Piazza Sant'Agostino,Vie di Viterbo, Piazze di Viterbo, Viterbo, Anna Zelli sito ufficiale web www.annazelli.com
Piazza S. Agostino |
piazza sant'agostino viterbo centro storico |
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PIAZZA
SANT'AGOSTINO |
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Piazza della Trinità Via SS Maria Liberatrice Sant'Agostino Chiesa Santissima Trinità Mappa Colle della Trinità Piazza della Trinità Colle della Trinità Mappa colle San Faustino Piazza San Faustino Colle San Faustino Mappa Colle S. Francesco Piazza San Francesco Colle San Francesco Piazza della Rocca Mappa zona Sacrario Viterbo Valle Faul Mappe zone Viterbo
Guida Turistica Viterbo
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Piazza Sant'Agostino, Viterbo, centro storico, la piazza va a piazza della Trinità, a via Sant'Agostino, a via Santa Maria Liberatrice, a via Santa Maria in Volturno. Qui un tempo c'era l' Ex Monastero e Chiesa di Sant'Agostino, scomparso, un complesso che degradava fino a Valle Faul, nei pressi dell'Urciono, ma è del tutto scomparso insieme alla piccola chiesa ad esso annessa. In questa piazza c'è un nasone, fontanella che eroga acqua ad uso pubblico, peccato che a Viterbo lì'acqua non sia potabile in quanto contiene arsenico.Vi è anche una breve scalinata che da Santa Maria in Volturno immette alla piazza. La via è dedicata a Sant'Agostino.
Ex Chiesa e monastero di sant'Agostino,
demoliti, un tempo sede delle
monache Cistercensi, che nel 1095 era a Ferento,
nel 1310, Papa Giovanni XXII unì la chiesa, al
Vescovato di Viterbo e successivamente, le
monache intorno al 1400 decisero di trasferirsi
a Viterbo. In un primo momento abitarono una
casa vicino alla Porticella (antica porta
scomparsa dopo l’edificazione di via SS Maria
Liberatrice), presso la Trinità. Nel 1439
facevano la fame e, con l'approvazione del
cardinale Riario e seguente conferma di papa
Alessandro VI, cedettero il loro piccolo
ricovero alle mantellate dell'Ordine
Agostiniano. Le mantellate sin dal 1419
occuparono un monastero presso la Trinità, poi,
nel 1492 si trasferirono nel
Monastero di santa Maria
in Vulturno, così chiamato in ricordo del
Monastero di Sancta Maria de Boturnoe della
presunta vicinanza del Fanum Vultumnae di frate
Annio (1432 - 1502). In seguito, dal 1510,
furono costruiti un monastero ed una chiesa che
assunsero il nome di santa Maria in Volturno,
furono acquistati degli stabili, su
autorizzazione del 28 Novembre 1511, da parte
del Cardinale Egidio (1469-1532) da Viterbo.
vedi :
Monastero Santa
Maria in Volturno, demolito, sembra
che la titolazione a S. Maria in Volturno
derivasse dal fatto che l’edificio monastico
fosse stato costruito su una collina che, in età
etrusca, ospitava il Fanum Voltumnae, il
leggendario luogo di culto della divinità
Velthune narrato da Livio, Diodoro, Varrone e
dal poeta Properzio, In realtà, S. Maria in
Volturno altro non era che il nome tramandato
dall’antico monastero che era stato evacuato
dalle cistercensi all’inizio del ‘400.Ad ogni
modo lungo la via di San Maria del Volturno, a
Viterbo, nella zona della Trinità, un tempo
c’era un monastero femminile, demolito tra il
1949 e il 1951, per edificare le nuove case. In
questa zona, un tempo, c’era un antico
monastero chiamatodi Santa Maria in Volturno già
presente qui dal 1400, e sempre qui c’era una
porta chiamata la Porticella ed anche questa
venne demolita alla fine del 1500 per la
realizzazione della via di Santissima Maria
Liberatrice. Queste monache provenivano da
Ferento ed aderirono alla regola Agostiniana,
queste terziarie Agostiniane erano chiamate
Mantellate. Successivamente il monastero venne
ampliato e venne edificata una chiesa. A Viterbo
vi erano vari monasteri, tra questi le Terziarie
francescane che avevano la loro sede nel
convento armeno dei SS Simone e Giuda a piazza
della Vittoria, nei pressi di piazza Dante.
