Via Orologio Vecchio, Vie di Viterbo, Piazze di Viterbo, Viterbo, info e foto a cura di Anna Zelli sito ufficiale web www.annazelli.com
Via Orologio Vecchio |
via orologio vecchio viterbo centro storico | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
VIA OROLOGIO VECCHIO |
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Guida Turistica Viterbo
|
Via dell’Orologio Vecchio, parte da piazza delle Erbe, da qui si diramano le seguenti vie sul lato sinistro via del Teatro del Genio, via Angusta che prosegue con il nome di via Santa Maria Egiziaca, piazza Mazzatosta, via della Marrocca, via della Torre, via Selvi, via Cieca, sul lato destro incrocia via del Collegio e una via senza uscita, proseguendo a destra incontra piazza San Simeone, e la vicina via San Simeone, poi sbuca diritta su via dei Mille che arriva a via Garibaldi, a destra (sempre salendo da piazza dell Erbe) via dell’Orologio Vecchio incrocio con via dei Mille, immette a via della Pace che porta a via Saffi, mentre a sinistra e prosegue sempre con il nome di via della Pace che porta a piazza Luigi Concetti superata la piazza poi la via della Pace cambia nome e prosegue con il nome di via della Verità, che porta fino a piazza della Verità e alla Porta della Verità. Da vedere a via dell'Orologio Vecchio e dintorni, il Palazzo Mazzatosta con il suo profferlo, il palazzetto del barbiere di Papa Paolo III, il palazzo Scapellini a piazza San Simeone, la ex chiesa della Pace a piazza Luigi Concetti, dove c'è anche una graziosa fontanella, lungo la via dell'Orologio Vecchio, numerosi stemmi e simboli di San Bernardino ed una targa dedicata ad uno studio legale a piazza San Simeone, archi e una imponente Torre. Palazzo Mazzatosta, via dell’Orologio Vecchio, Viterbo centro storico, risale alla prima metà del XIII secolo. L’impianto dell'edificio presenta un grande profferlo composto da un’alta scalinata, costruita su un arco rampante, e da un massiccio ballatoio sorretto da due arcate e chiuso da un raffinato parapetto con corona ad archetti trilobati. Le ampie finestre del primo e secondo piano rivelano importanti aggiunte e trasformazioni nel periodo rinascimentale. Secondo alcuni studiosi, alcune insegne scolpite sul balcone rivelerebbero l’appartenenza del palazzetto alla famiglia del cardinale Raniero Capocci; altri preferiscono attribuire l’edificio ai conti Ildobrandini di Santa Fiora. Il ritrovamento sulla facciata di uno stemma dei Caetani, il cui più illustre esponente fu papa Bonifacio VIII, ha fatto ritenere che sin dal XIII secolo la casa fosse stata scelta come residenza del tesoriere papale Giovanni Giacomo Sacchi. L'edificio nato come fortezza nel XI secolo, venne trasformato in residenza. Da alcuni passi contenuti nelle cronache di Niccolò della Tuccia, si vuole che, almeno dal ‘400, vi abitasse la famiglia viterbese dei Mazzatosta. L'edificio subì ampliamenti dapprima con Nardo Mazzatosta, poi con Bartolomeo Mazzatosta tra il 1460 e il 1560, tesoriere di Papa Eugenio IV, fratello di Nardo, che ne utilizzarono gli spazi interni, riducendo anche i cortili o " richiastri ". E’ certo che nel XVI secolo il palazzo fu dimora del protomedico pontificio Jacopo Sacchi, come testimonia una iscrizione incisa sulla fascia marcapiano.Il profferlo è retto da due arcate impostate su una colonna centrale, la scalinata poggia su un arco rampante, presenta motivi decorativi con trecce e nastri di ispirazione più classica che gotica. Sugli archetti trilobati della facciata si vedono infatti gli stemmi dei Capocci. Sulla facciata c’è anche uno stemma dei Castani, rinvenuto ai primi del Novecento, legato a papa Bonifacio VIII, di cui Giovanni Iacovo Sacchi fu tesoriere nel 1296. Famiglia Mazzatosta, Viterbo, famiglia nobile, fu presente a Viterbo nei secoli XIV-XVII, il suo capostipite fu Tuccio Riccardo, la cui dimora principale era nella zona di San Simeone, ma aveva anche altri possedimenti nei pressi della Chiesa di San Biagio e a piazza San