via Annio, Viterbo, informazioni storiche e turistiche foto a cura di Anna Zelli sito ufficiale web www.annazelli.com
Via Annio Viterbo |
via annio viterbo centro storico | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
VIA ANNIO |
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Palazzo Nini
Maidalchini
Confraternita San Leonardo
Chiesa del Gonfalone
Guida Turistica Viterbo
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Via Annio, Viterbo, la via va da via Cardinal La Fontaine a via Cavour, vi si incrociano la via del Fornaccio che porta verso via Crochi e la via degli Scalzi che immette su piazza Fontana Grande. La via Annio prende il nome da Giovanni Nanni detto Annio. Giovanni Nanni Giovanni Nanni, detto Annio, Viterbo, Leggenda del frate domenicano viterbese, Giovanni Nanni: era una singolare figura di umanista, letterato, filologo e orientalista, vissuto tra il 1432 e il 1502. Nei suoi Commentari, secondo il gusto dell'epoca, volle anch'egli glorificare la propria città e, come già aveva fatto frate Francesco d'Andrea, propose anche lui un improbabile intreccio tra genealogie bibliche e miti greci, fondendo il tutto con l'eredità etrusca che proprio in quegli anni cominciava a suscitare l'interesse degli studiosi. Le argomentazioni anniane dovettero godere di un certo credito, a tal punto che alle sue tesi si dedicò un ciclo di affreschi nella Sala Regia e nella Sala del Consiglio del Palazzo dei Priori di Viterbo. Annio riporta tuttavia la fondazione del primo nucleo della città allo stesso Noè (che nel suo scritto viene anche identificato con Enotrio e Giano Bifronte, in quanto vide i due aspetti del mondo antidiluviano e postdiluviano), a cui viene attribuita la costruzione dei quattro castelli: Fanum, Arbanum, Vetulonia e Longula, la mitica Tetrapoli Viterbese il cui acrostico FAVL fa tuttora parte dello stemma cittadino. Anche qui compare Ercole quale costruttore del Castrum, primo nucleo della città qui chiamata Etursia o Etruria Urbs, traversata dai fiumi Urgionus, Vetuloniensis e Paratussus (Urcionio e Paradosso), con il tempio del Fanum Voltumnæ (che è veramente esistito, ma non dove lo ipotizzò Annio), nel locus sacer degli Etruschi, posto poco fuori dall'abitato. Dopo aver menzionato addirittura Atlante, Corinto e Iasio come successivi regnanti, Annio vide nel nipote di Ercole, Terbo Tirreno, il capostipite dei Terbiensis, eroe eponimo della città di Viterbo. Quindi Annio si rivolge a Tarconte, personaggio della mitologia etrusca, eroe eponimo di Tarquinia, a cui egli attribuisce addirittura la fondazione della dodecapoli etrusca. La genealogia anniana coinvolge persino Desiderio, ultimo re dei Longobardi, a cui è attribuito un decreto con cui si cingevano con mura i quattro castelli della Tetrapoli. Come prova, Annio presentò una ruota semicircolare in marmo (attualmente al Museo Civico della città) rinvenuta casualmente tra le rovine dell'antica Torre Damiata presso piazza della Morte, incisa in caratteri longobardi, ma poi dimostratasi un falso. Palazzo Nini Maidalchini Palazzi Nini Maidalchini ex scuderie Palazzo Nini, via Annio 25-27, Viterbo, di forma più ecclesiastica che civile, sotto le finestre del primo piano c'è un lungo costolone con una scritta in latino, che recita : "Nino Nini vescovo di Potenza questa sua casa paterna ,aggiungendovi abitazioni vicine , ampliò e decorò nell'anno 1543." Palazzi Nini Maidalchini Palazzi Nini Maidalchini, Viterbo,tra via Cardinal La Fontaine e via Annio, dimora viterbese di Donna Olimpia Maidalchini, il primo palazzo di stile rinascimentale, a sinistra di via