Alcune monache ebbero dimora in un edificio nei
pressi della Chiesa San Salvatore a piazza San
Carluccio ed altre al Convento di San Bernardino
a piazza della Morte, e altre dimorarono presso
la Chiesa di Santa Maria della Pace. Monache
Terziarie servite vivevano in un oratorio
confinante con Santa Rosa. Altre erano nella
contrada San Martino e altre a San Tommaso. Un
altro convento era quello di Santa Caterina a
piazza Dante, voluto nel ‘500 dalla nobile
romana Vittoria Colonna. Il Monastero delle
terziarie agostiniane, prese il titolo di
Monastero di Santa Perpetua e Felicita, due
martiri del III secolo. Nel 1534 le agostiniane
delle SS. Perpetua e Felicita erano diciotto e
nel 1544 venne ampliato il loro dormitorio.
Successivamente questo monastero venne accorpato
al Monastero di Santa Maria in Volturno.Con il
Concilio di Trento, il 29 maggio 1566 papa Pio V
emanò quindi la bolla Circa Pastoralis che
imponeva la clausura anche alle terziarie di
qualsiasi ordine, nel del 1572, papa Gregorio
XIII ebbe a prescrivere la clausura anche per
tutte le converse, ossia quelle religiose che
professavano i soli voti semplici e che,
appartenendo a classi sociali inferiori, si
occupavano prevalentemente delle faccende
domestiche del monastero. Questo stao di
clausura tolse alle monache la possibilità di
raccogliere elemosine per il loro sostentamento
e pertanto successivamente si chiese una dote a
chi volesse entrare in convento.Nel 1574 dal
vescovo Cardinale Giovanni Francesco Gambara
stabilì che, secondo la capacità delle strutture
e l’entità delle rendite disponibili,che il
contingente massimo di monache da accettare per
ogni convento femminile cittadino fosse: per S.
Rosa il limite era di 50 religiose, per S.
Caterina 45, per S. Bernardino e per Ss. Simone
e Giuda 40, per S. Domenico 20 e, in fine, per
S. Maria in Volturno il numero era di 25.Ad ogni
modo nel XVII secolo il convento di Santa Maria
in Volturno ospitava 60 donne tra suore ed
educande. Nel 600 questo monastero venne
chiamato delle Agostiniane. Nel 1679 il
Cardinale Stefano Brancaccio, vescovo di
Viterbo, inaugurò la chiesa di Sant’Agostino. Il
monastero si estende tra tra via Santa Maria in
Volturno, via dei Magliatori e piazza
Sant’Agostino. Il XVIII secolo segnò l’inizio di
un lento declino per la comunità agostiniana,
sia per un aggravamento delle condizioni
economiche che per il calo delle monacazioni. Il
richiamo per la tradizionale vita claustrale era
gradualmente entrato in crisi a causa
dell’affermazione di un nuovo modello di
religiosità femminile dedito ad attività
assistenziali ed educative, come ad esempio le
Maestre Pie Venerine e Filippini, fondazioni che
non prevedevano più l’obbligo della clausura e
la dote monacale. Così come gli altri complessi
conventuali cittadini, anche il monastero di S.
Agostino subì gli effetti delle confische che
colpirono il clero durante la Repubblica Romana
del 1798 e la successiva occupazione napoleonica
(1810-1815). Ma il colpo definitivo alla
sopravvivenza delle mantellate fu portato dalle
leggi con cui il Parlamento italiano nel 1873
decretò la soppressione degli ordini religiosi e
il conseguente incameramento dei beni
ecclesiastici da parte del Regno sabaudo; sul
finire dell’anno gli agenti demaniali presero
possesso di tutti i monasteri e conventi
viterbesi, compreso quello di S. Agostino.
