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Villa Lante, Bagnaia, frazione di Viterbo, la villa del Gambara e dei Montalto e dei Lante della Rovere, dista più o meno 4 chilometri da Viterbo, vi si arriva attraverso la strada provinciale Ortana, si supera la frazione denominata La Quercia e infatti da qui altri 2 chilometri ci si trova a Bagnaia. L’indirizzo è via Jacopo Barozzi 71 Bagnaia. Bagnaia è un piccolo borgo medioevale la cui attrattiva principale è infatti la cinquecentesca Villa Lante. Probabilmente le origini della villa sono trecentesche ed era usata allora come casino da caccia. Nel medioevo i proprietari di questa villa erano personalità ecclesiastiche, in quanto nel 1202 il Comune di Viterbo cedette la Signoria di Bagnaia alla Mensa Vescovile della Città, pertanto i Vescovi di Viterbo fissarono la loro residenza estiva nel Palazzo Vescovile di Bagnaia, attirati dalla posizione del borgo a ridosso dei Monti Cimini, tra le boscose colline ricche di acqua che ne facevano il luogo ideale per la caccia e per il riposo. Nel 1498 il Cardinale Raffaele Riario, nipote di Papa Sisto IV della Rovere, una volta nominato Vescovo di Viterbo diede inizio al parco, chiudendo con un recinto una vasta area boscosa per mettervi all’interno molti animali selvatici e per poi recarsi qui a caccia con i suoi ospiti, , ogni volta che lo desiderasse.Il Parco di Bagnaia, fu anche meta di Papa Leone X Medici, anche lui appassionato di caccia. Nel 1505 il Cardinale Raffaele Riario cedette il vescovado di Viterbo al nipote Cardinale Ottaviano Riario, che proseguì l’opera di trasformazione del sito da bosco di caccia in parco, con la costruzione del primo fabbricato della villa, un Casino da Caccia, per il suo diletto e dei suoi ospiti. Era un edificio di foggia quattrocentesca con semplici ed armoniose proporzioni che reca ancora oggi il suo stemma formato da un fiore e da un biscione. In seguito, questo edificio venne trasformato in scuderia. Venne devastato durante l’ultima guerra mondiale e venne poi ricostruito. Al Cardinale Riario, gli succedette il Cardinale Nicolò Ridolfi, che ottenuto nel 1532 dal Comune di Viterbo l’uso delle acque di due grandi sorgenti, costruì il primo acquedotto della villa, ed iniziò trasformare il bosco di caccia in parco, creandovi alcune fontane. Fu in questo periodo che Papa Paolo III fu ospite del Cardinale Ridolfi e che visitò la villa. In seguito la villa passò in enfiteusi a vari proprietari, l’enfiteusi è un diritto reale su un fondo altrui, in base al quale il titolare, enfiteuta, gode del dominio utile sul fondo stesso, obbligandosi però a migliorarlo e pagando al proprietario un canone annuo in danaro o in derrate. E fu nel 1566 che la villa passò al Cardinale Giovan Francesco Gambara, il cui stemma era il gambero.il quale entrò in possesso della Villa, dopo aver vinto una causa contro il Vescovado di Viterbo. Il Cardinale Gambara era un uomo colto tra i più ricchi del Sacro Collegio appartenente ad una nobile ed illustre famiglia bresciana imparentata con i Farnese . Rivendicò anche la Signoria di Bagnaia ai vescovi di Viterbo vinse la causa e nel 1568 rientro in possesso della Villa. Fu grazie a lui che il parco si trasformò in Villa. Questa residenza cinquecentesca venne poi completata dal Cardinale Montaldo. La villa ha un aspetto organico in ogni sua parte, e questo ci fa intuire che l’unico ideatore sia stato proprio il Cardinale Gambara. Il progetto ha una regolarità geometrica tipica delle Ville italiane del Cinquecento, concetto poi sviluppato e mantenute per le ville del Seicento. Risulta evidente uno studio accurato del sito, esaltato nelle sue pendenze e pianori per una migliore resa dei giochi d’acqua Che sia stato un unico architetto ad aver definito tutto il progetto, risulta evidente da un affresco che si trova nella Loggia del Gambara realizzato nel 1581, affresco che mostra la villa con tutti gli elementi che oggi possiamo ammirare, anche se alcune parti furono realizzate dopo il Gambara. Gli stemmi del Cardinale Gambara si trovano nel villino di destra e nelle fontane . Il Cardinale Gambara dovette