Famiglia Mazzatosta Famiglie illustri e nobili di Viterbo,Viterbo, info storiche e foto a cura di Anna Zelli ufficiale web www.annazelli.com
Famiglie illustri Viterbo |
famiglia mazzatosta e le famiglie nobili e illustri di Viterbo | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
FAMIGLIA MAZZATOSTA |
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Famiglia Mazzatosta
Archi di Viterbo centro
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Famiglia
Mazzatosta, Viterbo, famiglia nobile, fu
presente a Viterbo nei secoli XIV-XVII, il suo
capostipite fu Tuccio Riccardo, la cui dimora
principale era nella
zona
di San Simeone,
ma aveva anche altri possedimenti nei
pressi della Chiesa
di San Biagio
e a piazza
San Salvatore, aveva anche per la
sepoltura un posto nella chiesa di
Santa Maria in
Gradi. Esponenti di questa famiglia,
furono notai, magistrati e persone con incarichi
comunali e nella amministrazione del Patrimonio
Pontificio. Nel XV secolo, si menzionano tali
Bartolomeo, Nardo, e un certo Fabio che ebbe
come maestro Pomponio Leto, il quale Fabio
Mazzatosta, tra il 1469 e il 1471, scrisse e
commentò sette codici, dei quali cinque sono
conservati nella Biblioteca Apostolica Vaticana,
ed uno perfino nella British Library a Londra.
Paolo Mazzatosta, nato a residente a Roma, nel
Rione Parione, ma con interessi a Viterbo, agli
inizi del XV secolo fece costruire il Tempietto
della Peste. Nel Cinquecento, Francesco
Mazzatosta, fu notaio e Priore del Comune di
Viterbo, negli anni dal 1525 al 1537. Nel 1612
la discendenza si estinse. Un altro ramo dei
Mazzatosta aveva la sua dimora in
via dell’Orologio
Vecchio a Viterbo,
il palazzo
è ancora visibile oggi e insiste
su piazza
Mazzatosta e su
via dell’Orologio
vecchio
con il tipico
profferlo viterbese
con la scala esterna che dava accesso
all’abitazione. La cappella di famiglia era a
Santa Maria della Verità, voluta da Nardo
Mazzatosta nel 1460, poi passata alla famiglia
Gatteschi e alla famiglia Primoni.Nell’Ottocento
un ramo di questa famiglia si stabilì a Roma e
nel secolo seguente si imparentò con famiglie
illustri romane, ottenendo l’iscrizione alla
nobiltà romana. Riccardo fu conservatore di Roma
nel 1547; proprietario dal 1513 di parte della
grande tenuta di Castel Giuliano fra
Cerveteri e
Bracciano,
contribuì finanziariamente con altri nobili
viterbesi alla liberazione del Cardinal Riario,
ingiustamente incarcerato e processato Il ramo
romano dei Mazzatosta si estinse nel Settecento,
mentre il ramo principale viterbese si estinse
alla fine del Settecento . La famiglia
Mazzatosta, di origine viterbese,
annoverava tra i suoi esponenti Matteo di Paolo,
ricordato da Niccolò della Tuccia tra i più
illustri rappresentanti a Viterbo del partito
guelfo al tempo di Bonifacio IX. In un
rogito del 25 apr. 1411 (Zabughin, 1909, pp. 21,
261) figura Tuccio di Paolo, fratello di
Matteo, stabilitosi a Roma, nel
rione Ponte,
verosimilmente per ragioni commerciali,
in compagnia della moglie e dei figli Nardo e
Bartolomeo. Quest’ultimo fu nominato tesoriere e
doganiere pontificio da Eugenio IV. Nel 1442 la
vedova di Tuccio, tale Polissena, espresse il
desiderio di essere seppellita, come il marito,
nella chiesa di
S. Maria sopra
Minerva, un privilegio riservato ai
membri delle più importanti famiglie nobiliari
romane. Bartolomeo, che si era trasferito agli
inizi degli anni Quaranta
dal
rione Ponte in Parione,
dove erano anche altre proprietà dei Mazzatosta,
sposò Sabetta, della nobile famiglia romana dei
Cenci. Se si
presta fede a un arbitrato del 1445 tra «Agnulum
Petri Butii» e Paolo Mazzatosta, figlio di
Bartolomeo, si deduce che alla data del
documento Bartolomeo era già morto; secondo
Zabughin (1909, pp. 22 s., 262), invece,
Bartolomeo morì nel 1452. Le ingenti risorse dei
Mazzatosta consentirono ai membri della famiglia
di ricoprire importanti ruoli nella società
romana: Paolo di Bartolomeo Mazzatosta, ereditò
infatti l’ingente ricchezza accumulata dal padre
e fu nominato da papa Paolo II doganiere
generale e fabbriciere del patrimonio di S.
