San Marco Evangelista, Santi a Viterbo vita opere storiai, Viterbo, sito ufficiale web www.annazelli.com
Viterbo i Santi |
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SAN MARCO EVANGELISTA |
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Guida Turistica Viterbo
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San Marco
Evangelista, vita opere, a lui è dedicata
una chiesa a Viterbo a piazza Giuseppe Verdi.
E’Santo e patrono di Venezia, Marco scrive uno
dei quattro Vangeli. Nasce probabilmente a
Cirene (Libia) intorno all’anno 20 dopo Cristo.
Di famiglia benestante, studia il greco, il
latino, l’ebraico e i testi degli antichi
profeti. Per sfuggire all’invasione dei Barbari,
Marco e la sua famiglia si rifugiano a
Gerusalemme. La madre Maria, rimasta vedova,
offre ospitalità nella sua casa a Gesù e ai suoi
discepoli. Nel 44 d.C. un parente di Marco, San
Barnaba, si ferma nella casa di Maria assieme a
San Paolo. I racconti dei loro viaggi,
soprattutto della visita alla terza città più
importante dell’epoca dopo Roma ed Alessandria
d’Egitto, Antiochia, infiammano il cuore di
Marco che decide di partire con loro per
diffondere il messaggio di Gesù. L’opera di
Marco diventa fondamentale per i cristiani.
Scrive uno dei quattro Vangeli seguendo i
racconti di San Pietro (di cui ne diviene
segretario e interprete) e viene mandato nel
Nord Italia per far conoscere il Cristianesimo.
Secondo la tradizione un giorno Marco si perde
e, durante un violento nubifragio, si ritrova su
di un isolotto dove ha una visione: un angelo,
sotto forma di leone alato, gli profetizza che
in quel luogo una città meravigliosa avrebbe
accolto le sue spoglie. Quell’isolotto è la
futura Venezia. Dopo la morte dei Santi Pietro e
Paolo, Gesù appare a Marco e lo invita a
trasferirsi in Egitto. L’evangelista si reca a
Gerusalemme per assistere la madre che sta per
morire, poi si dirige ad Alessandria d’Egitto
dove predica, compie miracoli e viene proclamato
vescovo. La sua missione per convertire il
popolo al Cristianesimo viene osteggiata dalle
locali istituzioni religiose. Tentano di
ucciderlo ma, grazie all’intervento di Dio,
Marco si salva e per riconoscenza fa costruire
una chiesa in onore dell’Immacolata Vergine
Maria. Marco muore ad Alessandria d’Egitto
intorno al 72 d.C.; secondo alcuni racconti
leggendari, le spoglie di Marco vengono raccolte
da due commercianti veneziani e trasferite,
nell’829, nella Basilica di Venezia, intitolata
al santo. Il suo simbolo è un leone alato che
caratterizza la città lagunare e il Veneto. San
Marco è protettore di farmacisti, notai,
segretari, dattilografi, interpreti, artisti,
pittori, ottici, fabbricanti e commercianti di
occhiali. E poi ancora di allevatori, calzolai,
cestai, vetrai, muratori. Protegge i quadri, le
mani e contro la scabbia. Chiesa di San Marco, piazza Verdi, Viterbo, è una piccola chiesa che risale al 1198, una lapide in peperino posta sulla facciata della chiesa ricorda che papa Innocenzo III, in persona, partecipò alla sua consacrazione insieme a 15 cardinali il 1 dicembre di quell'anno, in un periodo nel quale, proprio papa Innocenzo III stava mettendo in atto il disegno della riconquista delle terre del Patrimonio di San Pietro e impose la conferma di Viterbo a sede della diocesi. Il clero viterbese fu legittimamente chiamato ad amministrare l’antica parrocchia solo nel 1782, quando il granduca Leopoldo II soppresse l’abbazia di Monte Amiata. La struttura architettonica della chiesa di San Marco è quella di un semplice edificio rurale, funzionale alle quotidiane celebrazioni di una comunità di contadini che operavano sulle terre amministrate dai benedettini, prima, dai cistercensi, poi, dell’abbazia amiatina di San Salvatore (appartenente fino alla metà del secolo XVII al Monastero insieme con le chiese di San Giovanni in Sonsa e di Santa Maria Maddalena). La lapide, posta sulla facciata alla destra del portale e ritrascritta all’interno presso l’ingresso, racchiude in sintesi la storia di questa antica chiesetta che, seppur di piccole dimensioni, vanta il privilegio di