Annio venendo da via la Fontaine oggi è di proprietà privata, l’androne presenta degli affreschi con grottesche ed anche la facciata presenta dei dipinti che per incuria si stanno rovinando. Anche il palazzo di fronte sempre Nini che fa angolo con la via La Fontaine presenta sulla facciata dei dipinti, anche questi, purtroppo, lasciati andare per indifferenza, lasciano intravedere delle figurazioni simboliche dei cinque sensi e delle virtù cardinali. Nel palazzo nel 1653 fu ospitato Papa Innocenzo che venne a Viterbo in occasione della inaugurazione di Porta Romana. Nella fascia sotto il primo piano vi è una iscrizione “Nino Nini vescovo di Potenza, questa sua casa paterna, aggiungendovi abitazioni vicine, ampliò e decorò l’anno 1543”.In uno dei due palazzi campeggiano delle rose dipinte simbolo araldico della famiglia inserite in grandi medaglioni, oltre alle immagini allegoriche delle virtù cardinali e dei cinque sensi. Le virtù cardinali sono rappresentate da leggiadre figure femminili, mentre tra quelle dei cinque sensi, l’odorato è rappresentato da un cane, la forza dalla solidità di una colonna. Sono come già detto, purtroppo in uno stato di degrado, molto sbiaditi, ed è un vero peccato. I due palazzi testimoniano il benessere e l’influenza della famiglia Nini, la tecnica pittorica si basa su uno sfondo scuro sul quale è stesa una tinta più chiara, e poi con un graphium, stilo, si asporta il colore chiaro facendo riaffiorare il colore scuro del fondo e in questo contrasto i graffiti acquistano un senso di leggerezza. Questo è un esempio raffinato di una tecnica diffusa nel Rinascimento che oggi ritroviamo limitata alle decorazioni delle pareti interne. Sarebbe un bene per la città provvedere al restauro e ad una protezione dalle intemperie di queste bellissime pitture. Stemmi Palazzo Nini Maidalchini Stemmi palazzi Nini Maidalchini Stemmi palazzo Nini Maildalchini, via Annio, Viterbo, si notano al di sopra di due portoni, uno dovrebbe essere della famiglia Nini, dell'altro ma non so a quale famiglia appartenga. Famiglia Nini Maidalchini
Famiglia Maidalchini, Famiglia Viterbese, risalente al XVI e XVIII secolo, il casato fu reso famoso da Donna olimpia, il casato era originiario di Perugia e di Gubbio, si stabilirono ad Acquapendente nel 1500. Fu una famiglia di notai, la loro tomba è nella chiesa del Santo Sepolcro. Si stabilirono a Viterbo, quando Olimpia, la figlia del Marchese Giulio Maidalchini, che era il favorito del Cardinal Alessandro Sforza, e che fu il castellano della Rocca di Viterbo, si sposò in seconde nozze con il Capitano Sforza, il quale fu commissario dei grani nel 1593, dopo che Viterbo passò una grave carestia. Nel 1595 ebbe l’appalto delle carni per la Provincia del Territorio, e nel 1561 acquistò la cittadinanza di Viterbo. Per nove anni ebbe l’appalto della gabella sulla carne. Morì nel 1623 e fu sepolto nella Chiesa di Santa Maria in Gradi. Olimpia Maidalchini detta anche la “Pimpaccia”, ebbe tre figli, Andrea, Ortensia che fu badessa della chiesa di San Domenico, e Margherita monaca di San Domenico. Olimpia ereditò dal primo marito Paolo Nini il due palazzi Nini a Via Annio angolo via Cardinal La Fontaine. Con il figlio Andrea, i Maidalchini divennero Marchesi di Ripa Alta, e possedevano i castelli a Corbara e Prodo che erano nel territorio di Orvieto. Un figlio di Andrea, Francesco Maria, divenne vescovo di Aquino e successivamente di San Severino Marche, divenne Cardinale, fu governatore di Capranica e fu sepolto nella Chiesa di Santa Maria in Gradi. Nella linea maschile i Maidalchini si estinsero e proseguirono in quella femminile diventanto Marchesi Ottieri, e poi di nuovo estinti proseguirono nel casato Della Ciaja Agazzari di Siena. Un ramo rimase ad Acquapendente e si estinse nel XVIII secolo. La Pimpaccia Palazzi Nini
