Chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini,Chiese di Viterbo centro, Viterbo, Anna Zelli sito ufficiale web www.annazelli.com

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 Chiesa Santissima Trinità

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Chiesa Santissima Trinità

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Sant'Agostino
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Chiesa della Santissima Trinità o Santuario di Santa Maria Liberatrice, è tra piazza della Trinità,e via San Giovanni Decollato, Viterbo, oltre la zona di piazza Martiri d’Ungheria, nei pressi di piazza Sant’Agostino, zona tra porta Fiorentina e porta Bove,  fu consacrata da papa Alessandro IV nel 1258 , il nome di Santa Maria Liberatrice le deriva da una immagine sacra che è conservata all’interno, attribuita a Gregorio e  Donato D’Arezzo, oggi custodita nella cappella di Sant’Anna, l’affresco è stato posto qui nel 1748. La chiesa è in stile Settecentesco  e fin dalle origini è stata la sede dell’Ordine degli Agostiniani. Sia la chiesa che il convento furono edificati dai Padri Eremitani Agostiniani dell’eremo di Monterazzano e consacrati due anni più tardi. Poiché la chiesa era piccola, nel 1727 si decise di ampliarla ed il nuovo edificio venne ultimato nel 1745. Sulla facciata si mescolano elementi barocchi e neoclassici, è divisa in due livelli. Sul primo si aprono tre portali e due nicchie, nella nicchia di destra è collocata la statua di S. Tommaso di Villanova, in quella di sinistra la statua di S. Agostino. Sul secondo ordine,si vede un ampio finestrone sorretto da una balaustra in peperino, qui, altre due nicchie in corrispondenza del piano inferiore, contenenti rispettivamente la statua di Santa Rita da Cascia a destra e quella di Santa  Monica a sinistra. Al centro un balcone sormontato dal simbolo della Trinità scolpito in travertino.  Sul lato sinistro troviamo il campanile a pianta quadrata, coperto da una cupola, anch’essa a pianta quadrata. Sulla destra della chiesa si apre il portale che da accesso al chiostro rinascimentale. La chiesa della Trinità è meglio conosciuta dai viterbesi come santuario della Madonna Liberatrice. La chiesa primitiva risaliva al 1237. Nel 1288 durante i lavori per edificare una cappella, venne alla luce un affresco raffigurante la Vergine con Bambino, all'immagine fu dato il nome di Madonna Liberatrice in seguito ad un avvenimento miracoloso accaduto nel 1320. Riferiscono i cronisti dell'epoca che il 28 maggio di quell'anno il cielo della città si riemṕ di demoni e forze del male che assalirono Viterbo. Apparve la Vergine, venerata in una cappella della chiesa della Trinità, che inviṭ i cittadini a pregare davanti alla sua immagine. Ci fu un gran raduno di gente implorante protezione ai piedi della Madonna e avvenne il miracolo. La città fu libera e da allora, all'immagine della Vergine, fu dato il nome di Madonna Liberatrice di Viterbo. L'antica chiesa fu restaurata nel 1421 con il concorso di papa Martino V dopo che un incendio l'aveva gravemente danneggiata. Nel 1727, poiché la chiesa si era rivelata inadeguata per l'affluenza di devoti fu deciso di ricostruirla completamente.  L'affresco con l'immagine della Madonna, risalente al XV secolo e facente parte di una rappresentazione probabilmente più complessa, fu collocato nella sua posizione attuale nel 1748. L'interno a croce latina è suddiviso in tre navate, l'intersezione con il transetto à sormontato da una cupola illuminata da otto oculi. Lungo ciascuna delle navate laterali si snodano 4 altari, la cappella che custodisce l'mmagine della Madonna Liberatrice è situata nel braccio destro del transetto. Nel corridoi che porta alla sacrestia è conservato quanto resta del munumento funebre del cardinal Raimondo Perrault morto a Viterbo nel 1505. L'accesso alla sacrestia è chiuso da una pregevole cancellata in ferro battuto del '400; in un locale adiacente la sacrestia è collocato un imponente lavabo del '600. Di grande bellezza ed importanza è il Chiostro, che si trova sul lato destro della chiesa.  Quello attuale fu costruito nel 1513 e sostitú quello originario risalente al XIII secolo. Per la sua costruzione sono state usate 36 colonne monolitiche inizialmente destinate ad un rifacimento della chiesa, rifacimento che non fu mai fatto.  Il chiostro, a pianta quadrata, presenta sul lato destro un elegante loggiato, al centro vi à una fontana incassata nella pavimentazione in peperino. In uno dei bracci, incassata in una nicchia a sesto ribassato, si pụ ammirare una fontana del XIII secolo. Le pareti interne del chiostro presentano affreschi eseguiti tra la fine del '500 ed il primo decennio del '600. Il ciclo pittorico consta di 44 scene illustranti la vita di S. Agostino. Nell'affresco compare spesso lo stemma della casata Nini essendo stato eseguito con un lascito di Giacomo Nisini che ne indic̣ anche il soggetto. Sul lato sud, sopra le storie di S. Agostino, le lunette sono affrescate con scene agresti, mentre su quello nord sono raffigurati episodi biblici.

Chiesa della Santissima Trinità

chiesa della santissima trinità piazza della trinità viterbo info e foto anna zelli

Chiesa della Santissima Trinità

Interno della Chiesa della Santissima Trinità, Viterbo, è diviso in 3 navate, con 4 grandi pilastri per lato, con archi a tutto sesto, ci sono 3 grandi finestre per lato. Vi è una bella cupola illuminata da 8 oculi e decorata con i Santi, Sant'Agostino, Sant'Ambrogio, San Girolamo e San Gregorio, opera di Giuseppe Toeschi. Le cappelle delle navate minori sono riccamente decorate, partendo da destra:

Cupola Chiesa della Trinità

 

cupola della chiesa della santissima trinità viterbo info e foto anna zelli

Cupola Chiesa della Santissima Trinità

Cupola Chiesa della Santissima Trinità, piazza della Trinità Viterbo, si ammira nella sua bellezza sia da valle Faul, che da via Sant'Antonio e dal cortile dei Priori.

Campanile chieda della Trinità

campanile chiesa della santissima trinità viterbo info e foto anna zelli

Campanile Chiesa Santissima Trinità

Campanile Chiesa della Santissima Trinità, piazza della Trinità, Viterbo, un bel campanile quadrangolare, visibile da via San Giovanni Decollato.

Statue e stemma Chiesa Trinità

statue alla facciata della chiesa della santissima trinità viterbo info e foto anna zelli

Statue e stemma Chiesa della SS Trinità

Statue facciata chiesta Santissima Trinità, piazza della Trinità, Viterbo, si ammirano le statue in basso a sinistra di Sant'Agostino, a destra di San Tommaso da Villanova, sopra la statua di Santa Chiara da Montefalco e la statua di Santa Rita da Cascia, sopra il timpano la testa di un leone, simbolo della città di Viterbo.

Stemma facciata chiesa della Santissima Trinità, Viterbo, al centro della facciata in alto troneggia il simbolo della Trinità, un grande cerchio con al centro l'occhio di Dio circondato da angeli

Stemmi porta Chiostro Trinità

stemmi al portone chiostro chiesa santissima trinità viterbo info e foto anna zelli

Stemmi portone chiostro 
SS Trinità Pellegrini

Stemmi alla porta del chiostro della chiesa della Santissima Trinità, Viterbo, vi sono alcuni stemmi abrasi.

Loggia Chiesa della Trinità

loggia al chiostro della chiesa della santissima trinità dei pellegrini info e foto anna zelli

Loggia Chiesa della Santissima Trinità

Loggia al Chiostro Chiesa della Santissima Trinità, piazza della Trinità, Viterbo, risale al 1637 con colonnine ioniche a tutto sesto.

Affreschi Chiostro Trinità

affreschi chiostro chiesa della santissima trinità dei pellegini viterbo info e foto anna 7

Affreschi Chiostro Santissima Trinità

Chiostro Chiesa della Santissima Trinità, piazza della Trinità, Viterbo, vi si accede dalla porta che si trova alla destra della facciata, oppure dagli ambienti della sacrestia che si trova in fondo alla navata destra della chiesa. Il Chiostro era già esistente nella seconda metà del XIII secolo, epoca dell'intero complesso conventuale. In origine era caratterizzato da archetti sestiacuti poggianti su colonnine di marmo. Nel XV secolo su progetto di Pier Domenico Ricciarelli e per la richiesta del frate Egidio Antonini padre generale degli Agostiniani e futuro vescovo di Viterbo, la struttura venne ricostruita. Fu il cardinale Fazio Santoro a mettere i fondi per il completamento dell'opera. Rispetto al progetto iniziale ci furono delle varianti. Il chiostro è più alto e presenta un colonnato continuo. Il chiostro ha una struttura a pianta quadrata, si apre su un cortile interno, le colonne in peperino sono regolarmente distanziate e presentano capitelli tuscanici scolpiti a ovoli. L'insieme è decisamente armonioso. Su un lato del chiostro si apre il loggiato.risalente al 1637.Il chiostro presenta dei meravigliosi affreschi di Marzio Ganassini, romano, dipinti tra la fine del '500 ed il primo decennio del '600, dove è illustrata la vita di Sant'Agostino. La Famigli Nini finanzị il progetto, ed il suo stemma è più volte ripetuto. Vi sono 44 scene delimitate da telamoni reggistemmi, in monocromo giallo ocra con giovani dai capelli scomposti. Sopra le storie di Sant'Agostino ci sono delle lunette su un lato con scene agresti e su un altro lato con scene bibliche. E' probabile che l'intero affresco sia ispirato alle tecniche pittoriche fiamminghe da pittori che alla fine del '500 si erano recati a Roma, ad Orvieto e a Perugia.

