Stemmi San Bernardino a Viterbo, camminando per il centro
storico di Viterbo, numerosi sono gli stemmi di San Bernardino.
San Bernardino da Siena, Viterbo
Bernardino da Siena, della famiglia degli Albizzeschi di origine
senese, nasce l’ 8 settembre 1380 a Massa Marittima, provincia di
Grosseto, e muore a L'Aquila, il 20 maggio 1444, è stato un
francescano e teologo italiano, appartenente all'Ordine dei Frati
Minori. Fu proclamato santo nel 1450 da papa Niccolò V, dopo appena
sei anni dalla sua morte. Il padre Tollo era governatore, e lo
stesso giorno venne battezzato nella cattedrale. Rimasto orfano a 3
anni della madre Nera e a 6 anni del padre si trasferì a Siena dove
frequentò gli studi e visse agiatamente, curato dalle zie. Dopo aver
vestito l'abito talare a ventidue anni, intraprese un'intensa
attività come predicatore girando e predicando per tutta l'Italia
settentrionale. La sua predicazione fu così incisiva da essere fonte
di un grande rinnovamento per la Chiesa cattolica italiana e per
tutto il movimento francescano. Nelle sue prediche insisteva sulla
devozione al Santissimo Nome di Gesù. Si ritiene che grazie a lui il
Cristogramma JHS sia entrato nell'uso iconografico comune e sia
divenuto familiare alla gente. Infatti, ai fedeli che ascoltavano le
sue prediche venivano fatte baciare delle tavolette di legno incise
con il monogramma JHS sormontato da un Crocifisso e attorniato da un
sole con 12 raggi. Il simbolo disegnato sulle tavolette: era un sole
d'oro in campo azzurro, al centro del cerchio del sole le tre
lettere JHS. Il sole ha dodici raggi che san Bernardino, in
relazione al nome Gesù così descrive: Rifugio dei peccatori,
Vessillo dei combattenti, Medicina degli infermi, Sollievo dei
sofferenti, Onore dei credenti, Splendore degli evangelizzanti,
Mercede degli operanti, Soccorso dei deboli, Sospiro di quelli che
meditano, Aiuto dei supplicanti, Debolezza di chi contempla, Gloria
dei trionfanti. L'uso di baciare un simbolo religioso durante la
celebrazione era diffuso nel Medioevo; il simbolo religioso,
solitamente la croce, rappresentava la pace. San Bernardino è
ricordato anche perché fu il primo teologo a scrivere una intera
opera sull’Economia intitolata “Sui Contratti e l’Usura”. Come
Sant’Anonio da Padova condanna l’usura, ed analizza con grande
profondità la figura dell’imprenditore e ne difende il lavoro
onesto. Fa notare, infatti, che il commercio può venire praticato in
modo lecito o illecito come tutte le altre occupazioni e non è
necessariamente fonte di dannazione. Se onesto, un mercante fornisce
servizi utilissimi a tutta la società: riappiana la scarsità di beni
in una zona trasportandone da zone in cui sono abbondanti,
custodisce beni limitando i danni di eventuali carestie, trasforma
in prodotti lavorati le materie altrimenti grezze e inutili. Per
essere onesto, sostiene Bernardino, l'imprenditore dev'essere dotato
di quattro grandi virtù: efficienza, responsabilità, laboriosità,
assunzione del rischio. I guadagni che derivano ai pochi che hanno
saputo attenersi a queste virtù sono la giusta ricompensa per il
duro lavoro svolto ed i rischi corsi. Per contro, condanna senza
mezzi termini i nuovi ricchi, che invece di investire la ricchezza
in nuove attività, preferiscono prestare a usura e strangolano la
società anziché farla crescere. Bernardino riteneva, infatti, che la
proprietà non "appartenesse all'uomo", quanto piuttosto "fosse per
l'uomo" come uno strumento per ottenere un miglioramento
nell'insieme della società. Uno strumento che veniva da Dio e che
l'uomo doveva meritare, applicare e far fruttare come saggio
amministratore. Come già ad altri importanti predicatori, a
Bernardino fu particolarmente caro il tema della riconciliazione e
