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Ex chiesa. monastero Santa Caterina piazza Dante,Viterbo centro storico, tutto il complesso oggi è adibito a scuola. Dell'antico impianto sopravvive solo la Chiesa. L'importanza di questo edificio è data dal fatto che qui vi soggiornò Vittoria Colonna, nobile romana per 3 anni dal 1541 al 1544, al posto del Monastero e della Chiesa fu edificato il Palazzo Ruffini, oggi sede dell'Istituto Scolastico Ruffini, dell'antico impianto all'interno sopravvivono solo alcuni resti della antica Chiesa di Santa Caterina.

Ex Chiesa e Convento di Santa Caterina, piazza Dante, Viterbo, qui vi soggiornò Vittoria Colonna, per 3 anni dal 1541 al 1544. Vittoria  Colonna venne a Viterbo, la prima volta, nel 1525 dove le giunse la notizia della morte del marito, infermo a Milano. Si chiamava don Ferrante Francesco d’Avalos, marchese di Pescara ed era il più valoroso dei capitani di Carlo V. La gentildonna rimase talmente sconvolta dal dolore che si ritirò nel Monastero di santa Caterina. Vi fece più tardi ritorno e dal 1° Ottobre del 1541 vi dimorò, seppur con brevi spostamenti, fino al Giugno del 1544. In questo periodo frequentò il cardinale Reginald Pole, che ricoprì, dal 12 Agosto 1541, la carica di legato del Patrimonio di san Pietro a Viterbo, essendo stato nominato da papa Paolo III. Il Pole si recava volentieri di persona, nel Monastero di santa Caterina, per far visita a Vittoria, la quale ritornò a Viterbo, per un breve periodo, nel 1545. Vittoria Colonna ebbe anche in questo periodo viterbese, una intensa corrispondenza epistolare con Michelangelo Buonarroti. Il complesso del convento di Santa Caterina, fu fondato nel 1520  dai domenicani per accogliere più in là nel tempo,  una comunità di monache benedettine, fu realizzato grazie al sostegno economico di due nobili viterbesi Nicola Bonelli e Giambattista Cordelli. Con l’Unità d’Italia nel 1870 la chiesa e il monastero vennero soppressi, il complesso fu adibito prima a Biblioteca, poi a palestra,  e poi in Liceo nel 1912.Dell'antica struttura è rimasta all'interno la ex Chiesa.
BIBL. Wikipedia e  Dal libro Mauro Galeotti: "L'illustrissima Città di Viterbo", Viterbo, 2002 e Bruno Blasi, Tusciaup.com

Vittoria Colonna nacque a Marino, aprile nel 1490 o nel 1492, e morì a Roma  il 25 febbraio 1547, di stirpe nobile fu una importante poetessa.. Appartenente alla nobile famiglia romana dei Colonna, in quanto figlia di Fabrizio Colonna e di Agnese di Montefeltro, dei Duchi di Urbino, ottenne il titolo di marchesa di Pescara. In quegli anni i Colonna erano alleati della famiglia D'Avalos e, per suggellare tale alleanza, concordarono il matrimonio fra Vittoria e Fernando Francesco quando ancora erano bambini. I due si sposarono il 27 dicembre 1509 a Ischia, nel Castello Aragonese. Vittoria Colonna  fu circondata  durante la sua esistenza dai migliori artisti e letterati del secolo, tra questi perfino Michelangelo Buonarroti, Ludovico Ariosto, Jacopo Sannazaro, Giovanni Pontano, Bernardo Tasso, Annibale Caro, Pietro Aretino, Girolamo Britonio, Angelo di Costanzo e molti altri. Il matrimonio con D'Avalos, sebbene combinato per servire le politiche di famiglia, riuscì anche dal punto di vista sentimentale, anche se i due coniugi non trascorsero molto tempo insieme a Ischia dove si erano stabiliti. Nel 1511 Fernando Francesco partì in guerra agli ordini del suocero per combattere per la Spagna contro la Francia, qui fu catturato durante la battaglia di Ravenna nel 1512 e deportato in Francia. Successivamente, divenne un ufficiale dell'esercito di Carlo V ma rimase gravemente ferito durante la battaglia di Pavia, nel 51525. Vittoria partì subito per raggiungerlo ma la notizia della sua morte la colse mentre era in viaggio. Cadde in