Largo Vittoria Colonna ,Vie di Viterbo, Viterbo, Anna Zelli sito ufficiale web www.annazelli.com
Viterbo |
largo vittoria colonna viterbo centro storico | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
LARGO VITTORIA COLONNA |
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Guida Turistica Viterbo
|
Largo Vittoria Colonna, Viterbo centro storico, si accede a questa piazza da via Palazzaccio, da via delle Maestre e da piazza Dante. E' in questa zona di Viterbo che è situata nei pressi di via Mazzini e di piazza Dante, che un tempo c'era la Ex Chiesa dei Santissimi Simone e Giuda,con annesso un monastero e un ospedale, ospedale per la lunga degenza che rimase attivo fino al 1995. Attualmente il Largo Vittoria Colonna ed i dintorni appaiono in uno stato di abbandono totale, Il complesso ha anche un bel chiostro, ma non è visitabile ed è invaso dalle piante, il tutto dipende dai beni Archeologici e Culturali, ma niente si è fatto o si farà al momento per restaurarlo.(anno 2022) vedi: Chiesa dei Santissimi Simone e Giuda. Ex Chiesa SS Simone e Giuda
Ex
Chiesa dei Santissimi Convento, Chiostro, Ospedale e chiesa degli Armeni di Santi Simeone e Giuda, largo Vittoria Colonna, Viterbo, (non visitabili), questo monastero a Largo Vittoria Colonna è poco noto, anche agli stessi viterbesi, un ingresso è su via Raniero Capocci 13, l’altro al Largo Vittoria Colonna. Purtroppo l’antico convento e la chiesa sono abbandonati al degrado, che di certo dura da decenni. Sull’architrave della chiesa si vedono ancora delle scritte in armeno. su una parete del monastero. Andrea Scriattoli (1915 - 1920) : “Vittoria Colonna / fra poeti italici del suo secolo la prima / per ingegno dottrina beneficenza / dovunque chiarissima / soave modesta / che / perduto il consorte / Ferdinando Francesco d’Avalos marchese di Pescara / qui tenne lunga dimora / dall’anno 1512 al 1544 / cultrice esemplare nel vedovaggio / come in giovinezza / della Cattolica religione / per la tristezza dei tempi / agitata e commossa / le suore del monastero / perché la memoria di tanta virtù / ai futuri durasse / P. Q. M. / l’anno 1850 dalla morte di lei 303”. Alla sua morte, Vittoria Colonna lasciò al Monastero di santa Caterina, un legato di trecento scudi, che fu consegnato alle monache dal cardinale. Sugli stipiti dell'ingresso si leggono due epigrafi armene, a testimonianza della gestione del complesso, chiesa e ospedale, da parte degli Armeni stessi fino al 1430-1434. In quella di sinistra si legge: "Io Toros, peccatore, in espiazione dei miei peccati costruii questa porta l'anno 1356"; in quella di destra compare l'alfabeto della lingua armena, in lettere maiuscole su sette linee. Le scritte si stanno deteriorando sempre di più e prima che si sfaldino sarebbe necessario un restauro, o meglio toglierle mettendole in un Museo e sostituirle con una copia. Qui, dal 1915, circa, furono allontanate definitivamente le suore, Il Monastero dei Santi Simone e Giuda, fu adibito ad accogliere l’Ospizio dei Vecchi di san Simone, che era a Pianoscarano, e rimase attivo fino al 1995. Nel 1242 l’Imperatore Federico II (1194-1250) assediò Viterbo che, circondata da ogni parte, fu costretta ad arrendersi. Questo tiranno poi per sua abitazione fece erigere un sontuoso palazzo vicino al monastero di Santa Rosa e alla porta detta della “Verità” Detto palazzo abbandonato, con l’andar del tempo andò in completa rovina onde il Cardinale Rainiero Capocci viterbese e Vescovo di Viterbo ne ordinò la completa demolizione Il suolo fu dato ai Monaci Rumeni di S. Basilio perché vi costruissero un ospedale e una chiesa per i pellegrini della loro nazione. Tale chiesa e tale ospedale presero il nome dei Santi Simone e Giuda. Questo complesso però fu abbandonato dopo appena 10 anni. Era stato lasciato per le continue guerriglie cittadine e per i continui disturbi che turbavano la quiete degli abitanti. Dopo i monaci basiliani, il 1° marzo 1445 vennero i Frati detti Gesuati, fondati dal Beato Giovanni Colombini (1304-1367): costoro oltre ad attendere alla loro santificazione, pensavano anche alla cura dei malati negli ospedali; ma anche questi, dopo 22 anni circa, passarono nel santuario della Madonna della Quercia, perché il Priore del Comune aveva creduto più conveniente affidare a questi l’ufficiatura del miracoloso santuario. Dopo i Gesuiti venne il Terz’Ordine Francescano. In quel periodo a Viterbo, si diffuse la predicazione del grande francescano San Bernardino da Siena (1384-1444), nella quaresima del 1426, portò copiosi frutti: molte donne per riparare il “lusso