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PONTE ROTTO EX PONTE EMILIO INAGIBILE (ROMA)
detto anche pons Aemilius, ponte Senatorio, ponte Santa Maria, ponte Palatino, oggi ponte Rotto rione XII Ripa

Ponte Rotto ex ponte Emilio, inagibile, è davanti all'isola Tiberina, era detto anche ponte Emilio, ponte Senatorio, ponte Palatino, ponte di Santa Maria, oggi è il ponte Rotto. La zona, di fronte all'Isola Tiberina in antico aveva come passaggio un ponte, il ponte Emilio oggi chiamato ponte Rotto  in quanto ne sopravvive  solo l'arcata superiore, fu il primo ponte costruito in pietra e realizzato nel II secolo a.C.  Il ponte Emilio fu costruito nel 179 a.C. per unire il Foro Boario alla riva destra del Tevere, ed insieme al ponte Milvio erano i due ponti più importanti della Roma antica. Fu anche il primo ponte costruito in pietra e non in legno. Subì vari restauri nel corso dei secoli a causa dei vari crolli dovuti alle piene del Tevere, fu abbattuto definitivamente da una piena nel 1598 che ne fece crollare la metà della struttura da allora si è chiamato ponte Rotto In una fase iniziale si posero delle strutture in ferro sul ponte Emilio per renderlo agibile, finchè non fu smantellato il tutto, quando fu ultimato il ponte Palatino che ha una struttura in ferro. Ponte Rotto, o Emilio, fu costruito nel 179 a.C. La storia di questo ponte è strettamente collegata sia all'Isola Tiberina che al ponte Sublicio, la costruzione di questo ponte richiese 37 anni, il ponte di 6 arcate e 5 piloni,  immetteva direttamente al Foro Boario, la sua costruzione si rese necessaria in un'epoca in cui Roma stava diventando una grande potenza, e poi perchè il ponte Sublicio per la sua struttura lignea non era adatto al moltiplicarsi dei traffici, ed anche perchè i due ponti dell'Isola Tiberina il Fabricio e il Cestio non erano praticabili,  Livio ricorda che a Roma nel 193 a.C. ci fu una tremenda inondazione devastante e violenta che rovesciò due ponti ed edifici, sicuramente tra questi lo zoppicante ponte Sublicio, per cui la curia romana incaricò nel 179 a.C. i due censori Marco Emilio Lepido e Marco Fulvio Nobiliore di occuparsi della costruzione di un nuovo ponte e della ristrutturazione del portus Tiberinus, che si trovava dove oggi ci sono gli uffici dell'Anagrafe a lungotevere dei Pierleoni. Tra le testimonianze di ponte Rotto, vi fu un restauro ed una iscrizione di Augusto del 12 a.C. Il ponte di Emilio Lepido fu anche chiamato dai romani il ponte di lapidi, per la sua struttura in marmo. Nel'VIII secolo il ponte Emilio, oggi Rotto, veniva chiamato anche maggiore, citato in un itinerario che lo consigliava per arrivare alla chiesa di San Giorgio al Velabro e al Palatino, per cui a quella data era ancora agibile, poi notizie sul ponte riaffiorano nel "Mirabilia" del 1144 d.C., con il nome di pons Senatorum, o ponte Senatorio, per cui il ponte era stato certamente restaurato e reso di nuovo transitabile. Poi la struttura venne seriamente compromessa dalla piena del 1 febbraio 1230, e l'allora Papa Gregorio IX vi pose immediato riparo, il ponte si chiamava a quel tempo ponte Santa Maria. Nel 1 febbraio del 1230, l'alluvione fu davvero disastrosa e catastrofica, l'acqua invase a destra la città Leonina e a sinistra gran parte del Campo Marzio, con crolli di edifici tra cui il crollo del ponte S. Maria (oggi ponte Rotto, probabilmente questo nome nuovo derivava da un restauro ricordato da una epigrafe o da una immagine dedicata alla Vergine Maria, o per via di una cappelletta posta a metà del ponte dedicata alla Vergine e voluta da Papa Giulio III. Nel 1422 ci fu a Roma un'altra disastrosa alluvione, ricordata da una lapide che si trova sulla facciata della chiesa della Minerva che ricorda come papa Martino V, Oddone Colonna, nel 1426 spese somme notevoli per il restauro, che nuovamente venne rifatto nel 1450 da Papa Nicolò V, in occasione dell'Anno Santo. In occasione poi, del Giubileo del 1450, Papa Paolo III dovette di nuovo impegnarsi ad un nuovo restauro, dato che il ponte aveva due archi pericolanti, ed in vista della folla dei pellegrini che sarebbero arrivati a Roma si voleva evitarne il crollo e pericolo per le persone, come era avvenuto per ponte Sant'Angelo, dove 100 anni prima erano morte 300 persone. Ovviamente a Roma le opere edilizie gravavano sul popolo con l'imposizione di nuove tasse, il Papa Paolo III voleva che le opere di rifacimento del ponte S. Maria fossero tutte a spese del Comune, ma causa della carestia, il curatore del ponte chiese al Papa una dilazione, nell'esigere denaro dal popolo, già stremato, ed ottenuta, descrisse al Papa quali sarebbero state le opere di intervento sul ponte e chiese che l'opera di restauro venisse affidata a Michelangelo. Vennero quindi avviati i lavori di consolidamento del pilone pericolante sulla riva sinistra che