interrompere i lavori dopo una visita del futuro San Carlo Borromeo controllore delle spese che trovandole eccessive decise di far interrompere i lavori. Nel 1582 la villa passò al Cardinale Alessandro Montalto Peretti, il cui stemma sono i monti sormontati da una stella, che riprese i lavori mantenendo il progetto originario e facendo erigere tra il 1587 e il 1590 la palazzina di sinistra. Il Cardinale Montalto rimase proprietario della Villa fino alla sua morte avvenuta nel 1621. In seguito il complesso appartenne al Cardinal Nipoti e nel 1656 sotto Papa Alessandro VII passò al Duca Ippolito Lante i Lante la mantennero per tre secoli. Oggi la villa è conosciuta come "Villa Lante quando, appunto, nel XVII secolo, passò nelle mani di Ippolito Lante Montefeltro della Rovere, duca di Bomarzo, ovvero quando la costruzione aveva già 100 anni di vita, questa famiglia ne rimase proprietaria fino al 1953, quando la Società Villa Lante la acquisì, recuperando l’assetto formale della composizione cinquecentesca del giardino e degli arredi, e curandone la gestione fino all’acquisto da parte dello Stato italiano nel 1971. La leggenda racconta che fu l’architetto Cesare Barozzi detto il Vignola a realizzare il progetto della villa, in quanto si sa con certezza di un incontro tra il Cardinale Gambara ed il Vignola, il quale stava lavorando al palazzo Farnese di Caprarola. Jacopo Barozzi detto il Vignola, progettò la trasformazione del casino di caccia con annesso parco in villa cinquecentesca. Nella loggia della palazzina Gambara si ha un grande affresco del 1581 che rappresenta la villa come sarebbe diventata, anche se poi questa venne completata in anni successivi. Tommaso Ghinucci da Siena architetto ed ingegnere idraulico dopo la conclusione dei lavori della Villa D’Este a Tivoli dal 1571 al 1581 si dedicò al progetto della Villa Lante. Si devono a lui tutti i giochi d’acqua e probabilmente anche alcune sculture come le barche nella fontana del Quadrato. Dal 1590 dopo la morte del Cardinale Gambara la villa passò al Cardinale Montalto , il cui stemma era formato da monti ed una stella, che ne usufruì per 30 anni. A lui si deve il completamento della villa e la realizzazione dei quattro Mori nella Fontana del Quadrato. Nel 1623 il Cardinale Montalto morì e la Villa, dopo diversi brevi passaggi di proprietà, nel 1656 entrò nei possedimenti dei Lante della Rovere, i quali tennero la villa per quasi 300 anni, fino al 1953, quando la villa fu venduta alla Società Villa Lante. Poi nel 1971 la Villa passò allo Stato Italiano. che tuttora la possiede tramite la Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici del Lazio. All’interno della villa c’è una testa a quattro facce di un Dio romano. Il parco della villa è situato su un fianco del Monte Cimino, dal quale discende la sorgente che ne alimenta le fontane e le varie piccole cascate, che culminano nella fontana dei Giganti. La villa presenta due edifici pressochè simili e riccamente decorati, l’edificio del Gambara venne costruito tra il 1568 ed il 1578, dove si conservano gli affreschi di Antonio Tempesti e dei fratelli Zuccari, mentre l’altro edificio La Montalto fu voluta dal cardinale Peretti e venne decorata nei primi anni del secolo XVII dal cavalier D’Arpino, Orazio Gentileschi e Agostino Tassi. Si entra a Villa Lante : dalla sobria piazza di Bagnaia, le cui costruzioni mostrano, nelle loro antiche facciate, stemmi papali e cardinalizi in pietra logorata dal tempo, all'estremità superiore vi è una rampa di gradini curvi che conduce a un arco, passando attraverso l'arco si incontra la prima sorpresa: non vi è alcuna villa. L'Ingresso antico, era un ingresso monumentale alla Villa, oggi non utilizzato, ed era già presente nel progetto iniziale, come mostra l’affresco visibile nella Loggia della Palazzina Gambara. Nel corso dei secoli ha subito diverse modifiche tra le quali la collocazione sulla facciata dello stemma della famiglia Lante della Rovere, che ebbe in enfiteusi la Villa Lante dal 1656. Stando alle spalle di questo ingresso si apre la panoramica della Villa. Villa Lante si compone infatti di due