Foro di Nerva detto anche Foro Transitorio, fa parte dei Fori Imperiali, è su via dei Fori Imperiali, Rione Monti, Roma, fu iniziato da Domiziano ed inaugurato da Nerva nel 97 d.C., non ne restano che pochi resti. In precedenza ai fori imperiali, in questa area, lungo il lato destro della strada sorgeva in passato il Macellum, mercato di età repubblicana, mentre a sinistra si estendeva l'abitato comprendente sia case popolari, sia ergastula, alloggi degli schiavi, che ricche domus, appartenenti a senatori, l'abitato andò distrutto dopo l'incendio del 64 e l'area venne riorganizzata a funzione solo pubblica. Fu in questa zona che l'imperatore Vespasiano vi fece passare un tratto della Cloaca Maxima, fognatura di età regia, e successivamente vi furono sempre in questa zona, gli interventi dell'imperatore Domiziano. Si presentava come un corridoio lungo e stretto attraversato dall'Argiletum, la via che congiungeva il Foro Romano alla Suburra, a pianta longitudinale, misurava 114 metri per 45 metri. Il nuovo foro era concepito in relazione allo spazio disponibile, delimitato a sud-ovest nord-est, da alte mura in blocchi di peperino rivestite da lastre di marmo. Era provvisto di 3 accessi sul lato verso il Foro Romano mentre su lato opposto, verso la Suburra, come accesso aveva il Porticus Absidata, una esedra porticata a forma di ferro di cavallo. In mancanza della profondità necessaria, i portici vennero realizzati con degli accorgimenti ottici accostando le colonne alle mura ed unendole con elementi di trabeazione sporgenti. La Porticus Absidata era preceduta dal tempio di Minerva voluto da Domiziano. Per questa sua caratteristica di "passaggio", fu detto anche Forum Transitorium. Del Tempio di Minerva, qui presente, erano ancora visibili alcune vestigia all'inizio del XVII secolo, quando poi però l'edificio venne definitivamente demolito per ordine di Papa Paolo V, e le colonne ed i corridoi furono utilizzati per la realizzazione della fontana Paola sul Gianicolo. Sulla sinistra si elevano due belle colonne e alcuni frammenti dei fregi che decoravano le mura di cinta del foro. All'incrocio tra via dei Fori Imperiali e via Cavour si trovava il limite tra il Foro di Nerva ed il Foro di Vespasiano, di cui non resta quasi più niente. Sempre nel foro di Nerva secondo la Forma Urbis, disegni di Roma di età rinascimentale, si mostrano due archi di raccordo tra il tempio di Minerva e le mura perimetrali, e l'arco a sud era detto Arco Nervae, mentre il tratto di muro a sud era chiamato le Colonnacce, per la presenza delle due uniche colonne di marmo rimaste dello pseudoportico. Il fregio soprastante, riproduce figure femminili che tessono e filano e al centro una scena con un personaggio sempre femminile con un elmo in atto di colpire una donna inginocchiata, interpretata come il "Mito di Aracne", la mortale che osò sfidare la dea Minerva nell'arte della tessitura e da dea che la trasforma in ragno, condannandola a tessere per sempre la tela. La dea Minerva cara a Domiziano avrebbe dovuto avere una funzione di garante per il suo impero. La funzione che il foro di Nerva ebbe come zona di passaggio, si mantenne nei secoli e viene menzionata anche in una guida per i pellegrini dell'XI secolo e successivamente l'area venne di nuovo adibita ad uso privato, per la scoperta di una domus su due piani, dove il piano inferiore era adibito a stalla e ambiente di servizio per le attività domestiche, muniti di latrina, mentre il piano superiore in tecnica laterizia era occupato dalla famiglia, la casa più grande aveva anche un portico in pietra, intorno vi erano giardini coltivati ad orto e una capanna. Queste strutture vennero abitate fino all'XI secolo, e forse a causa dell'intensificarsi dell'impaludamento della zona, si utilizzarono come abitazioni solo i livelli superiori fino al XII secolo. Fonti medioevali ricordano la zona come percorso viario delle processioni pontificie, e la strada presente nel foro di Nerva prese il nome di Fondicus Macellorum de Archanoè, come corruzione del termine Arcus Nervae, macellorum per la presenza di botteghe o banchi dei macellai.