Piazza Giuseppe Verdi, Piazze di Viterbo,Vie di Viterbo, Viterbo, info e foto Anna Zelli sito ufficiale web www.annazelli.com
Piazza Giuseppe Verdi Viterbo |
piazza giuseppe verdi viterbo centro storico | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
PIAZZA GIUSEPPE VERDI |
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Chiesa San Marco San Marco Evangelista Palazzo Camera Commercio Palazzo Santoro Loggia palazzo Santoro Famiiglia Santoro storia Ordine di Malta Edicola sacra palazzo Santoro Stemma a palazzo Santoro Busto Giuseppe Verdi Giuseppe Verdi storia Scalinata a piazza Verdi Edicola sacra Santa Rosa Vie da piazza G. Verdi Via Giacomo Matteotti Via Guglielmo Marconi Corso Italia Via Fratelli Rosselli Via di Santa Rosa Via Chiusa Via San Marco Via di Porta Murata Via del Teatro Nuovo Largo Facchini Santa Rosa
Santa Rosa : storia Santuario Santa Rosa Cupola Santuario Santa Rosa Monastero di Santa Rosa Casa di Santa Rosa Chiesa S. M. del Poggio Chiesa Santa Rosa Sodalizio Facchini S. Rosa Macchina di Santa Rosa Museo di Santa Rosa Miracoli S. Rosa Eventi Festa S. Rosa Festa di Santa Rosa Via di Santa Rosa
Guida Turistica Viterbo
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Piazza Giuseppe Verdi, Viterbo centro storico, dedicata al musicista al quale è dedicato un busto che si erbe sul lato sinistro della piazza venendo da Corso Italia, o da via Guglielmo Marconi. Sulla piazza è presente il Teatro del'Unione, nel quale si svolgono le stagioni di musica lirica e concerti. Il teatro ha una forma architettonica neoclassica, sulla facciata si apre una terraza sormontata dalla solenne struttura del timpano. Pilastri ed archi a tutto sesto incorniciano porte e finestre. Elegante l'interno, la platea è racchiusa nel semicerchio di un ordine quadruplice di palchi. I Viterbesi chiamano comunemente questa piazza piazza del Teatro. La piazza incrocia le vie : via Giacomo Matteotti, via di Santa Rosa, Via San Marco, Via Chiusa, Via di Porta Murata, via del Teatro Nuovo, Via Giuseppe Mazzini, Corso Italia, via Fratelli Rosselli. La via Fratelli Rosselli mette in collegamento il centro storico di Viterbo con i nuovi quartieri sorti al di fuori delle mura, dopo la seconda Guerra Mondiale. Inizialmente chiamata XXVIII Ottobre, per edificarla, in epoca fascista fu aperto un varco abbattendo le antiche mura cittadine, proprio nel punto in cui il torrente Urciorno scorreva da qui alla attuale via Marconi.Per l'apertura di questa via il torrente venne interrato per alcuni metri sotto il piano stradale, poi a metà degli anni '30 venne interrato sotto la attuale via Guglielmo Marconi fino al Sacrario e a Valle Faul. Su via Fratelli Rosselli a destra c'è un lato del Teatro dell'Unione e di fronte un imponente palazzo, del 1931-1933, che un tempo era la sede del Consiglio Provinciale del Lavoro e dell'Economia, ora ospita gli Uffici della Camera di Commercio, fu realizzato su progetto dell'architetto Cesare Bazzani, che cercò di conciliare le linee architettoniche fasciste con gli elementi della architettura di Viterbo. La via Fratelli Rosselli incrocia il Viale Raniero Capocci, qui sono presenti le mura cittadine ed una lapide che ricorda una terribile alluvione del 1706. Vi è un piccolo parco pubblico intitolato a Melvin Jones, fondatore del Lions International. L'area dove oggi sorge il Teatro, venne urbanizzata alla fine del XII secolo, quando il Comune di Viterbo acquistò dai religiosi del Monastero di San Salvatore al Monte Amiata i loro possedimenti. Il nome Piano San Marco, deriva dalla piccola chiesa di San Marco a lui dedicata, che presenta una facciata romanica. Di fronte c'è il Palazzo Santoro che prende il nome da un suo proprietario. Il palazzo fu fatto erigere nella seconda metà del XV secolo dal Cardinale Niccolò Forteguerri, un nobile dal carattere forte e battagliero, che riuscì a sconfiggere i discendenti dei Prefetti di Vico, la famiglia che per molti secoli aveva condizionato la vita dei cittadini della città di Viterbo e della Tuscia. L'attuale nome del palazzo, Santoro, ricorda il cardinale Fazio Santoro che aveva avuto favori quando assurse al soglio pontificio il suo