La Pimpaccia, Donna Olimpia Maidalchini, Olimpia Maidalchini nacque a Viterbo nel 1591 e appena diciasettenne andò in moglie a Paolo Nini, di una ricchissima famiglia Viterbese. Rimasta vedova, nel 1612 si risposò con Pamphilo Pamphili, esponente della nobiltà romana; si dedicò quindi al sostegno economico, della carriera ecclesiastica del cognato Giovanni Battista fino alla sua ascesa al soglio Pontificio avvenuta nel 1644 col nome di Papa Innocenzo X. Rimasta nuovamente vedova, ricevette dal papa le terre appartenute all’abbazia di San Martino al Cimino. Fu una donna ambiziosa e capace, che s’impose nella aristocrazia romana e divenne la principale ispiratrice della politica del cognato, non era molto amata dal popolo a causa dei suoi intrighi di palazzo, e l’appellativo spregiativo di Pimpaccia derivava dalla protagonista di un libro che narrava le vicende di una donna arrivista. Fu anche oggetto delle Pasquinate, tra queste : ““Chi dice donna, dice danno chi dice femmina, dice malanno chi dice Olimpia Maidalchina, dice donna, danno e rovina”. Morì nel 1657 a San Martino al Cimino colpita dalla peste. Successivamente tale denigrazione dovuta ai suoi contemporanei venne ridimensionata e la sua immagine rivalutata. Palazzo Brugiotti
Palazzo Brugiotti, Viterbo, si snoda tra via Annio e via Cavour, antica via Farnesiana, aperta dal Cardinale Alessandro Farnese. Il palazzo, si trova a pochi passi a piedi dal quartiere medioevale di San Pellegrino, da piazza Fontana Grande e da piazza del Plebiscito. Questo venne edificato dalla famiglia Brugiotti, o Brusciotti, una ricca famiglia patrizia viterbese, originaria di Vetralla che qui si trasferì intorno al ‘600. Il palazzo subì vari passaggi, dai Brugiotti, venne acquisito dal Marchese Carpegna, poi passò alla famiglia Polidori, ed infine alla famiglia Pieri di Vetralla. Sul cantonale dell’edificio sono presenti numerosi stemmi appartenenti alla famiglia dei Farnese, dei Cobelluzzi e dei Brugiotti. Purtroppo le fonti sono abbastanza scarse e non consentono una esatta evoluzione storica del palazzo. Sul portone del palazzo vi sono le grandi iniziali BR, probabilmente riferibili agli anni in cui fu proprietà del Banco di Roma che aveva qui una filiale.Nel 1930 il Banco di Roma alienò la proprietà e l’interno del palazzo venne suddiviso in appartamenti. Nel 1995 una notevole parte del palazzo fu acquistata dalla Cassa di Risparmio della Provincia di Viterbo, al piano nobile oggi si trova la sede della Fondazione Carivit, mentre al piano terra ci sono i locali adibiti al Museo della Ceramica della Tuscia. A disposizione del Museo della Ceramica c’è il meraviglioso giardino ornato da vegetazione e fontane. Questo fabbricato venne edificato pochi anni dopo l’apertura della via Nova nel poi via Farnesiana ed oggi via Cavour. Il palazzo è imponente, di pregevole fattura, e con balcone e finestre che ne ornano la facciata. Lo stile è molto rigoroso ed elegante. Stemmi Palazzo Brugiotti Stemmi palazzo Brugiotti, tra via Annio e via Cavour, Viterbo, sono visibili sul cantonale del palazzo, e riferibili alla famiglia dei Farnese, dei Cobelluzzi e dei Brugiotti. Lo stemma della famiglia Cobelluzzi è raffigurato da un cane collarinato con fascia capriolata, probabilmente a ricordo di una antica spezieria appartenuta a questa famiglia che si trovava nelle vicinanze, che venne espropriata e