Salvatore, aveva anche per la sepoltura un posto nella chiesa di Santa Maria in Gradi. Esponenti di questa famiglia, furono notai, magistrati e persone con incarichi comunali e nella amministrazione del Patrimonio Pontificio. Nel XV secolo, si menzionano tali Bartolomeo, Nardo, e un certo Fabio che ebbe come maestro Pomponio Leto, il quale Fabio Mazzatosta, tra il 1469 e il 1471, scrisse e commentò sette codici, dei quali cinque sono conservati nella Biblioteca Apostolica Vaticana, ed uno perfino nella British Library a Londra. Paolo Mazzatosta, nato a residente a Roma, nel Rione Parione, ma con interessi a Viterbo, agli inizi del XV secolo fece costruire il Tempietto della Peste. Nel Cinquecento, Francesco Mazzatosta, fu notaio e Priore del Comune di Viterbo, negli anni dal 1525 al 1537. Nel 1612 la discendenza si estinse. Un altro ramo dei Mazzatosta aveva la sua dimora in via dell’Orologio Vecchio a Viterbo, il palazzo è ancora visibile oggi e insiste su piazza Mazzatosta e su via dell’Orologio vecchio con il tipico profferlo viterbese con la scala esterna che dava accesso all’abitazione. La cappella di famiglia era a Santa Maria della Verità, voluta da Nardo Mazzatosta nel 1460, poi passata alla famiglia Gatteschi e alla famiglia Primoni.Nell’Ottocento un ramo di questa famiglia si stabilì a Roma e nel secolo seguente si imparentò con famiglie illustri romane, ottenendo l’iscrizione alla nobiltà romana. Riccardo fu conservatore di Roma nel 1547; proprietario dal 1513 di parte della grande tenuta di Castel Giuliano fra Cerveteri e Bracciano, contribuì finanziariamente con altri nobili viterbesi alla liberazione del Cardinal Riario, ingiustamente incarcerato e processato Il ramo romano dei Mazzatosta si estinse nel Settecento, mentre il ramo principale viterbese si estinse alla fine del Settecento . La famiglia Mazzatosta, di origine viterbese, annoverava tra i suoi esponenti Matteo di Paolo, ricordato da Niccolò della Tuccia tra i più illustri rappresentanti a Viterbo del partito guelfo al tempo di Bonifacio IX. In un rogito del 25 apr. 1411 (Zabughin, 1909, pp. 21, 261) figura Tuccio di Paolo, fratello di Matteo, stabilitosi a Roma, nel rione Ponte, verosimilmente per ragioni commerciali, in compagnia della moglie e dei figli Nardo e Bartolomeo. Quest’ultimo fu nominato tesoriere e doganiere pontificio da Eugenio IV. Nel 1442 la vedova di Tuccio, tale Polissena, espresse il desiderio di essere seppellita, come il marito, nella chiesa di S. Maria sopra Minerva, un privilegio riservato ai membri delle più importanti famiglie nobiliari romane. Bartolomeo, che si era trasferito agli inizi degli anni Quaranta dal rione Ponte in Parione, dove erano anche altre proprietà dei Mazzatosta, sposò Sabetta, della nobile famiglia romana dei Cenci. Se si presta fede a un arbitrato del 1445 tra «Agnulum Petri Butii» e Paolo Mazzatosta, figlio di Bartolomeo, si deduce che alla data del documento Bartolomeo era già morto; secondo Zabughin (1909, pp. 22 s., 262), invece, Bartolomeo morì nel 1452. Le ingenti risorse dei Mazzatosta consentirono ai membri della famiglia di ricoprire importanti ruoli nella società romana: Paolo di Bartolomeo Mazzatosta, ereditò infatti l’ingente ricchezza accumulata dal padre e fu nominato da papa Paolo II doganiere generale e fabbriciere del patrimonio di S. Lorenzo in Damaso. I Mazzatosta erano anche imparentati con alcune famiglie romane, altrettanto nobili e potenti: Riccardo, figlio di Paolo, residente in Parione e proprietario di un’importante collezione antiquaria, sposò Laura di Pietro de’ Ustiariis e, in seconde nozze, Vittoria Massimo. Nel 1502 entrò a far parte della Compagnia del S. Salvatore e, nello stesso anno, è ricordato tra i collectores taxe plumbi della Curia. Fu sepolto nel 1530, come da tradizione familiare, nella chiesa di S. Maria sopra Minerva. Un altro figlio di Riccardo, Angelo, è attestato in qualità di canonico di S. Pietro nel 1523. Nel Quattrocento i Mazzatosta si