Famiglia Pagliacci Sacchi Famiglie illustri e nobili di Viterbo,Viterbo, info e foto a cura di Anna Zelli ufficiale web www.annazelli.com
Famiglie illustri Viterbo |
famiglia pagliacci sacchi e le famiglie nobili e illustri di Viterbo | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
FAMIGLIA PAGLIACCI SACCHI VITERBO |
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Palazzo ex Cassa Rsparmio
Archi di Viterbo centro
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Famiglia
Pagliacci Viterbo, secoli XVIII-XIX
era originaria di Arlena di Castro e di Canino,
si stabilì a Viterbo all’inizio del Settecento,
venne inserita nella nobiltà di Viterbo nel
1702. Dei primi discendenti della famiglia
Pagliacci di cui si ha conoscenza intorno al
Seicento, si sa erano originari di Arlena di
Castro e furono militari, e verso la fine del
‘600 avevano qui una dimora importante e il
Capitano Silverio Pagliacci venne nel 1698
ascritto al ceto nobile. Nel 1702, per cessione
del marchese Andrea
Maidalchini, indebitato con i Pagliacci,
Silverio acquisì beni in Viterbo , come :poderi,
vigne e case, e tra questi un
palazzo a piazza Santa
Caterina, che in tempi recenti fu
la la sede della Cassa di
Risparmio. Suo figlio Giacomo ottenne
l’appalto di una miniera di vetriolo, solfato di
rame, sulla strada per Bagnoregio, per la cui
commercializzazione aveva piena esclusiva in
tutto lo Stato della Chiesa; alla sua morte, ne
1716, questo diritto passò al fratello Antonio,
suo erede. Antonio che fu il maggiore artefice
delle fortune della famiglia, liquidato nel 1719
l’appalto della miniera, ebbe un importante
incarico, almeno fino al 1750, nelle dogane
della provincia del Patrimonio, ne fu anche
tesoriere generale e in seguito fu anche
direttore delle Poste.
Ottenuto un notevole benessere finanziario, fece
decorare gli interni del palazzo di Canino e del
Palazzo della ex Cassa di
Risparmio dal pittore Domenico Corvi. Nel
1730 contribuì con 300 scudi all’edificazione
del monastero domenicano del Rosario a Valentano,
fondato da suor Cecilia Agnese Starnini; nel
1759 fu deputato per la
festa viterbese di santa Rosa; nel 1762
ottenne da papa Clemente XIII il titolo di conte
sulla tenuta di Villanova, che si trovava sulla
via Cassia in direzione di Montefiascone, una
tenuta un tempo appartenuta ai
Maidalchini. Nel
1782 i fratelli Silverio (1747-1810) e Giacomo
(1759-1831), figli di Antonio, strinsero società
con Giuseppe Franceschini e Francesco Polidori
per l’appalto dei forni di pane di Viterbo. Come
il padre, Silverio fu direttore delle
Poste ,
mentre Giacomo fu direttore
dell’Ospedale
Grande ed ebbe cariche civiche. Alla fine
del Settecento il conte Antonio junior,
1794-1864,figlio di Giacomo e di Maria Felice
Sacchi, assunse il cognome
Pagliacci Sacchi. Fu guardia nobile di
Napoleone. Suo figlio Giovanni ebbe un ruolo
importante nell’età del Risorgimento, ai cui
ideali contribuì con il suo operato e con i beni
di famiglia . I Paglliacci si sono estinti nella
prima metà del Novecento. Il loro palazzo
cittadino fu venduto a
Giuseppe Moscatelli, e dal 1874 passò
alla Cassa di Risparmio di
Viterbo, che ne fece la propria sede. Le
sepolture di famiglia sono in
Santa Maria della Verità.
Arme: d’azzurro al destrocherio di carnagione,
vestito di rosso, movente dal lato sinistro e
impugnante tre spighe d’oro. Nell’Ottocento
l’arme era partita con quella dei Sacchi (v.).