allievo Giuliano della Rovere con il nome di Papa Giulio II. Attualmente il palazzo ospita la Biblioteca degli Ardenti, che deriva il nome da una accademia rinascimentale rimasta operante fino al secolo scorso. Al piano terra un tempo vi erano i locali degli uffici della Azienda autonoma della Cura Soggiorno e Turismo, entrata poi a far parte della A.P.T., ora vi è la sede Granpriorale del Sovrano Militare Ordine di Malta. Da via di Santa Rosa si accede alla Chiesa Santuario di Santa Rosa e al colle Santa Rosa. All'inizio di questa via su un angolo del palazzo c'è una bella edicola sacra dedicata alla Santa e Patrona di Viterbo.. Un simbolo è a piazza Verdi 5. Teatro dell’Unione, piazza Giuseppe Verdi, Viterbo il nome deriva dalla "unione" di un gruppo di cittadini viterbesi che nel 1844 formarono la "società dei palchettisti", con a capo il conte Tommaso Fani Ciotti. Fino alla seconda metà dell'ottocento, il teatro principale di Viterbo era il Teatro del Genio, ma era ormai ritenuto non più adeguato, sia per la capienza che per la sua scarsa connotazione sul tessuto urbano. Il progetto prevedeva una nutrita partecipazione sia da parte della società dei palchettisti che da parte dello stesso Comune, il quale garantì l’acquisto di almeno cinque palchi. Il primo atto della società fu l’elezione della Deputazione Teatrale, composta dal Delegato Apostolico Mons. Orlandini e da sei deputati: Tommaso Fani, Antonio Calandrelli, Domenico Liberati, Giuseppe Signorelli, Cesare Calabresi e Vincenzo Federici, ingegnere comunale. Fu scelto di erigere il teatro nella Contrada San Marco, dopo aver scartato l’idea di dover inutilmente abbattere il Teatro del Genio e le abitazioni vicine per costruirvi il nuovo edificio. La Deputazione propose,inoltre, di dare all’Unione la forma del Teatro Argentina di Roma. Il 20 Giugno 1845 fu bandito il concorso di appalto per la sua costruzione, l’incarico di valutare i progetti fu attribuito all’Accademia Nazionale di San Luca e la scelta ricadde sull’architetto Virginio Vespignani, esponente di spicco del tardo “classicismo eclettico”. l’impulso che ne permise l’edificazione fu la passione, comune a quasi tutte le principali città italiane, per l’opera lirica. Il teatro venne costruito su progetto dell'architetto e venne inaugurato nel 1855 con il melodramma Rigoletto di Giuseppe Verdi. Il teatro nel 1855 iniziò con una stagione che durò dal 4 agosto al 25 settembre e che comprendeva ben tre melodrammi e un balletto, la prima stagione si rivelò un vero e proprio successo. Negli anni successivi andò aumentando l’interesse del pubblico, sia per i melodrammi che per i lavori di prosa. Dai primi del ‘900 il teatro ospitò anche alcuni spettacoli cinematografici. Purtroppo , durante la seconda Guerra mondiale il teatro fu gravemente danneggiato e subì vistosi danni, quindi, termina il sodalizio tra il Comune di Viterbo e la Società dei Palchettisti che fino a quel tempo erano gli amministratori del teatro, e si diede inizio alla ricerca di reperire fondi sufficienti alla sua ricostruzione, e a causa della necessità di trovare queste ingenti somme per la ricostruzione il Comune di Viterbo ne diventò unico proprietario. Dopo un lungo periodo dovuto a lavori di ristrutturazione, il Teatro è stato riaperto al pubblico il 13 giugno 2017 nell'occasione di un incontro con lo scrittore americano Jeffery Deaver. Dal dicembre 2017 la programmazione delle stagioni di prosa, danza e teatro ragazzi è curata dall'Associazione Teatrale fra i Comuni del Lazio.Il teatro ospita inoltre il concorso internazionale di canto Premio Fausto Ricci che ha visto come Presidenti di Giuria personalità del mondo della lirica come Fiorenza Cossotto, Desirée Rancatore, Fiorenza Cedolins, Luciana Serra e Alfonso Antoniozzi nonché direttori e casting manager di importanti teatri d’opera italiani ed europei, e, per l'edizione 2020, il celebre tenore spagnolo José Carreras. Il Teatro dell’Unione presenta l’architettura propria dei teatri all’italiana ed è caratterizzato dalla separazione tra sala e scena, dalla simmetria e dalla prospettiva dell’impianto, il palco è in declivio, presenta anche la divisione “classistica” o “gerarchica” dei posti e vi si ammirano raffinate decorazioni che fanno del Teatro dell’Unione un vero e proprio gioiello tra i teatri storici italiani. La capienza del teatro è di 574 posti, di cui 188 in platea a cui vanno aggiunti 4 posti per disabili e altrettanti per i relativi accompagnatori. I palchetti sono in totale 97 e sono disposti su 4 ordini. Il loggione non è agibile per motivi di sicurezza. Dopo i lavori di restauro la graticcia è stata completamente rinnovata, così come la quadratura nera ed il sipario. Il palco ha 3 americane motorizzate. (informazioni tratte da wikipedia). Ex Chiesa San Marco Chiesa di San Marco, piazza Verdi, Viterbo, è una piccola chiesa che risale al 1198, una lapide in peperino posta sulla facciata della chiesa ricorda che papa Innocenzo III, in persona, partecipò alla sua consacrazione insieme a 15 cardinali il 1 dicembre di quell'anno, in un periodo nel quale, proprio papa Innocenzo III stava mettendo in atto il disegno della riconquista delle terre del Patrimonio di San Pietro e impose la conferma di Viterbo a sede della diocesi. Il clero viterbese fu legittimamente chiamato ad amministrare l’antica parrocchia solo nel 1782, quando il granduca Leopoldo II soppresse l’abbazia di Monte Amiata. La struttura architettonica della chiesa di San Marco è quella di un semplice edificio rurale, funzionale alle quotidiane celebrazioni di una comunità di contadini che operavano sulle terre amministrate dai benedettini, prima, dai cistercensi, poi, dell’abbazia amiatina di San Salvatore (appartenente fino alla metà del secolo XVII al Monastero insieme con le chiese di San Giovanni in Sonsa e di Santa Maria Maddalena). La lapide, posta sulla facciata alla destra del portale e ritrascritta all’interno presso l’ingresso, racchiude in sintesi la storia di questa antica chiesetta che, seppur di piccole dimensioni, vanta il privilegio di essere stata consacrata personalmente da un pontefice. Non è escluso che l’epigrafe in peperino sia rimasta in situ fin dall’origine. L'interno della chiesa è di piccole dimensioni, tanto che lo Sciattoli in "Viterbo nei suoi monumenti", con una battuta si chiede come abbia fatto Innocenzo III a muoversi insieme a 15 cardinali in uno spazio così angusto. L'architettura è molto semplice a un'unica navata con il tetto a capanna, la sua semplicità denota che l'origine della chiesa, sorse per soddisfare le esigenze della contrada, situata fuori della cinta muraria e abitata principalmente da contadini. L'accesso alla chiesa avviene attraverso una breve ed alta scalinata che porta a un portale posto alla sommità, tale gradinata abbastanza alta aveva la funzione di proteggere la chiesa dalle piene dell'Urcionio, il torrente che oggi è interrato e che scorreva nella vallata prospiciente. Il particolare curioso della struttura è che l'abside, è orientato ad est e deviato a sinistra rispetto all'asse della chiesa. Secondo un'antica tradizione, potrebbe simboleggiare l'inclinazione della testa di Gesù sulla croce. Interessanti al suo interno sono i due tabernacoli in pietra, in stile tardo-romanico, che furono in uso fino alla metà del XVI secolo quando il concilio di Trento stabilì che il tabernacolo dovesse essere posto al centro dell'altare. La chiesa, come molte altre a Viterbo ha subito dei danni durante i bombardamenti dell'ultima guerra. Oggi al suo interno si può ammirare l'affresco dell'abside con il Padre Eterno benedicente in mezzo a san Pietro e san Paolo, risalente ai primi del '500 da alcuni attribuito a Giovan Francesco d'Avaranzano, detto il fantastico; sopra l'altare una pala con Madonna col bambino dello stesso pittore. Sulla parete di destra dell'abside, protetto da uno schermo di vetro, è visibile uno schizzo a carboncino raffigurante una testa femminile attribuito anch'esso a Giovan Francesco, che conferma nella spigliata freschezza del disegno le sue doti notevoli che lo avevano portato ad operare insieme ai giovani Raffello e Luca Signorelli in Palazzo Bufalini a Città di Castello. Un'altra pregevole opera pittorica di Francesco d'Antonio detto il Balletta e raffigurante San Marco, opera che fino a qualche