casini,palazzi, pressoché identici, anche se costruiti da proprietari diversi in differenti periodi, separati da 30 anni. Le due costruzioni quadrate hanno un piano terra ad arcate bugnate, o logge, che sostengono il piano nobile sovrastante. Ciascuna facciata, su questo piano, ha esattamente tre finestre, che alternano frontoni curvi o a punta. Ciascuna finestra è divisa da coppie di paraste. Un piano superiore è appena accennato da piccole finestre rettangolari, del tipo mezzanino, che si aprono in posizione corrispondente rispetto a quelle del piano nobile. Inizialmente il Vignola progettò uno dei due casìni, con annesso parco, in Villa cinquecentesca e ne diede, fin da subito, la sua fisionomia finale, a riprova di questa tesi di unicità di progetto c'è il grande affresco del 1581, o precedente, visibile nella Loggia della Palazzina Gambara che riporta la Villa completa . Ogni casino è sormontato da un torrino o lanterna, che si erge sulla sommità del tetto di tegole spioventi. Questa elaborata lanterna quadrata ha due paraste, e alcune finestre, sia vere che cieche. Ciascuno di questi casini, nel loro severo stile manierista, fu costruito da distinti e scollegati proprietari. Villa Lante fu dapprima commissionata dal cardinale Gianfrancesco Gambara che diede il proprio cognome al primo casino. Sembra che i lavori di costruzione siano iniziati nel 1566, del casino che si incontra sulla destra entrando. Si pensa che Gambara abbia commissionato al Vignola il progetto,la villa è attribuita unicamente a lui, l'avvio dei lavori e il disegno dei giardini che l'hanno resa giustamente famosa. Il primo casino e il giardino superiore furono in breve completati, ma i lavori rimasero sospesi per tutto il resto della vita del cardinal Gambara. Dopo la morte del Gambara, avvenuta nel 1587, gli succedette quale amministratore apostolico di Viterbo, il nipote diciassettenne di papa Sisto V, il cardinale Alessandro Peretti di Montalto. Fu lui, poco più che un bambino, a completare il progetto a Bagnaia e a costruire il secondo casino. I due casini differiscono molto negli affreschi: pittura paesaggistica nel casino Gambara, mentre gli affreschi del casino Montalto, realizzati da un artista più tardo, sono in uno stile più classicheggiante. Nel casino Gambara gli affreschi delle logge a volta esibiscono una profusione di colore che sottolinea il dettaglio architettonico, mentre nel casino Montalto l'ambiente principale di ricevimento è decorato con una combinazione di affreschi e intonaco modellato, quasi un trompe-l'œil. Da notare nella palazzina del Gambara nella chiave di volta del portale principale, il simbolo della graticola di San Lorenzo : San Lorenzo, martire cristiano, fu bruciato su una graticola perché si rifiutò di dare i soldi della comunità cristiana al prefetto della città di Roma. Il suo martirio fu un esempio di fedeltà alla Chiesa. Il Gambara era particolarmente devoto a questo Santo, e provvide al restauro del Duomo di San Lorenzo a Viterbo. I giardini costituiscono l'attrazione principale di Villa Lante, specialmente i giochi d'acqua, dalle cascate alle fontane ai grottini sgocciolanti. Questa armonia di acque e la perfezione del loro flusso fu raggiunta solo quando l'architetto chiamò a sé, da Siena, uno specialista di architettura idraulica, Tommaso Ghinucci con il compito di supervisionare il progetto idraulico. Fu consultato anche il noto architetto di giardini Pirro Ligorio, ma è il genio di Ghinucci che fluisce e rivive ancor oggi nei suoi giardini. Entrando da questo arco bugnato si entra quindi in un luogo magico e pieno di verde. I giardini costituiscono l'attrazione principale di Villa Lante, oltre alle fontane, ai giochi d'acqua, alle cascate alle fontane ai grottini sgocciolanti. Entrando, quindi, in passato da questo arco bugnato si entra a Villa Lante. I due casini gemelli stanno su un lato solo mentre gli altri tre lati del giardino sono delimitati da alte siepi di bosso. Nel centro, il piccolo arbusto di bosso è plasmato e modellato a formare motivi decorativi che circondano piccole fontane e sculture. Il tratto più caratteristico di questo