muliebre, piaga sociale, causa di tanti disordini e rovine delle famiglie” abbracciroano la regola del Terz’Ordine Francescano o della Penitenza, come mezzo efficace per riparare ai loro peccati. Trascorrevano vita in comune ma senza voti, almeno per allora, sotto la direzione di una di loro che veniva chiamata Ministro; nacque così nel 1428 la prima congregazione di Terziarie. All’inizio si trovavano a far vita comune in una casa della contrada San Tommaso, sotto il titolo di Sant’ Agnese, un’altra simile congregazione dimorava nel palazzo degli Anfanelli ed era composta di 6 elementi che avevano come ministra una certa Caledonia, donna di specchiate virtù e una tale Angela da Vetralla come Priora. Queste, vedendo l’abbandono totale del monastero e della chiesa dei santi Simone e Giuda, si rivolsero al Papa Sisto IV, anch’esso francescano, perché desse loro tali locali. La richiesta fu accolta il 26 aprile 1479. Per la loro capacità, la loro industria e le elemosine che affluivano, chiesa e monastero rifiorirono sotto tutti gli aspetti, non escluso quello economico. Venuta però a morte Suor Angela da Vetralla, forse pure per interni dissensi e forse ancora per difetto di viveri, inaspettatamente si sciolse tale congregazione e quindi fu abbandonato tutto: ciò avvenne alla fine di marzo o ai primi di aprile del 1487. Dopo la partenza di queste terziarie, avvenne un episodio: parte delle suore del vicino monastero di Santa Rosa penetrarono furtivamente nel recinto dei locali per impossessarsene, ma il loro poco edificante esempio fallì. Dopo la partenza della prima congregazione terziaria, ne vennero altre, sempre terziarie, sotto la guida dei Frati Minori Osservanti di Santa Maria del Paradiso; venivano chiamate Pinzochere o Beghine francescane o di S. Bernardino: vivevano riunite in una casa vicino alla chiesa di San Sisto. Col tempo poi queste suore furono consigliate a passare tra le Clarisse e di professare la loro regola. Questo avvenne sotto il pontificato di Alessandro VI (1492-1503) che diede facoltà al Priore della chiesa dei Santi Faustino e Iovita di portarsi a San Simone e Giuda; e, a tenore delle disposizioni del suo predecessore Innocenzo VIII (1484-1492), ammettesse tutte quelle suore alla professione della regola delle clarisse perché venissero bene ammaestrate nello spirito della nuova regola abbracciata. Furono messe sotto la guida di sei religiose alla vita del monastero di San Damiano di Roma, fra le quali primeggiava una tale Suor Antonia da Siena. Queste sante riformatrici o formatrici furono accompagnate in Viterbo dal Rev.mo Vicario Generale dei Frati Minori, Padre Angelo da Chivasso (1411-1495); giunsero a Viterbo il 9 Maggio 1493 ed erano ad attenderle il Magistrato e il popolo. Suor Antonia ricevette le chiavi della clausura e fu la prima ad essere investita del titolo di Badessa. Ministro generale dell’Ordine era Padre Francesco Nanni e Ministro Provinciale della Provincia Romana Padre Angelo Cinti da Valmontone. Queste suore furono talmente esemplari nella loro condotta che molte giovani chiedevano di abbracciare la vita claustrale di Santa Chiara; vissero sempre nella piena osservanza della regola professata tanto che nel 1508 alcune di loro furono mandate ad Orvieto per fondare il monastero di Santa Chiara. Pio V poi, volendo riformare il monastero di San Silvestro in Capite di Roma, il 22 febbraio 1570 ordinò al Padre Guardiano del convento del Paradiso, sempre di Viterbo, di accompagnare a Roma quante monache dei Santi Simone e Giuda volessero andare per lo scopo indicato. Il 10 marzo di detto anno, ne scelse 9 e collocatele “dentro un cesto” sopra i muli, le portò a Roma: una di quelle, suor Veronica, fu eletta badessa una certa suor Chiara, Vicaria. Altre suore probabilmente dei Santi Simone e Giuda andarono a Vetralla col proposito di aprire anche lì un altro monastero di Clarisse, ma non ci riuscirono; probabilmente, perché essendo badessa una certa Angelica Brusciotti di Vetralla nel 1514, costei, con i dovuti permessi, pare abbia mandato in Vetralla diverse monache per arricchire la città natale di un monastero di clarisse. Negli anni successivi la vita claustrale dei Santi Simone e Giuda dovette svolgersi tutta regolare. Nel 1527 la città di Viterbo venne occupata dalle truppe ispano-tedesche: il monastero fu saccheggiato e derubato ma le suore non furono soppresse. Nel 1712 una suora, certa Felice Tiberia Marazzi, col permesso dovuto, si trasferì nel monastero di San Bernardino, a piazza della Morte, sempre di Viterbo e qui visse e morì in santità il 24 marzo 