Inizialmente si pensò di convertire l’area in
caserma, ma nel 1911 il monastero divenne
proprietà del Comune, che qualche tempo dopo lo
utilizzò come edificio residenziale per ospitare
alcune famiglie viterbesi. Nel 1923 passò alla
“Società Anonima Costruzioni Edilizie” che, tra
l’altro, ristrutturò la chiesa per farne un
garage per le auto della Polizia Stradale.
Gravemente danneggiato dai bombardamenti della
seconda guerra mondiale, il monastero fu quindi
venduto all’Istituto Case Popolari che nel 1951
lo rase al suolo per consentire la realizzazione
di nuove case per l’edilizia popolare. La
fontana ottagonale del cortile cinquecentesco
venne allora spostata nel chiostro di S. Maria
della Verità, mentre il bel portale
rinascimentale dedicato a Pio II fu utilizzato
come cornice per la porta posteriore della
chiesa di S. Giovanni degli Almadiani.La
facciata della chiesa fu smontata e i suoi
componenti vennero numerati con l’intento di
ricomporli in altro luogo, ma quel progetto non
vide mai la luce. Bibliografia di Ser Marcus de
Montfort E clicca sotto per maggiori
informazioni. Sant'Agostino Sant'Agostino vita opere storia Sant’Agostino, vita opere storia, Viterbo, Agostino Aurelio nacque a Tagaste piccola città della Numidia in Africa il 13 novembre 354 da una famiglia di classe media, primogenito,di piccoli proprietari terrieri, il padre Patrizio era pagano, violento e dai costumi poco morigerati, mentre la madre Monica, proveniva da una buona famiglia cristiana, ed era una donna mite e pia, oltre ad Agostino, ebbe altri due figli. Agostino non venne battezzato da piccolo, perché secondo l’usanza dell’epoca si veniva battezzati in età adulta, andò a scuola ed imparò a leggere a scrivere e a fare di conto. Il padre voleva che il figlio diventasse un retore, un maestro di lettere e di eloquenza e quindi lo mandò a studiare a Madaura, la città più importante di Tagaste. Agostino si applicò con ardore agli studi dei classici latini, e meno alla lingua greca che mai imparò a padroneggiare. Venne aiutato a proseguire gli studi da un ricco e generoso concittadino, il nobile Romaniano, e così nel 371 potè andare a studiare a Cartagine, che era la grande capitale romana d’Africa. Ben presto imparò la retorica, la dialettica, la geometria, la musica, la matematica, ma oltre all’impegno negli studi conduceva anche una vita dissoluta. Dopo nemmeno un anno si accompagnò con una ragazza che gli diede un figlio Adeodato, però non si sposò mai, nonostante la relazione si protrasse per oltre un decennio. In Agostino vi erano due anime una dedita ai piaceri della vita e l’altra che lo tormentava per lo smarrimento della fede. La madre, Monica, lo aveva educato secondo i principi del più ortodosso cristianesimo, ma la mente inquieta di Agostino vedeva la religione intollerabile nei dogmi e cercò la verità altrove. Fu in quegli anni che maturò la sua vocazione di filosofo, dopo aver letto l’Ortensio di Cicerone, il libro lo aveva particolarmente colpito, perché Cicerone affermava, che soltanto la filosofia poteva aiutare la volontà ad allontanarsi dal male e ad esercitare la virtù. Provò anche a leggere la Bibbia, ma le Sacre letture non dicevano niente alla sua mente razionale e la religione professata dalla madre gli appariva come una superstizione puerile, quindi cercò la verità nel manicheismo. Il Manicheismo era una religione orientale fondata nel III secolo d.C. da Mani, che fondeva elementi del cristianesimo e della religione di Zoroastro, suo principio fondamentale era il dualismo, cioè l’opposizione continua di due elementi egualmente divini, uno buono e uno cattivo, che dominano il mondo e anche l’animo umano. Nel 374 iniziò a seguire i Manichei, ma solo nella posizione di uditore, non andando mai oltre. Nel frattempo morì il padre Patrizio, che la