Pagliacci Sacchi
Giovanni,
esponente della famiglia Pagliacci, Patriota
nacque a Viterbo nel 1823 e morì a San Martino
al Cimino il 24 aprile1884, fu esponente del
Circolo popolare di Viterbo,del quale fu
consigliere e tribuno,nel 1848 combatté con i
volontari romani in Veneto con il grado di
tenente e partecipò nel 1849 alla difesa della
Repubblica Romana. Esule a Parigi, rientrò in
Italia nel 1859 entrando nell’esercito sardo con
il grado di capitano nel 39° reggimento
fanteria. Nel 1860 fu aiutante maggiore del
colonnello Masi, partecipando con i Cacciatori
del Tevere alla liberazione di Orvieto,
all’avanzata verso Viterbo e al successivo
ripiegamento su Orvieto. Lì per sette anni fu
l’anima del comitato degli esuli viterbesi
impegnati nella preparazione dell’insurrezione
nello Stato Romano e, particolarmente, nella
Tuscia. Fu Caposquadra della colonna di
volontari che il 30 settembre 1867 occupò
Acquapendente e resistette a San Lorenzo allo
scontro con le truppe pontificie, assunse il
comando nel tentativo di occupazione di
Bagnoregio, tentando inutilmente la resistenza
all’interno del convento di San Francesco.
Costretto alla resa, il 5 ottobre fu fatto
prigioniero e condotto a Roma nelle carceri del
San Michele; in base agli atti della
capitolazione dei garibaldini arrestati con lui
a Bagnoregio, avrebbe dovuto essere rimesso in
libertà, ma per la sua attività di cospiratore,
la sua posizione fu inserita nella “Causa
Viterbese di Lesa Maestà” affidata al giudice
Giuseppe Maggi. Il capo d’imputazione nei suoi
confronti,come pure dei fratelli Mazzariggi,era
: Cospirazione e corrispondenza epistolare
antipolitica all’effetto di turbare l’ordine
pubblico. In suo favore, forse presso il
cardinal Antonelli, l’11 gen. 1868 intercesse la
principessa Letizia Bonaparte che si rivolgeva
all’eccellenza reverendissima chiedendo che il
conte, ammalato e rinchiuso al San Michele,
fosse liberato al più presto. Alla fine di
maggio, il processo della causa denominata
“Viterbese di Lesa Maestà” si concluse con la
condanna alla pena dell’ergastolo, dopo soli
quattro giorni commutata su sollecitazione
dell’ambasciatore francese in detenzione per
venti anni. All’indomani della presa di Roma, il
conte era ancora l’unico dei coimputati ad
essere ancora detenuto nel carcere di San
Michele. Riacquistata la libertà rientrò a
Viterbo, dove diede alle stampe” Canti del
prigioniero”. Strenna per l’anno 1871
(Viterbo,Tosoni, 1871).Quando a Bagnoregio, il 6
ottobre
1878 venne posta la prima pietra del
monumento ai caduti
garibaldini, scrisse le parole di un inno
che intitolò “Carabina” e che fu inviato a
Garibaldi. Anche se ammalato, non cessò di
partecipare alla vita pubblica della sua città,
impegnandosi in particolar modo nella tutela e
valorizzazione del patrimonio storico e
culturale viterbese. Su sua proposta, nel 1874
il Consiglio comunale deliberò l’istituzione di
una commissione per l’ordinamento dell’Archivio
storico viterbese composta di tre membri
originari della città, alla quale sarebbe
spettato l’onere di svolgere un ricognizione dei
documenti di maggiore rilevanza storica e
d’interesse cittadino esistenti presso
l’Archivio comunale e presso le corporazioni
soppresse. La questione, discussa e contestata
in seno allo stesso Consiglio comunale, diede
luogo nel 1875 alla costituzione della
Commissione, della quale Giovanni Pagliacci
Sacchi faceva parte con il professor Raffaele
Belli e il canonico Luca Ceccotti. Quest’ultimo
lavorò alacremente per tre anni all’ordinamento
dell’Archivio, ma non riuscì a terminare quel
Compendio di storia patria del quale era stato
incaricato. Dopo il tardivo matrimonio con
Annalia Giacci celebrato nel dicembre 1875,
dalla quale ebbe un figlio, Antonio, Giovanni
Pagliacci Sacchi si dedicò negli ultimi anni
della sua vita ad una prima sistemazione del
materiale librario proveniente dalle
corporazioni religiose soppresse, per un totale
di circa 30.000 volumi, pervenuto alla
Biblioteca comunale.