erano ormai stabiliti a Roma, ma continuavano a soggiornare anche a Viterbo, dove possedevano uno splendido palazzo e una cappella privata nella chiesa di S. Maria della Verità, affrescata nel 1469 da Lorenzo da Viterbo e commissionata da Nardo di Tuccio Mazzatosta. Agli inizi degli anni Novanta Paolo Mazzatosta fece costruire a Viterbo il tempietto poligonale della Peste. Per il Cinquecento si ha notizia di vari membri della famiglia, tra cui Claudio, morto per mano di Carlotto Orsini il 7 apr. 1549, e ancora Giulio, Ulisse, Emilio e numerose donne, tra cui Lucrezia, Livia, Emilia, Olimpia, Virginia e Lavinia, i cui nomi la dicono lunga sull’ostentato gusto antiquario della famiglia. Il nome del Mazzatosta compare tra le firme accademiche sulle pareti delle catacombe dei Ss. Pietro e Marcellino, insieme con quelle di Bartolomeo Platina, Pomponio Leto e Giovanni Antonio Campano, apposte probabilmente tra il 1471 e il 1474. Egli fu infatti membro della seconda Accademia romana, con il nome di Fabio Ambusto. Il giovane M. intraprese i suoi studi sotto la guida di Pomponio Leto, che copiò per lui una serie di codici, i cosiddetti codici Mazzatosta. Si tratta di sette manoscritti, databili tra la fine degli anni Sessanta e gli inizi degli anni Settanta del XV secolo, di cui cinque conservati nella Biblioteca apostolica Vaticana (Vat. lat., 3264, contenente i Fasti di Ovidio; 3279, contenente la Tebaide di Stazio; 3285, contenente la Pharsalia di Lucano; 3302, contenente i libri 1-9, 12-17 dei Punica di Silio Italico; 3875, contenente le Silvae e l’Achilleis di Stazio; gli ultimi tre presentano annotazioni di Fulvio Orsini, alla cui biblioteca appartennero), uno alla Biblioteca Casanatense di Roma (Casanatense, 15), contenente i Carmina di Tibullo, la Cynthia di Properzio e i Carmina di Catullo, e uno alla British Library di Londra (King’s, 32), contenente gli Epigrammi di Marziale e alla cui ideazione dovette partecipare lo stesso Mazzatosta. Tutti i codici sono di mano di Pomponio Leto; i Vat. lat., 3279, 3285, 3302 presentano anche rubriche di Bartolomeo Sanvito e decorazioni del miniatore tedesco Gioacchino de Gigantibus. Per gli studi del Mazzatosta, la famiglia commissionò numerosi codici, molti dei quali allestiti elegantemente e decorati con il suo stemma nobiliare, un leone rampante alla mazza d’oro in campo azzurro. Sembra che alla decorazione di questi codici tenesse in modo particolare lo stesso M., come si ricava da alcuni versi scritti da Filippo Buonaccorsi (Callimaco Esperiente), con i quali il poeta ricorda i particolari raffinati di questi volumi (Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 2869, c. 63v e Barb. lat., 1731, c. 35r). Il ruolo rivestito dal M. nella genesi di questi codici non è chiaro, ma i versi con cui Callimaco ringrazia il giovanissimo membro della sodalitas pomponiana per l’amore dimostrato nei confronti dei codici miniati fanno supporre che si occupasse personalmente di commissionare e sovrintendere alla realizzazione dei libri necessari ai suoi studi. Nel 1471 il M. era ancora nel pieno dei suoi studi: a lui, infatti, Giovanni Antonio Campano rivolgeva in una lettera gli auguri per una prolifica carriera (Haussman). Il M. apparteneva alla generazione di Riccardo Mazzatosta, figlio di Paolo. In entrambi si individua una forte passione per l’antico: in Riccardo si esprime con il possesso di epigrafi e di numerosi altri reperti archeologici, per il M., invece, è evidente nella cura con cui faceva confezionare i suoi codici. Probabilmente il M., di cui non si possiedono ulteriori notizie oltre a quelle indirettamente desumibili dai codici da lui commissionati, morì precocemente a Roma nella prima metà degli anni Settanta. Famiglia Mazzatosta e la Chiesa di Santa Maria della Verità, Viterbo, di fronte a Porta della Verità, , a piazza Francesco Crispi, c’è la chiesa di Santa Maria della Verità, già citata dalla metà del ‘300, ma sull’area dell’attuale edificio, già dal