madre Monica era riuscita a convertire al cristianesimo, ed allora Agostino tornò a Tagaste e cominciò a dare lezioni per guadagnarsi da vivere. Strinse amicizia con uno dei suoi allievi Alipio, amicizia che non si sciolse mai. In un primo momento venne accolto dalla madre, ma le sue idee eretiche e la sua condotta poco morale, spinsero Monica a cacciarlo di casa, che continuò a pregare affinchè il figlio si ravvedesse. Dopo di che aiutato dal suo benefattore Romaniano tornò a Cartagine, vi rimase per otto anni, avendo aperto una scuola di eloquenza, in questo periodo, pubblicò il suo primo libro, De Bello e del Convenevole, e più maturo, iniziò ad allontanarsi dal manicheismo, anche se per motivi pratici non ruppe subito definitivamente. A causa della sua inquietudine interiore, Agostino maturò l’idea di andare in Italia, che si concretizzò definitivamente perche mal sopportava i suoi studenti indisciplinati che erano soliti mettere a soqquadro la scuola e le aule. Pertanto nel 383, di notte, e di nascosto dalla madre che non voleva che partisse, si imbarcò alla volta di Roma. A Roma venne accolto da un uditore manicheo al quale era stato raccomandato dai suoi confratelli di Cartagine. Si ammalò e fu sul punto di morire. Ripresosi, cercò degli studenti, i quali sebbene più educati di quelli cartaginesi, avevano però la brutta abitudine di piantarlo senza pagarlo. Agostino iniziò anche a sentirsi a disagio perché pur essendo grato ai manichei per gli aiuti, non ne condivideva più le idee. Soprattutto perché alcuni di loro conducevano una vita disonesta. Quindi si trasferì a Milano, quando Simmaco prefetto di Roma, ricevette la richiesta di un bravo maestro di retorica per la pubblica accademia. Agostino partecipò al concorso per l’assegnazione di quel posto e lo vinse e nel 384 si trasferì a Milano, dove poco dopo lo raggiunse anche la sua donna e il figlioletto Adeodato. Anche la madre Monica e il suo fedele amico Alipio, si trasferirono a Milano, da Agostino. Giunto a Milano Agostino fece visita al vescovo Ambrogio, che lo accolse benevolmente, Agostino iniziò a partecipare alle sue omelie, che ebbero una influenza positiva e che lo spinsero ad allontanarsi definitivamente dai Manichei. Tornò ad occuparsi della ricerca della verità, lesse alcuni testi di Platone e le lettere di San Paolo e gli si aprì la convinzione dell’esistenza di un Intelletto supremo, della incarnazione del Verbo e dell’Amore di Dio, pur rimanendo ancora in conflitto con se stesso tra la carne e lo spirito. Rimandò in Africa la sua compagna e su suggerimento della madre Monica si preparò a contrarre le nozze con una fanciulla di suo pari rango. Ma in lui iniziò a maturare l’idea della castità e del distacco dal mondo, e dopo due anni nel 386 Agostino si sentì convertito. Lasciò la cattedra e con alcuni suoi fedeli compagni si ritirò a Cassiciaco, forse l’odierna Cassago in Briaza. In una villa offerta dall’amico Verecondo. Qui nella quiete campestre si dedicò allo studio delle Scritture, dei Salmi e scrisse: Contro gli Accademici, La vita Beata, Dell’Ordine e dei Soliloquii. Si preparò al battesimo che ricevette nella notte di Pasqua del 387 per mano di Sant’Ambrogio, insieme con il figlio Adeodato e l’amico Alipio. Agostino decise di lasciare l’Italia e di tornare in Africa, insieme anche alla madre. Ad Ostia mentre erano in attesa di imbarcarsi, Monica, benché felice per la conversione del figlio, si ammalò e morì. Agostino decise di rimanere a Roma, e vi rimase per un anno, durante il quale si diede da fare per convertire i manichei, a tal proposito, scrisse due libri : Sui Costumi della Chiesa Cattolica, e Sui Costumi dei Manichei. Dopo di che salpò alla volta di Cartagine, si ritirò con i suoi compagni nel podere paterno fuori Tagaste, conducendo una vita di