1720. Quando fu proclamata la Repubblica Romana il 15-2-1798; si temette ancora una soppressione che non avvenne per allora ma quando il 1 settembre 1810 Napoleone, proclamato imperatore dei Francesi, e sceso in Italia, le suore furono costrette ad abbandonare il monastero e lasciare l’abito: il loro confessore Padre Serafino da Caprarola, per non aver voluto prestare giuramento a Napoleone, fu confinato in Corsica. Dopo la caduta di Napoleone il 12 febbraio 1815 le suore disperse ritornarono nel loro monastero.. Dopo tale ritorno, furono accolte altre suore di altri monasteri: una del monastero del Divino Amore di Montefiascone, una del monastero di Santa Croce di Magliano Sabino e del monastero di Santa Chiara di Orvieto. Altro pericolo grave avvenne nel 1848 durante la repubblica mazziniana: “in quei giorni della repubblica fu invaso il monastero dai rivoluzionari e le suore ebbero molto a soffrire: era giunta la minaccia di soppressione ma anche allora non successe nulla di irreparabile. Ci si mise pure il Cardinale Giovanni Bedini, vescovo di Viterbo che nel 1862 fece di tutto per espellere le suore perché voleva fare del monastero un orfanotrofio, ma non ci riuscì perché i confratelli del convento di Santa Maria del Paradiso si opposero con tutti i mezzi perché non riuscisse tale piano; neanche furono mandati via dai garibaldini nel 1867 anzi li trovarono difensori. Conquistata tutta l’Italia e Roma dagli unitari nel 1870, furono allora applicate, anche a queste nuove conquiste, le leggi di soppressione del 1860: il 1° novembre 1873 fu firmato il decreto d’incameramento del monastero mentre potevano restarvi solo 6 religiose con vitalizio. Nel 1876 il Padre Generale dell’Ordine Bernardino dal Vagno mandò in Dalmazia una delle suore di San Simone e Giuda come maestra delle novizie. Morta questa in santità, ne fu chiesta un’altra ma non fu possibile accontentare la richiesta. Si arrivò così al 1881 quando alcuni maligni comunicarono al governo che altre suore erano state ricevute e accolte nel monastero. Subito il 5 gennaio fu ordinato il trasferimento delle suore con quelle di San Bernardino. I confratelli di Santa Maria del Paradiso fecero molto perché non venisse eseguito tale passo. A ciò si aggiunge anche un particolare: essendo state espulse dal Cairo le monache egiziane, il Governo fu costretto a farle alloggiare in numero di 25 in questo monastero che stava per essere chiuso, altre 4 furono accolte nel monastero di Santa Rosa e 4 in quello di Santa Caterina. Tutto quindi fu rimandato. Comunque tra minacce, incertezze e avverse volontà degli uomini si arrivò al 18 dicembre 1908 quando il Municipio fece sapere che voleva la chiusura del monastero. Il 6 febbraio 1909 tutte le suore, riunite in capitolo, decisero all’unanimità di non riunirsi in alcun monastero ma di trovare altro locale adatto per vivere in pace e ricevere vocazioni. Fu trovato questo locale: un ex convento di Vitorchiano. Prima di abbandonare il loro monastero, per evitare la forte spesa per il trasporto di oggetti d’uso della nuova casa, se ne disfecero tra questi il coro, le campane, il vecchio e inservibile organo, i cinque altari di legno, l’acquasantiera, vari altri immobili, l’altare dell’infermeria ecc. Il 24 luglio 1909 fu fatto un atto di riparazione con una preghiera: fu recitato il Miserere, fu data la Benedizione col Santissimo e fu chiusa la chiesa. Il 31 (sabato) al mattino si fece una santa messa per le religiose defunte del monastero; e a sera inoltrata, le monache accompagnate da vari cittadini e da religiosi del Convento del Paradiso di Viterbo, partirono per la nuova casa. BIBL. Di Galeotti : devo all’amico Bruno Blasi di Tarquinia la stesura di questo articolo sul monastero in parola. Egli mi ha fatto conoscere un manoscritto esistente nell’archivio storico della Società Tarquiniense d’Arte e Storia, dal titolo cronaca del Monastero dei Santissimi Simone e Giuda in Viterbo e trasferimento del Monastero in Vitorchiano. Questi appunti di cronaca furono raccolti dal P. Giustino Fedeli dei Minori di Montecelio, già confessore del monastero, e consegnatone copia al Monastero di Vitorchiano. Nel rimettere tale manoscritto alle suore di Vitorchiano, l’autore dice che vi ha aggiunte diverse annotazioni per dare un’idea delle religioni dei frati che l’hanno abitato BIBL. Wikipedia e Dal libro Mauro Galeotti: "L'illustrissima Città di Viterbo", Viterbo, 2002 e Bruno Blasi, Tusciaup.com Ex Ospedale SS Simone e Giuda