XII secolo, esisteva una più antica chiesa amministrata dai monaci premostratensi, successivamente i frati Serviti verso la metà del ‘200, edificarono sia una nuova chiesa, così come la si vede oggi a croce latina, el’adiacente convento. Dal XV secolo Santa Maria della Verità divenne il luogo prediletto per la sepoltura del patriziato viterbese, tra cui i Gatteschi, i Guizzi e i Mazzatosta; anche le confraternite vi aprirono qui nuove cappelle, come quella dei Tedeschi, quella dei Corsi e quella dei Lombardi dedicata a Sant’Ambrogio. La chiesa venne chiusa al culto nel 1870, dopo l’Unità d’Italia, più tardi ospitò il museo archeologico, oggi visitabile. La chiesa venne gravemente danneggiata dai bombardamenti del 1944 subì quindi grandi restauri e fu riaperta al culto nel 1960. La facciata, è costituita da semplici lastre di peperino, ed è stata completamente rifatta. All’interno, sulla destra della controfacciata, è visibile un affresco un’Annunciazione ed alcuni Santi da taluni attribuita al Balletta, pittore viterbese del ‘400. Nel transetto sinistro tre riquadri ospitano affreschi ascrivibili alla scuola del Pastura XVI secolo, che rappresentano San Fabiano papa tra i Santi, la Trinità e San Francesco d’Assisi. Il tetto presenta una notevole travatura ed è ricoperto da pianelle decorate, in gran parte sostituite da copie che riprendono i disegni di quelle originali del XV secolo. Delle numerose cappelle che un tempo abbellivano la chiesa non rimangono che le nicchie scolpite con qualche avanzo di pittura. Cappella Mazzatosta, Chiesa Santa Maria della Verità Viterbo, miracolosamente sopravvissuta al tempo e alla guerra, anche grazie ad un difficilissimo restauro, è invece la quattrocentesca Cappella Mazzatosta, la seconda ad aprirsi sulla parete di destra. E’ ospitata in un grande ambiente a pianta quadrangolare che conserva l’originale cancellata in ferro battuto e un pavimento in piastrelle di maiolica, opera del viterbese Paolo di Nicola, alcune delle quali sono esposte al Victoria and Albert Museum di Londra. La cappella fu fatta costruire da Nardo Mazzatosta che nel 1469 ne affidò la decorazione al viterbese Lorenzo di Giacomo. Il ciclo di affreschi, assoluto capolavoro nel panorama pittorico locale, è ispirato alla vita di Maria e ricopre le tre pareti ed il soffitto. Nel sottarco d’ingresso della cappella sono rappresentati Profeti e Santi, le vele della volta racchiudono Santi ed Evangelisti, sulla parete di destra sono dipinte l’Annunciazione e l’Adorazione del Bambino, su quella di fronte Il Trionfo della Vergine e su quella di sinistra La Presentazione di Maria al Tempio ed il celebre Sposalizio della Vergine. Palazzo Barbiere e scudiero di Papa Paolo III, via Orologio Vecchio, Viterbo, è un palazzetto rinascimentale contraddistinto da due finestroni decorati col giglio farnesiano, oggi murati, e dallo stemma di papa Paolo III; l’edificio fu eretto nel XVI secolo dallo scudiero e barbiere pontificio Giovanni Baciocchi. Palazzo Cristofori già Jacomucci, via dell'Orologio Vecchio 37-41, una dimora interessante per i suoi interni, con un atto del 14 gennaio 1586, si evidenzia che Luziano Pollioni di Pacifico, anche a nome dei fratelli Fabio e Annibale, vendeva a Giacomo Jacomucci di Giovan Pietro di Montalto di Castro, cittadino viterbese e in sua assenza al di lui figlio, Fabio, una casa con orto, disotto ossia cortile, stalla, torre, cantina e altri suoi diritti, posta nella parrocchia di San Simeone, per il prezzo di 1308 scudi. Palazzo Scapellini piazza San Simeone, Viterbo, realizzato nel 1901 dall’omonima Cooperativa su disegno di Valerio Caposavi; sulle finestre del grande balcone sono scolpite la parole Virtus, Labor e Concordia, curioso il pipistrello raffigurato sotto il cornicione superiore Famiglia Scapellini Viterbo, palazzo a piazza San Simeone,Viterbo, non ho trovato notizie al riguardo. Torre via dell'Orologio Vecchio, Viterbo,fino al XV secolo questa torre era munita di un orologio