Fontanile Chiesa della Trinità

fontanile chiostro chiesa della santissima trinità viterbo info e foto anna zelli

 

 

 

 


 

Fontanile Chiesa
Santissima Trinità

Fontanile al Chiostro della Santissima Trinità, Viterbo, fontanile lapideo, con quattro bocche dalle quali una volta fuoriusciva l'acqua, è istoriato con dipinti nell'all'arco e nel fondale.

Convento Chiesa della Trinità

convento agostiniani chiesa santissima trinità viterbo info e foto anna zelli

Convento Chiesa Santissima Trinità

Convento Chiesa della Trinità dei Pellegrini, Viterbo, piazza della Trinità, nel refettorio le pareti sono affrescate.

Santa Maria Liberatrice

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Santa Maria Liberatrice

Santa Maria Liberatrice, Chiesa della Santissima Trinità, Viterbo, piazza della Trinità, la Chiesa della Santissima Trinità venne consacrata da Papa Alessandro IV nel 1258,  è anche il Santuario di Santa Maria Liberatrice ed una delle prime sedi dell’Ordine degli Agostiniani. Il legame di questa chiesa con Santa Maria Liberatrice si deve  ad un evento avvenuto a maggio del 1320, riferite dai cronisti dell’epoca.  Fu un avvenimento straordinario che terrorizẓ gli abitanti di Viterbo e li spinse a rifugiarsi in preghiera nella chiesa della Trinità e a far voti per la loro liberazione dinanzi all’immagine della Madonna. Un testimone oculare, Giovan Giacomo Sacchi, coś racconta:“Ricordo come a d́ 28 maggio 1320 apparsero in Viterbo nell’aere grandissimi segni che derno terrore a tutto il populo con tenebre horribili et figure de demoni, che parea che subissasse il mondo; et apparse miraculo di una figura di Nostra Donna ne la Cappella del Campano in Santo Agustino sopra Faule et per sua gratia fommo liberati”. Anche il cronista Niccoḷ della Tuccia  ricorda che : “Alli 23 di maggio fu il memorabile miracolo della Madonna Santissima della Trinità, che libeṛ Viterbo dallo mani de’ diavoli, di cui l’aria tutta era piena, e gridavano voler (s)profondare la città. Ma la Vergine misericordiosissima, che sta dipinta nella cappella di Sant’ Anna, apparve a molti eremiti e incarcerati, omini da bene, dicendoli che andasse a quella cappella tutto il popolo con luminarie, e sariano liberati. Correndo tutti della città con molta devozione, compunzione e penitenze conforme aveva comandata la Vergine pietosa, furno visibilmente veduti tutti deṃni buttarsi con urli orrendissimi nel bullicame: e da tutto il popolo fu riconosciuta la similitudine della santa figura, con la quale era apparsa la Madonna. Questa fu la prima luminaria istituita in Viterbo, proseguita sempre con solennità, e imitata poi nelle altre feste notabili, come appare nella Margarita del Commune. Il fondatore di quella cappella fu messer Campana castellano di Viterbo“. In realtà piuttosto che di demoni, si trattava del Bullicame, dal quale erano fuoriuscite ceneri e gas che riempirono ed oscurarono il cielo, insieme a eventi tellurici che scossero Viterbo. I cittadini ritennero di essere stati liberati per intercessione della Madonna, e fu un avvenimento coś importante che coinvolse sia le autorità  ecclesiastiche che civili e quindi venne istituita una festa per commemorarlo solennemente ogni anno. A partire da questo avvenimento, Santa Maria Liberatrice è venerata e pregata come Protettrice della Città nei periodi difficili della sua storia.