Ex Chiesa Monastero Ospedale Ospedale dei Santi Simone e Giuda a Largo Vittoria Colonna, Viterbo, ormai in stato di abbandono,fu edificato intorno al 1300 quando Pietro Capocci Vescovo di Viterbo concesse a certi monaci Armeni dell’ordine di San Basilio, di poter costruire una Chiesa e un ospedale nella Piazza del Palazzo dell’ Imperatore, posta presso le mura della città, nell’area oggi compresa tra il Monastero di Santa Rosa e il monastero di Santa Caterina . La Chiesa e l’ospedale furono chiamati con il nome di San Simone e Giuda, l’ospedale però veniva anche chiamato degli Armeni, non perché questo accoglieva solamente i pellegrini di questa nazione ma per i monaci che lo governavano. Il Priorato e l’ Ospizio degli Armeni cadde in abbandono verso il 1434.Solo nel 1444 un tale di nome Battista originario di Fermo, e membro della congregazione dei Gesuiti, chiese ad Eugenio quarto di concedergli San Simone a lui e alla sua Congregazione, assicurando al Pontefice che avrebbero riassestato la Chiesa e il Monastero, il Papa accolse tale richiesta con una Bolla del 16/dicembre/1444 e incaricò come Rettore Monsignor Morrerio. I Gesuiti governarono per ventitre anni, fino a quando furono chiamati dal Comune per governare la Chiesa di Santa Maria della Quercia. Così il San Simone ricadde nuovamente in abbandono. Ma a quel tempo a Viterbo c’era una povera congregazione di suore del terzo ordine di San Francesco, chiamate della penitenza, queste non erano suore di clausura, ma desiderose di approdare nel San Simeone chiesero al pontefice Sisto IV il permesso e questo lo concesse. Così il 26 aprile 1479 le suore andarono nella nuova dimora e furono accolte con una grande cerimonia da un Commissario Papale. Con la presenza di queste religiose l’istituto iniziò man mano a perdere il suo squallore e iniziò ad assumere un aspetto rigoglioso. Dopo cinque anni, quando avvenne la morte di Suora Caledonia (che era la superiora), il San Simone era riuscito ad accumulare una buona fortuna in denaro; ma dopo tre anni dalla morte della Suora il San Simeone tornò di nuovo in abbandono. Le Suore di Santa Rosa avendo visto di mal occhio il lussureggiare del San Simeone e avendo paura che questo poteva riaccadere di nuovo decisero di occuparlo, ma questo “assalto” non fu ben accolto dal Comune che le fece ricondurre dentro il loro monastero. In seguito il San Simone con l’autorità del Commissario Papale venne tramutato da allora in poi in un Monastero per Clarisse. Il San Simone cadde sempre più in rovina e dopo alterne vicende divenne convento di clausura per le suore della regola di Santa Chiara e come tale giunse fino alla fine del 1800. Successivamente il convento passò all'amministrazione dell'Ospedale Grande degli Infermi di Viterbo che si trovava tra via San Lorenzo e la omonima piazza, tutt'ora visibile, ma anche questo in stato di abbandono, e divenne la parte in cui venivano ricoverati i malati cronici o di lunga degenza fino agli anni '80 e, fino all'anno 2003, sede del Centro Trasfusionale, dell'Emodialisi e del Servizio di Anatomia Patologica. Il San Simone era un "Ospizio" utilizzato per pazienti anziani e "cronici", in parte la degenza degli "Ospiti" veniva pagata dal Comune di provenienza ed in parte era a pagamento. (Claudia Marucci). L'Ospedale era così strutturato: a piano terra, nel lato coperto del chiostro erano situati: La Cappella, la casa delle suore che gestivano l'Ospedale, il Reparto San Giovanni con circa 30 posti letto in cui venivano ricoverati pazienti autosufficienti; nel lato centrale invece si trovava la farmacia interna, la cucina, la lavanderia e la sartoria che gestiva tutti i capi di vestiario degli ospiti, compresa la biancheria intima, le divise dei dipendenti e tutta la biancheria di stanza (traverse, lenzuola, copriletto, federe asciugamani etc...) tutta la biancheria veniva cucita all'interno della sartoria di S. Simone. Il servizio si occupava anche del rammendo del corredo individuale degli anziani. Nel lato opposto, a fianco della scalinata che portava al piano superiore, si trovava la cantina ed il deposito di materiale vario utilizzato (comprese le botti con vino che all'epoca veniva prodotto in proprio dall'Ente) e formaggi, carne, frutta, verdura, olio etcc... prodotti dall'azienda ospedaliera che all'epoca era anche proprietaria di terreni con allevamenti di bestiame e coltivazioni varie. Al primo piano, dove venivano ricoverati nella maggior parte dei casi degenti cronici che avevano problemi di deambulazione, era situato il Reparto uomini chiamato S. Antonio con circa 60 posti letto; sullo stesso piano si trovavano anche i Reparti femminili: S. Margherita e S. Rita con una