furono diretti da Michelangelo, ma i lavori procedettero a rilento e l'opera alla morte del Papa nel 1449 non era ancora finita. Allora il nuovo Papa Giulio III sollevò Michelangelo dal'incarico, (lo sappiamo da un racconto del Vasari), che era in età e gravato da troppi impegni, e l'opera di completamento dei lavori fu affidata a Nanni di Baccio Bigio (Giovanni Lippi), con un contratto stilato il 3 luglio del 1551, ma sempre come racconta il Vasari, Nanni non fece le fortificazioni dovute, speculò sui lavori, sottrasse travertino dal ponte, tanto che 6 anni dopo, con la piena del  1557 il ponte rovinò definitivamente. Roma rimase cosi senza un ponte importante, si resero difficili i traffici con il porto di Ripa Grande, e con le due sponde, e i romani per potersi avviare in Toscana al di là del Gianicolo oltre la porta San Pancrazio dovevano fare un giro enorme, per cui il 3 Luglio del 1561 nel'aula consiliare sul Campidoglio, il curatore informò che Papa Pio IV era intenzionato a ripristinare il ponte S. Maria, ma con poche spese, in legno, e che di nuovo bisognava imporre tasse al popolo per l'opera. Da dire che su i rifacimenti a Roma, delle mura, dei ponti e dei porti, c'era da sempre la lite tra il Laterano prima e il Vaticano dopo con il Campidoglio, su chi dovesse avere l'onere delle spese, ma alla fine l'aveva sempre meglio il potere religioso (senza nemmeno dirlo !). Le due autorità si contendevano il potere di giurisdizione sulle opere di Roma, la Camera Apostolica era proprietaria dei beni ma le spese doveva pagarle il Comune e il popolo di Roma. Il nuovo Anno Santo del 1575 era alle porte e ponte S. Maria doveva essere ripristinato, se ne occupò Papa Gregorio XIII Boncompagni, e l'opera fu affidata a Matteo Bartolani da Città di Castello, che ripristinò il ponte come era in origine con 6 archi e 5 piloni. Il 27 giugno del 1573 venne posta la prima pietra, alla presenza di Papa Gregorio XIII, venne poi apposta una lapide a testimonianza del lavoro che recitava : "per volere di Gregorio XIII P.M. il Comune di Roma nell'Anno Giubilare del 1575 restituì alla primitiva fortezza e bellezza il ponte Senatorio, i cui fornici caduti per l'antichità e già in precedenza restaurati l'impeto del fiume aveva nuovamente abbattuti" Come dire che Papa Gregorio XIII concedesse la giurisdizione al Comune di Roma di questo ponte che da S. Maria si chiamò nuovamente Senatorio, di nuovo il ponte fu agibile e di nuovo vi si attraccarono i Molini con grave pericolo, perchè ostruivano la viabilità delle acque del Tevere. Nel 1570 con l''apertura dell'Acquedotto di Trevi venne ripristinata l'acqua Vergine a Roma, che si rivelò appena sufficiente per Campo Marzio, la zona di Trastevere da 1000 anni era abituata ad essere senza acqua, il Vaticano traeva acqua da pozzi locali,  per cui sempre al tempo di Papa Gregorio XIII, si procedette al ripristino dell'antico acquedotto Alessandrino, morto il papa, il nuovo pontefice Sisto V Felice Peretti, si attivò affichè l'acqua arrivasse presto a Roma, il nuovo acquedotto venne realizzato in una immensa villa all'Esquilino, di cui non abbiamo più nessuna traccia, (villa Montaldo), e l'acqua detta Felice, doveva servire i colli Esquilino, Quirinale e Viminale, ed essere trasbordata anche nella zona di Trastevere, pertanto nel 1596 sotto la direzione di Giacomo della Porta, la conduttura fu posta sotto la pavimentazione del ponte Senatorio, fu eretta la fontana nella piazza di Santa Maria a Trastevere e da qui stavano appena iniziando i collegamenti per portare acqua nelle case che nella notte del Natale del 1598 il Tevere in un biblico diluvio sommerse ogni cosa, tra queste il ponte Senatorio e la condotta dell'Acqua Felice, dei 6 archi ne rimasero in piedi solo 3, aggrappati alla riva del Tevere. Da allora il ponte rimase come era e nessun papa se ne occupò più. Per l'acqua ai Trasteverini, venne riattivato da Papa Paolo V l'acquedotto Traiano tra il 1610-12 al Gianicolo e quindi ebbero l'Acqua Paola. Quindi il Ponte dopo gli appellativi di Lepido, Palatino, Maggiore, Senatorio Santa Maria, rimase per sempre ponte Rotto. Nel 1853 per renderlo di nuovo transitabile si fece ricorso ad una pensilina metallica, poi nel 1887 si arrivò alla sua sistemazione definitiva, per opera dell'ingegner Canevari, vennero abbattute tutte le parti che impedivano il normale deflusso delle acque del Tevere, se ne lasciò un solo arco su due piloni ornati da un drago, a ricordo, e poco più avanti venne eretto il ponte Palatino. Con l'unità d'Italia vennero anche sgombrati tutti i molini  sul Tevere ed iniziarono le opere dei muraglioni del Tevere, che danni archeologici a parte, finalmente evitarono le inondazioni dentro la città di Roma, che per tanti secoli avevano seminato distruzione, morte e pestilenze.

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