Famiglia di Vico, via San Lorenzo, Viterbo, info e foto a cura di Anna Zelli sito ufficiale web www.annazelli.com
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FAMIGLIA DI VICO |
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Famiglia di Vico famiglia tra le più importanti di Viterbo e della Tuscia durante il Medioevo. Le vicende laziali della famiglia la videro sempre oscillante tra la sottomissione ai pontefici, preferendo spesso gli antipapi, e lo schieramento filo-imperiale, ma sempre impegnata nella lotta per la propria espansione feudale nel territorio alto laziale e nella città di Viterbo. La signoria dei suoi membri più importanti si estese in un vasto territorio che comprendeva Civitavecchia, Tarquinia, Bolsena, Orvieto, Todi, Narni, Amelia e diversi castelli minori, avendo il suo fulcro a Viterbo, nelle rocche intorno alla via Cassia e sui monti Cimini, presso il lago di Vico. Di origini incerte, forse proveniente dal suburbio viterbese, o forse discendente dai duchi di Spoleto o da Arnolfo, gastaldo di Temi, a partire da Pietro di Vico, nel 965, molti dei suoi esponenti, per circa tre secoli saranno investiti della carica di prefetto di Roma, da cui sono noti anche come Prefetti o Prefetteschi, Questa famiglia si stabilì nei territori della Tuscia e nei territori del Patrimonio di San Pietro. Inizialmente dominatori della valle Tiberina e dei territori intorno al lago che porta il loro nome, i Di Vico nel XIV secolo estesero il loro potere su molte importanti città del Patrimonio di San Pietro in Tuscia: Orvieto, Civitavecchia, Vetralla (nella cui chiesa di San Francesco si trova il sarcofago di Briobris Di Vico), Soriano nel Cimino, Corneto, Bagnoregio e Ronciglione (che era stata fondata da loro). I Di Vico, furono con vicende alterne governatori fino al 1435 anno della morte dell’ultimo discendente. Dalla prima metà del 1300 furono anche Prefetti di Viterbo. Nel X secolo Pietro rivendicò come diritto ereditario la carica di Prefetto di Roma e fu a capo della rivolta contro Papa Giovanni XIII, al soglio dal 965 al 972. Nel 1138, un altro Pietro Di Vico, si alleò con l’Imperatore Federico Barbarossa e l’Antipapa Vittore IV contro Papa Innocenzo II, che fu Papa dal 1130 al 1143, alla fine però Pietro passò dalla parte del Papa ed ottenne oltre al risarcimento per i danni subiti dalla sua casa di Viterbo durante gli scontri avvenuti in città a causa di Arnaldo da Brescia ed anche per questo ottenne in cambio possedimenti e privilegi, e tra questi la conferma della carica di Prefetto, che il Papa Alessandro III al soglio dal 1159 al 1181 passò anche al figlio Giovanni I. Questi appoggiò il Papa Alessandro IV, al soglio dal 1254 al 1261, e vennero confermati anche al figlio Pietro IV da Papa Clemente IV, al soglio dal 1265 al 1268. Poi dal XIV secolo la famiglia tornò a parteggiare per l’Impero. In quel periodo a Viterbo vi erano continuamente delle lotte tra Guelfi e Ghibellini , i Ghibellini che erano per l’impero e tra questi i Di Vico appoggiarono i Tignosi, contro i Guelfi a favore del Papa della famiglia Gatti. Nel 1329 Faziolo Di Vico, figlio di Manfredo Di Vico, fu nominato Signore di Viterbo al posto di Silvestro de' Gatti, deposto dall'imperatore Ludovico IV. Il governo della città rimase saldamente nelle mani dei Di Vico anche dopo la morte di Faziolo, avvenuta nel 1338. Prese quindi il potere su Viterbo, il fratello Giovanni V Di Vico, il più illustre e spregiudicato della famiglia. Questi, approfittando della cattività avignonese, divenne Signore di Viterbo, Orvieto e Civitavecchia, riuscendo a governare su gran parte della Tuscia occupando militarmente