anno fa si poteva ammirare su una parete della chiesa, è oggi, per misura precauzionale, è conservata nella canonica. D’Avanzarano, insieme al Truffetta e a Costantino Zelli, appartiene alla schiera degli artisti di scuola viterbesi che dalla metà del Quattrocento hanno avuto esiti ragguardevoli nella pittura unitamente a maestri quali Lorenzo da Viterbo, Francesco d’Antonio detto "Il Balletta" e Antonio del Massaro detto "il Pastura". Proprio il Balletta è autore della tavola raffigurante San Marco che si ammirava sul piccolo altare di sinistra e che ora è prudentemente custodita nell’adiacente canonica. Durante la Seconda Guerra Mondiale e il quartiere dove sorge San Marco non ci furono molti danni, fortunatamente, fu solo leggermente danneggiato il tetto della chiesa però, la chiesa venne restaurata ma andarono disperse quattro pale d’altare che ornavano le pareti: la Morte di s. Alessio, posta nel 1727 sull’altare del santo in cornu Epistolae, la tela dipinta nel 1850 dal pittore viterbese Domenico Costa raffigurante la Madonna che mostra il cuore trafitto, e le due raffiguranti il Salvatore e s. Omobono (protettore dei sarti) provenienti dal soppresso oratorio dell’Arte dei Sarti sito nella vicina piazzetta dell’Oca. La chiesa presenta un campanile a vela. San Marco Evangelista
San Marco
Evangelista, vita opere, a lui è dedicata
una chiesa a Viterbo a piazza Giuseppe Verdi.
E’Santo e patrono di Venezia, Marco scrive uno
dei quattro Vangeli. Nasce probabilmente a
Cirene (Libia) intorno all’anno 20 dopo Cristo.
Di famiglia benestante, studia il greco, il
latino, l’ebraico e i testi degli antichi
profeti. Per sfuggire all’invasione dei Barbari,
Marco e la sua famiglia si rifugiano a
Gerusalemme. La madre Maria, rimasta vedova,
offre ospitalità nella sua casa a Gesù e ai suoi
discepoli. Nel 44 d.C. un parente di Marco, San
Barnaba, si ferma nella casa di Maria assieme a
San Paolo. I racconti dei loro viaggi,
soprattutto della visita alla terza città più
importante dell’epoca dopo Roma ed Alessandria
d’Egitto, Antiochia, infiammano il cuore di
Marco che decide di partire con loro per
diffondere il messaggio di Gesù. L’opera di
Marco diventa fondamentale per i cristiani.
Scrive uno dei quattro Vangeli seguendo i
racconti di San Pietro (di cui ne diviene
segretario e interprete) e viene mandato nel
Nord Italia per far conoscere il Cristianesimo.
Secondo la tradizione un giorno Marco si perde
e, durante un violento nubifragio, si ritrova su
di un isolotto dove ha una visione: un angelo,
sotto forma di leone alato, gli profetizza che
in quel luogo una città meravigliosa avrebbe
accolto le sue spoglie. Quell’isolotto è la
futura Venezia. Dopo la morte dei Santi Pietro e
Paolo, Gesù appare a Marco e lo invita a
trasferirsi in Egitto. L’evangelista si reca a
Gerusalemme per assistere la madre che sta per
morire, poi si dirige ad Alessandria d’Egitto
dove predica, compie miracoli e viene proclamato
vescovo. La sua missione per convertire il
popolo al Cristianesimo viene osteggiata dalle
locali istituzioni religiose. Tentano di
ucciderlo ma, grazie all’intervento di Dio,
Marco si salva e per riconoscenza fa costruire
una chiesa in onore dell’Immacolata Vergine
Maria. Marco muore ad Alessandria d’Egitto
intorno al 72 d.C.; secondo alcuni racconti
leggendari, le spoglie di Marco vengono raccolte
da due commercianti veneziani e trasferite,
nell’829, nella Basilica di Venezia, intitolata
al santo. Il suo simbolo è un leone alato che
caratterizza la città lagunare e il Veneto. San
Marco è protettore di farmacisti, notai,
segretari, dattilografi, interpreti, artisti,
pittori, ottici, fabbricanti e commercianti di
occhiali. E poi ancora di allevatori, calzolai,
cestai, vetrai, muratori. Protegge i quadri, le