pubblico ed era di proprietà comunale. Vicina al palazzo Mazzatosta probabilmente fu opera del conte Ildobrandino. Fin dall'origine alla sommità di questa torre c'era una campana sorretta da un castello di legno che venne sostituito nel 1566 a causa delle pessime condizione in cui era ridotto. Nel 1831, l'orologio fu sistemato dal moderatore Giuseppe Devez il quale eseguì anche numerosi restauri. Nel 1873 l'armatura in legno che sosteneva la campana venne sostituita da una in ferro. Gli abitanti si lamentavano che l'orologio battesse solo le ore e che non ci fosse un qudrante, in quanto volevano conoscere le ore anche quando l'orologio rimaneva muto. In questa contrada detta San Simeone sembra ci fosse l'abitazione della famiglia Marozzi che aveva una abitazione alle due torri, al centro c'era il palazzo Marrocchi non già Marozzi quindi una forse era la torre del palazzo Mazzatosta non più esistente. Via Teatro del Genio, Viterbo, qui un tempo c'era un teatro, oggi non più esistente, detto teatro dei mercanti, voluto nel 1719, dai mercanti Pietro Tizioni, Bartolomeo Spigagliae Ascanio Costa, i quali vollero un teatro fruibile per tutti senza distinzione di ceto. Per costruire questo teatro, si previde l'abbattimento di due case, di un tinello con magazzini, di una stalla con fienile, di un pollaio e di una cantina e di un grande richiastro con torre di proprietà dei Tizzoni. Guardano alla sinistra in alto in prossimità del civico 7, si osserva quello che resta di una antica torre campanaria che faceva parte della scomparsa chiesa di Santo Stefano, è un moncone in ferro, c'è un documento che attesta che Muzio di Guidone di Ranuccio, per la salvezza della sua anima e dei genitori, donava l'8 febbraio 1454 alla chiesa con la stipula di un atto una Torre, oggi non più esistente. Stemmi e targhe e simboli a via dell'Orologio Vecchio Viterbo, numerosi sono gli stemmi lungo la via, oltre a vari simboli di San Bernardino e di Santa Rosa. Archi a via dell'Orologio Vecchio, su via della Marrocca, sulla via senza uscita, su via del Collegio Come arrivare a via dell'Orologio Vecchi Viterbo
Fotografie Via Orologio Vecchio Viterbo centro storico Via Orologio Vecchio, Viterbo centro storico, informazioni turistiche e foto Anna Zelli Via Orologio Vecchio, Viterbo centro storico, informazioni turistiche e foto Anna Zelli Via Orologio Vecchio Viterbo centro storico Via Orologio Vecchio Viterbo, informazioni turistiche e foto Anna Zelli Palazzo Mazzatosta Via Orologio Vecchio Viterbo centro storico Via Orologio Vecchio, Viterbo centro storico, informazioni turistiche e foto Anna Zelli Torre via Orologio Vecchio Viterbo centro storico Torre via Orologio Vecchio info e foto Anna Zelli Torri di Viterbo centro Campana Torre via Orologio Vecchio Viterbo Via Orologio Vecchio, Viterbo centro storico, informazioni turistiche e foto Anna Zelli Palazzo Barbiere e scudiero di Papa Paolo III via Orologio Vecchio Viterbo Palazzo Barbiere Papa Paolo III - Via Orologio VecchioPalazzo Mazzatosta via Orologio Vecchio Viterbo centro storico Palazzo Mazzatosta - Via Orologio VecchioDa vedere a via Orologio Vecchio
Stemmi via Orologio Vecchio e simboli di San Bernardino
Stemmi a Viterbo centro storico
Archi a via dell'Orologio Vecchio Viterbo
Dintorni via dell'Orologio Viterbo centro storico
Mappe di Viterbo centro storico Mappe colli vie piazze zone Viterbo Vie di Viterbo centro - Piazze Viterbo centro - Quartieri Viterbo centro storico
Viterbo centro storico -
Viterbo dintorni Viterbo guida centro storico - Viterbo dintorni
Informazioni Turistiche
città di
Viterbo monumenti di Viterbo centro storico
|
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Città di Viterbo |
informazioni storico turistiche e fotografie della città di Viterbo a cura di Anna Zelli |
Copyright www.annazelli.com dal 2011
T
utte le foto ed i contenuti del presente sito web sono di Anna Zelli,sono ditorna Guida di Viterbo
torna Home Page
pagina aggiornata marzo 2023