capienza totale di circa 100 posti letto. Salendo al secondo piano c'era il Reparto uomini, chiamato S. Domenico, in cui erano ricoverati circa 20 degenti autosufficienti. Descrizione dell’ex ospedale di San Simeone e Giuda a Viterbo, la descrizione di questo ospedale si deve a : Claudia Marucci e all'architettp Gilberto De Giustisi , questo ex ospedale , si trova a ridosso delle mura e a vicino al santuario di Santa Rosa, la struttura si trova a largo Vittoria Colonna e vi si accede da via Palazzaccio. Il grande complesso si compone di diversi corpi di fabbrica che si articolano attorno al chiostro di forma quadrangolare, I volumi sono di altezze diverse, raggiungendo i due o i tre livelli di sviluppo, con copertura a tetto a falde. I prospetti visibili dalla strada sono in muratura mista a vista o intonacati, privi di caratterizzazione, a esclusione delle cornici in tufo che ornano le finestre, disposte irregolarmente sulle facciate. L'accesso principale avviene dal largo Vittoria Colonna, dal portale architravato di forma rettangolare chiuso dalla grata in ferro e sormontato dal finestrone di eguale dimensione e forma. All'interno, il chiostro su due piani è caratterizzato dal porticato a pilastri ottagonali collegati dal basamento a sostegno delle volte a crociera, mentre superiormente la superficie muraria è forata da aperture arcuate; il campo centrale è quadripartito presumibilmente un tempo ornato con aiuole di forma mistilinea. Si segnala la cornice che orna il portale d'ingresso all'ospedale, recante l'iscrizione in latino e armeno. Il chiostro interno presenta un ordine di pilastri di forma ottagonale, coronati da un sintetico capitello e con base poggiante sul podio continuo interrotto solo in corrispondenza degli assi; tutto attorno si snoda il portico con volte a crociera. La chiesa contiene resti di decorazioni pittoriche. Il complesso, con numero identificativo 560465, appartiene alla classe “Architettonici di interesse culturale dichiarato” ed è soggetto alla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma, della provincia di Viterbo e dell’Etruria meridionale. L'edificio è inoltre tutelato ai sensi degli artt. 134 e 136 del D.Lgs. 42/2004. Il complesso rappresenta una significativa testimonianza della storia della città di Viterbo. Esso è infatti legato alle alterne vicende che hanno riguardato la fondazione del convento da parte dei monaci basiliani (Ordine di San Basilio, santo armeno) nel XIV secolo, cui si deve la dedicazione ai santi Simone e Giuda, e, successivamente, il passaggio della struttura all'ordine delle clarisse. Queste ultime, in particolare, furono responsabili del rifiorire della struttura nel XV secolo, grazie all'interessamento del pontefice Sisto IV. Le suore francescane rimasero fino al 1909, con il loro trasferimento nel nuovo monastero di Vitorchiano, per cui il complesso venne adibito ad ospedale dal 1915 fino al 1995. Con la sua lunga storia, l'edificio ha partecipato attivamente alle vicende politiche della città di Viterbo. Il convento fu fondato dai monaci Armeni sui resti di una casa nobiliare appartenuta a Federico II e fu da loro detenuto dal 1430-1434 anche per l'accoglienza dei pellegrini malati. Passato poi alle suore dell'ordine di S. Chiara, il monastero è stato attivo fino al 1906. Dal 1915 al 1995 il complesso fu adibito a ospedale. Il complesso è una testimonianza importante delle diverse fasi della storia di Viterbo. In particolare, documenta le alterne vicende legate al susseguirsi dei diversi ordini religiosi, quello dei monaci basiliani, delle clarisse e delle francescane, e dei loro rapporti a volte conflittuali con il vicino santuario di S. Rosa. La sua storia è legata anche ai drammatici eventi della Repubblica Romana e della successiva invasione napoleonica (1799-1815), nonché di quelli del 1848 e dell'Unità d'Italia. Il complesso è in pessimo stato di conservazione, per via dell'incuria, del lungo stato di abbandono e dei saccheggiamenti di cui è frequentemente vittima. Le superfici esterne sono oggetto di un evidente degrado per l'intonaco lacunoso, che lascia alla vista il paramento murario. Questo risente di fenomeni di erosione e di attacco da parte di piante. Inoltre, si segnala la presenza di numerose aggiunte improprie, tra cui cavi di impianti e l'apertura di recenti finestre. Le aperture sono danneggiate nelle loro cornici e nei loro infissi, spesso rotti. All'interno, il chiostro con il pavimento trecentesco è invaso dalla vegetazione infestante. La chiesa è stata preda di numerosi furti ed è stata molto danneggiata.