Sabt'Agostino

sant'agostino vita opere storia viterbo

Sant'Agostino

Sant’Agostino, vita opere storia, Viterbo, Agostino Aurelio nacque a Tagaste piccola città della Numidia in Africa il 13 novembre 354 da una famiglia di classe media, primogenito,di piccoli proprietari terrieri, il padre Patrizio era pagano, violento e dai costumi poco morigerati,  mentre la madre Monica, proveniva da una buona famiglia cristiana, ed era una donna mite e pia,  oltre ad Agostino, ebbe altri due figli. Agostino non venne battezzato da piccolo, perché secondo l’usanza dell’epoca si veniva battezzati in età adulta, anḍ a scuola ed impaṛ a leggere a scrivere e a fare di conto. Il padre voleva che il figlio diventasse un retore, un maestro di lettere e di eloquenza e quindi lo manḍ a studiare a Madaura, la città più importante di Tagaste. Agostino si applic̣ con ardore agli studi dei classici latini, e meno alla lingua greca che mai impaṛ a padroneggiare. Venne aiutato a proseguire gli studi da un ricco e generoso concittadino, il nobile Romaniano, e coś nel 371 potè andare a studiare a Cartagine, che era la grande capitale romana d’Africa. Ben presto impaṛ la retorica, la dialettica, la geometria, la musica, la matematica, ma oltre all’impegno negli studi conduceva anche una vita dissoluta. Dopo nemmeno un anno si accompagṇ con una ragazza che gli diede un figlio Adeodato, peṛ non si spoṣ mai, nonostante la relazione si protrasse per oltre un decennio. In Agostino vi erano due anime una dedita ai piaceri della vita e l’altra che lo tormentava per lo smarrimento della fede. La madre, Monica, lo aveva educato secondo i principi del più ortodosso cristianesimo, ma la mente inquieta di Agostino vedeva la religione intollerabile nei dogmi e cerc̣ la verità altrove. Fu in quegli anni che matuṛ la sua vocazione di filosofo, dopo aver letto l’Ortensio di Cicerone, il libro lo aveva particolarmente colpito, perché Cicerone affermava, che soltanto la filosofia poteva aiutare la volontà ad allontanarsi dal male e ad esercitare la virtù. Proṿ anche a leggere la Bibbia, ma le Sacre letture non dicevano niente alla sua mente razionale e la religione professata dalla madre gli appariva come una superstizione puerile, quindi cerc̣ la verità nel manicheismo. Il Manicheismo era una religione orientale fondata nel III secolo d.C. da Mani, che fondeva elementi del cristianesimo e della religione di Zoroastro, suo principio fondamentale era il dualismo, cioè l’opposizione continua di due elementi egualmente divini, uno buono e uno cattivo, che dominano il mondo e anche l’animo umano. Nel 374 inizị a seguire i Manichei, ma solo nella posizione di uditore, non andando mai oltre. Nel frattempo moŕ il padre Patrizio, che la madre Monica era riuscita a convertire al cristianesimo, ed allora Agostino torṇ a Tagaste e comincị a dare lezioni per guadagnarsi da vivere. Strinse amicizia con uno dei suoi allievi Alipio, amicizia che non si sciolse mai. In un primo momento venne accolto dalla madre, ma le sue idee eretiche e la sua condotta poco morale, spinsero Monica a cacciarlo di casa, che continụ a pregare affinchè il figlio si ravvedesse. Dopo di che aiutato dal suo benefattore Romaniano torṇ a Cartagine, vi rimase per otto anni, avendo aperto una scuola di eloquenza,  in questo periodo, pubblic̣ il suo primo libro, De Bello e del Convenevole, e più maturo, inizị ad allontanarsi dal manicheismo, anche se per motivi pratici non ruppe subito definitivamente. A causa della sua inquietudine interiore, Agostino matuṛ l’idea di andare in Italia, che si concretizẓ definitivamente perche mal sopportava i suoi studenti indisciplinati che erano soliti mettere a soqquadro la scuola e le aule. Pertanto nel 383, di notte, e di nascosto dalla madre che non voleva che partisse, si imbarc̣ alla volta di Roma. A Roma venne accolto da un uditore manicheo  al quale era stato raccomandato dai suoi confratelli di Cartagine. Si ammaḷ e fu sul punto di morire. Ripresosi, cerc̣ degli studenti, i quali sebbene più educati di quelli cartaginesi, avevano peṛ la brutta abitudine di piantarlo senza pagarlo. Agostino inizị anche a sentirsi a disagio perché pur essendo grato ai manichei per gli aiuti, non ne condivideva più le idee. Soprattutto perché alcuni di loro conducevano una vita disonesta. Quindi si trasfeŕ a Milano, quando Simmaco prefetto di Roma, ricevette la richiesta di un bravo maestro di retorica per la pubblica accademia. Agostino partecip̣ al concorso per l’assegnazione di quel posto e lo vinse e nel 384 si trasfeŕ a Milano, dove poco dopo lo raggiunse anche la sua donna e il figlioletto Adeodato. Anche la madre Monica e il suo fedele amico Alipio, si trasferirono a Milano, da Agostino. Giunto a Milano Agostino fece visita al vescovo Ambrogio, che lo accolse benevolmente, Agostino inizị a partecipare alle sue omelie, che ebbero una influenza positiva e che lo spinsero ad allontanarsi definitivamente dai Manichei. Torṇ ad occuparsi della ricerca della verità, lesse alcuni testi di Platone  e le lettere di San Paolo e gli si apŕ la convinzione dell’esistenza di un Intelletto supremo, della incarnazione del Verbo e dell’Amore di Dio, pur rimanendo ancora in conflitto con se stesso tra la carne e lo spirito. Rimanḍ in Africa la sua compagna e su suggerimento della madre Monica si prepaṛ a contrarre le nozze con una fanciulla di suo pari rango. Ma in lui inizị a maturare l’idea della castità e del distacco dal mondo, e dopo due anni nel 386 Agostino si sent́ convertito. Lascị la cattedra e con alcuni suoi fedeli compagni si ritiṛ a Cassiciaco, forse l’odierna Cassago in Briaza. In una villa offerta dall’amico Verecondo. Qui nella quiete campestre si dedic̣ allo studio delle Scritture, dei Salmi e scrisse: Contro gli Accademici, La vita Beata, Dell’Ordine e dei Soliloquii. Si prepaṛ al battesimo che ricevette nella notte di Pasqua del 387 per mano di Sant’Ambrogio, insieme con il figlio Adeodato e l’amico Alipio. Agostino decise di lasciare l’Italia e di tornare in Africa, insieme anche alla madre. Ad Ostia mentre erano in attesa di imbarcarsi, Monica, benché felice per la conversione del figlio, si ammaḷ e moŕ.  Agostino decise di rimanere a Roma, e vi rimase per un anno, durante il quale si diede da fare per convertire i manichei, a tal proposito, scrisse due libri : Sui Costumi della Chiesa Cattolica, e Sui Costumi dei Manichei. Dopo di che salp̣ alla volta di Cartagine, si ritiṛ con i suoi compagni nel podere paterno fuori Tagaste, conducendo una vita di preghiera e di studio insieme ai suoi compagni che lo consideravano come loro superiore. Qui si posero le basi della regola monastica che il Santo detṭ e che prese il suo nome, e che anche oggi è seguita da numerose congregazioni. In quel tempo Adeodato, moŕ, figlio amato e sempre seguito amorevolmente dal padre. Negli anni successivi si dedic̣ all’approfondimento del dogma cristiano e ad approfondire le Sacre Scritture, durante questo periodo scrisse Sul Genesi, e altri libri come: Della Musica, Del Maestro. Nel 391 si rec̣ a Ippona per confortare nella fede persone che desideravano convertirsi. Non torṇ più a Tagaste. Venne proclamato prete per la sua fama di oratore e per la sua dottrina, Agostino si sentiva indegno di tanto onore, ma accetṭ perché vi vedeva un segno della volontà di Dio. Chiese al vescovo Valerio di potersi preparare al nuovo ministero, il quale gli concesse un orto poco distante dalla chiesa dove Agostino raduṇ i monaci e qui visse fino alla fine dei suoi giorni, Tra il 395 o il 396 venne nominato coepiscovo di Valerio e alla sua morte gli successe nella Cattedra di Ippona, che tenne per tuto il resto della sua vita.  Il primo suo biografo fu Possidio vescovo di Calama e suo discepolo, che ne narṛ diffusamente le virtù del Santo e le fatiche apostoliche dei 35 anni di episcopato. Le sue attività dottrinali, l'influenza delle quali era destinata a durare molto a lungo, furono molteplici: predicava frequentemente, a volte per cinque giorni consecutivi; scrisse lettere che trasmisero a tutto il mondo conosciuto la sua soluzione per i problemi dell'epoca; lascị la sua impronta su tutti i concili africani ai quali partecip̣, e lotṭ infaticabilmente contro tutte le eresie. Agostino opeṛ una prima distinzione fra il male fisico del corpo e il male morale dell'anima, legato al peccato. In questo modo supeṛ una convinzione diffusa nel periodo precedente, che concepiva la malattia e il dolore come una conseguenza e una sorta di punizione divina delle azioni umane. Agostino escluse questa possibilità poiché "Dio è Amore", e un'eventuale espiazione dei peccati si colloca in una vita ultraterrena. Dolore, fame, malattia e peccato hanno peṛ la stessa origine metafisica, ontologica, sono mancanza di essere, nell'anima e nel corpo, coś come teorizzava la filosofia classica. Il male non è concepibile da parte di Dio, mentre lo è da parte dell'uomo, che pụ attuarlo poiché è creato libero, "a immagine e somiglianza di Dio", come afferma la Genesi. In questo senso l'uomo pụ fare il male, mentre Dio no. Cị non significa che l'uomo è più libero, o che la divinità cristiana non è onnipotente, ma che l'uomo, errando, pụ commettere atti che lo rendono imperfetto e infelice. Non commettere il male non è un limite, ma un segno di perfezione. Agostino, come Socrate, sostenne l'intellettualismo etico, ossia che il male si manifesta per ignoranza, ed esclude nuovamente il male dalla natura divina perché questa è onnisciente. In altre parole, Dio non pụ fare il male per un motivo ontologico, perché il male è mancanza di essere, mentre lui è "Essenza", che non ha nulla fuori di sé, e per uno gnoseologico-etico, per il quale chi ha la conoscenza ed è veramente libero non commette atti legati all'ignoranza del proprio bene, e che negano la propria libertà. L'uomo è libero al punto di negare la propria libertà innata, compiendo il male; la fonte dell'essere e della conoscenza sono la medesima, e da entrambe deriva l'esclusione di una deviazione etica in un essere perfetto. Lo scisma donatista fu l'ultimo episodio delle controversie montaniste e novazianiste che agitavano la Chiesa dal II secolo. Mentre l'oriente stava investigando sotto vari aspetti il problema divino e cristologico della "Parola", l'occidente, indubbiamente a causa della sua vocazione più pratica, si poneva il problema morale del peccato in tutte le sue forme. Il problema principale era la santità della Chiesa; il peccatore avrebbe potuto essere perdonato e rimanere al suo interno? In Africa la questione riguardava in particolar modo la santità della gerarchia. I vescovi di Numidia che, nel 312, avevano rifiutato di accettare come valida la consacrazione di Ceciliano alla sede di Cartagine da parte di un traditore, avevano dato il via ad uno scisma che aveva posto queste gravi questioni: i poteri gerarchici dipendono dalla dignità morale del presbitero? Come pụ l'indegnità dei suoi ministri essere compatibile con la santità della Chiesa? Essendo stato identificato con un movimento politico, forse con un movimento nazionale contro la dominazione romana, al tempo dell'arrivo di Agostino ad Ippona, lo scisma aveva raggiunto proporzioni immense. Comunque, al suo interno è facile scoprire una tendenza di vendetta antisociale che gli imperatori dovevano combattere con leggi severe. La setta nota come "Soldati di Cristo", e chiamata dai cattolici "Circoncellioni" ("briganti", "vagabondi"), associata agli scismatici, fu caratterizzata da fanatica distruttività, causando una severa legislazione da parte degli imperatori. La storia delle lotte di Agostino con i Donatisti è anche quella del suo cambio di opinione sull'utilizzo di misure rigide contro gli eretici. Anche la Chiesa d'Africa, dei cui concili era stato l'anima, lo segú in questo cambio. Agostino, inizialmente, tenṭ di ritrovare l'unità attraverso conferenze e controversie amichevoli. Nei concili africani ispiṛ varie misure conciliatrici, sped́ ambasciatori presso i Donatisti per invitarli a rientrare nella Chiesa o, almeno, esortarli ad inviare deputati ad una conferenza (403). I Donatisti accolsero questi inviti dapprima col silenzio, poi con insulti e infine con tale violenza che Possidio, vescovo di Calama e amico di Agostino, sfugǵ alla morte per puro caso, il vescovo di Bagaïa fu lasciato ricoperto di orribili ferite e la vita del vescovo di Ippona sub́ vari attentati. Questa violenza dei Circoncellioni richiese una dura repressione, e Agostino, apprendendo delle molte conversioni che ne seguirono, da allora approṿ l'impiego di leggi rigide, pur non volendo mai che l'eresia fosse punibile con la morte. Nonostante cị, i vescovi erano ancora favorevoli ad una conferenza con gli scismatici e, nel 410, un editto promulgato dall'imperatore Onorio pose fine al rifiuto dei Donatisti. Nel giugno 411, alla presenza di 286 vescovi cattolici e 279 vescovi donatisti, fu organizzato a Cartagine un solenne Concilio. I portavoce dei Donatisti erano Petiliano di Costantina, Primiano di Cartagine e Emerito di Cesarea, gli oratori cattolici Aurelio di Cartagine e Agostino. Alla questione storica in discussione, il vescovo di Ippona proṿ l'innocenza di Ceciliano e del suo consacratore Felice, sostenendo, nel dibattito dogmatico, la tesi cattolica che la Chiesa, finché esiste sulla terra, pụ, senza perdere la sua santità, tollerare i peccatori al suo interno nell'interesse della loro conversione. A nome dell'imperatore il proconsole Marcellino sanzioṇ la vittoria dei cattolici su tutti i punti in discussione. La fine della controversia donatista coincise pressappoco con l'inizio di una nuova disputa teologica che impegṇ Agostino fino alla sua morte. L'Africa, dove Pelagio e il suo discepolo Celestio si erano rifugiati dopo il sacco di Roma da parte di Alarico, era diventato il principale centro di diffusione del movimento pelagiano. Già nel 412 un concilio tenuto a Cartagine aveva condannato i Pelagiani per le loro opinioni sulla dottrina del peccato originale, ma, grazie all'attivismo di Agostino, la condanna dei Pelagiani, che avevano avuto il sopravvento in un sinodo tenuto a Diospolis in Palestina, fu reiterata dai successivi concili tenuti a Cartagine e a Milevi, e confermata da papa Innocenzo I nel 417. Un secondo periodo di attivismo pelagiano si svilupp̣ a Roma; papa Zosimo fu inizialmente convinto da Celestio ma, dopo essere stato convinto da Agostino, nel 418 pronuncị una solenne condanna contro i Pelagiani. In seguito la disputa fu proseguita per iscritto contro Giuliano di Eclano, che aveva assunto la guida del gruppo ed attaccava violentemente Agostino.Verso il 426 nacque il movimento dei Semipelagiani, i cui primi membri furono i monaci di Hadrumetum, in Africa, seguiti da quelli di Marsiglia guidati da Giovanni Cassiano, abate di San Vittore. Essi cercarono di mediare tra Agostino e Pelagio sostenendo che la grazia dovesse essere concessa solo a coloro che la meritano e negata agli altri. Informato delle loro opinioni da Prospero d'Aquitania, il santo scrisse il De praedestinatione sanctorum, nel quale spiegava che qualsiasi desiderio di salvezza era dovuto alla "Grazia di Dio" che, percị, controllava completamente la nostra predestinazione. Nel 426, all'età di 72 anni, desiderando risparmiare alla sua città il tumulto di un'elezione episcopale dopo la sua morte, Agostino spinse sia il clero sia il popolo ad acclamare come suo ausiliare e successore il diacono Eraclio. In quegli anni l'Africa fu sconvolta dalla rivolta del comes Bonifacio (427); i Visigoti inviati dall'imperatrice Galla Placidia per contrastare Bonifacio e i Vandali che questi aveva chiamato in suo aiuto erano tutti Ariani e, al seguito delle truppe imperiali, entṛ ad Ippona Massimino, un vescovo ariano. Agostino difese la propria fede in una conferenza pubblica (428) e con vari scritti. Essendo profondamente addolorato per la devastazione dell'Africa, lavoṛ per una riconciliazione tra il comes Bonifacio e l'imperatrice; la pace fu ristabilita, ma non con Genserico, il re vandalo. Bonifacio, cacciato da Cartagine, cerc̣ rifugio a Ippona, dove molti vescovi si erano già rifugiati per cercare protezione in questa città ben fortificata, ma i Vandali l'assediarono per ben diciotto mesi. Cercando di controllare la sua angoscia, Agostino continụ a confutare Giuliano di Eclano, ma, all'inizio dell'assedio, fu colpito da una malattia fatale e, dopo tre mesi, il 28 agosto 430, moŕ all'età di 75 anni. Nel 718 il suo feretro, venerato per secoli a Cagliari dove era stato portato da esuli fuggiti all'invasione vandala del Nordafrica, fu fatto trasportare dalla Sardegna a Pavia, a opera del re longobardo Liutprando. Da allora le sue spoglie sono custodite nella basilica di San Pietro in Ciel d'Oro. (una parte tratta da wikipedia) a Viterbo vi è la Chiesa della Santissima Trinità che segue l'Ordine degli Agostiniani.

