Sant'Ignazio di Loyola,Santi a Viterbo vita opere storiai, Viterbo, info a cura di Anna Zelli sito ufficiale web www.annazelli.com
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SANT'IGNAZIO DI
LOYOLA |
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Guida Turistica Viterbo
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Sant’Ignazio di Loyola,vita opere storia, il suo vero nome
era Íñigo López de Loyola, ma è noto come
Ignazio di Loyola, a lui a Viterbo è dedicata la
chiesa a piazza
Mario Fani. Nacque nel 1491 forse il 23
ottobre e morì a Roma il 31 luglio 1556, è il
fondatore della Compagnia
di Gesù, i Gesuiti, fu proclamato Santo
da Papa Gregorio XV nel 1622.Il padre era stato
soldato al servizio di Enrico IV, e dei Re
cattolici del tempo e di Giovanni II; al fianco
di Ferdinando il Cattolico guidò l'assedio
contro le città di Toro, Burgos, Loja,
conquistata il 29 maggio 1486 e Vélez-Málaga.
Per la sua fedeltà alla corona ricevette la
conferma dal re, che lo nominò proprio vassallo
e gli concesse la rendita annuale di duemila
maravedís dalle ferriere di Barrenola e Aranaz e
il diritto di patronato sulla parrocchia di
Azpeitia. La madre era figlia di Martín García
de Licona, figura di alto lignaggio, cortigiano
dei re di Castiglia e consigliere dei Re
cattolici, che possedeva il dominio e il
maggiorascato della casa di Balda. Il
primogenito dei fratelli di Íñigo, Juan Pérez,
cadde in battaglia a Napoli, combattendo contro
le truppe di Carlo VIII di Francia; degli altri
figli oltre ad Ignazio, non possediamo che
spurie notizie: la maggior parte di essi sembra
essere caduta in battaglia come Beltran, morto
durante la guerra di Napoli o Juan Beltrán,
imbarcatosi per le Americhe e morto nell'odierna
Panama. Uno degli otto maschi, Pero López, nato
poco prima di Ignazio, era stato l'unico a
intraprendere la carriera ecclesiastica,
esercitando il sacerdozio nella parrocchia di
Azpeitia, patrocinata dalla sua stessa famiglia.
Delle sorelle non conosciamo che i nomi desunti
perlopiù dai testamenti dei fratelli: Juaniza,
Magdalena, Sancha, Petronila, Maria Beltrán.
Ignazio, fu svezzato da una nutrice nel casolare
di Eguibar, vicino a Loyola, crebbe sotto le
attenzioni del fratello Martín e della cognata
Magdalena Araoz. Ígnazio rimasto orfano dei
genitori, nel 1506 venne mandato nella città di
Arévalo, alla corte del ministro delle finanze
del re Fernando il Cattolico, Giovanni Velázquez
de Cuéllar per ricevere un'educazione
cavalleresca e religiosa. Si mise in
evidenza per la sua abilità nel suonare la
vihuela, per il coraggio mostrato nei tornei e
la sua maestria nel danzare. Ignazio de Loyola
ebbe modo di conoscere i grandi dell’epoca,
rimase in casa di Velázquez per undici anni,
fino al 1517 trascorrendo una vita agiata,
dedita ai banchetti, alla musica, alla lettura
di romanzi cavallereschi e alla composizione
poetica. Con la morte del re Fernando la
situazione della famiglia Velazquez precipitò in
breve tempo. La regina Germana sollecitò il
nuovo re, Carlo I, a concederle le cittadine di
Arévalo e Olmedo, proprietà del ministro delle
finanze Velázquez il quale, ritenendo tale
decisione un sopruso e una violazione dei suoi
diritti, si ribellò inutilmente al re perdendo
ogni suo possesso per cui, rattristato anche per
la morte del primogenito Gutierre si ritirò a
Madrid dove morì qualche mese dopo, il 12 agosto
1517, mentre la moglie Maria passò al servizio
dell'ormai reclusa Giovanna la Pazza. Ignazio, a
26 anni, abbandonò la famiglia Velazquez, ormai
caduta in disgrazia, fatto che peraltro lo turbò
notevolmente dato l'affetto che lo legava,
raggiunse il palazzo a Pamplona di Antonio
Manrique de Lara, duca di Najera e viceré di
Navarra, per rimanere per tre anni come
cavaliere armato al suo servizio durante il
quale assisté allo sbarco della nave che
conduceva in Spagna il nuovo re Carlo I, il
futuro imperatore Carlo V d'Asburgo, allora
appena diciassettenne. Alla partenza di questi
per la Germania, dove lo attendeva la corona
dell'impero, si diffusero moti di ribellione per
le città ispaniche, irritate dalla preferenza
che il re aveva dato al trono germanico a
scapito di quello spagnolo, lasciandovi come
suoi rappresentanti alti funzionari fiamminghi,
invisi al popolo e alla nobiltà. Antonio
Manrique, fedele al re, fu uno dei condottieri
che diedero battaglia ai rivoltosi a fianco dei
propri figli e dello stesso Ignazio che con