demolita per finire la strada, o forse perché i Brugiotti si imparentarono con i Cobelluzzi attraverso il Cardinale Scipione Cobelluzzi titolare di Santa Susanna. Fontane Palazzo Brugiotti Fontane atrio giardino palazzo Brugiotti Fontane palazzo Brugiotti. via Annio, Viterbo, una fontana è nell'atrio, inserita in una nicchia, presenta una vasca semicircolare sulla quale poggia una testa di ariete dalla cui bocca sgorgava l'acqua, al di sotto della coppa vi è una sirena che regge la coda con le mani e che sostiene l'intero gruppo. L'altra fontana è nel cortile esterno del palazzo, qui c'è anche un giardino. La fontana è decorata da una pittura di Madonna con Bambino. Statua del Mosè Statua del Mosè, nel cortile interno di palazzo Brugiotti, che si trova via Cavour, via Annio Viterbo, c’è la statua del Mosè che presenta al popolo le tavole della legge ricevute sul monte Sinai.Questa scultura è stata recentemente restaurata, ed è stato restituito alla statua il braccio destro che risultava mancante. Famiglia Brugiotti Famiglia Brugiotti, un ramo originario di Firenze, uno di Vetralla, ed un’altro di Montefiascone, il ramo di Firenze, si trasferì a Vetralla nella prima metà del XVI secolo, vennero in questa cittadina Taddeo figlio di Pietro, e Lattanzio suo fratello. Di Taddeo si sa che fu imprigionato, per un ammanco di denaro che sottrasse mentre aveva un incarico pubblico. Poi si ha notizia di un certo Paolo Brugiotti, che era figlio di Lattanzio e di Lorenza Pandolfi, il quale ebbe una causa tra il Comune di Vetralla e Lorenzo Cybo che voleva rientrare in possesso di un suo feudo. Per vincere la causa i Brugiotti sostennero la famiglia dei Farnese, che nel frattempo aveva assunto il protettorato di Vetralla, le pretese dei Cybo vennero archiviate e i Brugiotti ottennero dai Farnese il sostegno allo sviluppo dei loro affari. La famiglia, del ramo di Vetralla già nel 1647 era iscritta alla nobiltà Viterbese, con il trasferimento di Alessandro, figlio di Pietro Brugiotti e di Porzia Paoloni sposata nel 1615. Nel 1631, Pietro, figlio di Alessandro Brugiotti, divenne uno dei governatori dell’Ospedale Grande degli Infermi di via e piazza San Lorenzo, il cui ingresso era nella attuale via Sant’Antonio. Pietro donò una casa con torre ed un orto affinchè si costruisse la chiesa ed il convento dei Santi Teresa a Giuseppe a piazza Fontana Grande, all’interno della chiesa, fece edificare una cappella intitolata ai Santi Pietro e Paolo, Nel 1647, acquistò una palazzo a via Cavour, che venne ristrutturato ed ampliato, oggi sede del Museo della Ceramica. In seconde nozze Porzia Paoloni, nel 1615,sposò Felice Spreca di Viterbo. Alessandro andò ad abitare nella parrocchia di San Faustino, che era nei pressi del Ponte Tremoli, ebbe per se ed i suoi discendenti il giuspatronato della cappella dei Santissimi Innocenti posta all’interno della chiesa dei Santissimi Faustino e Giovita. Morì nel 1630. La cugina di Alessandro Brugiotti, Lorenza Brugiotti, sposò nel 1617, in seconde nozze Giovan Giacomo Cordelli di Viterbo, e dopo 5 anni si separò, Alessandro, nato il 23 luglio 1632, fu iscritto nel 1647 alla nobiltà viterbese. Fu membro della magistratura viterbese; svolse l’incarico di tesoriere, fu governatore dell’Ospedale Grande degli Infermi e fu doganiere generale della Provincia del Patrimonio. Nel luglio 1660 fece collocare i corpi dei santi Renato e Paolino nella cappella dei santi Pietro e Paolo nella chiesa dei Carmelitani scalzi. Nel 1678 era Conservatore del Comune di Viterbo e svolgeva l’incarico di Governatore dell’Oratorio di San Girolamo dei Sergenti. Nel 