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Chiesa e monastero  della Visitazione, detta anche delle Duchesse, che la fondarono, via San Pietro, Viterbo, qui è conservata la salma della Santa Maria Benedetta Frey, che dedicò tutta la sua vita al Signore. Qui è conservata una statua di Gesù banbino cara alla santa,  mentre un piccolo quadro sempre raffigurante Gesù bambino, la Santa lo diede a Don Orione che le fece vista ed oggi si trova a Roma.

Chiesa della Visitazione

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Chiesa Monastero della Visitazione

Chiesa e Monastero di Santa Maria della Visitazione o della Duchessa, via San Pietro, Viterbo centro storico, questa chiesa è nota anche come chiesa della Duchessa o delle Duchesse. Per l’edificazione di questa chiesa venne demolita la precedente chiesa di San Bartolomeo. La ex Chiesa di san Bartolomeo, viene menzionata per la prima volta in una Bolla del 3 Aprile 1142, era soggetta alla Cattedrale di San Lorenzo  (1181), in seguito, nel 1236, è detta parrocchia. In questa chiesa si celebrava la Festa di santa Lucia e di sant’Eligio da parte dei protetti, ossia gli argentieri, gli orafi, i calderai ed i fabbri di Viterbo.   L’attuale chiesa fu fondata nel 1500 dai Cistercensi. Verso il 1550 la duchessa di Parma e Piacenza Girolama Orsini Farnese, moglie del defunto Pier Luigi Farnese, duca di Castro e di Parma, venne a Viterbo per fondare, su licenza di Papa Paolo IV, un monastero di clausura, al fine di ospitare le monache dell’Ordine di san Benedetto. La duchessa, con il contributo finanziario del Comune di Toscanella,  oggi Tuscania,  acquistò case ed orti, compresa l’area occupata dall’antico Palazzo del cardinale Raniero Capocci, poi degli Spreca, confinante con la Chiesa di san Bartolomeo. Dell’antico palazzo sono rimaste solo due finestre a bifora, murate, sovrastanti un ampio arco, anch'esso murato. Successivamente alla Duchessa nel 1556 venne venduta l’acqua, già di pertinenza dell’Ospedale di san Sisto, e in quell’occasione fu eseguita una conduttura per l’uso del monastero. Papa Paolo IV, Carafa, il 1° Gennaio 1557 emise un Breve che autorizzava Girolama Orsini Farnese ad istituire il monastero, che prese il nome della Visitazione. Le prime converse che abitarono il cenobio furono venticinque, provenienti dal territorio di Castro, ma le suore Benedettine, per la conduzione del monastero, non si erano rese disponibili, allora vennero chiamate le monache Cistercensi dal Convento di san Donato in Polverosa a nord di Firenze, le quali vi presero sede il 31 Ottobre 1557 e tuttora lo detengono. Questo monastero ospitò fanciulle provenienti da nobili famiglie, pertanto la dotazione degli arredi era assai cospicua. Nel 1557 la Chiesa di san Bartolomeo perse il titolo di parrocchia e venne unita a quella di san Pellegrino ed è del 1558 la citazione del Monastero della Visitazione sotto il titolo di santa Elisabetta. Ma, pochi anni dopo, nel 1562, la duchessa decise di trasferire il monastero, venne allora manifestata una supplica verso la stessa, affinché rinunciasse a tale progetto. Nonostante ciò, il 26 Marzo 1566, per volontà della duchessa, venne chiuso il monastero e fu trasferito a Castro, ove rimase sino all’11 Luglio 1574, dopo di che  ritornò a Viterbo nella sede abbandonata. Nello stesso anno il cardinal de Gambara confermò l’unione della Parrocchia di san Bartolomeo a quella di san Pellegrino e concesse, per ampliare lo spazio disponibile, la chiusura del vicolo che passava tra il Monastero e la Chiesa di san Bartolomeo, acquistando anche alcune piccole case. Nel 1575 la chiesa era officiata dalla Confraternita dello Spirito santo