depressione e meditò il suicidio ma riuscì a riprendersi anche grazie alla vicinanza degli amici. Profondamente colpita dalla perdita del consorte, Vittoria decise di onorarne la memoria con la poesia nella quale si fa sempre più evidente il misticismo; le sue poesie segnano la fondazione del ‘petrarchismo sacro’, un genere letterario che riscuoterà molto successo. Dopo la morte del marito, infatti, si erano accentuati gli interessi spirituali e religiosi di Vittoria che aveva annodato relazioni con persone le cui idee avrebbero influenzato il resto della sua vita. Fu in relazione anche con Pietro Bembo, Baldassarre Castiglione, con il vescovo Giberti, colto letterato umanista e diplomatico e poi solerte vescovo di Verona dedito alla riforma dei costumi e alla diffusione di un più intimo e sentito senso religioso. Si deve ricordare che il segretario di Vittoria, Giuseppe Jova, era stato segretario di Giberti e in seguito aderì alla Riforma; condannato a morte si mise in salvo allontanandosi dall’Italia. La forte spiritualità di Vittoria si manifesta anche nelle lettere. Il carteggio di Vittoria Colonna è vasto, importante e conosciuto; le sue lettere erano dirette non solo ai famigliari ma anche all’imperatore e al papa. Dopo la morte del marito fu tanto il dolore che decise di ritirarsi in convento a Roma presso il convento delle Clarisse allora annesso alla Chiesa di San Silvestro, dove strinse amicizia con varie personalità ecclesiastiche che alimentavano una corrente di riforma all'interno della Chiesa cattolica, tra cui, soprattutto, Juan de Valdés e Bernardino Ochino. Non rimase a lungo in pace perché il fratello, Ascanio I Colonna, entrò in conflitto con papa Clemente VII, e in tale occasione Vittoria Colonna si trasferì prima a Marino e poi di nuovo a Ischia per cercare di mediare fra i contendenti. Questo le evitò di vivere in prima persona la traumatica esperienza del sacco di Roma del 1527 e le consentì di prestare aiuto alla popolazione e di riscattare prigionieri anche grazie ai propri beni. Ritornata a Roma nel 1531, conobbe Pietro Carnesecchi e nel 1535 e intrecciò con l'umanista fiorentino un rapporto di amicizia. In seguito volle compiere un viaggio in Terra Santa; si trasferì quindi a Ferrara nel 1537, in attesa di ottenere i permessi dal Papa, con l'intenzione di imbarcarsi da Venezia. Tuttavia non partì: la salute malferma la costrinse a rinunciare all'idea.  Nel 1536 o 1538 è da collocarsi il primo incontro con Michelangelo Buonarroti.Nel 1539 rientrò a Roma dove crebbe l'amicizia con Michelangelo, che la amò platonicamente, enormemente e su cui ebbe una grande influenza, verosimilmente anche religiosa. Michelangelo era profondamente unito a Vittoria Colonna da una profonda e sincera amicizia tanto da dedicarle anche dei madrigali, e fu veramente scosso quando ella morì, perché aveva perso una grande amica. Nel 1541 il fratello entrò per la seconda volta in conflitto con papa Paolo III, giungendo a fomentare una rivolta. Vittoria, allora, si trasferì a Viterbo dove conobbe il cardinale Reginald Pole.  Dopo 3 anni di soggiorno viterbese, nel 1544 rientrò a Roma dove, nel 1547 morì, salvandosi da una probabile inchiesta dell'Inquisizione che perseguitò molti dei suoi amici. Nel 1544 lasciò Viterbo per Roma, dove prese alloggio presso le monache benedettine di Sant’Anna. Negli ultimi anni di vita riprese con più intensità il rapporto con il Buonarroti con il quale si intratteneva in lunghe conversazioni, come testimonia il pittore Francisco de Hollanda, vissuto a Roma dal ’39 al ’48 con l’incarico di far relazione a Carlo V sugli avvenimenti romani. Nel ’46 Vittoria scrive a Michelangelo «cognoscerete che de’ miei quasi già morti scritti ringrazio solamente il Signore…». Morì il 25 febbraio 1547.