Viterbo, Vetralla, Corneto, Bagnoregio, e Bolsena. La sua tirannia durerà sino all'intervento del cardinale Egidio Albornoz, uno dei Cardinali guerrieri che non esitarono a ricorrere alla spada per affermare il potere della Chiesa. Nel 1354 Giovanni Di Vico venne sconfitto. Si infranse così il suo progetto di creare un regno autonomo all'interno del Patrimonio di San Pietro. Dopo qualche tempo, quando papa Urbano V fece ritorno ad Avignone, Viterbo tornò nuovamente sotto i Di Vico. Quell'anno, infatti, Francesco riuscì a farsi proclamare Signore. Dopo la sua elezione fece abbattere la Rocca, simbolo del potere pontificio, ed incendiare lo Statuto comunale del 1251, emblema dei diritti dei cittadini viterbesi. Francesco Castelli di Vico fu ucciso l'8 maggio 1387 durante una sommossa popolare fomentata dal cardinale Tommaso Orsini. Viterbo fu retta per un breve periodo da Giovanni VI, padre di Francesco, fino a quando non venne ucciso anche lui, in un complotto nel 1392. Nel 1395 la città ed i suoi territori passarono nuovamente sotto il governo pontificio, ma la famiglia dei Castelli di Vico fu nuovamente protagonista delle lotte intestine che dilaniarono Viterbo e la Tuscia, fino a quando un altro Cardinale di ferro, Giovanni Maria Vitelleschi, con l'aiuto di Everso degli Anguillara, sconfisse e fece decapitare, nell'agosto del 1435, Giacomo, l'ultimo prefetto della famiglia, che si era alleato con i Colonna contro papa Eugenio IV al soglio dal 1431al 1447. Con lui si estinse il ramo principale della famiglia dei Castelli di Vico. Torre di Vico, via San Lorenzo,63, Viterbo, centro storico, è una torre medioevale, in conci di pietra e presenta un portale con mensole gotiche, le finestre sono su diversi livelli, fu una delle torri della potente famiglia di Vico che spadroneggiò a lungo nella Tuscia. Nel 1915 venne acquistata dalla famiglia Granelli, che tutt'ora la possiede, e nel 1956 la torre fu dichiarata dal Ministero della Pubblica Istruzione monumento d'interesse storico e artistico (in base alla legge n. 1080 del 1° giugno 1939) in quanto giudicata come recita il risultato della perizia ministeriale: totalmente conservata e di predominante valore storico-urbanistico. Palazzo di Vico, i cui prospetti sono tra via Sant’Antonio e via dei Pellegrini, Viterbo,centro storico, dell’originaria struttura risalente al Duecento o al Trecento poco rimane, nel XVI secolo l’edificio subì radicali rimaneggiamenti, e fu destinato sia a residenza signorile, che ad orfanotrofio, poi a caserma ed anche a sede di un istituto femminile. Di questo palazzo particolarmente interessanti sono gli elementi architettonici venuti casualmente alla luce una decina d’anni fa e recentemente oggetto di una parziale sistemazione. Si tratta di una pavimentazione quattrocentesca e del livello più basso del muro settentrionale dell’edificio, in blocchi di peperino, che presenta un’antica porta d’acceso, i resti di una fontanella e, soprattutto, gli avanzi di un imponente arco a tutto sesto murato, probabile componente di un loggiato della metà del Duecento. Un prospetto affaccia su via del Pellegrini, dopo la Chiesa del Gesù. Qui a via dei Pellegrini in alto sul muro sotto il tetto, si vede lo stemma della Famiglia Di Vico. La zona, di via Sant’Antonio, dove sorge questo palazzo , in antico fu abitata dagli etruschi, mentre durante il Medioevo fu palcoscenico dei feroci scontri tra guelfi e ghibellini, e durante la seconda Guerra Mondiale i sotterranei furono impiegati come rifugi antiarei. Nel 2006 si è dato l’avvio ad una indagine più approfondita di quest’area, che sarebbe dovuta diventare un parcheggio, ma durante gli scavi, furono