preghiera e di studio insieme ai suoi compagni che lo consideravano come loro superiore. Qui si posero le basi della regola monastica che il Santo dettò e che prese il suo nome, e che anche oggi è seguita da numerose congregazioni. In quel tempo Adeodato, morì, figlio amato e sempre seguito amorevolmente dal padre. Negli anni successivi si dedicò all’approfondimento del dogma cristiano e ad approfondire le Sacre Scritture, durante questo periodo scrisse Sul Genesi, e altri libri come: Della Musica, Del Maestro. Nel 391 si recò a Ippona per confortare nella fede persone che desideravano convertirsi. Non tornò più a Tagaste. Venne proclamato prete per la sua fama di oratore e per la sua dottrina, Agostino si sentiva indegno di tanto onore, ma accettò perché vi vedeva un segno della volontà di Dio. Chiese al vescovo Valerio di potersi preparare al nuovo ministero, il quale gli concesse un orto poco distante dalla chiesa dove Agostino radunò i monaci e qui visse fino alla fine dei suoi giorni, Tra il 395 o il 396 venne nominato coepiscovo di Valerio e alla sua morte gli successe nella Cattedra di Ippona, che tenne per tuto il resto della sua vita. Il primo suo biografo fu Possidio vescovo di Calama e suo discepolo, che ne narrò diffusamente le virtù del Santo e le fatiche apostoliche dei 35 anni di episcopato. Le sue attività dottrinali, l'influenza delle quali era destinata a durare molto a lungo, furono molteplici: predicava frequentemente, a volte per cinque giorni consecutivi; scrisse lettere che trasmisero a tutto il mondo conosciuto la sua soluzione per i problemi dell'epoca; lasciò la sua impronta su tutti i concili africani ai quali partecipò, e lottò infaticabilmente contro tutte le eresie. Agostino operò una prima distinzione fra il male fisico del corpo e il male morale dell'anima, legato al peccato. In questo modo superò una convinzione diffusa nel periodo precedente, che concepiva la malattia e il dolore come una conseguenza e una sorta di punizione divina delle azioni umane. Agostino escluse questa possibilità poiché "Dio è Amore", e un'eventuale espiazione dei peccati si colloca in una vita ultraterrena. Dolore, fame, malattia e peccato hanno però la stessa origine metafisica, ontologica, sono mancanza di essere, nell'anima e nel corpo, così come teorizzava la filosofia classica. Il male non è concepibile da parte di Dio, mentre lo è da parte dell'uomo, che può attuarlo poiché è creato libero, "a immagine e somiglianza di Dio", come afferma la Genesi. In questo senso l'uomo può fare il male, mentre Dio no. Ciò non significa che l'uomo è più libero, o che la divinità cristiana non è onnipotente, ma che l'uomo, errando, può commettere atti che lo rendono imperfetto e infelice. Non commettere il male non è un limite, ma un segno di perfezione. Agostino, come Socrate, sostenne l'intellettualismo etico, ossia che il male si manifesta per ignoranza, ed esclude nuovamente il male dalla natura divina perché questa è onnisciente. In altre parole, Dio non può fare il male per un motivo ontologico, perché il male è mancanza di essere, mentre lui è "Essenza", che non ha nulla fuori di sé, e per uno gnoseologico-etico, per il quale chi ha la conoscenza ed è veramente libero non commette atti legati all'ignoranza del proprio bene, e che negano la propria libertà. L'uomo è libero al punto di negare la propria libertà innata, compiendo il male; la fonte dell'essere e della conoscenza sono la medesima, e da entrambe deriva l'esclusione di una deviazione etica in un essere perfetto. Lo scisma donatista fu l'ultimo episodio delle controversie montaniste e novazianiste che agitavano la Chiesa dal II secolo. Mentre l'oriente stava investigando sotto vari aspetti il problema divino e cristologico della "Parola", l'occidente, indubbiamente a causa della sua