mani e contro la scabbia. Palazzo Camera di Commercio Palazzo della Camera di Commercio, tra piazza Verdi e via Fratelli Rosselli, Viterbo centro storico, il palazzo è del 1931-1933, un tempo era la sede del Consiglio Provinciale del Lavoro e dell'Economia, ora ospita gli Uffici della Camera di Commercio, fu realizzato su progetto dell'architetto Cesare Bazzani, che cercò di conciliare le linee architettoniche fasciste con gli elementi della architettura di Viterbo. Palazzo Santoro Palazzo Santoro, Viterbo, si trova a piazza Giuseppe Verdi, piazza nota anche come piazza del Teatro, per via dell’imponente Teatro dell’Unione. Papa Giulio II della Rovere volle donare questo edificio ed altri beni al al Cardinale viterbese Fazio Santoro, in segno di riconoscenza per essere stato suo precettore, da qui il nome del palazzo, noto come Palazzo Santoro. Questo manufatto risale al 1466, venne edificato su volere di Niccolò Fortiguerra, anche lui un Cardinale viterbese, che si adoperò per restauri e migliorie alla sede dei Governatori del Patrimonio, che si trovava nelle vicinanze della Chiesa di San Sisto. Il Cardinale Niccolò Forteguerri, fu un nobile dal carattere forte e battagliero, che riuscì a sconfiggere i discendenti dei Prefetti di Vico, la famiglia che per molti secoli aveva condizionato la vita dei cittadini della città di Viterbo e della Tuscia. Il Palazzo Santoro ospita dal 1955 la Biblioteca Comunale degli Ardenti, che in precedenza era a Palazzo Pocci, distrutto in seguito ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, sempre in questo palazzo si trova anche la sede del Sovrano Ordine di Malta. Architettonicamente il palazzo è una commistione di stili tra quello civile e quello militare. I soffitti presentano motivi ornamentali di pregio, nei quali sono visibili gli stemmi sia della Famiglia Santoro che della Famiglia Gatti. La Biblioteca degli Ardenti deriva il nome da una accademia rinascimentale rimasta operante fino al secolo scorso.Al piano terra un tempo vi erano i locali degli uffici della Azienda autonoma della Cura Soggiorno e Turismo, entrata poi a far parte della A.P.T Ordine di Malta
Ordine Ospedalieri San Giovanni Cavalieri Ospitalieri ovvero Cavalieri dell'Ordine dell'Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme, detti anche Cavalieri di Cipro, Cavalieri di Rodi e noti come Cavalieri di Malta, è un ordine religioso cavalleresco nato intorno alla prima metà dell'XI secolo a Gerusalemme. Questo ordine religioso cristiano e cavalleresco dopo la Prima Crociata si dotò di un proprio statuto., nel 1113 Papa Pasquale II lo rese autonomo e sovrano con il protettorato della Santa Sede. Se fino ad allora l'Ordine seguiva la Regola benedettina, successivamente iniziò ad osservare quella agostiniana Il Gran maestro Raymond du Puy de Provence diede all'Ordine una regola propria, ispirata a quella agostiniana. Per secoli questo ordine si dedicò alla carità, oggi è una organizzazione filantropica internazionale. L’ordine in origine, si stabilì a Gerusalemme ed i Benedettini, reggevano qui, prestando la loro opera, l’Ospedale di San Giovanni l’Elemosiniere , vi rimasero dal 1023 al 1025. Il loro compito era quello di assistere tutti coloro che bussavano al convento, in seguito, però, per via delle scorrerie dei predoni che assaltavano i pellegrini cristiani in visita alla città di Gerusalemme, questi monaci, si dotatono anche di armi per difendersi e dopo la prima crociata, fu affidata ufficialmente all'Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, la cura e la difesa dei pellegrini diretti in Terra santa. Successivamente, dopo la perdita dei territori cristiani in Terra santa, l'Ordine si rifugiò brevemente a Cipro (1291) e poi a Rodi (1309), su cui estese la propria sovranità, e successivamente a Malta (1530), giurando come vassallo del re di Sicilia. Già a Rodi la sovranità internazionale e l'indipendenza dell'Ordine crebbero ancora, così come la flotta navale divenne ancor più temibile.Continua a leggere a Ordine Ospedalieri San Giovanni Gerusalemme Cavalieri Cipro Rodie Malta. Famiglia Santoro Famiglia Santoro storia Viterbo Famiglia Santoro, Viterbo, presenti a Viterbo dal XV al XVII secolo, fu Raffaele Santoro che nel 1425 ottenne l’iscrizione al patriziato viterbese, dal suo matrimonio con Medea Gatti nacque Fazio Santoro che divenne Cardinale. Battista Santoro fratello di Raffaele, tra il 1486 e il 1487, fu esattore del Patrimonio di San Pietro in Tuscia. Nel 1485 risulta associato ad altri nella conduzione della ferriera nuova di Vetralla. I