1671 Alessandro fondò con il sergente Girolamo Chivazzo una società per il commercio del ferro nella ferriera dell’Acquarossa e fu affittuario della tenuta della Palanzana di pertinenza della mensa vescovile, secondo quanto riporta un documento dell’aprile 1672. Aveva sposato Artemisia Mansanti di Tuscania, la quale nel 1685 donò una casa a Viterbo, nei pressi di Santa Maria del Poggio, a Rosa Venerini, affinché iniziasse la sua opera educatrice. Morì il 30 settembre 1693. Cesare Pio, figlio di Alessandro, sposò Vittoria Laziosi di Viterbo. Fu governatore di Casa Lante a Roma. Nel 1729 fu governatore dell’Ospedale Grande degli Infermi e nel 1740 ricoprì la carica di Conservatore del Comune di Viterbo. Nel 1749 fu ambasciatore presso il Vescovo di Viterbo, Adriano Sermattei. Morì il 19 febbraio 1753. Giuseppe, figlio di Cesare Pio, nacque il 12 maggio 1712 e sposò il 28 marzo 1745 la contessa Anna Ferretti di Ancona. Morì il 19 gennaio 1778. Suo fratello Pietro, nato nel 1708, dal 1752 al 1757 fu Conservatore dell’Ospedale Grande degli Infermi. Morì nel 1757. Alessandro, figlio di Giuseppe, nacque il 23 marzo 1748. Si laureò in legge, filosofia e teologia. Fu arciprete della Cattedrale di Viterbo e Cavaliere di Malta. Fu nominato canonico della Cattedrale e poi Vicario capitolare alla morte del vescovo Pastrovich. Egli curò il discorso solenne pronunciato in Cattedrale dal Vescovo Gallo in occasione del battesimo del moro Mustà di Oithman nell’agosto 1785. Era stato membro dell’Accademia dell’Arcadia, dell’Accademia degli Ardenti e degli Aborigeni, fu autore dell’oratorio Gionata (Viterbo, per il Poggiarelli, 1785) che fu eseguito in cattedrale nel marzo 1785 con musica di Enrico Cornet, Maestro della cappella della cattedrale. Morì il 2 luglio 1795.Alla sua morte i suoi beni furono ereditati dalla sorella Vittoria, la quale il 12 dicembre 1781 aveva sposato il conte Gaspare Carpegna di Roma. Vittoria successivamente si trasferì a Roma e alienò progressivamente i beni della famiglia a Viterbo, imitata in questo dai figli e dai discendenti; morì il 13 dicembre 1822. Con Vittoria Brugiotti si estinse il ramo diretto della famiglia. Con l’estinzione della famiglia, nel XIX secolo, il palazzo passò di proprietà a Francesco Polidori, poi alla famiglia Pieri di Vetralla e infine all’imprenditore Alarico Piatti. Nel 1920 divenne la sede del Banco di Roma. Dal 1996 è la sede della Fondazione Carivit. Nel 1642 Pietro si era sposato con Livia Degli Arenghi, figlia di primo letto di Felice Spreca. Era morto nel 1658. Dei suoi figli Felice si sposò con il capitano Cherubino Frenfanelli di Cascia e in seconde nozze con il conte Girolamo Clementini di Roma. Porzia fu monaca nel Monastero di Sant’Agostino dove divenne priora nel 1704. Il ramo Brugiotti di Vetralla, La dimora dei Brugiotti di Vetralla, era ancora in fase di completamento nel 1596, pervenne insieme ad altri beni ai conti Falconieri Gabrielli di Carpegna, la cui discendente Maria, andata in sposa il 18 ottobre 1888 a Guglielmo Vinci, la ebbe in dote. Le tombe di questa famiglia a Vetralla erano nella chiesa di Sant’Andrea e poi in Santa Maria delle Murelle. A Vetralla una delle Vie principali è intitolata a padre Giacinto Brugiotti. Un altro ramo della famiglia Brugiotti proveniva da Montefiascone e si era stabilita in Viterbo con Lorenzo, che era notaio, e suo fratello Giovan Battista. Da Lorenzo, morto nel 1759, e da Ortensia Pia Petti di Caprarola sono discesi Stefano che ha sposato Chiara Banconi, Vincenzo che ha sposato Angela Banconi e Domenico (1738-1822). Da Vincenzo e Angela era