e Trinità. Nel 1607  fu posta la prima pietra per la costruzione della attuale chiesa, fu deciso, infatti, di abbattere la vecchia Chiesa di san Bartolomeo per costruirne una più funzionale, la nuova fu dedicata alla Visitazione della beata Vergine Maria, anche il Comune di Viterbo contribuì alle spese. La chiesa fu chiamata anche della Duchessa a ricordo di  Girolama Orsini Farnese. La nuova chiesa venne consacrata nel 1614 dal cardinale Tiberio Muti, vescovo di Viterbo. La chiesa, a seguito di altri ed importanti lavori, nel 1730, fu consacrata di nuovo dal vescovo Adriano Sermattei. Altri interventi furono eseguiti negli anni 1867 - 1870 e nel 1877. Dopo l’Unità d’Italia, vi erano nella chiesa, un quadro della Visitazione posto sull’altare maggiore, un quadro con la Trinità, San Benedetto e San Bernardo sul soffitto di Anton Angelo Falaschi, creduti del Cavarozzi. Un altro quadro raffigurante il martirio di San Bartolomeo, della pittrice romana Varchiani. I pericoli di confisca da parte dello Stato Italiano,  vennero sospesi finchè fosse in vita Donna Benedetta Frey, la quale si attivò per ricevere elemosine e riscattare il Monastero, tra i donanti anche la Regina Margherita di Savoia, oltre ai viterbesi. Nel 1909 il monastero passò di proprietà alle monache di clausura. La facciata, è molto semplice, quasi priva di decorazioni, caratterizzata da lesene in peperino, termina a cuspide ed è ricca di festoni floreali e di gigli dei Farnese. Interessante è anche il portale d’ingresso in peperino, del secolo XVII, sul quale è un cherubino con la colomba, simbolo dello Spirito santo. In un ovale sull’alto sono, la scritta Visitationi / Virginis / deiparae e una finestra quadrata che si apre sopra ad un semiarco in peperino.  L’interno è ad una unica navata con 3 altari, uno per ogni lato, vi sono due piccole cappelle ai lati del presbiterio, un abside ed una volta a botte. Ci sono opere risalenti al 1700, altri dipinti sono all’interno del monastero di clausura. Presenta un soffitto a cassettoni ravvivato dai colori grigio, blu, rosso ed oro, con stucchi e dorature, eseguito tra il  1672 e il 1673 da Giovan Battista Magni di Modena; al centro è un quadro su tela raffigurante la Trinità con san Benedetto e san Bernardo, opera del concittadino Anton Angelo Falaschi, che Andrea Scriattoli data 1745, ma che più propriamente fu eseguita nel 1758. Vi sono anche stemmi di varie famiglie nobili, tra queste dei Chigi, della Rovere, dei Bussi, dei Farnese, degli Orsini, dei Mastai Ferretti (Pio IX), dei Brancaccio. Sopra all’ingresso è la cantoria in legno del ‘600 con gradevoli ornamenti e dorature, e la memoria su pietra della consacrazione della chiesa avvenuta nel 1614 da parte del vescovo Tiberio Muti. A destra, sul primo altare, è la pala con il Martirio di san Bartolomeo, copia dal Guercino eseguita nel 1774 dalla pittrice romana Annunziata Verchiani, la quale aveva qui una sorella suora. Oltre è un altro dipinto sull’Altare dei santi Bernardo e Benedetto con la Madonna ed il Bambino con san Benedetto e san Bernardo opera del 1758 - 1759 di Anton Angelo Falaschi (1701 - 1768), qualcuno lo attribuisce erroneamente al viterbese Bartolomeo Cavarozzi (1585 - 1650). Il Falaschi eseguì le due opere, sopra citate, con la condizione che il compenso, che lo stesso avrebbe dovuto ricevere dalle suore, doveva andare, quale dote, alla figlia Maddalena per il suo ingresso in monastero. Di seguito è l’urna con i resti del corpo di san Crescenziano martire, protettore di Viterbo, insieme a Santa Rosa, donati da papa Gregorio XVI. Dal 2001 si può ammirare la statua circondata tra vari ex voto d’argento appesi alle pareti. Il corpo