questi partecipò e vinse l'assedio alla città
ribelle di Najera.Don Manrique incaricò il
fedele Ignazio della missione speciale di
pacificare la provincia di Guipúzcoa. Compito
che egli risolse nel migliore dei modi. Ma un
incarico ben più arduo lo attendeva: la fortezza
di Pamplona era in pericolo e presto sarebbe
crollata. Non solo i nemici di don Manrique
minacciavano la cittadina ma lo stesso re
francese Francesco I, il quale, approfittando
della situazione, aveva progettato un attacco
contro la Navarra. La fortezza era priva di
forze militari perché il duca se n'era privato
per soccorrere il suo sovrano. Enrico d'Albret,
pretendente al trono di Navarra, appoggiato da
Francesco I, piombava sulla fortezza sotto il
comando di Andres de Foix con ben dodicimila
soldati di fanteria, ottocento lancieri e
ventinove pezzi di artiglieria. A Pamplona non
era rimasto che un piccolo esercito di un
migliaio di soldati, sotto gli ordini di don
Pedro de Beamonte, celermente sostenuto
dall'arrivo inaspettato delle milizie comandate
da Ignazio e da suo fratello Martin. La
situazione si aggravò per un contrasto sorto tra
gli stessi condottieri: Martin, che voleva il
comando delle truppe, di fronte al rifiuto del
Beamonte, decise di ritirarsi col grosso del suo
esercito, lasciando in tal modo il fratello con
pochi soldati. Il 19 maggio la città cadde in
mano al nemico, mentre Ignazio e i suoi rimasero
a difendere l'ultimo baluardo di Pamplona,
rifiutando le condizioni poste da Andres de Foix
per la loro resa. Il giorno dopo fu messa in
campo l'artiglieria pesante e durante i
bombardamenti un tiro colpì in pieno la gamba
destra di Ignazio rompendogliela in più parti.
Il comandante e i suoi soldati si arresero dopo
sei ore di assedio. I francesi, e
particolarmente il generale nemico, che aveva
già precedentemente manifestato stima nei
confronti dell'avversario, gli risparmiò la vita
e ordinò che se ne prendessero cura, come
Ignazio stesso raccontò in seguito nella sua
autobiografia. Dopo quindici giorni di degenza a
Pamplona Ignazio venne trasportato in barella
alla casa paterna. Il suo stato era grave e più
volte si temette per la sua vita. Solo dopo
dolorosissime operazioni, stoicamente
sopportate, e sofferenze egli poté ristabilirsi
pur non potendosi reggere bene sulla gamba, a
causa della quale rimase zoppicante per il resto
della vita. Nei giorni in cui fu costretto a
un'esasperante immobilità, rimase a letto
leggendo. Gli vennero dati la Vita Christi, del
certosino Landolfo di Sassonia e il Flos
sanctorum, le celebri vite dei santi composte
dal domenicano Jacopo da Varazze. In lui
cominciava il processo di conversione religiosa,
perché era ormai deluso, dalla sua un'ambiziosa
carriera militare. Durante il periodo di degenza
cominciò pian piano a dedicarsi alla preghiera,
alla lettura di testi sacri, alla meditazione,
scrivendo alcuni appunti che in seguito
avrebbero dato vita ai suoi Esercizi spirituali.
Sognava di partire pellegrino per Gerusalemme e
per realizzare tale desiderio, una volta
ristabilito, si decise di partire per i santuari
mariani della Spagna, con una particolare sosta
presso il celebre santuario di Montserrat dove,
durante una vera e propria veglia militare
dedicata alla Madonna, come un antico cavaliere
appese i suoi paramenti militari davanti a
un'immagine della Vergine Maria e da lì, il 25
marzo 1522, entrò nel monastero di Manresa, in
Catalogna. Dopo la "veglia d'armi" assunse il
nuovo nome di Ignazio probabilmente per la sua
speciale devozione verso sant'Ignazio di
Antiochia, oppure perché pensava che fosse una
variante del suo nome: in realtà, Íñigo era la
forma basca del nome Innico o Enecone, che gli
era stato imposto in omaggio a sant'Enecone,
abate benedettino di Oña, il cui culto era
particolarmente sentito nella sua terra. A
Manresa Ignazio praticò un severo ascetismo che
causò un indebolimento del suo fisico e dello
spirito tanto da pensare al suicidio. In questo
periodo di penitenze, digiuni e rimorsi per la
vita passata, Ignazio ricevette una "grande
illuminazione" presso il fiume Cardoner:
camminando così assorto nelle sue devozioni, si
sedette un momento, rivolto verso l’acqua che
scorreva in basso, e, stando lì seduto,
cominciarono ad aprirglisi gli occhi
dell'intelletto. Non già che avesse una visione,
ma capì e conobbe molte cose della vita
spirituale, della fede e delle lettere, con una
tale luce che tutte le cose gli apparvero nuove.
