini.Il palazzo si presenta con una linea sobria e lineare. . Nell'atrio non visitabile perchč č una proprietą privata, c'č una fontana a nicchia con coppa su balaustra.Sopra il portale d'ingresso in peperino c'č lo stemma di famiglia. Stemma Palazzo Poggi Stemma Palazzo Poggi, via Cavour Viterbo, si nota sopra il portale di ingresso. Palazzo Galeotti Viterbo Palazzo Gentili ex Costaguti ex Galeotti Palazzo Gentili, Viterbo via Fontanella Sant'Angelo e via Saffi, Viterbo, qui su via Cavour,si trova l'ingresso secondario del palazzo che fu della famiglia Costaguti, poi dei Galeotti, poi dei Gentili, oggi č la sede dell'Amministrazione Provinciale Sul grande portale di via Cavour c'č lo stemma della Provincia. A seguito dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, l'edificio č stato interamente ricostruito. Il vecchio impianto, fu nel seicento unito alla proprietą della famiglia ghibellina degli Amfanelli o Lamfanelli, i quali seguirono le stesse sorti dei Vico, obbligati dalla cittadinanza e da Papa Bonifacio IX Tomacelli sul finire del XIV secolo, ad abbandonare Viterbo e a ritirarsi a Vetralla.In quel periodo venne tolta la carica di prefetto a Giovanni Sciarra Di Vico. Nel 1439, Giovanni Pietruccio detto il Crocifisso donņ il Palazzo al Convento degli Agostiniani della Trinitą e a un gruppo di monache della Penitenza diede la possibilitą di stabilirsi in una parte del palazzo, senza limiti di tempo, tra esse vi era donna Caledonia di Viterbo,le quali vi rimasero per 40 anni, fino al 1479 quando Papa Sisto IV concesse loro il monastero di San Simeone. Quindi i frati Agostiniani assunsero il totale possesso del palazzo, quando perņ gli Agostiniani vendettero il palazzo, contravvenendo ad una precisa disposizione di Giovanni di Pietruccio, ne persero il possesso e la proprietą tornņ agli eredi.. Al tempo l'unica erede era Caterina, moglie di Alessandro Filippeschi, di origine orvietana, e proprietaria del Castello dI Carnajuola. da Caterina, il palazzo passņ al figlio Cuccio e poi ai figli Paride e Felice, i quali saputo della vendita da parte dei frati Agostiniani, ottennero di rientrare in possesso del bene. Diedero allora, la procura a vendere a Piergentile dei Conti di Pitigliano, e nel 1479 la proprietą passņ a De Benignis. In seguito venne dagli eredi venduto a Giovanni Mancini e poi nel 1654 al Cardinale Francesco Maidalchini, nipote di Donna Olimpia, moglie di Camillo Panfili, fratello di Papa Innocenzo X. Probabilmente fu in questo periodo che si ebbero degli ampliamenti, con il prolungamento della facciata verso il confinante palazzo del Marchese Giovan Giorgio Costaguti, poi Galeotti, ad imitazione dell'altra metą. Nel 1677, il cardinale vendette il palazzo al viterbese Paolo Bruni de Franceschini, da lui passņ alla vedova Angela Vittori, la quale voleva che la proprietą fosse destinata ad un pio monastero.Ma benchč il palazzo fosse destinato a befotrofio, il Caracciolo lo alienņ ad Alessandro Tozzi, e successivamente le figlie Angela, Arcangela e Mariangela, lo rivendettero al nobile Stefano Cancelli, ma questi non pagņ il dovuto, fu messo all'asta e nel 1772 Monsignor Pietro di Lignč, capo dei cursori papali, aggiudicava a Roma, il palazzo tanto conteso a Giunio e Cesare Gentili, figli di Innocenzo, un nobile viterbese e Conte del Sacro Romano Impero Da Giunio passņ a Francesco, poi a Giuseppe e infine al Conte Francesco De' Gentili. L'ultimo proprietario fu il Conte Giuseppe Siciliano de' Gentili, il quale intono al 1950 vendette la proprietą alla Deputazione Provinciale, E dopo la Seconda Guerra Mondiale, ricostruito, divenne sede dell'Amministrazione Provinciale. Forse della antica costruzione resta uno spigolo su via Fontanella di Sant'Angelo, dove vi č fissato un grifo n ferro battuto. Le finestre del primo piano sono riccamente decorate ed uniche nel loro genere a Viterbo. Nella parte che affaccia su piazza Mario Fani c'č una bella loggia con tre archi a tutto sesto ed un portale sul cui architrave c'č la scritta " Franciscus Galeottus". All'interno del palazzo, vi č un cortile ed una fontana, che proviene dal palazzo Macchi, che si trova in piazza Luigi Concetti, una famiglia originaria di Capodimonte che si stabilģ a Viterbo nei primi dell'ottocento. La fontana risale al XIX secolo,č posta in una nicchia con una vasca ellittica ed una coppa su una balaustra., nella coppa č collocato un gruppo marmoreo raffigurante due tritoni le cui code intrecciandosi sostengono lo stemma della Famiglia Macchi.Sul lato