BIBL:http://vincoliinrete.beniculturali.it/vir/vir/vir.html
- Santi Simone e Giuda
Santi Simone e Giuda, apostoli del Cristo, a loro a Viterbo, era dedicato un monastero e un convento in Largo Vittoria Colonna, poi trasformato in ospedale che oggi è in totale abbandono. Entrambi vengono ricordati lo stesso giorno in quanto insieme subirono un orrendo martirio, Simone fu fatto a pezzi da una sega e per questa ragione viene venerato come protettore dei boscaioli e dei taglialegna. Di Giuda, detto il Taddeo, da non confondere con quel Giuda che tradì Gesù nell’ultima cena, si hanno scarse notizie, fu detto Taddeo ovvero magnanimo, o Lebbeo ovvero coraggioso, era fratello di San Giacomo il Minore. E’ nominato nei Vangeli, ma di lui si hanno scarse notizie. Era soprannominato come il Cananeo o Zelota, cioè come zelante. Secondo la tradizione Egisippo, lo ricorda come martire tra gli anni 62 o 107, sotto Traiano. Benchè poco conosciuti i due apostoli San Giuda Taddeo e San Simone, erano parenti stretti di Gesù, Giuda Taddeo era figlio di Alfeo, fratello di San Giuseppe e quindi cugino di Gesù, mentre sulla parentela di Simone con Gesù le notizie sono incerte. Le loro reliquie sono custodite nella Basilica di San Pietro a Roma.
Ex Chiesa e
Monastero S. Caterina Ex Chiesa Monastero S. Caterina
Ex Chiesa e
Convento
di
Santa Caterina, piazza
Dante, Viterbo, qui vi soggiornò
Vittoria Colonna,
per 3 anni dal 1541 al 1544. Vittoria Colonna
venne a Viterbo, la prima volta, nel 1525 dove
le giunse la notizia della morte del marito,
infermo a Milano. Si chiamava don Ferrante
Francesco d’Avalos, marchese di Pescara ed era
il più valoroso dei capitani di Carlo V. La
gentildonna rimase talmente sconvolta dal dolore
che si ritirò nel Monastero di santa Caterina.
Vi fece più tardi ritorno e dal 1° Ottobre del
1541 vi dimorò, seppur con brevi spostamenti,
fino al Giugno del 1544. In questo periodo
frequentò il cardinale Reginald Pole, che
ricoprì, dal 12 Agosto 1541, la carica di legato
del Patrimonio di san Pietro a Viterbo, essendo
stato nominato da papa Paolo III. Il Pole si
recava volentieri di persona, nel Monastero di
santa Caterina, per far visita a Vittoria, la
quale ritornò a Viterbo, per un breve periodo,
nel 1545. Vittoria Colonna ebbe anche in questo
periodo viterbese, una intensa corrispondenza
epistolare con Michelangelo Buonarroti. Il
complesso del convento di Santa Caterina, fu
fondato nel 1520 dai domenicani per accogliere
più in là nel tempo, una comunità di monache
benedettine, fu realizzato grazie al sostegno
economico di due nobili viterbesi Nicola Bonelli
e Giambattista Cordelli. Con l’Unità d’Italia
nel 1870 la chiesa e il monastero vennero
soppressi, il complesso fu adibito prima a
Biblioteca, poi a palestra, e poi in Liceo nel
1912.Dell'antica struttura è rimasta all'interno
la ex Chiesa. Vittoria Colonna
Vittoria Colonna
nacque a Marino, aprile nel 1490 o nel 1492, e
morì a Roma il 25 febbraio 1547, di
stirpe nobile fu una importante poetessa..
Appartenente alla nobile famiglia romana dei
Colonna, in quanto figlia di Fabrizio Colonna e
di Agnese di Montefeltro, dei Duchi di Urbino,
ottenne il titolo di marchesa di Pescara. In
quegli anni i Colonna erano alleati della
famiglia D'Avalos e, per suggellare tale
alleanza, concordarono il matrimonio fra
Vittoria e Fernando Francesco quando ancora
erano bambini. I due si sposarono il 27 dicembre
1509 a Ischia, nel Castello Aragonese. Vittoria
Colonna fu circondata durante la sua esistenza
dai migliori artisti e letterati del secolo, tra
questi perfino Michelangelo Buonarroti, Ludovico
Ariosto, Jacopo Sannazaro, Giovanni Pontano,
Bernardo Tasso, Annibale Caro, Pietro Aretino,
Girolamo Britonio, Angelo di Costanzo e molti
altri. Il matrimonio con D'Avalos, sebbene
combinato per servire le politiche di famiglia,
riuscì anche dal punto di vista sentimentale,
anche se i due coniugi non trascorsero molto
tempo insieme a Ischia dove si erano stabiliti.