del Santo giunse a Viterbo il 9 Settembre 1833 e, con una gran festa. L’altare a lui dedicato fu restaurato nel 1863 e in quell’occasione il corpo, fu ricollocato nell’urna. Nella parete di fondo sono due matronei, a destra è la cappella ove è conservato il Bambino di cera, appartenuto a suor Maria Benedetta Frey (1836 - 1913), ivi sepolta, come dice l’epigrafe marmorea murata sopra l’ingresso, in: In quest’edicola / ai piedi del Bambino Gesù / che tanto venerava ed amava / riposa nella pace eterna / donna Maria Benedetta / monaca professa cistercense / al secolo Penelope Frey / che per cinquantadue anni / giacendo inferma / pur fra gli spasimi del corpo dolorante ed inerte / fu esempio ammirabile eroico / di pietà di carità / di rassegnazione cristiana / nacque in Roma il 6 Marzo 1836 / morì in Viterbo / onorata e rimpianta / il 10 Maggio 1913.  L’altare di questa cappella conserva la miracolosa immagine del Bambino Gesù, che è una statua in cera, risalente al XVIII secolo, verso la quale la Frey era molto devota.  Le fu donata da certi coniugi romani, e si racconta che la statua era stata loro rubata per depredarla dei preziosi che l’ornavano. Miracolo volle che la stessa, dopo addirittura sedici anni, fosse ritrovata sul tetto della casa dove era stata rubata, senza aver subito alcun danno. Più in alto c’è lo stemma del  vescovo di Viterbo, cardinale Luigi Serafini (1870 - 1880). Sull’altare maggiore  vi è un bel Crocifisso seicentesco. Ancora più in alto è un grande stemma: partito, dorato, al 1° interziato in palo, è lo stemma dei Farnese, ed al 2° partito è, al 1°, lo stemma Orsini ed al 2° un leone rampante. Per la Festa dell’Ascensione nel monastero fu costruita una scala apposita. Subito dopo l’altare maggiore vi è un ingresso con sopra l’epigrafe del 1661 che ricorda Maura Giacinta Bussi, sopra l’epigrafe è lo stemma: semispaccato e partito, con il monte dalle sei cime sormontato da una stella di otto raggi (Chigi) la rovere sradicata con i rami passanti in doppia croce di sant’Andrea (della Rovere) ed infine con gli occhi (Bussi). Sulla parete seguente è sull’altare il bel quadro riproducente la Visitazione di Maria Vergine a santa Elisabetta, opera attribuita al viterbese Filippo Caparozzi. Sull’altare vi è un’ altra tela con la Sacra Famiglia con angeli in gloria e Pio IX con il Bambino, sostenuto da san Giuseppe, e con a sinistra la Madonna, in basso è Papa Pio IX orante. Ai lati 8 piccoli quadri, che rappresentano momenti della vita di san Giuseppe. Sull’altare  verso l’ingresso, c’è la statua di santa Teresa del Bambin Gesù. Sopra la porta di ingresso alla chiesa c’è anche un organo con gli stemmi dei Farnese, i gigli, e dei Muti.Il chiostro presenta, infatti delle snelle colonne anteposte a pilastri con pianta quadrata. Sovrasta il tutto un ampio balcone con il parapetto a colonnine in peperino. Nel chiostro del Convento della Visitazione c’è anche una fontana della seconda metà del XVI secolo. La vasca circolare con parapetto assai basso, una ventina di centimetri circa, con largo bordo piatto cordonato nella circonferenza interna, è circondata da un gradino decagonale. Un balaustro centrale sostiene una coppa baccellata da cui fuoriusciva acqua da quattro bocchettoni a forma di stella ad otto raggi. Protetta dal portico è scolpita Benedetta Frey sul letto di morte, opera in peperino del 1913 di Luigi Anselmi. Il monastero non è aperto al pubblico per il vincolo della clausura, in esso è il quadro san Michele arcangelo, santa Sabina e san Lorenzo di Anton Angelo Falaschi (1701 - 1768). Nel refettorio del monastero è un affresco raffigurante l’Ultima cena, opera di Anton Angelo Falaschi.

