Via San Paolo,Vie di Viterbo, Piazze di Viterbo, Viterbo, info turistiche e foto a cura di Anna Zelli sito ufficiale web www.annazelli.com
Via San Paolo Viterbo |
via san paolo viterbo centro storico | |||||||||||||||||||||||||||
VIA SAN PAOLO |
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Guida Turistica Viterbo
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Via San Paolo, è nei pressi di Porta Faul, qui si possono ammirare le torri e parte della cinta muraria di Viterbo, c'è anche un parco il Parco Gilberto Pietrella. la via San Paolo va da Vico Squarano a Valle Faul. La via è dedicata a San Paolo di Tarso. Cinta Muraria a via San Paolo
Cinta Muraria via San Paolo, da Porta Faul a Porta del Carmine : Cinta muraria che da porta Faul va a porta di Valle si data tra il 1257 o il 1268, un tratto murario che a causa del torrente Urciorno che spesso straripava era soggetto a crolli continui, e a restauri. Qui erano presenti anche tre torri, Porta Faul in origine era una torre, ma poi la sua altezza venne dimezzata. Nel 1547 ad opera di Alessandro Farnese, nipote dell’allora Papa Paolo III, venne edificata una porta di ingresso monumentale, la Porta Faul. All’inizio venne chiamata Porta Farnesia o Farnesina. Vi sono i gigli ed una iscrizione che tradotta ci dice : “ Nell’anno 1268 l’illustre stirpe di Raniero Gatti , Visconte, per Grazia di Dio, capitano egli stesso di Viterbo fece costruire queste mura con una fonte ricca di acque , al di qua e al di là della torre del fosso di Faul. Accanto c’è la mole della Torre della bella Galiana, o del Branca, venne edifica nel 1296 da Corrado Branca sulla parte superiore vi sono gli stemmi e le chiavi papali e i simboli del podestà Corrado del Branca , c’è anche una iscrizione che tradotta, recita: “ Nel nome del Signore, amen. Nell’anno del Signore 1296 il nobile uomo Corrado Branca , cittadino di Gubbio, podestà della città di Viterbo, onorato per il suo felice governo, fece edificare questa torre con il provento di 150 libbre paparine, che il castello di Montalto, la terza parte del porto spetta la Comune di Viterbo, è tenuto a pagare annualmente il medesimo Comune. Rendiamo grazie a Dio” Dopo questa torre c’è la porta di Valle, che venne chiusa dopo l’apertura della Porta Faul. E’ stata riaperta nel 1974. Questa porta è sovrastata da una torre aperta in alto con un arco a tutto sesto. Al suo interno ci sono tre archi sovrapposti, e al suo interno una pietra riproduce lo stemma della Camera Apostolica che le chiavi e la mitra. Nel 2016 la torre e la porta di Valle sono state restaurate. Cinta muraria che da porta di Valle va a Porta San Lorenzo: secondo gli studiosi questo tratto di mura venne edificato nel 1257, mentre la porzione che va fino a Pianoscarano risalirebbe al 1118. Qui c’era la Torre di Valle, e accanto l’orto della Chiesa di Santa Maria della Palomba, oggi scomparsa, restano solo alcune tracce, e un molino. In questa zona la Famiglia Balasco aveva dei molini a frumento e molini a olio, che erano alimentati dal fosso di San Pellegrino il quale era una diramazione del torrente Teneri. In questa zona più avanti vi era la torre Amendola, che lo studioso Della Tuccia ne colloca l’edificazione al 1457, quando, nella sua parte superiore venne innalzato un muro. Proseguendo verso porta del Carmine, qui c’era la Torre del Bacarozzo, vi erano in questa zona abitazioni della Famiglia dei Monaldeschi, nei pressi della scomparsa chiesa di San Nicola degli Scolari oggi ex chiesa di San Carlo, che fu feudataria del Castello di Montecalvello, i cui esponenti ebbero ruoli di prestigio a Viterbo durante i secoli dal XIII al XVI. Su questa torre del Bacarozzo il Pinzi colloca al XII secolo l’apertura della Porta San Lorenzo, che conduceva all’omonimo colle. Ma dal 1467, la strada non è praticabile e la torre del Bacarozzo e la porta San Lorenzo non sono visibili, in quato facenti parte di una proprietà privata. Cinta Muraria da Porta San Lorenzo a porta del Carmine: questo tratto di mura risalirebbe al 1118, questo, tratto non presenta torri, qui c’è la Porta del Carmine che deve il nome ad un monastero non più esistente dal XVIII secolo. Parco Gilberto Petrella Parco Gilberto Pietrella,ex parco Case Minime, Viterbo, via San Paolo, si trova a ridosso delle mura civiche, la via San Paolo da via Vico Squarano arriva a Valle Faul. Il parco è intitolato alla figura emerita di Gilberto Pietrella. Gilberto Pietrella
Gilberto Pietrella, libero pensatore,nato nel
1920 e morto nel 2014, al quale si deve anche la
fondazione dell'Università della Tuscia.