destro del portale che affaccia su via Cavour c'č una lapide,che ricorda come la sera del 3 settembre 1967 il trasporto della Macchina di S. Rosa, allepoca intitolata Volo dAngeli, fu interrotto su Via Cavour dopo un pericoloso sbandamento della struttura prodigiosamente contenuto dai facchini. Per ricordare quellevento e e commemorarne lo scampato pericolo, il costruttore, Giuseppe Zucchi, della Macchina fece realizzare unepigrafe da incastonare allaltezza della fermata. Stemmi e Lapide Palazzo Gentile Stemmi e lapide a palazzo Gentile, Viterbo, tra via Cavour, via Fontanella Sant'Angelo e via Saffi, su via Cavour c'č lo stemma della Provincia di Viterbo, mentre su via Saffi, all'interno del cortile dove c'č la fontana del '900 c'č lo stemma della famiglia Macchi.Sul lato che affaccia su piazza Mario Fani, vi č lo stemma di Viterbo. Sul lato sinistro su un achitrave č inciso il nome dei vecchi proprietari, i Galeotti. Cortile Palazzo Gentili Cortile e fontana palazzo Gentili, Cortile e fontana del palazzo Gentili, Viterbo, non visitabile, La fontana risale al XIX secolo,č posta in una nicchia con una vasca ellittica ed una coppa su una balaustra., nella coppa č collocato un gruppo marmoreo raffigurante due tritoni le cui code intrecciandosi sostengono lo stemma della Famiglia Macchi. Palazzo via Cavour 67 Viterbo Palazzo via Cavour 97,Viterbo, tra la via Cavour e piazza Fontana Grande,in posizione angolare, presenta all'angolo un bugnato e stemmi, č un buon esempio di architettura tardo cinquecentesca. Stemmi Palazzo via Cavour 97 Stemmi al palazzo di via Cavour 97, tra la via Cavour e piazza Fontana Grande, ci sono 3 grandi stemmi ed un cartiglio al di sotto, ma non ne conosco l'attribuzione araldica. Via Cavour Viterbo altre informazioni Stemmi a via Cavour Stemmi a via Cavour, Viterbo,sul lato dell'antico carcere, a via San Lorenzo, vi sono numerosi stemmi, uno grande con i gigli farnesiani di Papa Paolo III, alcuni con il leone simbolo di Viterbo. Palazzi via Cavour Palazzi a via Cavour, Viterbo, numerosi i palazzi da ammirare: il Palazzo Brugiotti, sede del Museo della Ceramica e il Palazzo Spadensi Especo Y Vera, il palazzo del teatro Caffeina prima Teatro San Leonardo, che un tempo era la chiesa di San Leonardo con accanto il palazzo delle Carceri Vecchie che si affaccia tra via Cavour, piazza del Plebiscito e via San Lorenzo.le carceri oggi dismesse sono sede degli uffici comunali. In fondo a via Cavour c'č il palazzo Gentili sede della Provincia che si affaccia tra via Cavour, via della Fontanella Sant'Angelo, via Saffi e piazza Mario Fani. Da ammirare anche il palazzo a via Cavour 67, che fa angolo con piazza Fontana Grande al cui angolo in alto possiamo notare una serie di stemmi, di cui non conosco l'attribuzione, ha un portale importante, ed č un buon esempio di architettura tardo-cinquecentesca, l'immobile č di proprietą privata.Inoltre sul lato opposto c'č il palazzo Poggi, e all'angolo in alto una serie di stemmi che si affacciano ad angolo tra via Cavour e via Saffi. Piazze da via Cavour Piazze da via Cavour Viterbo, da qui si arriva a piazza del Plebiscito e a piazza Fontana Grande. Vie da via Cavour Vie da via Cavour, Viterbo, da qui si diramano una serie di strade : una via senza uscita, via Romanelli, via Annio, la scalinata che porta a via Saffi, via Saffi, via della Pace e via della Fontanella Sant'Angelo,in fondo a via Cavour a sinistra via San Lorenzo, a destra via Roma. Come arrivare a via Cavour Viterbo
Mappa via Saffi e Mappa via Cavour - Piazza Fontana Grande - Mappa via Cavour - piazza Fontana GrandeFotografie Via Cavour Viterbo Via Cavour Viterbo - Vie di Viterbo centro Via Cavour Viterbo - Vie di Viterbo centro Via Cavour Viterbo - Vie di Viterbo centro Via Cavour Viterbo - Vie di Viterbo centro Via Cavour Viterbo - Vie di Viterbo centro Via Cavour Viterbo - Vie di Viterbo centro Da vedere a via Cavour Viterbo centro storico
Mappe Viterbo centro storico Mappe colli vie piazze zone ViterboVia Cavour Viterbo centro storico Piazza del Plebiscito - Piazza Fontana Grande - Via Saffi Piazza del Plebiscito - Piazza Fontana Grande - Via Saffi Via San Lorenzo - Piazza San Lorenzo - Piazza del Plebiscito Viterbo via San Lorenzo - piazza San Lorenzo - piazza del Plebiscito, info e foto Anna Zelli Vie di Viterbo - Piazze Viterbo centro storico - Quartieri Viterbo centro storico Viterbo centro storico - Viterbo dintorni Viterbo guida centro storico - Viterbo dintorni
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