Suor Maria Benedetta Frey

Suor Maria Benedetta Frey

Suor Maria Benedetta Frey (1836 - 1913), sepolta nella chiesa della Visitazione, via San Pietro, Viterbo, come dice l’epigrafe marmorea murata sopra l’ingresso, in: In quest’edicola / ai piedi del Bambino Gesù / che tanto venerava ed amava / riposa nella pace eterna / donna Maria Benedetta / monaca professa cistercense / al secolo Penelope Frey / che per cinquantadue anni / giacendo inferma / pur fra gli spasimi del corpo dolorante ed inerte / fu esempio ammirabile eroico / di pietà di carità / di rassegnazione cristiana / nacque in Roma il 6 Marzo 1836 / morì in Viterbo / onorata e rimpianta / il 10 Maggio 1913 Suor Maria Benedetta Frey, fu una monaca cistercense, appartenente al Monastero della Visitazione via San Pietro, a Viterbo, nacque a Roma il 6 marzo 1836, dai coniugi Luigi Frey e Maria Giannotti; fu battezzata con il nome di Penelope. Aveva appena due anni quando la mamma morì di parto per la nascita del fratello. Il padre non si rassegnò alla perdita della moglie e partì per un luogo lontano, affidando le due figlie Ernesta la più grande e Penelope, alle cure della nonna Geltrude e della zia Margherita Ridolfi. Benedetta fin dalla prima infanzia dimostrò di avere una intelligenza sviluppata ed una spiccata inclinazione alla pietà e alla virtù; di carattere allegro e vivace. Già da bambina pensava di farsi monaca, ma la chiamata di Dio si è fatta più chiara dagli 11 ai 17 anni. Penelope trascorse 6 anni in un istituto dove, perfezionò la sua vita spirituale, progredì nello studio e diventò espertissima in ogni genere di lavoro femminile; si specializzò nella confezione di fiori artificiali. Lo studio prediletto fu la musica. All’età di 20 anni decise di farsi monaca. Superò la difficoltà consistente nella dote richiesta dalle costituzioni dell’ordine religioso, chiedendo la dispensa della Santa Sede. Indossò l’abito religioso il 21 luglio 1857, all’età di 21 anni, e prese come nome religioso Maria Benedetta Giuseppa. La professione religiosa fu celebrata il 12 luglio 1858. Dopo una lunga malattia e una vita santa, morì a Viterbo il 10 maggio 1913. Visse 52 anni di apostolato nel martirio, Suor Benedetta è vissuta a Viterbo, immobilizzata da una lunga malattia, per ben 52 anni. È stata infatti una paralisi a costringerla ad una lunga degenza a letto luogo ininterrotto della sua unione con Dio e del suo apostolato vissuto nel martirio.Ha sofferto di acuti dolori al capo che le impedivano di poterlo appoggiare sui guanciali e non potendolo neppure tenere eretto a causa della paralisi alla spina dorsale, tendeva a cadere in avanti e a raggomitolarsi sul petto. Il letto era un’accozzaglia di guanciali. A questa malattia si aggiungevano poi altri fattori, che la tormentavano periodicamente: frequenti raffreddori; tosse tormentosa, che diventava spasmodica per le scosse che procurava a tutto il corpo bisognoso d’immobilità; dolori acutissimi alla spina dorsale; nausea e dolori viscerali. Frequenti bronchiti e polmoniti l’hanno ridotta più volte in fin di vita; all’inizio della sua malattia è stata tormentata anche dal “mal della lupa” (una fame canina, che non si saziava mai). Negli ultimi anni della sua vita ha sofferto a causa di un tumore viscerale. Al di là delle sofferenze fisiche ha sofferto il suo stato d’animo come rivelano alcune lettere dei suoi accompagnanti spirituali: privazione delle pratiche di pietà; tentazioni e suggestioni diaboliche: dubbi di fede sulla misericordia di Dio, sull’inutilità delle sue sofferenze, scrupoli sulla vita passata; timori di illusioni. Nella copertina del suo libretto di preghiera, ha scritto: “Signore vi offro tutto ciò che farò in questo giorno, ma specialmente tutte le pene e i dolori che soffrirò. Voi però donatemi una