vocazione più pratica, si poneva il problema morale del peccato in tutte le sue forme. Il problema principale era la santità della Chiesa; il peccatore avrebbe potuto essere perdonato e rimanere al suo interno? In Africa la questione riguardava in particolar modo la santità della gerarchia. I vescovi di Numidia che, nel 312, avevano rifiutato di accettare come valida la consacrazione di Ceciliano alla sede di Cartagine da parte di un traditore, avevano dato il via ad uno scisma che aveva posto queste gravi questioni: i poteri gerarchici dipendono dalla dignità morale del presbitero? Come può l'indegnità dei suoi ministri essere compatibile con la santità della Chiesa? Essendo stato identificato con un movimento politico, forse con un movimento nazionale contro la dominazione romana, al tempo dell'arrivo di Agostino ad Ippona, lo scisma aveva raggiunto proporzioni immense. Comunque, al suo interno è facile scoprire una tendenza di vendetta antisociale che gli imperatori dovevano combattere con leggi severe. La setta nota come "Soldati di Cristo", e chiamata dai cattolici "Circoncellioni" ("briganti", "vagabondi"), associata agli scismatici, fu caratterizzata da fanatica distruttività, causando una severa legislazione da parte degli imperatori. La storia delle lotte di Agostino con i Donatisti è anche quella del suo cambio di opinione sull'utilizzo di misure rigide contro gli eretici. Anche la Chiesa d'Africa, dei cui concili era stato l'anima, lo seguì in questo cambio. Agostino, inizialmente, tentò di ritrovare l'unità attraverso conferenze e controversie amichevoli. Nei concili africani ispirò varie misure conciliatrici, spedì ambasciatori presso i Donatisti per invitarli a rientrare nella Chiesa o, almeno, esortarli ad inviare deputati ad una conferenza (403). I Donatisti accolsero questi inviti dapprima col silenzio, poi con insulti e infine con tale violenza che Possidio, vescovo di Calama e amico di Agostino, sfuggì alla morte per puro caso, il vescovo di Bagaïa fu lasciato ricoperto di orribili ferite e la vita del vescovo di Ippona subì vari attentati. Questa violenza dei Circoncellioni richiese una dura repressione, e Agostino, apprendendo delle molte conversioni che ne seguirono, da allora approvò l'impiego di leggi rigide, pur non volendo mai che l'eresia fosse punibile con la morte. Nonostante ciò, i vescovi erano ancora favorevoli ad una conferenza con gli scismatici e, nel 410, un editto promulgato dall'imperatore Onorio pose fine al rifiuto dei Donatisti. Nel giugno 411, alla presenza di 286 vescovi cattolici e 279 vescovi donatisti, fu organizzato a Cartagine un solenne Concilio. I portavoce dei Donatisti erano Petiliano di Costantina, Primiano di Cartagine e Emerito di Cesarea, gli oratori cattolici Aurelio di Cartagine e Agostino. Alla questione storica in discussione, il vescovo di Ippona provò l'innocenza di Ceciliano e del suo consacratore Felice, sostenendo, nel dibattito dogmatico, la tesi cattolica che la Chiesa, finché esiste sulla terra, può, senza perdere la sua santità, tollerare i peccatori al suo interno nell'interesse della loro conversione. A nome dell'imperatore il proconsole Marcellino sanzionò la vittoria dei cattolici su tutti i punti in discussione. La fine della controversia donatista coincise pressappoco con l'inizio di una nuova disputa teologica che impegnò Agostino fino alla sua morte. L'Africa, dove Pelagio e il suo discepolo Celestio si erano rifugiati dopo il sacco di Roma da parte di Alarico, era diventato il principale centro di diffusione del movimento pelagiano. Già nel 412 un concilio tenuto a Cartagine aveva condannato i Pelagiani per le loro opinioni sulla dottrina del peccato originale, ma, grazie all'attivismo di Agostino, la condanna dei Pelagiani, che avevano avuto il sopravvento in un