Nel 1511 Fernando Francesco partì in guerra agli
ordini del suocero per combattere per la Spagna
contro la Francia, qui fu catturato durante la
battaglia di Ravenna nel 1512 e deportato in
Francia. Successivamente, divenne un ufficiale
dell'esercito di Carlo V ma rimase gravemente
ferito durante la battaglia di Pavia, nel 51525.
Vittoria partì subito per raggiungerlo ma la
notizia della sua morte la colse mentre era in
viaggio. Cadde in depressione e meditò il
suicidio ma riuscì a riprendersi anche grazie
alla vicinanza degli amici. Profondamente
colpita dalla perdita del consorte, Vittoria
decise di onorarne la memoria con la poesia
nella quale si fa sempre più evidente il
misticismo; le sue poesie segnano la fondazione
del ‘petrarchismo sacro’, un genere letterario
che riscuoterà molto successo. Dopo la morte del
marito, infatti, si erano accentuati gli
interessi spirituali e religiosi di Vittoria che
aveva annodato relazioni con persone le cui idee
avrebbero influenzato il resto della sua vita.
Fu in relazione anche con Pietro Bembo,
Baldassarre Castiglione, con il vescovo Giberti,
colto letterato umanista e diplomatico e poi
solerte vescovo di Verona dedito alla riforma
dei costumi e alla diffusione di un più intimo e
sentito senso religioso. Si deve ricordare che
il segretario di Vittoria, Giuseppe Jova, era
stato segretario di Giberti e in seguito aderì
alla Riforma; condannato a morte si mise in
salvo allontanandosi dall’Italia. La forte
spiritualità di Vittoria si manifesta anche
nelle lettere. Il carteggio di Vittoria Colonna
è vasto, importante e conosciuto; le sue lettere
erano dirette non solo ai famigliari ma anche
all’imperatore e al papa. Dopo la morte del
marito fu tanto il dolore che decise di
ritirarsi in convento a Roma presso il convento
delle Clarisse allora annesso alla Chiesa di San
Silvestro, dove strinse amicizia con varie
personalità ecclesiastiche che alimentavano una
corrente di riforma all'interno della Chiesa
cattolica, tra cui, soprattutto, Juan de Valdés
e Bernardino Ochino. Non rimase a lungo in pace
perché il fratello, Ascanio I Colonna, entrò in
conflitto con papa Clemente VII, e in tale
occasione Vittoria Colonna si trasferì prima a
Marino e poi di nuovo a Ischia per cercare di
mediare fra i contendenti. Questo le evitò di
vivere in prima persona la traumatica esperienza
del sacco di Roma del 1527 e le consentì di
prestare aiuto alla popolazione e di riscattare
prigionieri anche grazie ai propri beni.
Ritornata a Roma nel 1531, conobbe Pietro
Carnesecchi e nel 1535 e intrecciò con
l'umanista fiorentino un rapporto di amicizia.
In seguito volle compiere un viaggio in Terra
Santa; si trasferì quindi a Ferrara nel 1537, in
attesa di ottenere i permessi dal Papa, con
l'intenzione di imbarcarsi da Venezia. Tuttavia
non partì: la salute malferma la costrinse a
rinunciare all'idea. Nel 1536 o 1538 è da
collocarsi il primo incontro con Michelangelo
Buonarroti.Nel 1539 rientrò a Roma dove
crebbe l'amicizia con Michelangelo, che la amò
platonicamente, enormemente e su cui ebbe una
grande influenza, verosimilmente anche
religiosa. Michelangelo era profondamente
unito a Vittoria Colonna da una profonda e
sincera amicizia tanto da dedicarle anche dei
madrigali, e fu veramente scosso quando ella
morì, perché aveva perso una grande amica. Nel
1541 il fratello entrò per la seconda
volta in conflitto con papa Paolo III, giungendo
a fomentare una rivolta. Vittoria, allora, si
trasferì a Viterbo
dove conobbe il cardinale Reginald Pole. Dopo 3
anni di soggiorno viterbese, nel 1544 rientrò a
Roma dove, nel 1547 morì, salvandosi da una
probabile inchiesta dell'Inquisizione che
perseguitò molti dei suoi amici. Nel 1544 lasciò
Viterbo per Roma, dove prese alloggio presso le
monache benedettine di Sant’Anna. Negli ultimi
anni di vita riprese con più intensità il
rapporto con il Buonarroti con il quale si
intratteneva in lunghe conversazioni, come
testimonia il pittore Francisco de Hollanda,
vissuto a Roma dal ’39 al ’48 con l’incarico di
far relazione a Carlo V sugli avvenimenti