Ordine Agostiniani

ordine degli agostiniani chiesa della santissima trinità info e foto anna zelli

Ordine Agostiniani

L’Ordine Agostiniano a Viterbo, storia,  questo ordine si insedị a Viterbo molti secoli fa, probabilmente prima del 1236, rispondendo alla richiesta della Chiesa di fare apostolato secondo i dettami di Sant’Agostino, e pertanto  i frati, si trasferirono dall’eremo di Monterazzano, dove risiedevano al colle della Trinità a Viterbo. In quei tempi il colle non era ancora protetto dalla cinta muraria, e probabilmente vi era già un piccolo oratorio. Il colle era detto delle Carbonaie ed era separato dal resto della città dalla valle Faul e dal fiume Urciorno. Il luogo era difeso da palizzate e successivamente venne munito di mura, torri e fossati. Un documento attesta che già nel 1256 i frati eremitani di Sant’Agostino erano nel luogo ove oggi c’è il convento della Chiesa della Santissima Trinità. Frà Giacomo era l’economo della comunità e a nome del convento acquisṭ un pezzo di terra situata fuori della porta Bove, pertanto è probabile che tra il 1251 e il 1255 i frati avessero gà aderito all’Ordo Sant’Augustini in Tuscia e che qui edificarono la primitiva chiesa che aveva il suo ingresso rivolto al colle San Lorenzo e il convento. La chiesa mantenne il suo impianto gotico originario fino al ‘700, epoca in cui venne demolita ed interamente riedificata. Da una lapide posta all’interno dell’attuale chiostro risalente al XIII secolo si attesta che la consacrazione di questa chiesa avvenne nel 1258  con la benedizione di  Papa Alessandro IV,che allora risiedeva a Viterbo, cui presenziarono anche vescovi e cardinali. I fedeli ebbero un periodo di indulgenze elargite dal Papa se si fossero recati a visitare la chiesa e avessero  dato elemosine. Il periodo in cui i frati edificarono il convento e la chiesa al colle della Trinità, fu lo stesso durante il quale venne anche edificato il palazzo Papale sul colle San Lorenzo, opposto, dal momento che , anche i Papi si erano trasferiti da Roma a Viterbo. Vi fu un periodo di grande fermento, si edific̣ una nuova cinta muraria che ingloḅ anche il colle della Trinità. I frati godettero dei favori della curia papale e nel 1277 si svolse per la prima volta a Viterbo uno dei Capitoli Generali dell’Ordine Agostiniano. Nel 1277 alla morte di Papa Giovanni XXI, arrivarono a Viterbo Cardinali e prelati per partecipare al conclave per la elezione del nuovo Papa, alla fine del 1277 venne eletto Papa Nicoḷ III. Il covento e la chiesa della Trinità divenenro uno dei più importanti della Provincia Romana. Il Capitolo di Centocelle nel 1290 stabiĺ che nel convento si conservassero tutte le lettere papali pertinenti alla Provincia Romana, diventando quindi la sede dell’Archivio provinciale che poi, si arricch́ di una importante biblioteca.

Regola di Sant’Agostino, L’Ordine di Sant’Agostino, nei suoi rami maschile e femminile, Agostiniani e Agostiniane, è sorto in Italia agli inizi del secolo XIII, a partire dall’unione, promossa dalla Sede Apostolica, di varie espressioni di vita eremitica che seguivano la Regola di S. Agostino. L’unione delle congregazioni eremitiche avvenne a Roma, nella Basilica di Santa Maria del Popolo, da qui il termine “la Grande Unione” che designa quell’evento, e fu confermata dal papa Alessandro IV con la bolla Licet Ecclesiae Catholicae del 9 aprile 1256. Il nuovo Ordine, in pochi decenni, si diffuse in Italia, con un migliaio di presenze dal 1256 ad oggi, sia in Italia che in tutti i paese europei, diventando, insieme ai Francescani e ai Domenicani, una delle maggiori forze motrici di una grande riforma della Chiesa, della cultura e della società europee.