sinodo tenuto a Diospolis in Palestina, fu reiterata dai successivi concili tenuti a Cartagine e a Milevi, e confermata da papa Innocenzo I nel 417. Un secondo periodo di attivismo pelagiano si sviluppò a Roma; papa Zosimo fu inizialmente convinto da Celestio ma, dopo essere stato convinto da Agostino, nel 418 pronunciò una solenne condanna contro i Pelagiani. In seguito la disputa fu proseguita per iscritto contro Giuliano di Eclano, che aveva assunto la guida del gruppo ed attaccava violentemente Agostino.Verso il 426 nacque il movimento dei Semipelagiani, i cui primi membri furono i monaci di Hadrumetum, in Africa, seguiti da quelli di Marsiglia guidati da Giovanni Cassiano, abate di San Vittore. Essi cercarono di mediare tra Agostino e Pelagio sostenendo che la grazia dovesse essere concessa solo a coloro che la meritano e negata agli altri. Informato delle loro opinioni da Prospero d'Aquitania, il santo scrisse il De praedestinatione sanctorum, nel quale spiegava che qualsiasi desiderio di salvezza era dovuto alla "Grazia di Dio" che, perciò, controllava completamente la nostra predestinazione. Nel 426, all'età di 72 anni, desiderando risparmiare alla sua città il tumulto di un'elezione episcopale dopo la sua morte, Agostino spinse sia il clero sia il popolo ad acclamare come suo ausiliare e successore il diacono Eraclio. In quegli anni l'Africa fu sconvolta dalla rivolta del comes Bonifacio (427); i Visigoti inviati dall'imperatrice Galla Placidia per contrastare Bonifacio e i Vandali che questi aveva chiamato in suo aiuto erano tutti Ariani e, al seguito delle truppe imperiali, entrò ad Ippona Massimino, un vescovo ariano. Agostino difese la propria fede in una conferenza pubblica (428) e con vari scritti. Essendo profondamente addolorato per la devastazione dell'Africa, lavorò per una riconciliazione tra il comes Bonifacio e l'imperatrice; la pace fu ristabilita, ma non con Genserico, il re vandalo. Bonifacio, cacciato da Cartagine, cercò rifugio a Ippona, dove molti vescovi si erano già rifugiati per cercare protezione in questa città ben fortificata, ma i Vandali l'assediarono per ben diciotto mesi. Cercando di controllare la sua angoscia, Agostino continuò a confutare Giuliano di Eclano, ma, all'inizio dell'assedio, fu colpito da una malattia fatale e, dopo tre mesi, il 28 agosto 430, morì all'età di 75 anni. Nel 718 il suo feretro, venerato per secoli a Cagliari dove era stato portato da esuli fuggiti all'invasione vandala del Nordafrica, fu fatto trasportare dalla Sardegna a Pavia, a opera del re longobardo Liutprando. Da allora le sue spoglie sono custodite nella basilica di San Pietro in Ciel d'Oro. (una parte tratta da wikipedia) a Viterbo vi è la Chiesa della Santissima Trinità che segue l'Ordine degli Agostiniani.vedi : Sant'Agostino e Chiesa Santissima Trinità Come arrivare a piazza Sant'Agostino Colle della Trinità Viterbo - Zona Sacrario Fotografie Piazza Sant'Agostino Viterbo centro storico Piazza Sant'Agostino, Vie di Viterbo centro, informazioni turistiche e foto Anna Zelli Piazza Sant'Agostino, Vie di Viterbo centro, informazioni turistiche e foto Anna Zelli Piazza Sant'Agostino, Vie di Viterbo centro, informazioni turistiche e foto Anna Zelli Piazza Sant'Agostino, Vie di Viterbo centro, informazioni turistiche e foto Anna Zelli Nasone a piazza Sant'Agostino Viterbo centro storico Nasone a Piazza Sant'Agostino,Viterbo, info e foto Anna Zelli - Nasoni di Viterbo centro Scalinata a piazza Sant'Agostono Viterbo centro Scalinata a Piazza Sant'Agostino,Viterbo, info e foto Anna Zelli - Scalinate Viterbo centro Chiesa Santissima Trinità dei Pellegrini Viterbo Sant'Agostino vita opere storia Sant'Agostino vita opere storia Colle Trinità - Faustino - S. 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Aggiornato Marzo 2024