della risoluzione di contese. Fu molto assiduo nella predicazione e
molto tagliente ed esplicito nei contenuti, il che gli procurò
diversi nemici.. Nel 1425 predicò tutti i giorni per sette settimane
nella città di Siena. Gli ambienti degli usurai e quelli delle case
da gioco gli si dimostrarono particolarmente ostili, tanto da far
intentare contro di lui un processo per eresia sostenuto a Roma nel
1427. Durante il 1427, Bernardino subì il processo al vaglio della
Santa Inquisizione. Fu completamente prosciolto dall'accusa anche
grazie al teologo Paolo da Venezia che scrisse un trattato di difesa
in suo favore. Papa Martino V che lo conobbe durante il processo, ne
fu molto impressionato, apprezzandone spiritualità ed eloquenza, e
gli chiese di predicare anche a Roma. Bernardino predicò per 80
giorni consecutivi nell'Urbe, dedicando un impegno particolarmente
attento a questa attività: scriveva e riscriveva i suoi discorsi
prima di arrivare sul pulpito, sino ad essere certo della loro
validità. Il Pontefice fu talmente colpito dalle sue prediche da
volerlo nominare Predicatore della Casa Pontificia. Bernardino però
rifiutò per umiltà. Quando il Santo giunse a Siena nell'agosto del
1427, era stanco dei suoi viaggi ed avrebbe desiderato riposare, ma
per l'insistenza dei Signori iniziò a predicare il 15 agosto. Si
deve notare che i Senesi avrebbero desiderato che il Santo
ritornasse a Siena da Vescovo, ma il Santo per ben tre volte nella
sua vita rifiutò il vescovado. Poiché non vi erano, a Siena, chiese
capaci di contenere tutta la popolazione, fu deciso che predicasse
nella piazza del Campo. Fu poi deciso che iniziasse all'alba, per
permettere a tutti di ascoltarlo. Fu alzato un altare per la Messa
tra due finestre del Palazzo Comunale; e poi fu costruito un
pulpito su quattro gambe di legno. A sinistra del pulpito fu posta
una tribuna per i Priori della Signoria. A destra stavano le donne
ed a sinistra gli uomini, separati da un tendone affinché gli uomini
non "si balestrassero" con gli occhi. Il santo iniziava prestissimo
a dire Messa: la piazza incominciava a riempirsi e, a Messa finita,
iniziava subito la predicazione, che finiva intorno alle sette,
quando aprivano i negozi e la piazza si riempiva di persone che
andavano al mercato, che si teneva intorno alla stessa. Dedicò tutta
la sua vita alla sua vocazione di predicatore e missionario: nel
1427 per la città di Siena, nel 1428 per quella di Viterbo, nel 1431
per quella di Ferrara e nel 1435 per quella di Urbino. Nel 1430 si
recò a cercare pace e riposo al Santuario di San Francesco a
Monteluco. A lui si devono importanti ampliamenti del santuario
stesso; dopo 10 anni dalla sua morte venne eretta nel cortile una
cappella a lui dedicata. Nel 1437 divenne vicario generale
dell'ordine degli osservanti. Nel 1438 venne nominato vicario
generale di tutti i francescani italiani. Non smise mai di
dedicarsi, nonostante questi incarichi, all'evangelizzazione. Nel
1444, pur essendo molto malato, su invito del vescovo Amico Agnifili,
si recò a L'Aquila, anche per tentare di riconciliare due fazioni
che in città si affrontavano apertamente. Morì il 20 maggio in
questa città. In seguito il suo corpo fu sepolto nella basilica di
San Bernardino dell'Aquila, all'interno dell'omonimo mausoleo.Si
racconta che la bara continuò a gocciolare sangue fino a quando le
due fazioni non si furono riappacificate. A Viterbo fondò il
convento e la chiesa delle Clarisse, che divennero poi a lui
intitolate.
Storia della
Chiesa e del Convento di Sant Bernardino
oggi di Santa Giacinta
Marescotti, : nel 1417,
racconta Giuseppe Signorelli, venne concesso un
legato alle povere di Cristo che risiedevano
nella casa di Tignoso di Palino Tignosini,.