Lorenzo in Damaso. I Mazzatosta erano anche
imparentati con alcune famiglie romane,
altrettanto nobili e potenti: Riccardo, figlio
di Paolo, residente in Parione e proprietario di
un’importante collezione antiquaria, sposò Laura
di Pietro de’ Ustiariis e, in seconde nozze,
Vittoria Massimo. Nel 1502 entrò a far parte
della Compagnia del S. Salvatore e, nello stesso
anno, è ricordato tra i collectores taxe plumbi
della Curia. Fu sepolto nel 1530, come da
tradizione familiare, nella chiesa di
S. Maria sopra
Minerva. Un altro figlio di Riccardo,
Angelo, è attestato in qualità di canonico di S.
Pietro nel 1523. Nel Quattrocento i Mazzatosta
si erano ormai stabiliti a Roma, ma continuavano
a soggiornare anche a
Viterbo,
dove possedevano uno splendido palazzo e una
cappella privata nella chiesa di S. Maria della
Verità, affrescata nel 1469 da Lorenzo da
Viterbo e commissionata da Nardo di Tuccio
Mazzatosta. Agli inizi degli anni Novanta Paolo
Mazzatosta fece costruire a Viterbo il
tempietto
poligonale della Peste. Per il
Cinquecento si ha notizia di vari membri della
famiglia, tra cui Claudio, morto per mano di
Carlotto Orsini il 7 apr. 1549, e ancora Giulio,
Ulisse, Emilio e numerose donne, tra cui
Lucrezia, Livia, Emilia, Olimpia, Virginia e
Lavinia, i cui nomi la dicono lunga
sull’ostentato gusto antiquario della famiglia.
Il nome del Mazzatosta compare tra le firme
accademiche sulle pareti delle
catacombe dei Ss.
Pietro e Marcellino, insieme con quelle
di Bartolomeo Platina, Pomponio Leto e Giovanni
Antonio Campano, apposte probabilmente tra il
1471 e il 1474. Egli fu infatti membro della
seconda Accademia romana, con il nome di Fabio
Ambusto. Il giovane M. intraprese i suoi studi
sotto la guida di Pomponio Leto, che copiò per
lui una serie di codici, i cosiddetti codici
Mazzatosta. Si tratta di sette manoscritti,
databili tra la fine degli anni Sessanta e gli
inizi degli anni Settanta del XV secolo, di cui
cinque conservati nella
Biblioteca
apostolica Vaticana (Vat. lat., 3264,
contenente i Fasti di Ovidio; 3279, contenente
la Tebaide di Stazio; 3285, contenente la
Pharsalia di Lucano; 3302, contenente i libri
1-9, 12-17 dei Punica di Silio Italico; 3875,
contenente le Silvae e l’Achilleis di Stazio;
gli ultimi tre presentano annotazioni di Fulvio
Orsini, alla cui biblioteca appartennero), uno
alla Biblioteca Casanatense di Roma (Casanatense,
15), contenente i Carmina di Tibullo, la Cynthia
di Properzio e i Carmina di Catullo, e uno alla
British Library di Londra (King’s, 32),
contenente gli Epigrammi di Marziale e alla cui
ideazione dovette partecipare lo stesso
Mazzatosta. Tutti i codici sono di mano di
Pomponio Leto; i Vat. lat., 3279, 3285, 3302
presentano anche rubriche di Bartolomeo Sanvito
e decorazioni del miniatore tedesco Gioacchino
de Gigantibus. Per gli studi del Mazzatosta, la
famiglia commissionò numerosi codici, molti dei
quali allestiti elegantemente e decorati con il
suo stemma nobiliare, un leone rampante alla
mazza d’oro in campo azzurro. Sembra che alla
decorazione di questi codici tenesse in modo
particolare lo stesso M., come si ricava da
alcuni versi scritti da Filippo Buonaccorsi (Callimaco
Esperiente), con i quali il poeta ricorda i
particolari raffinati di questi volumi
(Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 2869, c.
63v e Barb. lat., 1731, c. 35r). Il ruolo
rivestito dal M. nella genesi di questi codici
non è chiaro, ma i versi con cui Callimaco
ringrazia il giovanissimo membro della sodalitas
pomponiana per l’amore dimostrato nei confronti
dei codici miniati fanno supporre che si
occupasse personalmente di commissionare e
sovrintendere alla realizzazione dei libri
necessari ai suoi studi. Nel 1471 il M. era
ancora nel pieno dei suoi studi: a lui, infatti,
Giovanni Antonio Campano rivolgeva in una
lettera gli auguri per una prolifica carriera (Haussman).