pazienza invitta e una rassegnazione costante. E qualora possa essere per la  maggior santificazione dell’anima mia e per vantaggio del mio monastero, vi prego, per intercessione di Maria SS. Sotto il titolo di “Salute degli infermi”, di restituirmi la sanità. Maria, madre mia, pregate per me. Gesù mio, fatemi santa e datemi la vostra grazia per diventarlo. Maria, madre di Salute, pregate per me, per la mia sanità, se è nel volere di Dio. “Ella attirava anime a Dio soltanto con la sua preghiera, ma più ancora col suo prolungato martirio sofferto nella più perfetta rassegnazione” .Ha accolto la sua malattia come una missione da compiere e “diceva che il Signore l’aveva destinata per questa missione, e perciò le aveva lasciata libera la mano destra, la parola e gli occhi” . Ai funerali partecipò una folla immensa. Tra le lettere di condoglianze pervenute al monastero c’è anche una dal nostro Fondatore scritta da Tortona: “Nei passati  giorni, pensando alla morte di questa umile Serva di Dio, sentivo in me un grande desiderio di trovarmici e di accompagnare il corpo che con tanta pazienza servì nei dolori  della lunga malattia il Suo e Nostro Signore… poiché non mi è stato possibile, di qui l’accompagno le ho applicato la Messa, benché intimamente vi confesso che già la credo nella gloria delle sante Vergini. E confido proprio di avere in Paradiso una nuova Protettrice che pregherà per me e per tutti i miei figlioli e per questa piccola Opera della Provvidenza che è piaciuto a Nostro Signore di tenere su, malgrado i miei peccati”. (L’Osservatore Romano lunedì – martedì 16 – 17 maggio 1994 p. 4). La monaca è stata sepolta nel cimitero di Viterbo, posteriormente è stata esumata e il suo corpo trovato incorrotto; è stato trasportato nella cappella dove si venera l’immagine di Gesù Bambino, la stessa che prima della sua morte era venerata nella camera, che ormai era divenuta una cappella. Don Orione ha avuto l’occasione di recarsi in visita alla Frey e si è mantenuto in relazione epistolare con Lei instaurando un rapporto di fiducia e comprensione reciproca. La prima visita al monastero di Viterbo, di cui Don Orione parla, avvenne verso gli inizi di aprile del 1912. “Sono stato a Messina al tempo del terremoto, Al ritorno ero mortificato e stanco; e andai a trovare quella santa monaca, Suor Benedetta Frey, che appena mi vide, mi disse: ‘Non ci vuole mica della malinconia. Bisogna essere degli stracci nelle mani di Dio”. Don Orione stava pensando ad una nuova famiglia di suore, le chiese un consiglio in merito. La Serva di Dio si fece dare uno straccio e avutolo lo strapazzò un poco tra le mani e disse a Don Orione di essere come uno straccio nelle mani del Signore e di lasciarsi condurre dalla Divina Provvidenza. Aggiunse ancora: “quando Lei fonderà una Congregazione di religiose, dica loro che dovranno essere come stracci”. Don Orione dice che da quel giorno è stato perseguitato dall’idea di fondare una congregazione femminile (Don Orione alle Piccole Suore Missionarie della Carità, p. 24). “Debbono essere umili come stracci, debbono essere come il pannolino che terge le lacrime dei poveri, dei diseredati, degli afflitti” (ibidem).In quella stessa occasione sollecitò Don Orione affinché facesse conoscere a Sua Santità Papa Pio X, che nell’aprile de 1913 si trovava ammalato, che Lei aveva offerto la sua per ottenere il prolungamento della vita del Pontefice. Il Papa veramente si è ristabilito presto e Maria Benedetta, dopo pochi giorni si è aggravata improvvisamente e la sera del 10 maggio 1913 ha lasciato la vita terrena, subito dopo uno sguardo rivolto verso l’alto ha chiuso gli occhi, ha emesso un lievissimo gemito, è spirata con un dolce sorriso. Lei aveva predetto più volte che sarebbe morta all’età di 77 anni, e così è avvenuto.