parterre è la complessa fontana posta al suo centro, formata da quattro bacini, separati da cammini transennati, con i parapetti decorati con pigne di pietra e urne decorative che intersecano l'acqua. Il bacino centrale contiene la celebre Fontana quadrata dei Mori del Giambologna: quattro mori, a grandezza reale, disposti a formare un quadrato attorno a due leoni; tengono in alto la montagna araldica sormontata dal getto della fontana in forma di stella, lo stemma dei Montalto. Qui il è parte integrale dell'originale concezione della villa nel suo insieme. Nei giardini vi sono querce, lecci e platani, circondati da fontane e sculture.Si arriva quindi al primo dei giardini a terrazza ascendenti: qui, alloggiata tra due scalinate in pietra, vi è la Fontana dei Lumini, una fontana circolare a gradini; sul ballatoio di ciascun gradone, da fontane più piccole a forma di lucerne ad olio sgorgano piccoli zampilli d'acqua. Arbusti fioriti di camelie, e di altre ericacee, aggiunti nel XIX secolo, risplendono nell'ombra di questa terrazza. Sulla terrazza successiva, vi è un enorme tavolo di pietra con acqua che scorre nel suo centro. In questo posto, il cardinal Gambara intratteneva i suoi ospiti con picnic. Sulla terrazza vi sono ancora altre fontane, che riproducono divinità fluviali. Al di sopra vi è un’altra terrazza, contenente la catena d'acqua un gioco d'acqua opera del Vignola, questo ruscelletto di cavità scende in cascata al centro dei gradini per concludersi in fondo alla terrazza. Sulla successiva terrazza superiore vi sono ancora fontane e grottini, e due piccoli casini che fanno da cornice ad altre fontane completando una composizione conosciuta come teatro delle acque. Questi piccoli casini, come i loro omologhi più grandi sulla terrazza inferiore, hanno un disegno particolare, probabilmente anche loro del Vignola, con logge aperte sorrette da colonne di ordine ionico, che reggono il nome del cardinale Gambara scolpito sulla cornice. Uno dei casini dà accesso a un piccolo giardino segreto, un giardino di siepi, con una linea di colonne che rimandano un'atmosfera quasi melanconica. I giardini si presentano come una cascata d’acqua che scende dalla cima delle colline verso una conca a valle. L’acqua, incanalata nei bacini e nei percorsi scolpiti delle fontane monumentali, Il Diluvio, i Delfini, la Catena, la Tavola, I Giganti – Arno e Tevere – I Lumini, La Fontana del Quadrato, sorprende per la piacevolezza visiva e sonora. Ricca di alberature storiche pini, platani orientali, tassi e bossi, è espressione della capacità umana di domare il paesaggio in un continuo gioco di inattese meraviglie. Da ammirare il giardino all’italiana, su progetto del Vignola, modella il dislivello di 16 metri tra piani tra di loro raccordati da due pendii. In alto il giardino è nel mezzo tra i due edifici, quello del Gambara e quello del Montalto.La Palazzina Gambara, realizzata nel 1588 insieme a tutti gli affreschi, è formata anche da una loggia con Le Fatiche di Ercole della scuola degli Zuccari, in particolare con la mano riconoscibile di Raffaellino da Reggio, presenta anche sulle pareti Paesaggi e Vedute nello stile di Paul Brill. Importante ai fini della storia del monumento è la veduta della stessa villa Lante, in cui la Fontana del quadrato mostra una originalissima definizione architettonica, chiaramente ispirata ai reperti archeologici dei Giardini Vaticani del Belvedere E infine sono spettacolari le decorazioni naturalistiche ubicate nelle sale dietro la loggia, con scene di caccia e di pesca di Antonio Tempesta. La Palazzina Montalto, gli interventi più evidenti al tempo del cardinale Alessandro Peretti Montalto, oltre alla costruzione della seconda palazzina, furono il completamento della fontana di Pegaso detta del Parnaso e la modifica della fontana dei Quattro Mori con lo stemma dei Montalto Peretti ,i monti e le pere a forma di stella tenute in alto dalle figure. Già attribuita a Giambologna e a Taddeo Landini, recentemente è stata data a Giovanni Antonio Paracca detto il Valsoldo. L’apertura di tutti gli spazi e dei percorsi delle fontane, alcune delle quali