Gilberto Pietrella è morto il 26 febbraio del
2014 all'età di 94 anni. Originario di Vetralla
e invalido di guerra, fu anche muratore per poi
laurearsi in Filosofia. Nel 1956 fondò con
Alvido Lambrilli l'Associazione Nazionale
Mutilati e Invalidi Civili e realizzò a Viterbo
il centro di riabilitazione AIRRI (Associazione
per la Riabilitazione e Reinserimento
Invalidi). Esponente importante della
Democrazia Cristiana viterbese insieme a Nando
Gigli, fu presidente della Provincia di Viterbo
ed anche assessore alla Cultura di Palazzo
Gentili. Vita storia di
Gilberto
Pietrella, politico, nacqua a Viterbo nel
1920 ed è morto a Viterbo nel 2014, Figlio di
Torello e di Nelida Caproli era nato a Viterbo
il 1920, nel casello ferroviario esistente
prima di Porta Romana dove abitava la famiglia
dopo il ritorno del padre dalla Grande guerra e
dalla prigionia. Il padre era ferroviere e dopo
la guerra era stato trasferito a Villa Opicina
(vicino a Trieste) dove la famiglia si era
trasferita e dove Gilberto iniziò ad andare a
scuola. Dopo alcuni anni la famiglia ritornò nel
Lazio settentrionale ed abitò in un casello
ferroviario vicino a Vetralla. Frequentò la
scuola di Avviamento professionale a Ronciglione
e poi, completato quel ciclo di studi, ottenne
anche la Licenza magistrale a Viterbo nel 1939.
Si iscrisse alla Facoltà di Pedagogia
dell’Università di Roma ma fu richiamato alle
armi nel 1940; nel 1943 divenne invalido per
causa di guerra. Al termine della guerra
completò i suoi studi e si laureò. Riprese ad
insegnare prima nella Scuola media di Vetralla e
poi all’Istituto tecnico “P. Savi” di Viterbo
(del quale diventerà Preside). A Cura di
Vetralla, dove andrà ad abitare dopo il
matrimonio con Genovina Cancellieri avvenuto nel
1947, sarà l’animatore dell’Associazione
culturale “Gervasio Federici” per un’ educazione
civica e sociale rivolta ai giovani. Avviò la
sua collaborazione con l’Associazione nazionale
mutilati e invalidi civili di cui divenne
successivamente anche Vicepresidente nazionale.
E continuò per tutta la vita ad occuparsi del
mondo della disabilità: a Viterbo diede vita
all’Istituto formativo per disabili e
disadattati del quale fu a lungo Presidente e al
Centro di riabilitazione per la diagnostica e la
riabilitazione creato a Viterbo nel 1981. Dopo
aver militato nell’Azione Cattolica Italiana,
aveva aderito alla Democrazia Cristiana e nel
1959 era divenuto Segretario provinciale per
Viterbo. Fu Consigliere comunale a Vetralla e
Consigliere provinciale per quasi vent’anni
ricoprendo anche l’incarico di Assessore
provinciale e di Presidente dell’Amministrazione
provinciale (dal 1970 al 1974). Fu Commissario
dell’ente creato tra Comune, Provincia, Camera
di Commercio e Cassa di risparmio per
l’istituzione a Viterbo di una Università:
si formò dapprima la Libera università della
Tuscia nel 1969 che nel 1979 diventerà
università statale. E’ morto a Viterbo il 27
dicembre 2014. Viterbo gli ha dedicato un Parco
pubblico; Vetralla gli ha dedicato una Via. Porta Faul Porta Faul o Farnesiana, a Valle Faul, Viterbo, chiamata anche porta Farnesiana, la attuale porta porta Faul venne aperta in sostituzione della vicina porta di Valle nell'anno 1568, si apre alla base di un'antica torre la cui parte superiore è stata demolita e il progetto della porta Faul fu attribuito al Vignola. Il grande architetto lavorava per la casa Farnese e lo stemma con i gigli dei Farnese è visibile in alto fiancheggiato da quelli del comune e del vice legato pontificio, lo stemma di un certo Ansoino Polo che era un vice legato. In onore dei Farnese originariamente la porta prese il nome di Farnesiana. Infatti sembra che Jacopo Barozzi da Vignola, allora alle dipendenze del cardinale Farnese e occupato alla edificazione del palazzo a Caprarola forse possa aver ideato la porta. A poca distanza da porta Faul si trova la chiesa di Santa Maria in Valverde, poi conosciuta come chiesa dei Giustiziati, che al suo interno ne ricevevano cristiana sepoltura, questa chiesa era officiata dai monaci dell’Abbazia di Sassovivo di Foligno ai quali si deve nel 1297 la torre possente che si eleva sulle mura che seguono, sulla sinistra, l’andamento della collina. Gli stessi monaci in seguito si trasferirono nella poco