Regola di Sant’Agostino

Prologo
1. Fratelli carissimi, si ami anzitutto Dio e quindi il prossimo, perché sono questi i precetti che ci vennero dati come fondamentali.
2. Questi poi sono i precetti che prescriviamo a voi stabiliti nel monastero.
Capitolo 1 – Scopo e fondamento della vita comune
3. Il motivo essenziale per cui vi siete insieme riuniti è che viviate unanimi nella casa e abbiate una sola anima e un sol cuore protesi verso Dio.
4. Non dite di nulla: “E’ mio”, ma tutto sia comune fra voi. Il superiore distribuisca a ciascuno di voi il vitto e il vestiario; non peṛ a tutti ugualmente, perché non avete tutti la medesima salute, ma ad ognuno secondo le sue necessità. Infatti coś leggete negli Atti dagli Apostoli: Essi avevano tutto in comune e si distribuiva a ciascuno secondo le sue necessità.
5. Chi, da secolare, possedeva dei beni, entrato che sia nel monastero, li trasmetta volentieri alla Comunità.
6. Chi poi non ne possedeva, non ricerchi nel monastero cị che nemmeno fuori poteva avere. Tuttavia si vada incontro ai bisogni della sua insufficienza, anche se, quando egli si trovava fuori, la sua povertà non era neppure in grado di procurargli l’indispensabile. Solo che non si ritenga felice per aver conseguito quel vitto e quelle vesti che fuori non si poteva permettere.
7. Né si monti la testa per il fatto di essere associato a chi, nel mondo, nemmeno osava avvicinare, ma tenga il cuore in alto e non ricerchi le vanità della terra, affinché i monasteri, se ivi i ricchi si umiliano e i poveri si vantano, non comincino ad essere utili ai ricchi e non ai poveri.
8. D’altra parte, quelli che credevano di valere qualcosa nel mondo, non disdegnino i loro fratelli che sono pervenuti a quella santa convivenza da uno stato di povertà. Vogliano anzi gloriarsi non della dignità di ricchi genitori ma della convivenza con i fratelli poveri. Né si vantino per aver trasferito alla Comunità qualche parte dei loro beni; né il fatto di distribuire al monastero le loro ricchezze, anziché averle godute nel mondo, costituisca per essi motivo di maggiore orgoglio. Se infatti ogni altro vizio spinge a compiere azioni cattive, la superbia tende insidie anche alle buone per guastarle; e che giova spogliarsi dei propri beni dandoli ai poveri e diventare povero, se la misera anima nel disprezzare le ricchezze diviene più superba che non quando le possedeva?
9. Tutti dunque vivete unanimi e concordi e, in voi, onorate reciprocamente Dio di cui siete fatti tempio.
Capitolo 2 – La preghiera
10. Attendete con alacrità alle preghiere nelle ore e nei tempi stabiliti.
11. L’oratorio sia adibito esclusivamente allo scopo per cui è stato fatto e che gli ha dato il nome. Se percị qualcuno, avendo tempo, volesse pregare anche fuori dalle ore stabilite, non ne sia ostacolato da chi abbia ritenuto conveniente adibire l’oratorio a scopi diversi.
12. Quando pregate Dio con salmi ed inni, meditate nel cuore cị che proferite con la voce.
13. E non vogliate cantare se non quanto è prescritto per il canto. Evitate quindi cị che al canto non è destinato.
Capitolo 3 – Frugalità e mortificazione
14. Domate la vostra carne con digiuni ed astinenza dal cibo e dalle bevande, per quanto la salute lo permette. Ma se qualcuno non pụ digiunare, non prenda cibi fuori dell’ora del pasto se non quando è malato.
15. Sedendo a mensa e finché non vi alzate, ascoltate senza rumore e discussioni cị che secondo l’uso vi si legge, affinché non si sfami soltanto la gola, ma anche le orecchie appetiscano la parola di Dio.
16. Se alcuni vengono trattati con qualche riguardo nel vitto perché più delicati per il precedente tenore di vita, cị non deve recare fastidio né sembrare ingiusto a quegli altri che un differente tenore ha reso più forti. Né devono crederli più fortunati perché mangiano quel che non mangiano essi; debbono anzi rallegrarsi con se stessi per essere capaci di maggiore frugalità
17. Coś pure, se a quanti venuti in monastero da abitudini più raffinate si concedono abiti, letti e coperte che non si danno agli altri che sono più robusti e percị veramente più fortunati, quest’ultimi devono considerare quanto i loro compagni siano scesi di livello passando dalla loro vita mondana a questa, benché non abbiano potuto eguagliare la frugalità di coloro che sono di più forte costituzione fisica. E poi, non debbono tutti pretendere quelle cose che sono concesse in più ad alcuni non per onore ma per tolleranza, onde evitare quel disordine detestabile per cui in monastero i ricchi si mortificano quanto più possono, mentre i poveri si fanno schizzinosi.
18. D’altra parte, siccome gli ammalati devono mangiar meno per non aggravarsi, durante la loro convalescenza dovranno esser trattati in modo da potersi ristabilire al più presto, anche se provenissero da una povertà estrema; infatti la recente malattia ha loro procurato quello stato di debolezza che il precedente tenore di vita aveva lasciato nei ricchi. Ma appena si siano ristabiliti, tornino alla loro vita normale, che è certamente più felice, poiché è tanto più consona ai servi di Dio quanto meno è esigente. Ormai guariti, il piacere non li trattenga in quella vita comoda a cui li avevano sollevati le esigenze della malattia. Si considerino anzi più ricchi se saranno più forti nel sopportare la frugalità, perché è meglio aver meno bisogni che possedere più cose.
Capitolo 4 – Custodia della castità e correzione fraterna
19. Il vostro abito non sia appariscente; non cercate di piacere per le vesti ma per il contegno.
20. Quando uscite, andate insieme ed insieme rimanete quando sarete giunti a destinazione.
21. Nel modo di procedere o di stare, in ogni vostro atteggiamento, non vi sia nulla che offenda lo sguardo altrui ma tutto sia consono al vostro stato di consacrazione.
22. Gli occhi, anche se cadono su qualche donna, non si fissino su alcuna. Certo, quando uscite, non vi è proibito veder donne, ma sarebbe grave desiderarle o voler essere da loro desiderati, perché non soltanto con il tatto e l’affetto ma anche con lo sguardo la concupiscenza di una donna ci provoca ed è a sua volta provocata. E percị non dite di avere il cuore pudico se avete l’occhio impudico, perché l’occhio impudico è rivelatore di un cuore impudico. Quando poi due cuori si rivelano impuri col mutuo sguardo, anche senza scambiarsi una parola, e si compiacciono con reciproco ardore del desiderio carnale, la castità fugge ugualmente dai costumi anche se i corpi rimangono intatti dall’immonda violazione,
23. Ed inoltre chi fissa gli occhi su una donna e si diletta di essere da lei fissato, non si faccia illusione che altri non notino questo suo comportamento; è notato certamente e persino da chi non immaginava. Ma supposto che rimanga nascosto e nessuno lo veda, che conto farà di Colui che scruta dall’alto e al quale non si pụ nascondere nulla? Dovrà forse credere che non veda, perché nel vedere è tanto più paziente quanto più è sapiente? L’uomo consacrato tema dunque di spiacere a Dio per non piacere impuramente ad una donna; pensi che Dio vede tutto, per non desiderare di vedere impuramente una donna, ricordando che anche in questo caso si raccomanda il Suo santo timore dov’è scritto: E’ detestato dal Signore chi fissa lo sguardo.
24. Quando dunque vi trovate insieme in chiesa e dovunque si trovino pure donne, proteggete a vicenda la vostra pudicizia. Infatti quel Dio che abita in voi, vi proteggerà pure in questo modo, per mezzo cioè di voi stessi .
25. E se avvertite in qualcuno di voi questa petulanza degli occhi di cui parlo, ammonitelo subito, affinché il male non progredisca ma sia stroncato fin dall’inizio.
26. Se poi, anche dopo l’ammonizione, lo vedrete ripetere la stessa mancanza in quel giorno o in qualsiasi altro, chiunque se ne accorga lo riveli come se si trattasse di un ferito da risanare. Prima peṛ lo indichi ad un secondo o a un terzo, dalla cui testimonianza potrà essere convinto e quindi, con adeguata severità, indotto ad emendarsi. Non giudicatevi malevoli quando segnalate un caso del genere; al contrario non sareste affatto più benevoli se tacendo permetteste che i vostri fratelli perissero, mentre potreste salvarli parlando. Se infatti tuo fratello avesse una ferita e volesse nasconderla per paura della cura, non saresti crudele nel tacerlo e pietoso nel palesarlo? Quanto più dunque devi denunziarlo perché non imputridisca più rovinosamente nel cuore?
27. Tuttavia, qualora dopo l’ammonizione abbia trascurato di correggersi, prima di indicarlo agli altri che dovrebbero convincerlo se nega, si deve parlarne preventivamente al superiore: si potrebbe forse evitare coś, con un rimprovero più segreto, che lo sappiano altri. Se negherà, allora al preteso innocente si opporranno gli altri testimoni: alla presenza di tutti dovrà essere incolpato non più da uno solo ma da due o tre persone e, convinto, sostenere, a giudizio del superiore o anche del presbitero competente, la punizione riparatrice. Se ricuserà di subirla, anche se non se ne andrà via spontaneamente, sia espulso dalla vostra comunità. Neppure questo è atto di crudeltà ma di pietà, per evitare che rovini molti altri col suo contagio pestifero.
28. Quanto ho detto sull’immodestia degli occhi, si osservi con diligenza e rettitudine anche nello scoprire, proibire, giudicare, convincere e punire le altre colpe, usando amore per le persone e odio per i vizi.
29. Chiunque poi fosse andato tanto oltre nel male da ricevere di nascosto da una donna lettere o qualsiasi dono anche piccolo, se lo confesserà spontaneamente gli si perdoni pregando per lui; se invece sarà colto sul fatto e convinto, lo si punisca molto severamente, a giudizio del presbitero o del superiore.
Capitolo 5 – Oggetti d’uso quotidiano e loro custodi
30. Conservate i vostri abiti in un luogo unico, sotto uno o due custodi o quanti baste ranno a ravviarli per preservarli dalle tarme; e, come siete nutriti da una sola dispensa, coś vestitevi da un solo guardaroba. Se possibile, non curatevi di quali indumenti vi vengano dati secondo le esigenze della stagione, se cioè riprendete quello smesso in passato o uno diverso già indossato da un altro; purché non si neghi a nessuno l’occorrente. Se invece da cị sorgono tra voi discussioni e mormorazioni, se cioè qualcuno si lamenta di aver ricevuto una veste peggiore della precedente e della sconvenienza per lui di vestire come si vestiva un altro suo confratello, ricavatene voi stessi una prova di quanto vi manchi del santo abito interiore del cuore, dato che litigate per gli abiti del corpo. Comunque, qualora questa vostra debolezza venga tollerata e vi si consenta di riprendere quello che avevate deposto, lasciate nel guardaroba comune e sotto comuni custodi quello che deponete.
31. Allo stesso modo nessuno mai lavori per se stesso ma tutti i vostri lavori tendano al bene comune e con maggior impegno e più fervida alacrità che se ciascuno li facesse per sé. Infatti, la carità di cui è scritto che noncerca il proprio tornaconto, va intesa nel senso che antepone le cose comuni alle proprie, non le proprie alle comuni. Per cui vi accorgerete di aver tanto più progredito nella perfezione quanto più avrete curato il bene comune anteponendolo al vostro. E coś su tutte le cose di cui si serve la passeggerà necessità, si eleverà l’unica che permane: la carità.
32. Ne consegue pure che, se qualcuno porterà ai propri figli o ad altri congiunti stabiliti in monastero un oggetto, come un capo di vestiario o qualunque altra cosa, non venga ricevuto di nascosto, anche se ritenuto necessario; sia invece messo a disposizione del superiore perché, posto fra le cose comuni, venga distribuito a chi ne avrà bisogno. Percị se qualcuno avrà tenuto nascosto l’oggetto donatogli, sia giudicato colpevole di furto.
33. I vostri indumenti siano lavati secondo le disposizioni del superiore da voi o dai lavandai: eviterete coś che un eccessivo desiderio di vesti troppo pulite contagi l’anima di macchie interiori.
34. Anche la lozione del corpo, quand’è necessaria per ragioni di malattia, non si deve mai negare, ma si faccia su consiglio del medico e senza critiche; per cui, anche contro la propria volontà, al comando del superiore il malato faccia quanto si deve fare per la salute. Se invece lui lo vuole e pụ risultargli dannoso, non si accondiscenda al suo desiderio: talvolta cị che piace è ritenuto utile, anche se nuoce.
35. Infine, trattandosi di sofferenze fisiche nascoste, si dovrà credere senza esitazione servo di Dio chi manifesta la propria indisposizione. Si consulti peṛ il medico, se non si è certi che per guarirlo giova cị che gli piace.
36. Ai bagni o dovunque sarà necessario andare, non si vada in meno di due o tre. E chi ha necessità di portarsi in qualche luogo, dovrà andarvi non con chi vuole ma con chi gli sarà indicato dal superiore.
37. La cura degli ammalati, dei convalescenti e degli altri che anche senza febbre soffrano qualche indisposizione, sia affidata ad uno solo, che ritiri personalmente dalla dispensa quel che avrà giudicato necessario a ciascuno.
38. I custodi della dispensa, del guardaroba e della biblioteca servano con animo sereno i loro fratelli.
39. I libri si chiedano giorno per giorno alle ore stabilite; e non si diano a chi li chiederà fuori orario.
40. Ma vesti e calzature, se necessarie a chi le chiede, vengano date senza indugio da chi le ha in custodia.
Capitolo 6 – Il condono delle offese
41. Liti non abbiatene mai, o troncatele al più presto; altrimenti l’ira diventa odio e trasforma una paglia in trave e rende l’anima omicida. Coś infatti leggete: Chi odia il proprio fratello è un omicida.
42. Chiunque avrà offeso un altro con insolenze o maldicenze o anche rinfacciando una colpa, si ricordi di riparare al più presto il suo atto. E a sua volta l’offeso perdoni anche lui senza dispute. In caso di offesa reciproca, anche il perdono dovrà essere reciproco, grazie alle vostre preghiere che quanto più frequenti tanto più dovranno essere sincere. Tuttavia chi, pur tentato spesso dall’ira, è peṛ sollecito a impetrare perdono da chi riconosce d’aver offeso, è certamente migliore di chi si adira più raramente ma più difficilmente si piega a chiedere perdono. Chi poi si rifiuta sempre di chiederlo o non lo chiede di cuore, sta nel monastero senza ragione alcuna, benché non ne sia espulso. Astenetevi pertanto dalle parole offensive; ma se vi Fossero uscite di bocca, non vi rincresca di trarre i rimedi da quella stessa bocca che diede origine alle ferite.
43. Quando peṛ per esigenze di disciplina siete indotti a usare parole dure nel correggere gli inferiori, non si esige da voi che ne chiediate perdono, anche se avvertire di aver ecceduto: per salvare un’umiltà sovrabbondante non si pụ spezzare il prestigio dell’autorità presso chi deve starvi soggetto. Bisogna peṛ chiederne perdono al Signore di tutti, che sa con quanta benevolenza amiate anche coloro che forse rimproverate più del giusto. L’amore tra voi, peṛ, non sia carnale, ma spirituale.
Capitolo 7 – Spirito dell’autorità e dell’obbedienza
44. Si obbedisca al superiore come ad un padre, col dovuto onore per non offendere Dio nella persona di lui. Ancor più si obbedisco al presbitero che ha cura di tutti voi.
45. Sarà compito speciale del superiore far osservare tutte queste norme; non trascuri per negligenza le eventuali inosservanze ma vi ponga rimedio con la correzione. Rimetta invece al presbitero, più autorevole su di voi, cị che supera la sua competenza o le sue forze.
46. Chi vi presiede non si stimi felice perché domina col potere ma perché serve con la carità. Davanti a voi sia tenuto in alto per l’onore; davanti a Dio si prostri per timore ai vostri piedi. Si offra a tutti come esempio di buone opere; moderi i turbolenti, incoraggi i timidi, sostenga i deboli, sia paziente con tutti. Mantenga con amore la disciplina, ne imponga il rispetto; e, sebbene siano cose necessarie entrambe, tuttavia preferisca piuttosto di essere amato che temuto, riflettendo continuamente che dovrà rendere conto di voi a Dio.
47. Percị, obbedendo maggiormente, mostrerete pietà non solo di voi stessi ma anche di lui, che si trova in un pericolo tanto più grave quanto più alta è la sua posizione tra voi.
Capitolo 8 – Osservanza della Regola
48. Il Signore vi conceda di osservare con amore queste norme, quali innamorati della bellezza spirituale ed esalanti dalla vostra santa convivenza il buon profumo di Cristo, non come servi sotto la legge, ma come uomini liberi sotto la grazia.
49. Perché poi possiate rimiravi in questo libretto come in uno specchio onde non trascurare nulla per dimenticanza, vi sia letto una volta la settimana. Se vi troverete ad adempiere tutte le cose che vi sono scritte, ringraziatene il Signore, donatore di ogni bene. Quando invece qualcuno si avvedrà di essere manchevole in qualcosa, si dolga del passato, si premunisca per il futuro, pregando che gli sia rimesso il debito e non sia ancora indotto in tentazione.