Il rapporto epistolare e di amicizia tra Vittoria Colonna e Michelangelo,
Una delle lettere di Vittoria a Michelangelo, le poche rimaste, “Magnifico messer Michelangelo, sì grande è la fama che vi dà la vostra virtù, che mai forsi haveresti creso che per il tempo né per cosa alcuna fussi stata mortale, se non veniva nel cor vostro quella divina luce, che ve ha dimostrato che la gloria terrena, per longa che sia, ha pur la sua seconda morte. Sì che, riguardando nelle vostre sculpture la bontà de colui che ve ne ha fatto unico maestro, cognoscerite che io de’ miei quasi già morti scritti ringratio solamente il Signor, perché l’offendeva meno scrivendo, che con l’otio hora non fo. Et ve prego vogliate aceptar questa mia voluntà per arra de l’opere future. Al vostro comando la marchesa de Pescara.”Michelangelo Buonarroti con lei intrecciò un fittissimo scambio epistolare, a testimonianza di una profonda amicizia. Un sentimento che non andrà oltre per l’omosessualità dell’artista. scrive il Buonarroti alla scomparsa di Vittoria, “Morte mi tolse un grande amico”, descritta come “Un uomo, una donna, anzi un Dio” e che  Michelangelo ritrae in alcuni dipinti..molte delle lettere furono probabilmente bruciate per evitare il Tribunale dell’Inquisizione a Michelangelo. Tra Vittoria Colonna e Michelangelo ci furono molti anni di corrispondenza epistolare , e restano a testimonianza  due missive michelangiolesche e cinque della marchesa. Il Buonarroti nel 1540 le inviò un piccolo quadro, una Crocifissione per la propria cappella privata; i bozzetti della Crocifissione sono conservati al British Museum di Londra e al Louvre di Parigi: l'artista aveva dipinto soltanto il Cristo, la Vergine e la Maddalena e, quando nel 1547 Vittoria morì, Michelangelo modificò il quadro raffigurando Vittoria come Maddalena. Una copia si trova nella concattedrale di Santa Maria de La Redonda a Logroño
Periodo viterbese della Marchesa Vittoria Colonna, nobile romana e poetessa:  quando il marito di Vittoria nel 1525 morì in battaglia, questo grave lutto, le creò una profonda depressione, tanto che pensò in un primo momento al suicidio, ma poi decise di ritirarsi in convento, per un periodo si ritirò presso il convento delle Clarisse allora annesso alla Chiesa di San Silvestro a Roma, dove strinse amicizia con varie personalità ecclesiastiche che alimentavano una corrente di riforma all'interno della Chiesa cattolica, tra cui, soprattutto, Juan de Valdés e Bernardino Ochino, ma non vi rimase a lungo. Fu poi nel 1541 che decise di trasferirsi a Viterbo, dove rimase per 3 anni fino al 1544, qui, la poetessa fu anche  in rapporto epistolare con Giulia Gonzaga alla quale scrive ringraziandola per aver inviato a Viterbo una copia del commentario di Valdes alle epistole paoline. A Viterbo le è dedicato un Largo a lei intitolato: Largo Vittoria Colonna che si trova dietro piazza Dante. Vittoria era stata per la prima volta a Viterbo nel 1512, non ancora ventenne. Vi si stabilisce dal 1541  ospite del monastero di Santa Caterina, proveniente probabilmente da Orvieto dove si era rifugiata dopo la morte dell’amato marito Ferdinando e a seguito del dissidio insanabile tra un di lei fratello e il pontefice. A Viterbo Vittoria frequenta il cardinale Reginald Pole, di dieci anni più giovane e parente di Enrico VIII Tudor, che nella nostra città, presso il palazzo di piazza della Rocca, ha fissato la propria dimora come Legato del Patrimonio di San Pietro. Una amicizia nata probabilmente dalla comune radice del dolore: lei aveva perso tragicamente il consorte, lui prematuramente la madre. Un legame che dà vita a un autentico salotto spirituale, frequentato dalle più belle menti del tempo. Un gruppo di persone, ecclesiastici e laici, che si dedica alla lettura e alla meditazione delle sacre scritture, ma anche allo studio degli scritti di Martin Lutero. Una visitazione a tutto campo, ovviamente vista con inquietudine dalla Chiesa. Secondo alcuni cronisti dell’epoca, Vittoria rischia addirittura di finire sotto processo del Sant’Uffizio, insieme al cardinal Pole. L’imputazione? La