figli di Battista Santoro, aprirono un banco vicino alla chiesa di San Matteo a Viterbo. Nel 1560 il capitano Cencio Capizucchi risultava procuratore per conto di Tarquinia e Diana figlie ed eredi di Raffaele Santoro. Altre persone con questo cognome sono presenti nel primo decennio del Seicento a Viterbo ma si ignora il grado di parentela con questo ceppo originario del cardinale Fazio. Nel 1600 un Santoro Santori esercitava l’arte dello speziale. In altro documento del 1600 compaiono i fratelli Ascanio e Santoro figli di Angelo; Ascanio sposò Bartolomea Caparozzi, cugina del pittore Filippo; nel 1616 i coniugi risultavano domiciliati nel quartiere di Pianoscarano. Nel 1631 Lavinia Santoro fu Angelo era vedova del fu Giulio Ricci. Nel 1606 Lucrezia Ceciliani risultava aver perduto il coniuge Giulio Santoro. Nel 1609 Nobilia Grispigni risultava già vedova del fabbro Romolo Santoro e si era coniugata con il calzolaio Francesco Bartolini. Infine nel 1615 Settimia Molleschi già moglie di Lorenzo Santoro, fratello di Giulio, aveva in tutela e cura i figli Romolo e Lorenza. (BIBL. – Angeli N. , Famiglie viterbesi. Storia e cronaca. Genealogie e stemmi, Viterbo, 2003, pp. 469-470 - Scheda di Luciano Osbat – Cersal). Loggia Palazzo Santoro Loggia Palazzo Santoro, piazza Verdi, Viterbo. si trova al primo piano, un tempo chiusa venne successivamente aperta, ha dei richiami di stile rinascimentale. Stemma Palazzo Santoro Stemma a Palazzo Santoro, piazza Verdi, Viterno è sulla facciata al di sopra della loggia ma non ne conosco l'attribuzione. Edicola Sacra Palazzo Santoro Edicola sacra a palazzo Santoro, piazza Verdi, si tratta di una madonna con Bambino, posta all'interno dell'entrata del palazzo che ospita anche il Sacro Ordine di Malta. Busto Giuseppe Verdi Busto di Giuseppe Verdi a piazza Verdi Viterbo centro storico, si trova di di fronte al Palazzo Santoro, dedicato al grande maestro italiano. Giuseppe Verdi Storia
Giuseppe
Fortunino Francesco Verdi, al quale a
Viterbo è dedicata una piazza nella quale c’è il
Teatro dell’Unione, nacque il 10 ottobre del
1813 a Roncole Verdi, frazione del comune di
Busseto in provincia di Parma. Di umili origini,
cominciò gli studi di musica a Busseto e qualche
anno più tardi il negoziante Antonio Barezzi
divenne il suo mecenate e protettore, e proseguì
gli studi a Milano con Vincenzo Lavigna. Nel
1836 Verdi ottenne l’incarico di maestro di
cappella a Busseto e nel 1838 tentò l’avventura
operistica, con cui non raggiunse subito il
successo. Verdi fu sconvolto, nel 1840, dalla
perdita di sua moglie Margherita Barezzi, figlia
del suo mecenate, e dalla perdita dei suoi due
figli; trovò un provvidenziale sostegno nel
successo ottenuto al Teatro della Scala con il
Nabucco, nel 1841. Da qui in avanti,
Verdi concentrò tutte le sue energie
nell’attività compositiva, ottenendo sempre
maggiore popolarità e un deciso miglioramento
delle sue condizioni economiche. Dalla metà
degli anni ’50, dopo Rigoletto, Il Trovatore
e La Traviata, nuove riflessioni
autocritiche lo condussero a un rinnovato vigore
espressivo, il che gli procurò una posizione di
straordinario rilievo internazionale. Nominato
senatore del Regno d’Italia nel 1874,
inaugurò a Milano la Casa di Riposo per
musicisti da lui fondata. Giuseppe Verdi
morì il 27 gennaio del 1901 in un appartamento
di Milano, dove alloggiava da sempre. È bene
ricordare che Verdi partecipò attivamente alla
vita pubblica del suo tempo. Fu, come si è
accennato, un patriota convinto e forte
sostenitore dei moti risorgimentali (pare che
durante l'occupazione austriaca la scritta "Viva
V. E. R. D. I. " fosse letta come "Viva Vittorio
Emanuele Re d'Italia"). Il Paese lo volle
membro del primo parlamento del Regno d'Italia
e successivamente senatore. Compose trentadue
opere, pagine religiose, tra cui la Messa
Requiem, liriche e composizioni corali. In
seguito alla tragica morte di sua moglie e dei
suoi figli per Verdi incominciò un periodo
disastroso. Fu l'impresario della Scala,
Bartolomeo Merelli, a convincerlo a non
abbandonare la lirica, consegnandogli
personalmente un libretto di soggetto biblico,
il Nabucco, scritto da Temistocle Solera.