nato Lorenzo, perito agrimensore e possidente. Un terzo ramo della famiglia Brugiotti fa capo a Lorenzo di Pietro, nobile fiorentino emigrato a Soriano nel Cimino dove, nel 1635, agiva come agente e procuratore del duca di Altemps. Un notaio Lorenzo Ippolito, figlio di un altro Lorenzo Ippolito anche lui notaio, nel primo trentennio del Settecento si trasferì da Montefiascone a Viterbo dando luogo ad una discendenza di questa famiglia che dura sino ad oggi. Per approfondire e bibliografia : Gente di Tuscia, Scheda di Marina Bucchi – Ibimus; integrazioni di Isabella Lamantia-Cersal; revisione di Luciano Osbat – Cersal e Angeli, Famiglie viterbesi. Museo della Ceramica Museo della Ceramica della Tuscia, tra via Annio e via Cavour, all'interno di Palazzo Brugiotti, Viterbo, centro storico. Il palazzo Brugiotti venne edificato dalla omonima famiglia aristocratica nella seconda metà del '500, oggi dopo alterne vicende è sede della Fondazione Carivit. Al pian terreno sono esposti dei vasi provenienti dallo scavo dei "butti", che erano de pozzi scavati nel peperino, posti all'interno o fuori delle abitazioni, presenti nelle antiche case di Viterbo dentro i quali venivano buttati i rifiuti domestici. Questi vasi sono notevoli in quanto mostrano l'evoluzione della ceramica della Tuscia e di Viterbo dal periodo medioevale fino al XVII secolo Sono interessanti la forma, la decorazione, e l'uso del materiale colorante. Queste ceramiche erano per lo più destinate alle mense delle famiglie sia aristocratiche che umili, borghesi o popolane. Sono molto interessanti i vasi da Farmacia e Spezieria , decorati con stemmi, e con l'indicazione del loro contenuto. Palazzo Spadensi Especo Y Vera Palazzo Spadensi Especo Y Vera Palazzo Spadensi Especo Y Vera, Viterbo, tra via Cavour e via Annio, venne edificato dopo l’apertura della via Farnesiana, oggi, Cavour, via che fu voluta da Cardinale Alessandro Farnese, Legato Perpetuo del patrimonio di Viterbo. Nel 1578 Leonardo Spadensi o forse Spatari, ottenne gratuitamente dal Comune due terreni di scarso valore, confinanti con la sua abitazione sulla via Nuova, con l’obbligo di costruire un edificio con una bella cantonata. Il palazzo che affaccia sia su via Cavour che su via Annio, ebbe come progettista l’architetto Giovanni Malanca di Roma. Morto Leonardo Spadensi, l’edificio venne ereditato dal figlio Donato, che fu Cavaliere dell’Ordine del Giglio e di Santo Stefano, molto legato alla Curia viterbese, tanto che si adoperò attivamente alla costruzione del Collegio dei Padri Gesuiti di Viterbo. Il palazzo Spadensi, più noto come Especo Y Vera, è inglobato con altre strutture e si sviluppa su 3 piani a pianta irregolare. Su via Annio e via Cavour ha un fascione marcapiano in peperino, tra il piano terra ed il piano nobile al primo piano c’è una epigrafe posta nell’angolo che reca la scritta : Canto della Croce. Forse la posizione del palazzo posto al centro di un crocevia, oppure a ricordo della scomparsa chiesa di San Martino, che venne demolita per aprire la via Nuova. Un’altra fascia marcapiano è tra il piano nobile e l’ultimo piano. L’entrata su via Cavour ha un bel portale con un arco bugnato.non originale, mentre è dell’epoca l’angolo bugnato sotto l’epigrafe. Il lato del palazzo su via Annio è di fronte al palazzo Brugiotti. Al pian terreno vi è un portone originale ad arco bugnato, forse era l’antico ingresso principale del palazzo. Sulla sinistra vi è una piccola apertura con una scala a chiocciola, forse una scala di servizio per accedere al loggiato. La loggia del palazzo Spadensi è formata da 3 arcate e