Bambino Gesù miracoloso

.bambino gesù miracoloso chiesa della visitazione via san pietro viterbo info foto anna zelli

Immagine miracolosa di Gesù bambino e Don Orione, Don Orione come ebbe notizia di tante prodigiose conversioni, che si stavano operando per mezzo di un quadretto raffigurante il Bambino Gesù e appartenente alla Benedetta Frey chiese e ottenne di poterlo avere a sua disposizione, almeno per qualche mese, per farla pervenire in quelle case, ove si desiderava qualche conversione. Don Orione non poteva, sin dall’inizio della sua Opera, non avvertire la mancanza di questa presenza, caldamente materna, santamente amorosa della donna; fu mosso, anche da segni non ordinari, a provvedere di suore le proprie case. Egli tardò nella sua decisione perché volle attendere l’ora di Dio, la chiara manifestazione della sua santa volontà: nulla intendeva fare di affrettato, di arbitrario, di impulsivo. Soltanto nel 1912 – 13, dopo l’incontro con la Frey, Don Orione dirà: “Da quel giorno fui perseguitato dall’idea di fondare una congregazione femminile” e ancora: “sono stato a Messina al tempo del terremoto, e, vedere ironia delle cose!, mi avevano messo a fare da Vicario generale; al ritorno da Roma a Messina ero mortificato e stanco; e andai a Viterbo a trovare quella santa monaca, Suor Benedetta Frey, che, appena mi vide me disse: - non ci vuol mica della malinconia: bisogna essere degli stracci nelle mani di Dio!”  “Don Orione, dal punto di vista dello “straccio” vede il delinearsi e definirsi della vita religiosa della sua Congregazione, ne indica le condizioni e le garanzie e lo spirito per appartenervi e operarvi” (Spiritualità della suora orionina nel contesto della parola “straccio”, p. 33). Lui, ha scelto questa parola ed anche il termine “straccione” per esprimere tutto quello che egli intendeva fossero i Figli della Divina Provvidenza e le Piccole Suore Missionarie della Carità in ogni circostanza e occasione; tante volte con il significato di “abbandono nelle mani del Signore come ‘stracci’” (L 6-12-1914). “nelle mani della Divina Provvidenza (L 18-11-1920); … stracci della Santa Chiesa, del Papa e dei Vescovi (L II 8) essere e stare come stracci, piccoli, umili, fedeli e abbandonati nelle mani e ai piedi del Papa e dei Vescovi (L II 195). La spiritualità dello “straccio” significa imparare dal Servo Sofferente e dalla Schiava del signore tutte le virtù che sono chiamati ad avere una religiosa o un sacerdote o meglio un figlio / a del Beato Luigi Orione; questa riunisce in sé ogni virtù cristiana: dall’accettazione con gioia alla carità, ed anche la fraternità, l’umiltà, la sincerità, l’apertura agli altri, la serenità d’animo e di volto e avanti in Domino! (Cfr. L I 349). Nella vita della serva di Dio, Benedetta Frey, occupa un posto particolare un’immagine in cera di Gesù Bambino in fasce, con il corpicino ricoperto da un drappo di seta adornato di preziosi gioielli; che le era stata donata da una coppia di nobili romani, al momento del suo ingresso in convento. L’immagine di Gesù Bambino era venerata nella piccola cappella di casa di due nobili coniugi romani; un giorno è stata rubata e spogliata di tutti i gioielli e lasciata sul tetto della casa, dove è rimasta circa 16 anni, esposta a tutte le intemperie, fino a quando dei muratori mentre stavano riparando il tetto, la trovarono e la consegnarono ai padroni. Questa è stata trovata in stato di perfetta conservazione, e ciò si è considerato come un fatto prodigioso. I proprietari del Bambino Gesù di età avanzata, non avendo eredi, hanno lasciato l’immagine alla Frey, la quale l’ha portata con sé, come l’oggetto più prezioso, quando entrò nel monastero della Visitazione a Viterbo per farsi monaca Cistercense. Questa sacra immagine fu oggetto di grande venerazione da parte di tutti coloro che hanno conosciuto Suor Benedetta Frey; lei rivolgeva sempre al Bambino fervide suppliche perché concedesse le grazie che la gente continuamente le domandava. Tante furono le preghiere esaudite, ma quando qualcuno voleva attribuire il merito di una grazia ricevuta a Suor Benedetta, lei rispondeva sempre di ringraziare il Santo Bambino. Benedetta era convinta che tali grazie si sarebbero moltiplicate se l’immagine avesse potuto peregrinare nelle case di tutti coloro che avevano bisogno di aiuto, ma non potendo mandare in giro quell’immagine, che era di dimensioni notevoli ed era custodita in una teca di vetro, decise allora di “servirsi” di un’altra,  stampata su carta alta circa 20 cm, rappresentava Gesù come Buon Pastore con una pecorella sulle spalle, ed era racchiusa in un armadietto di legno intagliato. Subito iniziò a peregrinare: dapprima a Viterbo e nelle zone vicine, e poi per varie città d’Italia. Don Orione, che aveva conosciuto Suor Maria Benedetta e a lei aveva chiesto consiglio per la fondazione di Suore; venuto a conoscenza delle tante prodigiose conversioni attribuite a quell’immagine, chiese ed ottenne di poterla avere a disposizione per qualche mese. Il 16 giugno del 1913, Don Orione scriveva da Tortona alla Badessa del convento della Duchessa: “Io sottoscritto… dichiaro che il quadretto datomi da D.na Maria Benedetta il 20 aprile 1913, perché lo portassi in giro a rubare e conquistare anime, non è mia proprietà, ma esso appartiene e apparterrà sempre al monastero della Duchess e mi ritenni disposto a restituirlo ogni volta che mi verrà richiesto dalle Rev.da monache. Il bambino ora si trova a Roma, ma poi comincerà a viaggiare con me, e verrà in Sicilia, in Calabria, e poi forse anche in alta Italia. Ora è presso un ammalato”. A quest’immagine Suor Maria Benedetta diede il nome “Girandolone”, per il suo continuo peregrinare; così continuò a chiamarlo Don Orione e così lo chiamano ancora i Figli della Divina Provvidenza. Suor Benedetta morì cinque giorni dopo aver consegnato l’immagine a Don Orione, il quale continuò a servirsene, facendola appunto “girare” continuamente.