Successivamente San
Bernardino da Siena,
venne a Viterbo e nel 1426, fece venire dal
Monastero di sant’Anna di Foligno alcune monache
per fondare il
Monastero di santa Agnese, il quale dopo
la sua morte nel 1444 prese il nome di
Monastero di San
Bernardino. Al monastero venne dato il
palazzo dei Tignosi e la
Torre Damiata, La sostenitrice della
costruzione e della istituzione di questo
monastero fu la Contessa Angela dei Conti di
Marsciano. Augusto Egidi ci racconta che stessa
Beata Angelina da Foligno, la pia donna che
aveva dettato la regola per le terziarie
francescane, sia venuta tra noi, con tre
compagne, a fondare la casa che, sotto il titolo
di S. Agnese, riunì, nei pressi della chiesa di
S. Tommaso, il primo nucleo del futuro
monastero. Sostiene lo studioso Augusto Egidi
che a tradizione vuole che la Prima ministra,
delle monache Francescane del Terzo Ordine, e
governante fu suor Clara di sant’Agnese da
Viterbo. Nel 1439 si menziona una cappella
dedicata a sant’Agnese e nel 1452 papa Niccolò V
riformò l’istituzione prescrivendo alle monache
l’osservanza della Regola già concessa al
Monastero di santa Margherita in Roma.Nel 1459
le monache dette, sin dal 1454, le bizoche de
San Verardino, vendettero una vigna per la
costruzione della chiesa ed un anno dopo fu
iniziata l’erezione della Chiesa di san
Bernardino. Il monastero venne sottoposto alla
direzione dei frati Minori Osservanti, i quali
avevano avuto l’autorizzazione dal papa a
celebrare, in quella nuova chiesa, le esequie
per le monache. Il primo ampliamento del
monastero, verso piazza
san Carluccio, risale al 1480 per merito
di suor Beatrice Farnese, figlia di messer
Angelo Meo e cugina di quello che sarà poi papa
Paolo III. Fu superiora ministra nel periodo in
cui le mura del monastero raggiunsero
piazza san Carluccio,
già detta piazza san
Salvatore, fino a raggiungere la vicina
valle.Nella prima metà del XVI secolo numerose
ragazze divennero monache o per scelta o perché
costrette, e molte di loro provenivano da
famiglie nobili, due ragazze dalla famiglia
Farnese, due ragazze dalla famiglia Medici, due
ragazze dalla famiglia dei Marsciano, una
ragazza dalla famiglia degli Sforza, una
ragazza dalla famiglia dei Cibo, tre ragazze
dalla famiglia dei Baglioni, una ragazza dalla
famiglia dai Marescotti. Spesso queste nobili
ragazze venivano relegate, contro la loro
volontà, nel monastero, per mantenere unito il
patrimonio dei loro nobili genitori e parenti.
Il monastero si ampliò nel 1508 per volere della
ministra Margherita Martellacci, che acquistò
una casa di Palino Tignosi. Questa casa nel 1610
fu ridotta in parte a piazza ed in parte fu
incorporata al monastero ove un salone fu
chiamato di Palino come ricorda Domenico
Bianchi. Nel 1529, le monache, avendo ricevuto
l’anno avanti un legato di mille ducati d’oro e
una casa a Roma, decisero di ampliare il
monastero chiedendo al Comune di poter chiudere
la strada che era tra il convento e il loro
mulino. Il Comune approvò la chiusura, ma chiese
di aprire una nuova strada chiamata
via Pietra del pesce,
tuttora esistente. Il monastero fu ampliato nel
1537, acquistando un casalino confinante, poi,
nel 1563, il monastero venne di nuovo ampliato
nel periodo in cui suor Lucrezia Farnese ne era
la direttrice e le monache erano più di ottanta.
Nel 1573 erano presenti nel monastero oltre
cento monache, e le rendite cominciarono a non
essere più sufficienti per il quotidiano
sostentamento ed allora, assistite dal Minore
Osservante frate Vincenzo da Roma, chiesero alla
Comunità di Viterbo, di poter andare a mendicare
in città. Fu accordata loro la licenza, però
solo per quattro coppie di suore. Ma, anche dopo
tale concessione, i miglioramenti furono assai
scarsi. Le monache ebbero la dispensa di
clausura rigorosa dal 1461, che fu poi
confermata in perpetuo nel 1612 e nel 1939, ed
inoltre ebbero la facoltà di professare la
Regola di santa Chiara,
così si chiamarono
Clarisse. Nel 1746 morì in odore di
santità madre Chiara Olimpia Rosa Meniconi,
nobile viterbese.Il 22 Febbraio 1802 venne a
visitare il corpo di santa Giacinta
l’arciduchessa Marianna d’Austria sorella di
Francesco II. Il 3 Settembre 1857 papa Pio IX fu
ospite del monastero.