romani. Nel ’46 Vittoria scrive a Michelangelo «cognoscerete
che de’ miei quasi già morti scritti ringrazio
solamente il Signore…». Morì il 25 febbraio
1547. Chiesa Santuario S. Rosa Chiesa e Santuario di Santa Rosa, patrona di Viterbo, si trova in fondo a via di Santa Rosa, si affaccia sul Largo Facchini di Santa Rosa, Viterbo, questa chiesa in origine era intitolata a San Damiano, risale al 1230. in origine era piuttosto modesta ed aveva un portico antistante. Subì rifacimenti ed ampliamenti, man mano che si radicava il culto di Santa Rosa. Benozzo Gozzoli nel 1453 dipinse un affresco sulle pareti raccontando la vita ed i miracoli della Santa, questi però vennero distrutti in un successivo rifacimento della chiesa del 1632, oggi restano solo delle copie fatte dal pittore seicentesco Francesco Sabatini con la tecnica dell'acquarello e conservate nel Museo Civico di Viterbo. L'attuale chiesa è stata ricostruita e consacrata nel 1850, in stile neoclassico, è annessa all'adiacente convento delle Clarisse. Nel 1913 fu aggiunta la cupola, su progetto dell'architetto Arnaldo Foschini, rivestita di maioliche, in seguito occultate da un rivestimento in piombo.Entrando nella chiesa a destra c'è l'altare del Crocefisso, e subito dopo l'edicola, qui è custodita la tomba della santa, che giace all'interno da un'urna di bronzo dorato, affiancata da due angeli in preghiera, risale al 1699, il corpo di Santa Rosa, si presenta pressoché intatto dopo quasi 8 secoli, rivestito da una tonaca di seta che periodicamente le suore del vicino monastero sostituiscono con una nuova.Quest'urna fu fatta costruire dalle monache nel 1699 da Giovanni Giardini da Forlì, argentiere della casa reale d’Inghilterra. Attualmente il monastero è custodito dalle Suore Francescane Alcantarine, congregazione fondata nel 1870 e attiva pastoralmente nella cura dei più poveri e nell’annuncio del Vangelo. In questa Chiesa si ammira anche il polittico del maestro viterbese Francesco d'Antonio da Viterbo, che raffigura la Madonna in trono col Bambino, tra le Sante Rosa e Caterina d'Alessandria; nelle cuspidi, nei pilastri laterali e nella predella sono raffigurati altri santi e sante. Una lapide in fondo alla navata di destra ricorda la consacrazione della chiesa, avvenuta il 25 agosto 1850. Nella chiesa è pure conservata la tomba di Mario Fani, fondatore della Gioventù italiana di Azione Cattolica e morto nel 1869. Annessi alla chiesa sono il Monastero e la casa della Santa, che la tradizione vuole che qui fosse nata e vissuta. Viterbo onora la sua Santa e Patrona ogni anno, il 3 settembre, con il tradizionale trasporto della macchina di Santa Rosa, e la conclusione di questo pio tragitto avviene nel piazzale antistante la Chiesa di Santa Rosa. Per tutte le informazioni e le foto vai a Chiesa Santuario Santa Rosa. Vie di accesso al Largo Vittoria Colonna
Fotografie Largo Vittoria Colonna Viterbo centro storico Largo Vittoria Colonna ,Vie di Viterbo, Viterbo Largo Vittoria Colonna Viterbo centro storico Largo Vittoria Colonna ,Vie di Viterbo, Viterbo Ex Chiesa Monastero e Ospedale SS Simone e Giuda Viterbo Ex Chiesa Monastero e Ospedale SS Simone e Giuda Largo Vittoria Colonna Viterbo Iscrizioni porta ex ospedale SS Simone e Giuda, Largo Vittoria Colonna Viterbo Da vedere : Chiesa Santuario di Santa Rosa - Ex Monastero Santa Catina Santi Simone e Giuda Piazza Dante - Via Mazzini
Mappa zona Piazza della Crocetta - Mappa Salita di Santa Rosa Mappe di Viterbo centro storico Vie di Viterbo centro - Piazze Viterbo centro - Quartieri Viterbo centro storico
Viterbo centro storico - Viterbo dintorni Viterbo guida centro storico - Viterbo dintorni Copyright dal 2011
Tutte le foto
ed i contenuti del presente sito web
sono di Anna Zelli,sono di Viterbo centro storico - Viterbo dintorni Viterbo guida centro storico - Viterbo dintorni
Informazioni Turistiche
città di
Viterbo monumenti di Viterbo centro storico
|
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Città di Viterbo |
informazioni storico turistiche e fotografie della città di Viterbo a cura di Anna Zelli |
torna alla Home
Aggiornato Marzo 2023