essere stata consacrata personalmente da un pontefice. Non è escluso che l’epigrafe in peperino sia rimasta in situ fin dall’origine. L'interno della chiesa è di piccole dimensioni, tanto che lo Sciattoli in "Viterbo nei suoi monumenti", con una battuta si chiede come abbia fatto Innocenzo III a muoversi insieme a 15 cardinali in uno spazio così angusto. L'architettura è molto semplice a un'unica navata con il tetto a capanna, la sua semplicità denota che l'origine della chiesa, sorse per soddisfare le esigenze della contrada, situata fuori della cinta muraria e abitata principalmente da contadini. L'accesso alla chiesa avviene attraverso una breve ed alta scalinata che porta a un portale posto alla sommità, tale gradinata abbastanza alta aveva la funzione di proteggere la chiesa dalle piene dell'Urcionio, il torrente che oggi è interrato e che scorreva nella vallata prospiciente. Il particolare curioso della struttura è che l'abside, è orientato ad est e deviato a sinistra rispetto all'asse della chiesa. Secondo un'antica tradizione, potrebbe simboleggiare l'inclinazione della testa di Gesù sulla croce. Interessanti al suo interno sono i due tabernacoli in pietra, in stile tardo-romanico, che furono in uso fino alla metà del XVI secolo quando il concilio di Trento stabilì che il tabernacolo dovesse essere posto al centro dell'altare. La chiesa, come molte altre a Viterbo ha subito dei danni durante i bombardamenti dell'ultima guerra. Oggi al suo interno si può ammirare l'affresco dell'abside con il Padre Eterno benedicente in mezzo a san Pietro e san Paolo, risalente ai primi del '500 da alcuni attribuito a Giovan Francesco d'Avaranzano, detto il fantastico; sopra l'altare una pala con Madonna col bambino dello stesso pittore. Sulla parete di destra dell'abside, protetto da uno schermo di vetro, è visibile uno schizzo a carboncino raffigurante una testa femminile attribuito anch'esso a Giovan Francesco, che conferma nella spigliata freschezza del disegno le sue doti notevoli che lo avevano portato ad operare insieme ai giovani Raffello e Luca Signorelli in Palazzo Bufalini a Città di Castello. Un'altra pregevole opera pittorica di Francesco d'Antonio detto il Balletta e raffigurante San Marco, opera che fino a qualche anno fa si poteva ammirare su una parete della chiesa, è oggi, per misura precauzionale, è conservata nella canonica. D’Avanzarano, insieme al Truffetta e a Costantino Zelli, appartiene alla schiera degli artisti di scuola viterbesi che dalla metà del Quattrocento hanno avuto esiti ragguardevoli nella pittura unitamente a maestri quali Lorenzo da Viterbo, Francesco d’Antonio detto "Il Balletta" e Antonio del Massaro detto "il Pastura". Proprio il Balletta è autore della tavola raffigurante San Marco che si ammirava sul piccolo altare di sinistra e che ora è prudentemente custodita nell’adiacente canonica. Durante la Seconda Guerra Mondiale e il quartiere dove sorge San Marco non ci furono molti danni, fortunatamente, fu solo leggermente danneggiato il tetto della chiesa però, la chiesa venne restaurata ma andarono disperse quattro pale d’altare che ornavano le pareti: la Morte di s. Alessio, posta nel 1727 sull’altare del santo in cornu Epistolae, la tela dipinta nel 1850 dal pittore viterbese Domenico Costa raffigurante la Madonna che mostra il cuore trafitto, e le due raffiguranti il Salvatore e s. Omobono (protettore dei sarti) provenienti dal soppresso oratorio dell’Arte dei Sarti sito nella vicina piazzetta dell’Oca. La chiesa presenta un campanile a vela. San Marco Evangelista vita opere storia San Marco Evangelista, vita opere storia Chiesa di San Marco piazza Verdi centro Storico di Viterbo Chiesa di San Marco, piazza Verdi, Viterbo centro storico, info e foto a cura di Anna ZelliSanti a Viterbo Santi a Viterbo, vita opere storia dei Santi che sono stati a Viterbo Chiese di Viterbo centro storico Chiese Viterbo centro, informazioni turistiche e foto a cura di Anna Zelli Mappa Colle S. Francesco - Mappa zona Crocetta - Mappa Colle S. Rosa
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