divisa da quattro colonne. L’intero palazo ha un impianto architettonico riferibile allo stile rinascimentale del Cinquecento. All’interno del piano nobile, di proprietà privata e non visitabile, vi sono tre ambienti affrescati, il primo è un ampio salone di rappresentanza che si affaccia sulla loggia, il soffitto è a cassettoni, con una fascia di circa un metro decorata da affreschi con scene di caccia e pesca opera di Antonio Tempesta. Dal salone si accede ad un’altra stanza anche questa affrescata con scene di caccia e pesca ma che a causa di infiltrazioni di acqua versa in pessime condizioni. Questi affreschi vennero commissionati da Donato Spadensi, che appose la sua firma e il suo stemma, tra le finte finestre e le scene di caccia. Quando la linea dei Spadensi si estinse il palazzo passò ai Fani e poi nel 1708 ai Cherofini di Soriano, linea che si estinse nel 1798. Quindi l’edificio venne acquistato dal colonnello Ignazio Especo Y Vera, originario di Cordova, Spagna che si stabilì a Viterbo alla fine del XVIII secolo. Loggia palazzo Spadensi via Annio Loggia palazzo Spadensi a via Annio Viterbo, si nota una bella loggia avviandosi su via Annio da via Cardinal La Fontaine, sul lato destro, dopo la via degli Scalzi,è formata da 3 arcate e divisa da quattro colonne. Profferlo a via Annio Palazzo e profferlo via Annio, Viterbo, qui si trova la sede del Club Alpino Italiano di Viterbo. Sulla facciata è visibile uno stemma del quale non conosco l'attribuzione. Altre informazioni su via Annio Palazzi a Via Annio Palazzi a via Annio, Viterbo, qui si possono ammirare il palazzo Brugiotti sede del Museo della Ceramica ed il Palazzo Spadensi Especo Y Vera, di proprietà privata, entrambi fanno angolo con via Cavour. Il palazzo Nini Maidalchini con delle bellissime grottesche, ma purtroppo versa in un stato di abbandono, il nome compare su entrambi gli stipiti dei due portali, il palazzo di fronte venne acquistato nel 1599 da Giacomo Nini per adibirlo a scuderie.. Ci sono su via Annio anche altri palazzi interessanti, ma non ho trovato informazioni. Palazzo a via Annio 3 e 7, contiguo a palazzo Brugiotti, Viterbo, è una proprietà privata, ha una facciata a due piani, simmetrica, chiusa da paraste bugnate per tutta l'altezza, ingentilita da piccoli balconi, di stile settecentesco in ferro battuto, ha l'ingresso sulla via, e le finestre sono incorniciate in peperino. Palazzo e profferlo via Annio, Viterbo, qui si trova la sede del Club Alpino Italiano di Viterbo. Sulla facciata è visibile uno stemma del quale non conosco l'attribuzione. Stemmi a via Annio Stemmi a via Annio, Viterbo, ci sono due stemmi ai portoni dei due palazzi Nini Maidalchini, uno stemma è sulla facciata del palazzo che ha un meraviglioso profferlo oggi sede del club Alpini di Viterbo, un altro stemma è sopra l'insegna di un negozio di barbiere. Stemmi sono sul cantonale del palazzo Brugiotti, riferibili alla famiglia dei Farnese, dei Cobelluzzi e dei Brugiotti. Lo stemma della famiglia Cobelluzzi è raffigurato da un cane collarinato con fascia capriolata, probabilmente a ricordo di una antica spezieria appartenuta a questa famiglia che si trovava nelle vicinanze, che venne espropriata e demolita per finire la strada, o forse perché i Brugiotti si imparentarono con i Cobelluzzi attraverso il Cardinale Scipione Cobelluzzi titolare di Santa Susanna. Vie da via Annio Vie da via Annio, da via Annio si accede a via Cardinal La Fontaine, a via Cavour, a via degli Scalzi e a via del Fornaccio. Come arrivare a via Annio Viterbo centro
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