Bibliografia: S. Agostino, La regola, Nuova Biblioteca Agostiniana – Città Nuova., Luc Verheijen, La regola di S. Agostino, 2 voll. Ed. Augustinus.

Torre Bove Giardino della Trinità

torre bove o bonaventura viterbo info e foto anna zelli

 

 

 

 

 

 

 

Torre Bove giardino Trinità

Porta Bove

porta bove viterbo centro info e foto anna zelli

Porta Bove

Porta e Torre Bove, o anche porta Bonaventura, chiusa, oltre ad essere una porta è anche una torre,  Viterbo, si trova alle spalle del complesso della Chiesa della Santissima Trinità, è inserita all'intero delle mura di Viterbo e dentro il giardino della Chiesa e pertanto non è visitabile, si trova su un piano più alto rispetto al piano stradale. Un tempo questa porta era aperta e consentiva di andare verso la zona del Riello, poi per la perdita di importanza venne chiusa, essendo la strada ridotta ad un viottolo di campagna.  Alcuni storici collocano la costruzione di questa porta al 1215, facendone derivare il nome dal senatore di Roma Bavone, che in quell'anno era il podestà di Viterbo, mentre per il Bussi la torre viene datata al 1255 e fa riferimento alla famiglia Bonaventura che ebbero incarichi di podestà , anche lo storico Orioli sposa la tesi del Bussi, e spiega che il nome BO.VE deriva da Bonaventura.  Mentre per lo Scriattoli, storico del '900, indica il 1215 come la data di costruzione della Torre e giustifica gli stemmi che qui sono presenti dei Papareschi, come coloro che fecero eseguire i lavori di sistemazione e rifinitura della torre stessa. Nel 1215, riferisce lo storico Della Tuccia, che furono anche erette le mura che da porta Bove arrivavano al piano di San Faustino e alla Porticella. All'interno di questa porta, parzialmente interrato, sopra l'arco, vi è una cuspide con scolpiti i nomi dei Papareschi di Roma, e in questo caso del Cardinale Bonaventura che era un discendente di Papa Innocenzo II, e che fu podestà di Viterbo tra il 1255 e il 1256. Vi è anche una lapide in latino che tradotta : "quando fu il 50 e poi il 5 dopo il 1200, il proconsole Bonaventura, nobile dell'Urbe, bella mi fece ed anche più grande, il nome augurale accompagna l'opera, per questo vuole che mi chiami Bonaventura. Colui che mi costrú ed il podestà che mi adorṇ, possa egli vivere in eterno con la gente che abita Viterbo". Fu come già detto sopra chiamata anche Bove, Bovo, o Bovone, sembra in riferimento ad Oddone di Bovo, un romano, che fu anche lui podestà di Viterbo nel 1215 anno della costruzione della porta, mentre il Bonaventura fu colui che la restauṛ, decorandola ed inserendo il suo stemma, quello dei Papareschi, che circondano la lapide. Sopra la torre, in alto, ci sono altri stemmi due per ogni fianco. Vi è anche un'altra lapide inserita nella cinta muraria che tradotta dice . "Nell'anno 1290 il podestà Rinaldo al pari di Ettore, valente soldato che la palatina stirpe dei Brumfort vanta, fece fondare queste mura di Viterbo, costruite nel nome del verbo, altre mura edificare ed altre per uguale ragione riparare. Le sue onorate armi, insegne da Re, sono qui sottoposte agli stemmi del Sommo Pontefice. Dunque, lettore, circondata da salde mura, sono io città di Viterbo. mi accompagna la protezione del Verbo, decisa a seguire le sorti del Papa Niccoḷ IV. " Prospero fece scrivere questa lapide, e scrisse anche i versi della lapide di Porta Sonsa. Forse era uno che nel 1301. fu uno dei personaggi degli Otto del Popolo della Comunità di Viterbo. Nel 1354, la torre venne occupata dalle milizie vaticane ad opera del viterbese Giovanni Moscio. Nel 1404 i residenti di San Faustino si riunirono per la concessione dei terreni prossimi a Porta Bove ai frati Agostiniani e al Convento della Santissima Trinità. Nel 1457 Giacomo Almadiani e Nofrio edificarono una torricella restaurarono la torre Bove ed edificarono i merli. La porta è chiusa.(anno 2021)