trovate delle testimonianze e la zona è stata sottoposta a tutela archeologica. Da qui attraverso rilevamenti sofisticati si sono visti una serie di cunicoli che da via Sant’Antonio andavano verso piazza del Gesù per ricollegarsi poi ad altri punti della città. Prima dell’edificazione del Palazzo nel XIII secolo, da parte dei Vico, qui c’era una strada sotterranea scavata nel tufo ad opera degli Etruschi. Scavando, poi, sotto quattro metri di materiale di demolizione, è stato disseppellito un cortile esterno, un tempo pavimentato in peperino, adiacente al lato posteriore del palazzo e ad altre strutture. All’angolo sinistro è stata rinvenuta una lastra sulla quale vi è scolpita una testa di leone, con molta probabilità facente parte di una antica fontana. Inoltre è stato trovato anche un basamento circolare con 3 gradini in peperino che probabilmente era la base di una fontana monumentale di circa 6 metri che era in un luogo definito Platea Nova, una grande piazza, sede delle prime difese del Castrum Viterbii, demolita in epoca Medioevale in seguito agli scontri fra le fazioni cittadine ed i resti recuperati e riutilizzati in altre costruzioni. In questa zona che era il fulcro tra la vita amministrativa della città tra piazza San Silvestro oggi del Gesù, e la vita religiosa al colle del Duomo del complesso dei Papi, si innesta il palazzo dei Di Vico ch furono i Signor di Viterbo tra il XIV ed il XV secolo. Nel 2016 il Comune di Viterbo dette inizio ai lavori di valorizzazione ma nel 2020 nonostante gli evidenti restauri la zona versa in uno stato pietoso, piena di erbacce e sporcizia. Il palazzo venne edificato tra il duecento ed il trecento e si lega anche alla leggenda della Bella Galliana, che le cronache ricordano come Giovanni Di Vico, innamorato di questa bella donna viterbese, mosse il suo esercito contro Viterbo, pur di ottenere il suo amore, ma la donna fedele al marito rifiutò queste attenzioni, e mentre era affacciata ad una finestra di porta Faul venne uccisa da una freccia scagliata da un soldato di Giovanni Di Vico. Comunque, alla fine, la feroce dominazione dei Vico terminò nel 1319 ad opera di Silvestro Gatti. Dopo di che, questo antico palazzo venne demolito e ricostruito, fu sede dei frati padri della penitenza, fu poi gestito dal Cardinale Antonio Gabriele Severoli, che ne fece un istituto per orfani e per le donne in difficoltà, divenne Scuola della Divina Provvidenza, poi nel 1828, venne ceduto al Comune, e divenne sede di una caserma. Questo sito archeologico è visitabile solo nelle giornate del FAI. Possedimenti della famiglia Di Vico a Viterbo, aveva più di un immobile, in particolare ebbe un palazzetto tra via dei Pellegrini e via Sant’Antonio, ed una casa posseduta da Manfredi in contrada San Lorenzo. A Vetralla restano pochi resti del castello che la famiglia aveva, in posizione strategica come controllo della via Cassia. Scarse sono le notizie circa un castello che i Di Vico ebbero avuto presso il Lago di Vico che probabilmente fu distrutto nel 1365 per ordine del rettore Giordano Orsini, che aveva attaccato Giovanni Di Vico III. Il sepolcro dei Di Vico era nella chiesa di S. Maria in Gradi a Viterbo. Stemma dei Di Vico : il loro stemma ancora presente in alcuni edifici che appartennero alla famiglia, di parte ghibellina, era l'aquila imperiale al volo abbassato, accompagnata da sette torte o palle poste due ai cantoni del capo, due accanto alla testa, e tre in punta, i pani, erano il tributo a famiglia riscuoteva in epoca romana. Famiglia di Vico e i suoi possedimenti zona via San Lorenzo e via S. Antonio Viterbo
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