Verdi, però, ancora turbato dalla tragedia
familiare ripose il libretto senza neanche
leggerlo, senonché, una sera per spostarlo gli
cadde per terra e si aprì, caso volle proprio
sulle pagine del Va, pensiero, e quando Verdi
lesse il testo del famoso brano rimase scosso.
Dopodiché andò a dormire ma non riuscì a
prendere sonno, si alzò e rilesse il testo più
volte e alla fine lo musicò, e una volta
musicato il Va, pensiero decise di leggere e
musicare tutto il libretto. L'opera andò in
scena il 9 marzo 1842 al Teatro alla Scala di
Milano e il successo fu trionfale. Nabucco è
la terza opera di Giuseppe Verdi e quella che ne
decretò il successo. Il Nabucco narra della
condizione degli Ebrei soggiogati da
Nabucodonosor di Babilonia. Lo sviluppo
dell'azione è rapido, incisivo, e tale
caratteristica contraddistingue anche la
successiva produzione del compositore. Alcuni
personaggi, come Nabucodonosor e Abigaille, sono
fortemente caratterizzati sotto il profilo
drammaturgico, così come il popolo ebraico che
si esprime in forma corale e che forse
rappresenta il protagonista vero di questa
prima, significativa, creazione verdiana. Uno
dei cori dell'opera, il celebre Va, pensiero,
finì col divenire una sorta di canto doloroso
o inno contro l'occupazione austriaca,
diffondendosi rapidamente in Lombardia e nel
resto d'Italia. Pochi forse sanno che, in
origine, il nome dato da Giuseppe Verdi alla sua
opera fosse "Nabucodonosor" ma, data la
lunghezza dello stesso sulla locandina, venne
diviso in due righe e cioè "Nabucco" e, a capo,
"Donosor" ma la gente faceva caso solo alla
prima riga. Giuseppe Verdi si può definire un
musicista appartenente al movimento romantico.
Verdi fu esperto soprattutto della musica di
genere operistica ma compose anche brani di
musica sacra, soprattutto negli ultimi anni
della sua vita. La figura di Verdi è stata presa
come esempio di patriottismo, perché oltre
l’amore per la musica, il musicista mostrava il
suo amore per la terra natìa, per le virtù
"borghesi" come l'onore e la famiglia. La musica
che amava Verdi era quella in cui gli strumenti
servivano come supporto alla voce umana, e anche
se ci sono pagine bellissime per gli strumenti,
non andava mai a superare l'importanza della
voce. Durante gli ultimi anni del secolo ed i
primi anni del Novecento fu ampiamente criticato
proprio per queste sue concezioni, che erano
considerate tutt'altro che innovative. La musica
di Giuseppe Verdi è appassionata, vigorosa,
penetrante, capace di raggiungere effetti
straordinari anche con i mezzi più semplici. Scalinata a piazza Verdi Scalinta a piazza Giuseppe Verdi, Viterbo, va verso via di Porta Mura e di conseguenza verso il colle di San Francesco, e la Basilica omonima e a piazza della Rocca. Vie da piazza Verdi Viterbo centro storico La piazza Giuseppe Verdi Viterbo centro storico, incrocia le vie : via Giacomo Matteotti, via di Santa Rosa, Via San Marco, Via Chiusa, Via di Porta Murata, via del Teatro Nuovo, Via Giuseppe Mazzini, Corso Italia, via Fratelli Rosselli. Come arrivare a piazza Giuseppe Verdi nota come piazza del Teatro Viterbo Mappa Colle salita Santa Rosa che fa parte del Colle della Crocetta Mappa Colle salita Santa Rosa Viterbo centro storico,informazioni turistiche e foto Anna Zelli Fotografie Piazza Giuseppe Verdi Viterbo centro storico Piazza Giuseppe Verdi, Viterbo,centro storico, info