Via San Giovanni Decollato

via san giovanni decolato viterbo centro info e foto anna zelli

 Via San Giovanni Decollato

Via San Giovanni Decollato, Viterbo, centro storico, la via venendo da piazza della Trinità da una parte conduce fino a via Faul che costeggia la grande vallata oggi adibita a parcheggio e a porta Faul, prima di arrivare alla valle Faul, a sinistra si incrocia la via di Ser Monaldo via questa che incrocia la via del Lazzaretto e porta alla ex Chiesa di San Giovanni Decollato.Prendendo la via San Giovanni Decollato,  da piazza della Trinità, a destra si fiancheggia la chiesa della Santissima Trinità, da qui si ammira il campanile quadrangolare sul quale vi è un coro di campane. A destra, al civico 1, si pụ osservare dall'esterno l'abside della Chiesa della Trinità, e l'entrata al Convento degli Agostiniani, in fondo c'è un arco che immette ad un cortile che arriva fino alle mura della città, e che degradano fino a Porta Bove, la cui apertura è interna e chiusa dal perimetro delle mura del convento. Su una piccola altura adiacente al cortile del convento, nel 1720 venne rinvenuto il perimetro della villa romana di Tullio Varrone, Console e Pretore dell'Etruria, qui si ammirano, 6 stanze disposte in un unico piano, intatta la pavimentazione con mosaici di figure animali e vegetali, ed una testa sulla cui fronte volteggiano dei serpenti. Dal portale n° 3 a destra si accedeva alla Chiesa e Monastero di Val Verde, andati distrutti, e che furono edificati nel 1267 e concessi da Papa Niccoḷ IV nel 1291 al Monastero di Sassovivo, abitato da monaci dotti e combattivi, ai quali il Comune concesse un'area per costruire il nuovo Cenobio, affidando loro la custodia del futuro fortilizio che prese il  nome di Torre Sassovivo, sulla quale si vede lo stemma crociato dell'Ordine. Nel 1774 vi si adunava la Congregazione per il suffragio delle Anime. Proseguendo la strada, si cammina tra due rupi di tufo incassate, che era un Camminamento degli Etruschi.  che conduceva la Bosco Sacro di Voltumna. A sinistra su un piano elevato si trova la Ex Chiesa di Santa Maria della Ginestra, sconsacrata, nominata dallo storico Niccoḷ della Tuccia, nel 1243, appartenente al Monastero di Farfa in Sabina.  Poi nel 1531, qui si insedị la sede dell'Ospedale della Misericordia gestito dal 1553 dalla Confraternita della Pietà, con il titolo di San Giovanni Decollato, i monaci erano vestiti con un saio nero per preparare ad una buona morte i condannati alla pena capitale, la cui esecuzione si svolgeva davanti alla Rocca del Papa o per impiccagione o per decapitazione. Proseguendo lungo la via di San Giovanni Decollato, si ammira il lato settentrionale del Palazzo Papale che mostra la sua invulnerabilità con il mastodontico fortilizio.

Piazza della Trinità

piazza della trinità viterbo centro storico info e foto anna zelli

Piazza della Trinità

Piazza della Trinità, Viterbo, centro storico, prende in nome dalla chiesa della Santissima Trinità, la piazza va da via San Giovanni Decollato che porta a valle Faul, a via Santa Maria Liberatrice,a piazza Sant'Agostino, e qui incrocia la via Santa Maria in Volturno.  Da vedere la Chiesa della Santissima Trinità, l'interno della chiesa e il Chiostro tutto affrescato con la vita di Sant'Agostino. Sulla piazza da notare una madonnella, edicola sacra in ceramica, raffigurante la Madonna con Bambino.

Chiesa della Santissima Trinità Santuario Santa Maria Liberatrice piazza della Trinità Viterbo

chiesa della santissima trinità viterbo info e foto anna zelli

Chiesa della Santissima Trinità piazza della Trinità Viterbo, informazioni foto Anna Zelli

Chiesa Santissima Trinità Santuario Santa Maria Liberatrice piazza della Trinità Viterbo

chiesa della santissima trinità piazza della trinità viterbo info e foto anna zelli

Chiesa della Santissima Trinità piazza della Trinità Viterbo, informazioni foto Anna Zelli

Santa Maria Liberatrice Chiesa della Santissima Trinità Viterbo

santa maria liberatrice chiesa della santissima trinità viterbo info e foto anna zelli

Chiesa della Santissima Trinità piazza della Trinità Viterbo, informazioni foto Anna Zelli

Sant'Agostino vita opere storia

sant'agostino vita opere storia viterbo

Sant'Agostino, vita opere storia, informazioni e fotografie Anna Zelli

Ordine degli Agostiniani a Viterbo

ordine degli agostiniani chiesa della santissima trinità info e foto anna zelli

Ordine degli Agostiniani, Viterbo, informazioni turistiche e foto Anna Zelli

Statue alla Facciata della Chiesa della Santissima Trinità Viterbo

statue alla facciata chiesa della santissima trinità viterbo info e foto anna zelli

Statue Chiesa della Santissima Trinità piazza della Trinità Viterbo, informazioni foto Anna Zelli

Statue alla Facciata della Chiesa della Santissima Trinità Viterbo

statue alla facciata della chiesa della santissima trinità viterbo info e foto anna zelli

Statue Chiesa della Santissima Trinità piazza della Trinità Viterbo, informazioni foto Anna Zelli

Stemma simbolo della Trinità Occhio di Dio Chiesa della Santissima Trinità Viterbo

stemma simbolo della trinità occhio di dio chiesa santissima trinità viterbo info e foto anna zelli

Simbolo della Trinità, Chiesa della Trinità, Viterbo, informazioni e foto Anna Zelli

Cupola della Chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini piazza della Trinità Viterbo

cupola della chiesa della santissima trinità viterbo info e foto anna zelli

Cupola Chiesa della Santissima Trinità piazza della Trinità Viterbo, informazioni foto Anna Zelli

Campanile Chiesa della Trinità piazza della Trinità Viterbo

canoanile chiesa della santissima trinità viterbo info e foto anna zelli

Campanile Chiesa della Santissima Trinità piazza della Trinità Viterbo, info foto Anna Zelli

campanile chiesa santissima trinità santuario santa maria liberatrice viterbo

Campanile Chiesa della Santissima Trinità piazza della Trinità Viterbo, info foto Anna Zelli

Stemmi al portone chiostro chiesa Santissima Trinità Viterbo

stemmi al portone chiostro chiesa santissima trinità viterbo info e foto anna zelli

Stemmi portone chiostro  Chiesa della Santissima Trinità piazza della Trinità Viterbo

Leone simbolo di Viterbo alla Facciata della Chiesa della Santissima Trinità Viterbo

leone simbolo di viterbo facciata chiesa della santissima trinità info e foto anna zelli

Leone simbolo di Viterbo Chiesa Santissima Trinità Viterbo info e foto Anna Zelli

Stemma ingresso giardino chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrino

stemma al giardino chiesa della Trinità dei pellegrini lato via san giovanni decollato

Stemma ingresso giardino chiesa della Trinità dei Pellegrini Viterbo

Chiostro Chiesa Santissima Trinità dei Pellegrini piazza della Trinità Viterbo

chiostro convento chiesa della trinità dei pellegrini viterbo info e foto anna zelli

Chiostro Chiesa della Santissima Trinità piazza della Trinità Viterbo, informazioni foto Anna Zelli

chiostro alla chiesa della trinità dei pellegrini viterbo info e foto

Chiostro Chiesa della Santissima Trinità piazza della Trinità Viterbo, informazioni foto Anna Zelli