Il Trigramma
di San Bernardino: affinché la sua
predicazione non fosse dimenticata facilmente,
san Bernardino con profondo intuito psicologico
inventò un simbolo dai colori vivaci che veniva
posto in tutti i locali pubblici e privati,
sostituendo blasoni e stemmi delle varie
Famiglie e Corporazioni spesso in lotta fra
loro. Il trigramma del nome di Gesù, divenne un
emblema celebre e diffuso in ogni luogo, sulla
facciata del Palazzo Pubblico di Siena campeggia
enorme e solenne, opera dell’orafo senese Tuccio
di Sano e di suo figlio Pietro, ma lo si ritrova
in ogni posto dove Bernardino e i suoi discepoli
abbiano predicato o soggiornato. Qualche volta
il trigramma figurava sugli stendardi che
precedevano Bernardino, quando arrivava in una
nuova città a predicare e sulle tavolette di
legno che il santo francescano poggiava
sull’altare, dove celebrava la Messa prima
dell’attesa omelia, e con la tavoletta al
termine benediceva i fedeli. Il trigramma fu
disegnato da Bernardino stesso, per questo è
considerato patrono dei pubblicitari; il simbolo
consiste in un sole raggiante in campo azzurro,
sopra vi sono le lettere IHS che sono le prime
tre del nome Gesù in greco ΙΗΣΟΥΣ (Iesûs), ma si
sono date anche altre spiegazioni, come
l’abbreviazione di “In Hoc Signo (vinces)” il
motto costantiniano, oppure di “Iesus Hominum
Salvator”. Ad ogni elemento del simbolo,
Bernardino applicò un significato, il sole
centrale è chiara allusione a Cristo che dà la
vita come fa il sole, e suggerisce l’idea
dell’irradiarsi della Carità. Il calore del sole
è diffuso dai raggi, ed ecco allora i dodici
raggi serpeggianti come i dodici Apostoli e poi
da otto raggi diretti che rappresentano le
beatitudini, la fascia che circonda il sole
rappresenta la felicità dei beati che non ha
termine, il celeste dello sfondo è simbolo della
fede, l’oro dell’amore. Bernardino allungò anche
l’asta sinistra dell’H, tagliandola in alto per
farne una croce, in alcuni casi la croce è
poggiata sulla linea mediana dell’H. Il
significato mistico dei raggi serpeggianti era
espresso in una litania; 1° rifugio dei
penitenti; 2° vessillo dei combattenti; 3°
rimedio degli infermi; 4° conforto dei
sofferenti; 5° onore dei credenti; 6° gioia dei
predicanti; 7° merito degli operanti; 8° aiuto
dei deficienti; 9° sospiro dei meditanti; 10°
suffragio degli oranti; 11° gusto dei
contemplanti; 12° gloria dei trionfanti. Tutto
il simbolo è circondato da una cerchia esterna
con le parole in latino tratte dalla Lettera ai
Filippesi di san Paolo: “Nel Nome di Gesù ogni
ginocchio si pieghi, sia degli esseri celesti,
che dei terrestri e degli inferi”. Il trigramma
bernardiniano ebbe un gran successo,
diffondendosi in tutta Europa, anche san
Giovanna d’Arco volle ricamarlo sul suo
stendardo e più tardi fu adottato anche dai
Gesuiti. Diceva san Bernardino: «Questa è mia
intenzione, di rinnovare e chiarificare il nome
di Gesù, come fu nella primitiva Chiesa»,
spiegando che, mentre la croce evocava la
Passione di Cristo, il suo Nome rammentava ogni
aspetto della sua vita, la povertà del presepio,
la modesta bottega di falegname, la penitenza
nel deserto, i miracoli della carità divina, la
sofferenza sul Calvario, il trionfo della
Resurrezione e dell’Ascensione
Simbolo Stemma di San Bernardino a Viterbo
centro storico
Simbolo e stemmi di San Bernardino a Viterbo centro storico,
info e fotografie Anna Zelli
Fotografie Simboli Stemmi di San Bernardino Viterbo centro storico
Vedere nei dintorni della ex chiesa di
S. Bernardino piazza della Morte
Viterbo centro storico -
Viterbo dintorni
Viterbo
guida centro storico -
Viterbo dintorni
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