distante chiesa di Santa Maria della Ginestra posta all’interno della città. Questo era un punto vulnerabile di Viterbo ed infatti subì l’assedio nel 1243, vi è una lapide che cita come il Visconte Gatti fu il costruttore dell’ultimo tratto delle mura di Viterbo, edificato nel 1268. San Paolo di Traso San Paolo, a lui è dedicata la via San Paolo, nei pressi di porta Faul, Viterbo, San Paolo è definito L’apostolo delle genti, era un Cittadino romano di nome Saulo, di famiglia ebraica, perseguitò duramente i cristiani fino a quando, dopo aver avuto una visione, si convertì alla nuova fede. Assunto il nome di Paolo, si dedicò alla diffusione del messaggio cristiano. Ottenne maggiore successo con i cosiddetti gentili, ossia con i pagani, e diventò l’‘apostolo delle genti’. Come riferiscono gli Atti degli apostoli, la maggior parte degli Ebrei non credette alla resurrezione di Gesù e si oppose pertanto alla predicazione degli apostoli, anche se questi ultimi cercarono inizialmente di evitare una rottura con l’ambiente ebraico. Saulo, nacque a Tarso (Cilicia) all’inizio del 1° secolo da una famiglia ebraica farisea piuttosto benestante, fu uno dei più accaniti avversari della nuova religione. Gli Atti degli apostoli raccontano che partecipò da spettatore all’uccisione di Stefano da parte degli Ebrei, i quali lo avevano giudicato colpevole di bestemmia: coloro che lapidarono Stefano «deposero il loro mantello ai piedi di un giovane, chiamato Saulo [...]. Saulo era fra coloro che approvarono la sua uccisione [...]. Saulo intanto infuriava contro la Chiesa ed entrando nelle case prendeva uomini e donne e li faceva mettere in prigione» (Atti 7, 58 e 8, 1-3). Saulo si convertì alla nuova fede dopo che, caduto da cavallo sulla strada di Damasco, ebbe una visione nella quale Gesù lo chiamava dicendogli: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?». Dopo aver appreso i principi della nuova religione da Anania, si convertì e assunse il nuovo nome di Paolo, diventando un convinto e deciso propagatore del messaggio di Cristo. Nella Lettera ai Galati Paolo dichiara di avere ricevuto la rivelazione del Vangelo da Cristo stesso, e di essere quindi a pieno titolo un apostolo, con gli stessi compiti degli altri dodici che Gesù aveva nominato durante la sua vita terrena, malgrado si senta indegno per aver perseguitato la Chiesa. Il centro della predicazione di Paolo era costituito dall’annuncio della morte e resurrezione di Gesù, il cui sacrificio sulla croce sostituiva i riti e i sacrifici dell’Antico Testamento: perciò non soltanto gli Ebrei, ma anche i pagani potevano ottenere la salvezza credendo in Gesù come Salvatore e vivendo una vita nuova in lui, e non più praticando le «opere della legge», ossia i riti previsti dalla legge di Mosè (come la circoncisione, le purificazioni rituali con l’acqua, i sacrifici di animali). Egli evangelizzò in un primo tempo soprattutto gli Ebrei di lingua greca, predicando il sabato nelle sinagoghe per dimostrare loro che Gesù era il Messia atteso dal popolo d’Israele; ma, dopo aver incontrato forti ostilità tra i membri del suo popolo, si rivolse soprattutto ai pagani, e fondò varie comunità cristiane a Efeso, Mileto, Corinto, Colossi, Filippi e in altre località dell’Asia Minore e della Grecia. A Corinto visse per qualche tempo in casa di Aquila e Priscilla, che come lui erano fabbricanti di tende. In più occasioni Paolo ricorda di avere lavorato con le proprie mani per mantenersi e non pesare economicamente sulla comunità.Gli altri apostoli (in particolare Giacomo), che rimanevano più legati alle tradizioni ebraiche, continuarono invece a evangelizzare soprattutto gli Ebrei. Paolo predicò anche ad Atene, discutendo con i filosofi, ma di fronte all’annuncio della resurrezione dei morti essi si misero a deriderlo. Perciò egli si rese conto che la conversione degli uomini non dipende dalla forza degli argomenti razionali e delle dimostrazioni logiche, ma dalla potenza dello Spirito; e che l’annuncio cristiano, incentrato sulla figura del Cristo crocefisso, deve fondarsi sulla debolezza della croce. Il confronto con i giudeo-cristiani. La tradizione attribuisce a Paolo la redazione di 14 lettere, indirizzate a diverse comunità cristiane da lui