e foto Anna Zelli - Piazze di Viterbo centro Piazza Verdi, o del Teatro, Viterbo info e foto Anna Zelli - Piazze di Viterbo centro Scalinata piazza Giuseppe Verdi Viterbo centro storico Scalinata, Piazza Giuseppe Verdi, Viterbo,centro storico Scalinate Viterbo centro Teatro dell'Unione piazza Giuseppe Verdi Viterbo Teatro dell'Unione - Piazza Giuseppe Verdi - Palazzi di Viterbo centro Teatro dell'Unione - Piazza Giuseppe Verdi - Palazzi di Viterbo centroEx Chiesa di San Marco piazza Giuseppe Verdi Viterbo Ex Chiesa di San Marco - Piazza Giuseppe Verdi - Chiese di Viterbo centro Cupola Chiesa Santuario Santa Rosa visibile da piazza Verdi Viterbo Chiesa di Santa Rosa, Largo Facchini Santa Rosa, Viterbo, - Chiese di Viterbo centro San Marco Evangelista vita opere storia San Marco Evangelista vita opere, Chiesa di San Marco - piazza G. Verdi - Santi a Viterbo Palazzo Santoro piazza Giuseppe Verdi Viterbo Palazzo Santoro - Piazza Giuseppe Verdi - Palazzi di Viterbo centro Palazzo Santoro - Piazza Giuseppe Verdi - Palazzi di Viterbo centro Palazzo Santoro - Piazza Giuseppe Verdi - Palazzi di Viterbo centroStemma Palazzo Santoro Piazza Verdi Viterbo Stemma Palazzo Santoro - Piazza Giuseppe Verdi Viterbo - Stemmi Viterbo centro Loggia Palazzo Santoro piazza Verdi Viterbo loggia palazzo Santoro, piazza Giuseppe Verdi Viterbo - Logge Viterbo centro storico
loggia palazzo Santoro, piazza Giuseppe Verdi Viterbo - Logge Viterbo centro storico Edicola Sacra Palazzo Santoro piazza Verdi Viterbo Edicola Sacra Palazzo Santoro piazza Giuseppe Verdi Viterbo - Edicole Sacre Madonnelle Famiglia Santoro Viterbo Loggia Palazzo Santoro piazza Giuseppe Verdi Viterbo - Edicola sacra Santa Rosa tra piazza Verdi e via di Santa Rosa Viterbo Edicola sacra Santa Rosa a via Santa Rosa via Santa Rosa - Edicole Sacre Madonnelle Edicola sacra Santa Rosa a via Santa Rosa via Santa Rosa - Edicole Sacre Madonnelle Simbolo a piazza Verdi 5 Viterbo centro storico Simbolo a piazza Verdi 5 Viterbo centro - Edicole Sacre Madonnelle Palazzo della Camera di Commercio Rieti e Viterbo via Fratelli Rosselli Viterbo Palazzo sede Camera Commercio - Via Fratelli Rosselli - Palazzi di Viterbo centro Veduta Colle San Francesco da piazza Verdi Viterbo centro veduta colle San Francesco da piazza Giiuseppe Verdi Viterbo centro Busto Giuseppe Verdi piazza Giuseppe Verdi Viterbo Busto di Giuseppe Verdi piazza Verdi - Statue Busti Sculture Teste a Viterbo
Giuseppe Verdi vita opere storia una sintesi
tratta dal web G. Verdi a lui è dedicata la piazza G. Verdi a Viterbo - Famiglie e personaggi illustri a Viterbo da vedere a Piazza Giuseppe Verdi Viterbo centro storico informazioni e fotografie
Vie zona Piazza Verdi Viterbo centro storico
Santa Rosa da Viterbo da vedere Viterbo centro storico Colle Salita Santa Rosa
Colle San Francesco Viterbo centro storico
Piazza Giuseppe Verdi Viterbo centro storico
Piazza
Giuseppe Verdi, Viterbo,centro storico, info e foto Anna Zelli
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Piazze di Viterbo centro
Mappe di Viterbo centro storico Mappe colli vie piazze zone Viterbo Vie di Viterbo centro - Piazze Viterbo centro - Quartieri Viterbo centro storico
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città di
Viterbo monumenti di Viterbo centro storico
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Aggiornato Marzo 2024