Il M. apparteneva alla generazione di Riccardo
Mazzatosta, figlio di Paolo. In entrambi si
individua una forte passione per l’antico: in
Riccardo si esprime con il possesso di epigrafi
e di numerosi altri reperti archeologici, per il
M., invece, è evidente nella cura con cui faceva
confezionare i suoi codici. Probabilmente il M.,
di cui non si possiedono ulteriori notizie oltre
a quelle indirettamente desumibili dai codici da
lui commissionati, morì precocemente a Roma
nella prima metà degli anni Settanta. Palazzo Mazzatosta, via dell’Orologio Vecchio, Viterbo centro storico, risale alla prima metà del XIII secolo. L’impianto dell'edificio presenta un grande profferlo composto da un’alta scalinata, costruita su un arco rampante, e da un massiccio ballatoio sorretto da due arcate e chiuso da un raffinato parapetto con corona ad archetti trilobati. Le ampie finestre del primo e secondo piano rivelano importanti aggiunte e trasformazioni nel periodo rinascimentale. Secondo alcuni studiosi, alcune insegne scolpite sul balcone rivelerebbero l’appartenenza del palazzetto alla famiglia del cardinale Raniero Capocci; altri preferiscono attribuire l’edificio ai conti Ildobrandini di Santa Fiora. Il ritrovamento sulla facciata di uno stemma dei Caetani, il cui più illustre esponente fu papa Bonifacio VIII, ha fatto ritenere che sin dal XIII secolo la casa fosse stata scelta come residenza del tesoriere papale Giovanni Giacomo Sacchi. L'edificio nato come fortezza nel XI secolo, venne trasformato in residenza. Da alcuni passi contenuti nelle cronache di Niccolò della Tuccia, si vuole che, almeno dal ‘400, vi abitasse la famiglia viterbese dei Mazzatosta. L'edificio subì ampliamenti dapprima con Nardo Mazzatosta, poi con Bartolomeo Mazzatosta tra il 1460 e il 1560, tesoriere di Papa Eugenio IV, fratello di Nardo, che ne utilizzarono gli spazi interni, riducendo anche i cortili o " richiastri ". E’ certo che nel XVI secolo il palazzo fu dimora del protomedico pontificio Jacopo Sacchi, come testimonia una iscrizione incisa sulla fascia marcapiano.Il profferlo è retto da due arcate impostate su una colonna centrale, la scalinata poggia su un arco rampante, presenta motivi decorativi con trecce e nastri di ispirazione più classica che gotica. Sugli archetti trilobati della facciata si vedono infatti gli stemmi dei Capocci. Sulla facciata c’è anche uno stemma dei Castani, rinvenuto ai primi del Novecento, legato a papa Bonifacio VIII, di cui Giovanni Iacovo Sacchi fu tesoriere nel 1296. Cappella Mazzatosta, Chiesa Santa Maria della Verità Viterbo, miracolosamente sopravvissuta al tempo e alla guerra, anche grazie ad un difficilissimo restauro, è invece la quattrocentesca Cappella Mazzatosta, la seconda ad aprirsi sulla parete di destra. E’ ospitata in un grande ambiente a pianta quadrangolare che conserva l’originale cancellata in ferro battuto e un pavimento in piastrelle di maiolica, opera del viterbese Paolo di Nicola, alcune delle quali sono esposte al Victoria and Albert Museum di Londra. La cappella fu fatta costruire da Nardo Mazzatosta che nel 1469 ne affidò la decorazione al viterbese Lorenzo di Giacomo. Il ciclo di affreschi, assoluto capolavoro nel panorama pittorico locale, è ispirato alla vita di Maria e ricopre le tre pareti ed il soffitto. Nel sottarco d’ingresso della cappella sono rappresentati Profeti e Santi, le vele della volta racchiudono Santi ed Evangelisti, sulla parete di destra sono dipinte l’Annunciazione e l’Adorazione del Bambino, su quella di fronte Il Trionfo della Vergine e su quella di sinistra La Presentazione di Maria al Tempio ed il celebre Sposalizio della Vergine. Famiglia Mazzatosta a Viterbo stemma
Famiglia Mazzatosta stemma palazzo piazza
Mazzatosta Scritta Palazzo Mazzatosta via Orologio Vecchio Viterbo centro storico Palazzo Mazzatosta, Via Orologio Vecchio, Palazzi di Viterbo centro, Viterbo Profferlo Palazzo Mazzatosta via Orologio Vecchio Viterbo centro storico Profferlo palazzo Mazzatosta Via Orologio Vecchio, Palazzi di Viterbo centro, Viterbo Cappella Mazzatosta
Chiesa Santa Maria della Verità piazza Crispi
Viterbo Chiesa Santa Maria della Verità Cappella Famiglia Mazzatosta foto Anna Zelli Da vedere a via Orologio Vecchio
Vie e Piazze da via dell'Orologio Vecchio
Dintorni via dell'Orologio Viterbo centro storico
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