(Bibl: Don Flavio Peloso https://messaggidonorione.it/articolo.asp?ID=1378)

Chiesa della Visitazione via San Pietro Viterbo centro Storico di Viterbo

ex chiesa della visitazione via san pietro viterbo info e foto anna zelli

Chiesa Monastero della Visitazione, via San Pietro, info e foto Anna Zelli Chiese di Viterbo

ex chiesa e monastero san bartolomeo o della visitazione o delle duchesse via san pietro viterbo info e foto

Chiesa Monastero della Visitazione, via San Pietro, info e foto Anna Zelli Chiese di Viterbo

Campanile chiesa della Visitazione via San Pietro Viterbo

campanile chiesa e monastero della visitazione via san pietro viterbo centro info e foto anna zelli

Chiesa Monastero della Visitazione, via San Pietro, info e foto Anna Zelli - Campanili di Viterbo

Stemma Chiesa e Monastero della Visitazione via San Pietro Viterbo centro storico

stemma chiesa e monastero della visitazione via san pietro viterbo info e foto anna zelli

Chiesa Monastero della Visitazione, via San Pietro, info e foto Anna Zelli - Stemmi a Viterbo

Gradini accesso alla Chiesa e Monastero della Visitazione via San Pietro Viterbo

gradini di accesso alla chiesa e monastero della visitazione via san pietro viterbo info e foto anna zelli

Chiesa Monastero della Visitazione, via San Pietro, info e foto Anna Zelli - Scalinate Viterbo

Santa Suor Maria Benedetta Frey sepolta Chiesa della Visitazione Viterbo

Santa Maria Benedetta Frey viterbo vita opere storia

Suor Maria Benedetta Frey, Viterbo - Santi a Viterbo

Bambino Gesù miracoloso Chiesa e monastero della Visitazione via San Pietro Viterbo

bambino gesù miracoloso chiesa della visitazione via san pietro viterbo info foto anna zelli

Chiesa e monastero della Visitazione o delle Duchesse, via San Pietro Viterbo, Chiese di Viterbo

Interno Chiesa della Visitazione o delle Duchesse via San Pietro Viterbo

interno chiesa della visitazione o delle duchesse via san pietro viterbo info foto anna zelli

Interno Chiesa e monastero della Visitazione o delle Duchesse, via San Pietro Viterbo

interno chiesa della visitazione o delle duchesse via san pietro viterbo info foto anna zelli

Interno Chiesa e monastero della Visitazione o delle Duchesse, via San Pietro Viterbo

interno chiesa della visitazione o delle duchesse via san pietro viterbo info foto anna zelli

Interno Chiesa e monastero della Visitazione o delle Duchesse, via San Pietro Viterbo

interno chiesa della visitazione o delle duchesse via san pietro viterbo info foto anna zelli

Interno Chiesa e monastero della Visitazione o delle Duchesse, via San Pietro Viterbo

interno chiesa della visitazione o delle duchesse via san pietro viterbo info foto anna zelli

Interno Chiesa e monastero della Visitazione o delle Duchesse, via San Pietro Viterbo

interno chiesa della visitazione o delle duchesse via san pietro viterbo info foto anna zelli

Interno Chiesa e monastero della Visitazione o delle Duchesse, via San Pietro Viterbo

interno chiesa della visitazione o delle duchesse via san pietro viterbo info foto anna zelli

Interno Chiesa e monastero della Visitazione o delle Duchesse, via San Pietro Viterbo

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aggiornato febbraio 2024