recentemente restaurate, ha aumentato la visibilità di tutti gli edifici, e la visita completa al monumento e alle palazzine, compresa la Limonaia, consente di conoscere la villa nella sua complessità . Da ammirare passeggiando per la Villa Lante e e numerose fontane : la fontana del Pegaso : edificata nel periodo in cui la villa era di proprietà dei Montalto, il nome di questa fontana deriva dalla figura del cavallo alato, questa scultura è al centro della grande vasca ovale, con un fondale a parete ricurve che taglia il pendio del colle, coronata da una balaustra a colonnine. La parte di fondo è scandita da busti femminili raffiguranti le Muse. Quattro amorini con ali di farfalla emergono dall’acqua verso Pegaso in atto di far sgorgare l’acqua dalla roccia a colpi di zoccolo. Questa fontana è anche chiamata del Parnaso per le erme che simboleggiano le Muse e i cupidi alati che rappresentano la genialità dell’arte poetica. Il regno di Parnaso era il regno dell’arte e della natura. Fontana con i quattro quadranti ed i quattro giovani mori i quattro mori sono postumi rispetto alla fontana originale disegnata dall'architetto Jacopo Barozzi per il Cardinale Gambara. Probabilmente i Mori furono installati quando questa Villa era nella disponibilità del Cardinale Montalto tra il 1615 ed il 1623. su questa Fontana compaiono i simboli dei "monti e della stella" propri della famiglia del Cardinale Montalto, originali sono le quattro navi, una per ogni quadrante, su cui si vede un archibugero che spara acqua. La Fontana dei Lumini è addossata al muro di contenimento della collina, la fontana ha 3 gradini posti a semicerchio sopra i quali vi sono 70 sculture a forma di lumini che gettano zampilli, che si illuminano non con il fuoco ma con l’acqua, ai lati di questa fontana vi sono logge e grotte, una dedicata a Venere e un’altra a Nettuno. Salendo su una delle due scalinate si arriva alla fontana del tavolo, ovvero la Mensa dei Cardinali. Fontana Tavola dei Cardinali, o Mensa del Cardinale si presenta come un lungo rettangolo in peperino, scavato al centro e riempito di acqua fresca, dove immergere cibi e bevande; la fontana era, infatti, utilizzata come tavola in occasione di banchetti all’aperto. La Fontana dei Fiumi o dei Giganti: è una sorta di scenario alla Mensa del Cardinale sottostante, Al visitatore suscita ancora oggi quel medesimo effetto di monumentale quinta teatrale che certamente accendeva lo stupore dei commensali della mensa del Cardinale. Sono la personificazione dei due fiumi il Tevere e l’Arno, due figure gigantesche con le cornucopie simbolo di abbondanza. la presenza del Tevere, fiume di Roma, e dell’Arno, fiume di Firenze, trova la sua motivazione nel voler sottolineare il legame politico della famiglia Gambara con la Chiesa di Roma e con la famiglia de’ Medici che in segno di amicizia contribuì alla realizzazione del progetto del cardinale Gambara donando abeti per il parco. La catena del Gambero : è una cascata di acqua che sgorga da un gambero simbolo araldico dei Gambara, è racchiusa tra due bordi di peperino che si annodano in volute agganciandosi le une alle altre, come una moltiplicazione delle chele del gambero. Fontana del Diluvio, si trova alle spalle della statua a quattro teste. Questa acqua tramite un acquedotto dai monti Cimini arriva fino alla Villa. Fontana dei Delfini , il nome deriva dai 16 delfini disposti a coppie ai vertici della base ottagonale della fontana, fino al 1615 era denominata Fontana dei coralli ed era coperta da un chiosco in legno. si eleva su un ripiano circondata da sedili e spalliere che ne esaltano l'elegante disegno. E' formata da vasche degradanti collegate da elementi scultorei in peperino, vasi, mascheroni e rilievi vari mostrano l'acqua nelle forme più varie. Il giardino all’Italiana, Villa Lante è uno dei più straordinari esempi di giardini all’italiana, realizzato tra la fine del quattrocento ed i primi del seicento.Il giardino e il bosco qui troviamo esemplari arborei antichi conservati fino a oggi grazie a una cura attenta, i più significativi sono il pino, il platano orientale, il tasso, il bosso.