fondate o comunque legate a lui. Una di esse, la Lettera agli Ebrei, è diversa dalle altre per stile e contenuto perché è stata certamente redatta da un altro autore, mentre alcune delle lettere rimanenti sono probabilmente opera di discepoli di Paolo che le tramandarono sotto il suo nome per attribuire a esse maggiore autorevolezza. Nelle lettere principali (indirizzate ai Romani, a Corinzi, ai Galati) Paolo sottolinea il primato della fede e della grazia divina rispetto alle opere esteriori: la salvezza è dono gratuito di Cristo, e non frutto di una conquista da parte dell’uomo, il quale non può vantare alcun merito di fronte a Dio: «L’uomo non è giustificato dalle opere della legge ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo» (Galati 2, 16). Egli si oppose perciò a quei gruppi cristiani ancora legati all’ebraismo (e chiamati giudeo-cristiani) che sostenevano la necessità di circoncidere secondo la legge di Mosè i nuovi venuti alla fede. Per risolvere la questione venne convocato il Concilio di Gerusalemme, nel quale Paolo riuscì a far prevalere, con qualche compromesso pratico, il principio secondo cui è la fede che salva, per cui davanti a Dio non vi è più distinzione tra giudei e pagani. La missione di Paolo e di Pietro. Nella Lettera ai Galati Paolo appare inoltre consapevole del ruolo di primo piano affidato a lui e a Pietro, incaricati rispettivamente di evangelizzare gli Ebrei e i pagani. Di fronte alla richiesta di circoncidere i pagani convertiti essi assunsero tuttavia posizioni differenti: Pietro era più propenso ad accettarla per non urtare la suscettibilità dei giudeo-cristiani, mentre Paolo ribadiva che tali pratiche non erano necessarie per la salvezza, che dipende soltanto dalla fede nei meriti di Gesù e dalla partecipazione al mistero della sua morte e resurrezione, per cui esse rischiavano di offuscare la centralità di Cristo. Nella Lettera ai Romani egli manifesta il proprio dolore per la mancata accettazione del Cristo da parte del popolo d’Israele, al quale sente di appartenere, ma anche la speranza nella sua futura conversione; mentre nella Seconda lettera ai Corinzi fa riferimento alle difficoltà incontrate e alle persecuzioni subite: a Damasco sfuggì alla cattura facendosi calare dal muro della città dentro una cesta. Nelle altre lettere Paolo sviluppa alcune idee centrali del cristianesimo: la concezione della Chiesa come corpo mistico, composto da diverse membra che svolgono compiti differenti (i diversi «ministeri», che corrispondono ai diversi doni dello Spirito Santo, detti anche carismi); il significato dell’Eucaristia come memoriale della morte e resurrezione di Gesù; il primato della carità, che si manifesta anche nell’aiuto materiale offerto ai poveri; la libertà interiore del cristiano, che deve però obbedire alle autorità e alle leggi e vivere «secondo lo Spirito» (ossia secondo la carità di Cristo) e non «secondo la carne» (ossia seguendo gli impulsi egoistici). Gli Atti degli apostoli descrivono i viaggi missionari di Paolo, e anche l’ultimo viaggio verso Roma, ove giunse, scortato da soldati, per difendersi dalle accuse degli Ebrei davanti al tribunale dell’imperatore. Qui, intorno all’anno 67 d.C., cadde vittima della persecuzione di Nerone: secondo la tradizione egli fu decapitato e non crocefisso, giacché era cittadino romano. Nell’iconografia s. Paolo è spesso raffigurato con la spada in mano, che rappresenta la parola di Dio, la «spada a due tagli» che consente all’uomo di distinguere il bene e il male. Insieme a Pietro, Paolo diventò il santo patrono della città di Roma, che gli ha dedicato la basilica di S. Paolo fuori le mura: entrambi furono definiti da papa Leone Magno come i nuovi gemelli di Roma, chiamati a sostituire Romolo e Remo (simboli della Roma pagana) e a rifondare la città in senso cristiano. Il pensiero di s. Paolo influenzò notevolmente gli sviluppi della teologia cristiana, in particolare la riflessione di s. Agostino, vescovo di Ippona, e quella di Lutero, che hanno affermato il primato della grazia di Dio e della fede rispetto agli atti di culto esteriore e alle ‘opere buone’.
Testo tratto da Raffaele Savigni Come arrivare a via San Paolo Viterbo
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