Rivestì inoltre la carica d’ispettore scolastico
di Viterbo e Civitavecchia. Morì a San Martino
al Cimino in casa di una sua defunta sorella ed
ebbe funerali pubblici a Viterbo prima della
sepoltura nel cimitero di San Lazzaro.Il
Conte Pagliacci Sacchi Giovanni lo si ricorda
come un Patriota, ma era anche un amante della letteratura
e del teatro, infatti, come scritto
sopra, lotta per l'Unità d'Italia ma era anche
un accademico degli
Ardenti, D'idee democratiche, frequenta
gli ambienti mazziniani, è membro attivo della
carboneria viterbese e nel 1848 è tribuno del
Circolo popolare viterbese. Dopo la sconfitta
della Repubblica Romana, nel 1849 emigra a
Viterbo dove insieme ad altri patrioti
costituisce un centro insurrezionale. Anche a
Orvieto si occupa del teatro e fa parte della
Commissione teatrale.
Nel 1860 milita nella colonna garibaldina dei
“Cacciatori del Tevere”, che il 21 settembre
1860 entra a Viterbo e fa parte della
Commissione Municipale Provvisoria per il
Governo della Provincia, dichiarando decaduto lo
Stato Pontificio. Nel 1867 comanda il gruppo
garibaldino che a sostegno della spedizione di
Giuseppe Garibaldi combatte a Bagnoregio contro
le truppe pontificie e viene catturato,
processato e condannato al carcere. L'attività
legata al teatro
sembra essere una copertura per le relazioni con
altri esponenti della cospirazione politica, tra
cui ad esempio lo scenografo Alessandro Bazzani,
figlio di Carlo, che nel 1867 è appunto
processato per avere intrattenuto rapporti con
il centro insurrezionale di Orvieto. Palazzo ex Cassa di Risparmio di Viterbo, si trova a via Mazzini, Viterbo.Il Palazzo Pagliacci, sede storica della Cassa di Risparmio della Provincia di Viterbo in origine era di proprietà della Famiglia Maidalchini, poi nel 1702 divenne di proprietà dei Pagliacci, fu riedificato per la famiglia Pagliacci intorno alla metà del XVIII secolo, sul progetto dell'architetto Filippo Prada .successivamente il palazzo fu venduto a Giuseppe Moscatelli, e dal 1874 passò alla Cassa di Risparmio di Viterbo, che ne fece la propria sede.Il Palazzo Pagliacci ospita alcune opere d'arte oggi di proprietà dell'Istituto, tra le quali alcuni reperti di Affreschi della Chiesa di S. Stefano in Bagnaia e opere di autori tra cui Matteo Giovannetti, Domenico Corvi, Giovan Francesco Romanelli e Marco Benefial. Famiglia Pagliacci Sacchi Viterbo Palazzo ex Cassa di Risparmio della Provincia di Viterbo Palazzo ex Cassa di Risparmio della Provincia di Viterbo Via Mazzini Viterbo Via Mazzini Viterbo centro storico, informazioni turistiche e foto Anna Zelli Famiglie Nobili e Illustri di Viterbo , Viterbo, info e foto a cura di Anna ZelliDa vedere a via Mazzini Viterbo
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