Nel 1523 raggiunse Venezia e si imbarcò per
Gerusalemme, dove visitò i luoghi santi. Dovette
però abbandonare il progetto di stabilirsi in
Palestina e di operare la conversione degli
infedeli in Oriente per il divieto di soggiorno
impostogli dai frati francescani dalla Custodia
di Terra Santa.Tornato in Spagna con il
desiderio di abbracciare il sacerdozio, riprese
gli studi a Barcellona, poi presso l'Università
di Alcalá dove, per il suo misticismo, fu
sospettato di essere un alumbrado e fu tenuto in
carcere dall'Inquisizione per quarantadue
giorni. Si trasferì quindi a Salamanca e poi,
per completare la sua formazione, a Parigi, dove
arrivò il 2 febbraio 1528.S'iscrisse
all'Università di Parigi, dove rimase sette
anni, ampliando la sua cultura letteraria e
teologica, e cercando di interessare gli altri
studenti ai suoi Esercizi spirituali. In questo
periodo progettò di fondare un nuovo ordine
religioso che non si dedicasse, come gli altri
alla preghiera e alla santificazione dei suoi
componenti, ma, libero da ogni impaccio di
regole claustrali, esercitasse praticamente il
cristianesimo, servendo ai grandi scopi della
Chiesa. Chiesa di Sant'Ignazio, piazza Mario Fani, Viterbo,questa chiesa già della Compagnia di Gesù, fu iniziata la sua costruzione nel 1662, sotto il patrocinio della Famiglia Bussi, poi riedificata su disegno di Federici nel 1882. La facciata molto severa ha un bellissimo ingresso di ispirazione rinascimentale, ha in alto, una grande lunetta. L'interno è in uno stile barocco molto sobrio, i pilastri sono ornati da stucchi colorati In alto si ammira la cupola. Appena entrati, sulla destra c'è il quadro raffigurante Angeli Ascendenti, del quale si ignora l'autore. L'altare maggiore posto tra due ordini di colonne, in alto è decorato dalla scena della Gloria Celeste e l'Apparizione del Cristo con la Croce vi è un elemento marmoreo a ricordo di Papa Leone XIII, a sinistra, un'epigrafe a ricordo della consacrazione della chiesa avvenuta nel 1672 presente il Vescovo Brancaccio. Qui vi è il quadro raffigurante Sant'Ignazio opera di Mazzanti. Sul lato sinistro c'è la Cappella Calabresi, con una Madonna attribuita al Mazzanti. Su un lato vi è un dipinto dell'apparizione del Cristo ad un malato sofferente nel suo letto di dolore. In Sacrestia, c'è un prezioso piccolo quadro della crocefissione attribuito allo stesso Michelangelo, lasciato in dono alla chiesa da Paolo Brunamonti affinchè fosse posto sul tabernacolo dell'Altare Maggiore. La chiesa di Sant'Ignazio fino alla metà del '900 era il ritrovo della Viterbo bene, che partecipava alla messa domenicale, ma ormai è chiusa al culto da anni. Oggi nel 2020 la chiesa è la sede del Patriarcato Romeno che qui ha la sede della Diocesi d'Italia, ha assunto il nome di Parrocchia Ortodossa Romena di San Callinico di Cernica. Il campanile è visibile da via del Collegio. Sant'Ignazio di Loyola vita opere storia Sant'Ignazio dI Loyola, vita opere e storia Chiesa Sant'Ignazio piazza Mario Fani Viterbo Chiesa di Sant'Ignazio Viterbo Santi a Viterbo Santi a Viterbo, vita opere storia dei Santi Chiese di Viterbo centro storico Chiese Viterbo centro, informazioni turistiche e foto a cura di Anna Zelli Vie di Viterbo centro - Piazze Viterbo centro - Quartieri Viterbo centro storico
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