più classica e inflazionata del tempo: eresia. A salvarla – si dice – è soltanto la morte, sopraggiunta il 25 febbraio del 1547. La nobildonna lascia al monastero di Santa Caterina trecento scudi da consegnare alle monache del cardinale Pole. Il circolo viterbese va così perdendo in tempi rapidissimi la linfa vitale che lo aveva nutrito, quella sprigionata dal connubio tra la marchesa e Reginald. Nell’ormai fatiscente convento ci sarebbe ancora una iscrizione, riportata dallo storico, Andrea Scriattoli: “Vittoria Colonna/ fra poeti italici del suo secolo prima/ per ingegno dottrina beneficienza/ dovunque chiarissima/ soave modesta/ che/ perduto il consorte/ Ferdinando Francesco d’Avalos marchese di Pescara/ qui tenne lunga dimora/ dall’anno 1512 al 1544/ cultrice esemplare del vedovaggio/ come in giovinezza/ della Cattolica religione/ agitata e commossa/ le suore del monastero/ perché la memoria di tanta virtù/ ai futuri durasse…”. L’iscrizione sarebbe ancora all’interno del convento di Santa Caterina, largo Vittoria Colonna, a un passo da piazza Dante e a un altro passo dall’antico ospedale di San Simone e Giuda. Due edifici sigillati nella loro fatiscenza. Autentici, emblematici, fulgidi monumenti – si fa per dire – di come la città conservi la propria memoria.
A Pescara
il nome di Vittoria Colonna fu inciso nel 1949, in un distico commemorativo in una delle quattro testate laterali del nuovo Ponte Risorgimento , insieme a quelli per Francesco Fernando d'Avalos, di Gian Girolamo Acquaviva e Muzio Attendolo Sforza. Sempre a Pescara sono dedicati a Vittoria una strada, la biblioteca comunale del Museo delle Genti d'Abruzzo e la Galleria civica di arte moderna e contemporanea. La profonda amicizia tra Michelangelo Buonarroti e la marchesa Vittoria probabilmente fu uno dei fattori che contribuirono alla sua fama; ad ogni modo la Marchesa Vittoria  venne menzionata già dall'Ariosto, nell'Orlando Furioso, dove è lodata sia per la bellezza dei versi dedicati alla memoria del marito, sia per la fedeltà coniugale. Accanto al marito, Vittoria è protagonista della novella La tentazione del Pescara (1887-88), di Conrad Ferdinand Meyer. In ambito teatrale, Vittoria Colonna compare nell'ultimo atto de La Renaissance di Joseph A. de Gobineau ] accanto a Michelangelo, che la considera sua pari per grandezza spirituale; inoltre, è tra i personaggi del dramma Michael Angelo di Henry Wadsworth Longfellow, che nell'opera cita quasi letteralmente diversi brani del suo carteggio. Nel "Michelangelo" di Hans K. Abel, Vittoria, grazie al suo equilibrio e alla sua maturità, svolge il ruolo di guida spirituale dell'artista, mentre Eberlein, nell'introduzione al suo Michelangelo, in cui Vittoria è amata senza speranza dallo scultore, la definisce "la donna spiritualmente più ricca del suo tempo". Nella commedia Michelangelo di Pfordten, Vittoria è determinante per il lieto fine della vicenda; nel Michelangelo di Nedden, è un'immagine evocata dalla fantasia del protagonista, che però gli darà la forza di riprendere il lavoro a San Pietro; nel Michelangelo di Krleza, diviene simbolo della forza salvifica della donna, nonché ispiratrice dell'artista. Giacometti intitola La Marchesa di Pescara la seconda parte del suo Michelangelo Buonarroti; qui Vittoria è una presenza costante, attiva anche nelle questioni politiche. Anita Barbiani,nel suo "Michelangelo", propone un ritratto storicamente attendibile della marchesa. In Bussotti, Vittoria rappresenta la Verità, mentre in Veronesi, pur incarnando la figura di Diotima, è anche un personaggio reale. La presenza della Colonna in opere tanto eterogenee dimostra come la sua figura abbia lasciato un segno profondo nell'immaginario letterario.
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Ex Chiesa Monastero S. Caterina, piazza Dante, Viterbo centro storico

Vittoria Colonna nobile romana soggiornò a Viterbo ritratto opera di Andrea del Piombo

vittoria colonna nobile romana viterbo vita opere

Vittoria Colonna ritratto opera di Andrea del Piombo

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