Loggia al Chiostro Chiesa della Trinità dei Pellegrini piazza della Trinità Viterbo

loggia al chiostro della chiesa della santissima trinità dei pellegrini info e foto anna zelli

Loggia Chiostro Chiesa della Santissima Trinità piazza della Trinità Viterbo

Affreschi al chiostro della Chiesa della Santissima Trinità Viterbo

AFFRESCHI AL CHIOSTRO CHIESA DELLA TRINITA' DEI PELLEGRINI INFO FOTO

Chiostro Chiesa della Santissima Trinità piazza della Trinità Viterbo, info foto Anna Zelli

Stemmi e Lapidi al Chiostro della Chiesa della Trinità dei Pellegrini Viterbo

lapide al chiostro della chiesa della trinità dei pellegrini info foto

Stemmi e Lapidi al Chiostro SS Trinità - Piazza della Trinità info e foto Anna Zelli

Convento Chiesa della Trinità dei Pellegrini

convento agostiniani chiesa santissima trinità viterbo info e foto anna zelli

Convento Chiesa Santissima Trinità, Viterbo, informazioni turistiche e foto Anna Zelli

Interno Chiesa della Santissima Trinità

interno chiesa della trinità dei pellegrini viterbo 1

Chiesa della Santissima Trinità piazza della Trinità Viterbo, informazioni foto Anna Zelli

interno chiesa della trinità dei pellegrini viterbo 9

Chiesa della Santissima Trinità piazza della Trinità Viterbo, informazioni foto Anna Zelli

interno chiesa della trinità dei pellegrini viterbo 10

Chiesa della Santissima Trinità piazza della Trinità Viterbo, informazioni foto Anna Zelli

interno chiesa della trinità dei pellegrini viterbo 5

Chiesa della Santissima Trinità piazza della Trinità Viterbo, informazioni foto Anna Zelli

interno chiesa della trinità dei pellegrini viterbo foto 2

Chiesa della Santissima Trinità piazza della Trinità Viterbo, informazioni foto Anna Zelli

interno chiesa della trinità dei pellegrini viterbo foto 6

Chiesa della Santissima Trinità piazza della Trinità Viterbo, informazioni foto Anna Zelli

interno chiesa della trinità dei pellegrini viterbo foto 12

Chiesa della Santissima Trinità piazza della Trinità Viterbo, informazioni foto Anna Zelli

interno chiesa della trinità dei pellegrini viterbo foto 8

Chiesa della Santissima Trinità piazza della Trinità Viterbo, informazioni foto Anna Zelli

interno chiesa della trinità dei pellegrini viterbo foto 13

Chiesa della Santissima Trinità piazza della Trinità Viterbo, informazioni foto Anna Zelli

Edicola Sacra Madonna con bambino ingresso giardino Chiesa della Trinità dei Pellegrini

edicola sacra madonna con bambino ingresso giardino chiesa della trinità dei pellegrini via san giovanni decollato

Edicola Sacra Chiesa Trinità dei Pellegrini Viterbo Edicole sacre a Viterbo

Edicola sacra al convento della Chiesa della SS Trinità Viterbo

edicola sacra madonna con bambino ingresso convento santissima trinità via san giovanni decollato viterbo info e foto anna zelli

Edicola Sacra Convento Trinità

Porta Bove o anche Porta di San Bonaventura

porta bove viterbo centro info e foto anna zelli

Porta Bove, o anche di San Bonaventura, Viterbo centro storico al giardino della Trinità

Via San Giovanni Decollato

via san giovanni decolato viterbo centro info e foto anna zelli

 Via San Giovanni Decollato

Piazza della Trinità Viterbo

piazza della trinità viterbo centro storico info e foto anna zelli

Piazza della Trinità

Da vedere alla Chiesa Santissima Trinità  piazza della Trinità e dintorni Viterbo

piazza della trinità viterbo centro storico info e foto anna zelli chiesa della santissima trinità piazza della trinità viterbo info e foto anna zelli sant'agostino vita opere storia viterbo
Piazza della Trinità Chiesa della Santissima Trinità Sant'Agostino
ordine degli agostiniani chiesa della santissima trinità info e foto anna zelli chiostro convento chiesa della trinità dei pellegrini viterbo info e foto anna zelli viterbo fontane chiostro santissima trinità info e foto anna zelli
Ordine Agostiniani Viterbo Chiostro Chiesa Santissima Trinità Fontane Chiostro Chiesa Trinità
convento agostiniani chiesa santissima trinità viterbo info e foto anna zelli stemmi chiesa santissima trinità viterbo info e foto anna zelli affreschi chiostro chiesa della santissima trinità dei pellegini viterbo info e foto anna 7
Convento Chiesa Santissima Trinità Stemmi Lapidi chiesa Santissima Trinità Affreschi Chiostro Santissima Trinità
campanile chiesa della santissima trinità viterbo info e foto anna zelli cupola della chiesa della santissima trinità viterbo info e foto anna zelli loggia al chiostro della chiesa della santissima trinità dei pellegrini info e foto anna zelli
Campanile Chiesa Santissima Trinità Cupola Chiesa della Santissima Trinità Loggia Chiesa della Santissima Trinità
stemma famiglia nini chiostro chiesa della trinità viterbo info e foto anna zelli stemmi al portone chiostro chiesa santissima trinità viterbo info e foto anna zelli fontanile chiostro chiesa della santissima trinità viterbo info e foto anna zelli
Stemma Famiglia Nini Chiostro Chiesa della Santissima Trinità Stemmi portone chiostro 
SS Trinità
Fontanile Chiesa
Santissima Trinità
edicola sacra madonna con bambino ingresso giardino chiesa della trinità dei pellegrini via san giovanni decollato fontanella al chiostro chiesa santissima trinità viterbo info e foto anna zelli stemma al giardino chiesa della Trinità dei pellegrini lato via san giovanni decollato
Edicola sacra Chiesa SS Trinità Fontanella Chiesa Santissima Trinità Stemma ingresso giardino chiesa della Trinità dei Pellegrini
lapide al chiostro della chiesa della trinità dei pellegrini info foto statue alla facciata della chiesa della santissima trinità viterbo info e foto anna zelli
Leone simbolo di Viterbo Chiesa Santissima Trinità Stemmi e Lapidi al Chiostro
SS Trinità -
Statue Chiesa della SS Trinità
stemma al giardino chiesa della Trinità dei pellegrini lato via san giovanni decollato  stemmi al portone chiostro chiesa santissima trinità viterbo info e foto anna zelli fontanile chiostro chiesa della santissima trinità viterbo info e foto anna zelli
Stemma ingresso giardino chiesa della Trinità dei Pellegrini Stemmi portone chiostro 
SS Trinità
Fontanile Chiesa
Santissima Trinità
edicola sacra madonna con bambino ingresso giardino chiesa della trinità dei pellegrini via san giovanni decollato fontanella al chiostro chiesa santissima trinità viterbo info e foto anna zelli stemma famiglia nini chiostro chiesa della trinità viterbo info e foto anna zelli
Edicola sacra Chiesa SS Trinità Fontanella Chiesa Santissima Trinità Stemma Famiglia Nini Chiostro Chiesa della Santissima Trinità
lapide al chiostro della chiesa della trinità dei pellegrini info foto statue alla facciata della chiesa della santissima trinità viterbo info e foto anna zelli
Leone simbolo di Viterbo Chiesa Santissima Trinità Stemmi e Lapidi al Chiostro
SS Trinità -
Statue Chiesa della SS Trinità
santa maria liberatrice chiesa della santissima trinità viterbo info e foto anna zelli edicola sacra madonna con bambino ingresso convento santissima trinità via san giovanni decollato viterbo info e foto anna zelli via san giovanni decolato viterbo centro info e foto anna zelli
Santa Maria Liberatrice Edicola Sacra Convento Trinità Via San Giovanni Decollato

Mappa Trinità - Mappa San Faustino - Mappa San Francesco - Mappa Sacrario

mappa colle della trinità viterbo centro storico mappa colle san faustino viterbo centro storico info e foto anna zelli

Mappa Colle Trinità

Mappa Colle San Faustino

mappa colle san francesco viterbo centro storico info e foto anna zelli mappa zona del sacrario viterbo centro storico info e foto anna zelli
Mappa Colle San Francesco Mappa zona Sacrario Caduti

Colle Trinità -  Faustino - S. Francesco - Rocca - Sacrario - Valle Faul

mappa colle san francesco viterbo centro storico info e foto anna zelli piazza san faustino viterbo centro storico colle san faustino viterbo centro storico info e foto anna zelli
Mappa colle San Faustino Piazza San Faustino Colle San Faustino

Piazza della Trinità Viterbo

piazza della trinità viterbo centro storico info e foto anna zelli

Piazza della Trinità Viterbo

Via San Giovanni Decollato

via san giovanni decolato viterbo centro info e foto anna zelli

 Via San Giovanni Decollato

Chiese di Viterbo centro storico

viterbo chiese del centro storico

Chiese di Viterbo centro informazioni e foto a cura di Anna Zelli

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Vie di Viterbo
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Piazze di Viterbo
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aggiornato febbraio 2024